20.
Sentire
Quella mattina si
era svegliata con una strana sensazione, ma aveva deciso di non tenere troppo
conto della cosa.
Nel pomeriggio si
era seduta, per l’ennesima volta, sulla poltrona per le allucinazioni del
secondo modulo, e aveva serrato gli occhi quando Quattro le aveva iniettato il
siero. Si era trovata ad affrontare una paura piuttosto assurda, ovvero quella
per uno specchio che le restituiva la sua immagine. Aveva ragionato per pochi
secondi e poi aveva caricato il pugno contro la superfice riflettente,
rompendola.
Terminati gli
impegni giornalieri, Aria si era ritrovata diretta verso il poligono, senza
sapere con precisione quando avesse realmente preso la decisione di andarci.
Nei pressi della grotta, però, aveva avvertito chiaramente il rumore di spari.
Considerato l’incontro non proprio piacevole che aveva fatto l’ultima volta che
era stata al poligono, decise di procedere con cautela, e di sbirciare
all’interno prima di entrare. Facendo capolino solo con la testa, Aria si
accorse del ragazzo che sparava. Aveva i muscoli del copro tesi e scattanti e,
dato che teneva le braccia distese per reggere la pistola, i tatuaggi che gli
decoravano entrambi gli avambracci erano in bella mostra.
Si fece coraggio ed
entrò, richiamando subito l’attenzione del ragazzo, pur non avendo fatto nulla.
-La tua crisi da
adolescente mestruata ti è passata?- Esordì Eric, sgarbato, o forse era più
opportuno definirlo letale.
Lo vide ricaricare
la sua pistola con movimenti secchi e colmi di rabbia, mentre i lineamenti del
suo viso erano contratti, come se fosse sull’orlo di esploderle.
Non la degnò di uno
sguardo.
Aria strabuzzo gli
occhi e incrociò le braccia al petto, senza sapere se ridere oppure offendersi
per le sue parole. –Non ho avuto nessuna crisi, Eric!-
-Certo, come no!- la
canzonò, mentre si posizionava per sparare. –Quindi sono io che mi sono
immaginato tutto, o sei solo lunatica?-
La ragazza pensò di
avvicinarsi ma, quando lui iniziò a sparare, cambiò idea. In posizione, con
l’arma in mano, Eric era quanto di più temibile avesse mai visto, il bersaglio
che aveva scelto era trivellato di colpi tutti intorno al centro rosso.
-E poi,- riprese
Eric, sostituendo ancora un volta il caricatore della pistola. –Anche se la tua
fosse stata una crisi, non me ne diresti il motivo.-
Aria non rispose, lo
guardò intensamente, decisa.
-Ti diverte non
dirmi mai niente, sei proprio una bambina quando fai così!- Sentenziò lui,
gettando malamente sul tavolo l’arma che aveva in mano.
-Eric, se fosse
stato qualcosa d’importante te lo avrei detto. Perché non puoi credermi e
basta?-
Il ragazzo la guardò
e rimase per diversi secondi in silenzio, in un gioco di sguardi letali e
arrabbiati, in una sfida silenziosa.
Incrociò le braccia
al petto. –Ti credo.-
-Le donne che ti
facevi prima ti dicevano sempre tutto?- lo provocò, senza tuttavia abbassare la
guardia.
I ruoli sembravano
invertiti, Eric era vicino alle pistole, dove era lei di solito. E lei,
prendendo il posto che di solito occupava lui, era sull’ingresso con le braccia
al petto.
-Sì e, di fatto, non
sono qui. Mi hanno stancato e le ho scaricate.- Le rispose. –Qui ci sei tu.-
Aria scosse la
testa. –Allora, se ti piace se ogni tanto tengo la bocca chiusa, perché mi
offendi definendomi continuamente una bambina?-
Eric mise in mostra
il suo ghigno più brillante, e le si avvicinò minaccioso. –Chi ti dice che sia
un’offesa?-
Nel momento stesso
un cui le si parò davanti, in tutta la sua forza, Aria capì di essere in
trappola. Guardò i suoi occhi scintillanti e la sua espressione beffarda,
incapace di formulare un ragionamento logico.
