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Autore: Adeia Di Elferas    17/12/2014    9 recensioni
Katniss è tornata a casa vincitrice. Ora la sua famiglia vive con lei in una nuova casa, nel Villaggio dei Vincitori. Il grande pericolo sembra ormai da dimenticare. Tutto sembra tornato alla normalità, ma Prim non la pensa allo stesso modo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Katniss Everdeen, Mrs. Everdeen, Primrose Everdeen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie '...finché rimarrà un solo e unico vincitore.'
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~~ È cambiata, da quando è tornata. Mamma non lo vuole vedere, ma io sì. Anche se cerca di essere come sempre, anche se cerca di non farci capire quanto sta ancora soffrendo, la realtà è che non è più la stessa.
 Ha lasciato un pezzo di sé, in quell'Arena.
 Anche adesso, che è seduta sul nostro nuovo divano, nella nostra nuova sala, e guarda distrattamente lo schermo, su cui stanno scorrendo delle immagini che non le interessano, io colgo qualcosa in lei che prima non c'era.
 Abbiamo avuto fame, negli anni, abbiamo sofferto molto, ci sono stati giorni in cui credevo che non ce l'avremmo fatta. Ma lei, alla fine, ci ha salvate, sia me che mamma. Adesso vorrei tanto poter far altrettanto per lei. Non posso, però, lo so. I Giochi l'hanno segnata per sempre. Non ci sono vincitori, solo sopravvissuti, ora lo capisco. Posso solo cercare di starle vicina.
 Ogni volta che la vedo, non riesco a non ricordare il giorno della Mietitura dell'anno scorso, quando si è offerta al mio posto. Ha vinto per me. Quando è tornata a casa, speravo che fosse di nuovo tutto a posto, tutto normale.
 Quanto mi sbagliavo...
 “Ah, paperella...” mi dice, improvvisamente accorgendosi che la sto guardando. Sorrido, istintivamente. Nei suoi occhi vedo delle ombre che prima non c'erano. È una cosa che mi fa soffrire così tanto...
 “Tutto a posto?” mi domanda Katniss, accigliandosi. È assurdo, malgrado tutto, lei continua a preoccuparsi per me. Da quando è tornata ho la netta impressione che il motivo per cui non vuole lasciar trasparire quello che sente, sia proprio il suo non volermi ferire in nessun modo.
 “Sì.” rispondo, annuendo con convinzione. Anche lei annuisce, più lentamente, e il suo sguardo torna immediatamente ad essere assente e si posa sullo schermo.
 È appena apparso Flickerman, il presentatore, ma all'inizio non lo ascolto. Sono troppo presa dal lanciare occhiate a mia sorella, per vedere se sta bene, anche se so che non può stare bene.
 Ranuncolo arriva facendo le fusa e sale sul divano, mettendosi tra me e Katniss.
 In altri momenti, Katniss lo avrebbe scacciato subito, a meno che io non l'avessi preso in braccio, legittimando la sua presenza. Invece adesso gli dà solo un'occhiatina insofferente e non dice nulla.
 Accarezzo piano la testa del mio gatto e cerco di seguire il discorso di Flickerman. Sta parlando del matrimonio...
 Il volto di Katniss è una maschera senza emozioni, anche se immagino che ne stia provando un turbine infinito.
 Adesso stanno facendo vedere per l'ennesima volta alcuni tra gli abiti da sposa tra cui il pubblico dovrà scegliere. Inspirando con forza, Katniss si alza dal divano ed esce dalla stanza, senza aprir bocca. Credo che le dia la nausea, tutta questa attesa per il matrimonio.
 Non mi ha voluto dire cosa è successo di preciso durante il tour della Vittoria, né durante la festa a Capitol. So solo che lei e Gale si stanno allontanando e non si rendono conto di come sarà difficile riavvicinarsi, se adesso lasciano che tra loro si crei una voragine.
 C'è da dire, però, che lei ha scelto Peeta, davanti al mondo intero...
 Ranuncolo fa ancora le fusa, cercando di attirare la mia attenzione dandomi piccoli colpi con la testa.
 Lo accarezzo di nuovo, assumendo la stessa posa che aveva mia sorella fino a poco fa: sguardo spento rivolto allo schermo ed espressione indifferente.
 Il servizio sui vestiti da sposa finisce e ne comincia uno in cui fanno vedere spezzoni dei vecchi Hunger Games. Di norma il sangue non mi fa effetto, ma la violenza sì. Queste scene, tratte da non capisco bene che edizione, mi danno il voltastomaco.
 Mi alzo per spegnere, quando sento una presenza alle mie spalle. Mi volto, dopo aver messo a tacere le immagini, e vedo mia madre che mi sta fissando.
 Non ci avevo mai fatto caso fino ad oggi. Mia mamma e Katniss si assomigliano molto. Non come carattere, né come aspetto. Si assomigliano molto nel modo in cui rendono il loro volto una maschera impenetrabile, impossibile da leggere.
 Mi avvicino a mia madre e Ranuncolo mi segue, la coda alta e dritta e le zampe che si muovono veloci per tenere il passo.
 “Come stai, mamma?” le chiedo, diretta. I suoi occhi azzurri e stanchi si specchiano nei miei: “Bene, bene...” sussurra.
 “Dai, mamma... Andiamo a preparare la cena?” la incoraggio, massaggiandole un braccio. A scoppio ritardato, mi segue in cucina. Aveva promesso a Katniss di non cedere più, e per ora ce l'ha fatta. Ogni tanto, però, ha ancora i suoi momenti di smarrimento. Io la risveglio dalla sua apatia e spero che Katniss non si renda conto di questi momenti di debolezza.
 Quando la cena è pronta, vado a chiamare Katniss. La trovo nella sua stanza, stesa sul letto che fissa il soffitto.
 “Arrivo.” mi dice, quando le riferisco che la cena è pronta. Aspetto sulla porta, mentre lei si mette dapprima a sedere e poi in piedi.
 Mi sorride, facendo un grande sforzo, me ne rendo conto: “Cosa c'è di buono stasera?” Vorrei chiederle come sta, vorrei farle un sacco di domande, sugli Hunger Games, sul tour della Vittoria e su Peeta e Gale e su come si sente in merito a quella storia, ma non ci riesco.
 Dal velo umido che ha sulle iridi, capisco che stava per mettersi a piangere, ma che non ha ceduto. Non voglio metterla in difficoltà. Se non è pronta, parlerà dei suoi fantasmi più avanti. Abbiamo tempo adesso.
 Ha vinto gli Hunger Games. Possono costringerla a sposare Peeta, possono costringerla a fare da Mentore ed ad andare a Capitol, di quando in quando, ma nell'Arena non possono più portarla, ed è questo che conta.
 Mentre scendiamo in cucina, Katniss mi dà una strizzatina alla spalla, come a dire che è qui, non al massimo della forma, ma che c'è e che ci sarà sempre. La sua è una promessa.
 I giochi non ci divideranno mai più.
   
 
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