-Dormi con me
stanotte?- Le chiese con la sua voce suadente, abbassando la testa in avanti
per esserle più vicino.
In un istante, Eric
vide gli occhi blu di Aria accendersi come fari nella notte, e il suo sorriso
incurvarsi. Solo lei sapeva compiere quegli sbalzi d’atteggiamento così rapidi,
passando da arrabbiata a provocante.
-Se vuoi…- gli
rispose, arricciando le labbra.
Il ragazzo inarcò un
sopracciglio. –Se voglio?- scandì.
Aria fece un sorriso
irritante, eppure, seducente. –Ti sono mancata?-
Cogliendo la sfida,
pronto a ribaltare la situazione a suo favore, Eric le mise un braccio intorno
ad un fianco. –Si, mi sei mancata.-
La vide arrossire.
-Per te, forse, non
deve essere stato un problema dormire senza di me. Oppure ti sono mancato?-
indagò, perfido.
Lei alzò gli occhi
al cielo e sorrise ancora, sta volta guardandolo. –Mi sei mancato, Eric!-
A quel punto anche l’altro
braccio di Eric andò a cingerle la vita. –Apprezzo ogni lato di te Aria, sia
quello ribelle, che trovo estremamente sensuale, sia quello più semplice.-
spostò una mano sulla sua guancia imporporata. –Mi eccita la tua innocenza…-
La ragazza lo vide inumidirsi
le labbra con la punta della lingua, come faceva spesso, e sentì il cuore
mancarle di un battito. Aria, infatti, era una falena vittima dell’incanto
della luce. Ma, nel suo caso, Eric era molto più pericoloso, e insieme molto
più attraente, di un innocuo bagliore.
-Anche se, a conti
fatti, non sei più tanto innocente!- costatò lui, osservandola dall’alto.
Sentendo la sua
lieve risata di scherno, Aria gli diede un pugno scherzoso sul petto. –Bè, è
colpa tua!-
-Lo so!- rispose
tranquillamente, con tanto di alzata di spalle.
Aria lo guardò
imbronciata.
Lui non le tolse gli
occhi di dosso neppure per un istante. –Ma devi fare la brava, perché non puoi
più comportarti come ieri sera.-
La ragazza colse il
guizzo maligno nel suo sguardo. –Perché, se no che fai?- sussurrò con gli occhi
nei suoi.
Il modo in cui piegò
le labbra lo rese dannatamente eccitante. –Dovrò arrabbiarmi!-
-Non mi fai paura!-
-Risposta
sbagliata!-
Quando la strinse
forte, avvolgendole i fianchi con i suoi muscoli per morderle il collo, Aria si
lasciò sfuggire un gridolino di dolore.
Eric allentò la
presa e la guardò preoccupato.
Aria riprese fiato e
strinse le mani attorno alle braccia di Eric, mordendosi il labbro inferiore.
–Il dolore al fianco, va e viene…- spiegò.
Piegano la testa da
un lato, il ragazzo le tastò, con mano esperta, il punto fra le costole dove
aveva un livido violaceo. –Non è ancora passato?- le chiese.
Sussultò quando le
dita di Eric iniziarono a premere sul punto esatto da cui si irradiava il
dolore. –No!- gemette.
Nessuno dei due
accennò al fatto che, quel livido, era stato causato dal calcio di Peter quando
avevano combattuto il giorno della classifica. Nonché il giorno del suo
compleanno, noto anche come il giorno in cui Finn l’aveva aggredita dopo aver
scoperto che si vedeva con Eric.
-Vieni con me,- Le
sussurrò Eric in un orecchio. –Dopo ci pensò io a farti passare il dolore…-
Con assoluta
tranquillità, le fece passare un braccio intorno alle spalle e la guidò lungo
il corridoio fuori dal poligono. Guardandolo di sottecchi, Aria arricciò le
labbra. –Davvero? E come fai, facendomi male da altre parti?-
Eric incurvò le
sopracciglia e fece un sorriso sinistro. –Potrebbe essere un’idea!-
Aria gli diede una
piccola gomitata sulle costole. –Non mi dai un bacio?-
-Non te lo meriti!-
-Cosa?- chiese,
falsamente offesa.
-Il fatto che ti
conceda di non spiegarmi il motivo del tuo comportamento di ieri sera, non vuol
dire che ti abbia perdonata…-
La ragazza sbuffò e
scosse la testa.
Attraversarono tutto
il corridoio sotterraneo e, solo quando arrivarono ad un altro passaggio
solitamente più trafficato, Eric le tolse il braccio da attorno al collo, ma
rimasero comunque molto vicini. In quell’ala, le parati erano in cemento a
vista e il pavimento lucido e scivoloso, ogni loro passo rimpiombava in un eco.
Grazie all’amplificazione dei suoni, i due colsero prima il chiacchiericcio e
il rumore di passi e, dopo, videro il gruppo di persone che svoltò l’angolo e
che stava avanzando verso di loro.
Si scambiarono un’
occhiata.
Eric si raddrizzò ed
iniziò a camminare dritto con le spalle, allacciando le mani dietro la schiena.
Aria, da parte sua, cambiò mentalmente la situazione in cui era, comportarsi
come se fosse stata una qualsiasi iniziata in compagnia del suo istruttore,
nonché capofazione, limitando a zero i contatti e dimenticandosi del rapporto
che condividevano.
Non era un bene che
qualcuno li incontrasse da soli in un corridoio, gli altri capi ormai sapevano
di loro, ma gli avevano imposto di non dare nell’occhio. E, farsi scoprire da
soli, quando in altre circostante Eric non avrebbe mai condiviso il suo tempo
con un’ iniziata, poteva destare sospetti.
Ma poi Aria si
accorse che, nel gruppo di persone che si avvicinavano, il colore predominante
era l’azzurro. Erano tutti Eruditi, ad eccezione dell’Intrepido che gli faceva
strada e, se da una parte si tranquillizzò perché agli Eruditi non importava
nulla della regola della sua nuova fazione che vietava le relazioni con gli
iniziati, dall’altra parte si sentì mancare.
Perché gli Eruditi
erano nella residenza degli Intrepidi, possibile che la seguissero persino lì?
In particolare, una
volta che procedendo con il loro cammino lei ed Eric si trovarono in prossimità
del gruppo, notò due persone che le fecero fermare il cuore.
Erano entrambe
bionde ma, quella in prima fila era una donna con un caschetto ordinato di
ciuffi chiari, occhi freddi e un sorriso severo. Era Jeanine Matthews, la
rappresentante degli Eruditi e, dati i suoi trascorsi personali con lei, Aria
avrebbe preferito non incontrarla.
Eric, al suo fianco,
si irrigidì e serro la mascella con un’ espressione terrificante, a stento
trattenuta. Lo vide fermarsi un passo indietro a lei per avvicinarsi alla
parete e permettere al gruppo di passare, e anche lei lo imitò.
Non le piaceva il
fatto di trovarsi in linea retta con Eric, come se gli Eruditi, passando,
avessero dovuto scandagliarli. E, tanto meno, le piaceva essere la prima della
fila. Quando Jeanine le passò davanti, infatti, posò prima i suoi occhi su di lei
per studiarla in silenzio, poi li posò su Eric.
Ma Eric, invece di
guardare la donna, spostò il suo sguardo sulla seconda testa bionda individuata
precedentemente da Aria. Inarcò le sopracciglia e schiuse le labbra,
probabilmente colpito dalla somiglianza disarmante che quella ragazzina Erudita
aveva proprio con Aria.
-Eric, ti cercavo.
Posso parlarti un attimo?-
Nonostante il suo
tono di voce fosse come al solito educato e composto, Aria notò che quella di
Jeanine non era una domanda, ma un ordine velato da un sorriso. Notò, inoltre,
il modo brusco con cui aveva parlato, come se non avesse altro tempo da perdere
e fosse già sull’orlo di arrabbiarsi.
Storse il naso al
pensiero che qualcuno potesse rivolgersi in quel modo ad Eric, tanto più
considerato che era una donna, di un’altra fazione per giunta. Nemmeno ad Eric
doveva essere piaciuto quell’atteggiamento, di fatti lo vide serrare la
mascella e guardare Jeanine dall’alto con le spalle ancora dritte. Tuttavia non
disse nulla e, la cosa, insospettì Aria. Lo vide seguire quella donna pochi
passi più in là, senza perdere la sicurezza che ogni suo muscolo trasmetteva,
ma con una nota di accondiscendenza che su di lui stonava terribilmente.
-Ciao!-
Aria non si
preoccupò di voltarsi, poiché sapeva già a chi apparteneva quella voce, rimase
per un attimo con lo sguardo su Eric e sul modo in cui i suoi muscoli si
tendevano ad ogni parola di Jeanine. Quando invece si voltò verso chi le aveva
parlato, poté vedere sua sorella gemella che la osservava con un sorrisino.
Serrò la labbra per la somiglianza che, per fortuna, con la crescita era
diminuita, ma rimanevano comunque quasi identiche.
Avevano la stessa
forma del viso, lo stesso colore diafano della pelle, gli stessi occhi, anche
se cambiava il colore e un po’ il taglio. I suoi erano leggermente più tondi,
dandole un aspetto più innocente, quelli della sorella erano allungati e le
conferivano un’ aria austera.
-Ciao Amber!-
rispose con finta calma, per togliersi di dosso il disaggio che le procurava quello
sguardo inquisitorio.
-Come va la tua
iniziazione?-
A quell’ennesimo
sorrisino, che conosceva bene, Aria pensò che sua sorella fosse rimasta
bloccata in quell’espressione antipatica e falsa, forse incapace di manifestare
realmente i propri sentimenti come la maggior parte degli Eruditi.
-Molto bene, grazie.
Ti chiederei della tua, ma immaginò già che tu abbia superato i primi test al
massimo dei voti.- Le rispose.
Gli altri Eruditi
che avevano seguito Jeanine si erano radunati in un religioso silenzio vicino
alla parete opposta, come a voler lasciare il giusto spazio a Jeanine che
discuteva con Eric.
Amber però si era
staccata dal gruppo per piazzarsi davanti a lei. –Grazie della fiducia!- disse
con quello che, per la prima volta, sembrò un vero sorriso di gratitudine.
Con la coda
dell’occhio, Aria tornò a seguire la discussione fra Eric e la rappresentante
della sua vecchia fazione. Non riusciva a sentire cosa si dicevano, ma vedeva
l’agitazione della donna e l’immobilità del suo capofazione.
-E ti trovi bene qui?-
Le chiese Amber, per richiamarla.
Tornando a
guardarla, si accorse che aveva ancora il suo sorrisino arrogante. –Benissimo!-
Incrociò le braccia
al petto e guardò verso Eric sperando che avesse finito con Jeanine, perché non
riusciva più a sopportare la presenza della sorella, né tutti i ricordi che si
portava dietro.
-Ma certo,
d'altronde la grande Ariana non sbaglia mai!-
Tuttavia, quando
sentì il tono di voce usato stavolta contro di lei, Aria si voltò di scatto.
Gli occhi di Amber si erano fatti più sottili e, nella scarsa luce del corridoi
sotterraneo, i suoi lineamenti affilati si erano fatti minacciosi.
-Oh, scusa- Fece
portandosi una mano davanti alle labbra. -Immagino che qui tu ti faccia
chiamare Aria!-
Eccola lì la sua
vera sorella, ora sì che la riconosceva. Solo lei era capace di fingersi gentile
il secondo prima, e di lanciare frecciate avvelenate quello dopo. E, solo lei,
poteva squadrarla in quel modo penetrante.
-Che cosa vuoi,
Amber?- Sbottò. -Tu hai fatto la tua scelta ed io la mia, sto bene qui,
lasciami in pace!-
Lo sguardo di Amber
si affilò ancora di più e le sue sopracciglia si abbassarono verso il naso.
-Qui non si tratta semplicemente di me o di te!- le sibilò contro, lanciando
occhiate frenetiche verso i suoi compagni di fazione, per assicurarsi che non la
sentissero.
Aria era stanca
delle occhiate crudeli che le lanciava e, se Amber aveva intensione di
infuriarsi e di farsi venire un attacco proprio lì, lei non voleva esserne
partecipe. Aveva ancora le braccia incrociate davanti al petto quando lanciò
l’ennesima occhiata verso Eric, accorgendosi che anche lui la stava guardando.
Per un attimo i lori sguardi si incrociarono e Aria pensò che fossero nella
stessa situazione, entrambi infatti stavano cercando di sfuggire mentalmente
alle due donne bionde che gli inveivano contro. Peccato che lei fosse abituata
all’atteggiamento di sua sorella, e la lasciava fare, ma come era possibile che
Eric permettesse a quella donna di mancargli di rispetto in quel modo?
Jeanine manteneva la
solita compostezza che si chiedeva ad ogni Erudito, esibendo una postura rigida
del copro ma, il suo volto solitamente inespressivo, era stravolto dalla
cattiveria. Aveva persino sollevato un dito per puntarlo contro Eric che, fermo
al suo posto, non si era lasciato intimidire.
Che la stesse
assecondando anche lui?
-Non ti accorgi di
quello che sta per succedere?-
L’ennesima domanda
di sua sorella la riscosse, costringendola a voltarsi. Dovette però riconoscere
che, sta volta, le sue parole avevano colto nel segno.
-Di che stai
parlando?-
-Prova a sentire Aria, le cose stanno per
cambiare.-
Aria inarcò le
sopracciglia e serrò le labbra, osservando con attenzione il viso della
sorella. Sentire era il termine che
usavano da bambine per scambiarsi informazioni segrete, senza che i loro
genitori sospettassero nulla. Derivava dalla credenza che i gemelli sentissero
i pensieri e le emozioni l’uno dell’altro. Dirle di sentire, in altre parole,
significava cogli i segnali.
-Ma che stai
dicendo?- Chiese ad occhi sbarrati, riflettendo per la prima volta sulla
serietà delle parole della sorella.
Ma Amber non
l’ascoltava nemmeno più, sembrava che recitasse la parte di un copione che si
era già stampata nella mente.
-Quando tutto
accadrà, io sarò dalla parte giusta, mentre tu…- i suoi occhi azzurri si
posarono su di lei e la trapassarono con un’ ondata di rabbia e paura. –Farai
solo la parte del burattino!-
Aria rimase senza
fiato e, pur non riuscendo a dare un nome a ciò che provava, venne invasa da
una serie di ricordi e considerazioni, che le fecero capire che il
comportamento di Amber non era del tutto immotivato.
Avrebbero voluto
chiedere spiegazioni in più, ma la voce di Jeanine si fece udire senza
preavviso.
-Possiamo andare!-
Disse, rivolgendosi al gruppo di Eruditi.
La testa di Aria si
abbassò, avrebbe voluto sapere da Amber perché parlava di burattini e parti
sbagliate, ma non c’era più tempo. Guardò un’ ultima volta sua sorella e scosse
la testa per levarsi di dosso la sensazione sgradevole che le aveva lasciato.
Si disse che non c’era motivo per darle ascolto, dato che l’odio di Amber verso
gli Intrepidi e verso di lei poteva bastare per spiegare tutto quello che aveva
detto.
-Quasi dimenticavo…-
Disse Jeanine con voce elegante. -È
stato un piacere rivederti, Ariana!-
Aria si voltò verso
di lei e sentì il suo copro paralizzarsi, la gola le si era seccata e non
riuscì a rispondere nulla, limitandosi a ricambiare con un cenno del capo il
sorriso della donna.
Rimase a guardare anche
quando Jeanine e il suo gruppo di Eruditi proseguirono lungo il corridoio,
stringendo i pugni per la rabbia che aveva provato sentendosi chiamare per nome
da quella rappresentante che tanto disprezzava.
Amber seguì il
gruppo e passò davanti ad Eric, sollevando i suoi occhi inquisitori per
analizzarlo. Ma la sua sicurezza si disperse del tutto quando anche il ragazzo
abbassò gli occhi su di lei, costringendola a stringersi nelle spalle.
Aria scosse la testa
per quello scambio di sguardi tra sua sorella e il suo capofazione, sapendo che
la forza fisica di Eric era pari a quella mentale di Amber, e sorrise al
pensiero di un possibile dibattito fra i due. E, quando il ragazzo si riscosse
dalla sua immobilità, Aria si accorse della sua espressione e sentì una fitta
al petto, ebbe addirittura timore di lui quando si avviò a passo di carica
verso di lei, afferrandola brutalmente da un braccio perché lo guardasse negli
occhi.
-Che cosa ti ha
detto?- le ringhiò contro.
-Chi, mia sorella?
Mi stai facendo male!-
Eric la lasciò
andare quando cercò di togliere il braccio dalla sua presa con uno strattone, e
rimase a guardarla mentre si massaggiava la parte del braccio che le aveva
stretto.
-Rispondi!- la
incalzò.
-Niente! Ha solo
colto l’occasione per ricordarmi quanto sono stata stupida a cambiare fazione,
e quanto brava sia stata lei a rimanere fra gli Eruditi.- Disse con rabbia,
alzando gli occhi al cielo.
Eric parve calmarsi,
guardò il braccio che le aveva afferrato senza alcun riguardo e serrò la
mascella. –Ti somiglia molto.- constatò.
Aria si strinse nelle
spalle con un’ espressione imbronciata, o forse disgustata. –Per forza, è mia
sorella gemella!- Ammise con rammarico. -In realtà siamo gemelle eterozigote,
ci assomigliamo molto ma non siamo identiche!-
-Io non ho detto
questo!- puntualizzò con un sopracciglio alzato.
Guardandolo, Aria trattenne
un sorriso. Era ancora rigido e in collera per qualcosa, ma non vi prestò
attenzione. -Mi stai dicendo che hai notato le differenze, o parli solo del
colore dei capelli?- Indagò con un sorriso nascosto.
Quando il migliore
dei suoi ghigni strafottenti comparve sul suo volto beffardo, Aria seppe che Eric
era tornato in sé.
-Sei più bella!- Le
disse piegando la testa da un lato. –Lei ha il naso troppo dritto e,
soprattutto, non ha le tue labbra…-
-Le mie labbra?-
Eric sogghignò e le
sollevò il mento con due dita. –Sì, mi piacciono molto, ancora di più quando
posso morderle, Aria.- La guardò arrossire e aggiunse. -Oppure dovrei dire Ariana?-
Il volto della
ragazza passò dal rossore per l’imbarazzo a quello per la rabbia. –Tanto per
cominciare non puoi mordermi!- gli disse assottigliando lo sguardo. –Secondo,
non chiamarmi in quel modo o mi arrabbio sul serio!-
Eric parve soppesare
le sue parole e fece un cenno con la testa, prima di guardarla con occhi
crudeli. –Ultimamente stai alzando un po’ troppo la testa per i miei gusti, è
meglio che ti rimetta al tuo posto e che ti ricordi con chi hai a che fare…-
Ignorando le sue
proteste, se la caricò in spalla tenendole ferme le ginocchia contro il suo
petto, portandosela via contro la sua volontà e godendosi i suoi lamenti e i
pugni che gli batteva sulla schiena, pensando con soddisfazione a quando
insignificante fosse il suo tentativo di ribellione.
Continua…