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Autore: _Jack Frost_    18/12/2014    2 recensioni
Storia sospesa
Può darsi che abbiate sentito parlare di An Sgùrr. Quel sinistro roccione vulcanico che da tempo immemorabile alimenta le più spietate leggende su fanciulle scomparse e intere greggi mutilate.
E se non l'avete fatto, be', non è mai troppo tardi per concedervi una breve vacanza da queste parti. Qui la gente è ospitale e la birra non manca mai, così come quelle paradisiache visioni dai seni morbidi e i lunghissimi capelli rossi, che vengono a portare i boccali pieni fino ai tavoli, curiose come Pandora di scoprire qualcosa sul nuovo arrivato. Ora è un forestiero che tiene il volto celato da un cappello vecchio e troppo grande per lui, ora è un anziano scrittore deluso dalle nuove generazioni che sembrano non comprendere i suoi arcani pensieri, ora invece è una coppia giovane che vuole godersi la luna di miele tra le valli e le spiagge incontaminate attorno al villaggio.
Anche se, il più delle volte, i nostri gentili ospiti sono gli esorcisti.
Genere: Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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lupi



                                         I lupi di An Sgùrr




                                                                 
                                                                        I.

                                                        Sfida a palle di neve
     


Può darsi che abbiate sentito parlare di An Sgùrr. Quel sinistro roccione vulcanico che da tempo immemorabile alimenta le più spietate leggende su fanciulle scomparse e intere greggi mutilate.
E se non l'avete fatto, be', non è mai troppo tardi per concedervi una breve vacanza da queste parti. Qui la gente è ospitale e la birra non manca mai, così come quelle paradisiache visioni dai seni morbidi e i lunghissimi capelli rossi, che vengono a portare i boccali pieni fino ai tavoli, curiose come Pandora di scoprire qualcosa sul nuovo arrivato. Ora è un forestiero che tiene il volto celato da un cappello vecchio e troppo grande per lui, ora è un anziano scrittore deluso dalle nuove generazioni che sembrano non comprendere i suoi arcani pensieri, ora invece è una coppia giovane che vuole godersi la luna di miele tra le valli e le spiagge incontaminate attorno al villaggio.
Anche se, il più delle volte, i nostri gentili ospiti sono gli esorcisti.




È inverno e fa un freddo cane.
Glendon ha già tredici anni e non ha ancora imparato a vincere l'abbraccio del gelo. Si rifiuta di lasciare gli scarponi infangati fuori dal portico ( il mattino dopo li ritrova pietrificati dal ghiaccio e gli tocca usare il vecchio scalpello di suo padre, se non vuole andare a scuola scalzo ) e deve ingoiare gli insulti degli altri bambini, soprattutto dei suoi amici, quando indossa i guanti per uscire all'aperto.
“ I guanti sono per le femmine! ” dicono, e  poi ridono.
Gobha è il figlio del fabbro; suo padre non aveva esitato a mettergli tra le mani un martello all'età di sei anni, e lui l'aveva sbattuto così spesso su quell'incudine che ormai le sue mani erano diventate quelle di un uomo, ruvide e callose, e le esponeva agli altri con sguardo orgoglioso. Lui sì che non sente più il freddo, sotto quello strato spesso di pelle.
Ma Gobha è anche il miglior amico di Glendon, nonostante tra loro vi siano più di tre anni di differenza.
È stato Gobha a regalargli la sua prima arma, un coltello affilato senza il quale, lo aveva avvertito con occhi seri, non sarebbe mai dovuto inoltrarsi nel bosco.
Per testarne l'efficacia, una volta Glendon era entrato in camera di sua sorella e le aveva tagliato metà treccia mentre dormiva. Poi era sgattaiolato davanti al camino ancora acceso, piazzando un lato della lama verso l'alto e facendoci cadere ciocca per ciocca, con calma. I capelli avevano accarezzato il metallo. No, lo avevano sfiorato timidamente, prima di dividersi sotto gli occhi incantati di Glendon.
Sua madre l'aveva picchiato con un battipanni e sua sorella aveva portato una cuffia di lino per sette mesi, prima che i capelli raggiungessero una lunghezza decente.
Fatto sta che quel coltello è la cosa più preziosa che ha, e tante volte Glendon ha fantasticato su come usarlo. Certe volte i suoi pensieri hanno addirittura espresso il desiderio di trovarsi davanti una belva contro la quale gli sarebbe servito.
Per questo non dovrà ancora attendere molto.




La campana della parrocchia suona le cinque e i bambini corrono via, lasciandosi alle spalle il cortile della scuola, neanche avessero il Diavolo alle calcagna.
Quando qualcuno la spinge, il copricapo bianco scivola via dalla testa di Isoud e i suoi capelli scendono come una cascata di onde dorate sulla sua schiena, mentre la ragazzina si rialza in piedi. Quei capelli hanno il colore del grano maturo, quello che i contadini possono ammirare solo ad agosto, con il sole che scalda le pietre.
“ La stai guardando di nuovo. ” Glendon non sposta lo sguardo, anche se quella voce stridula e femminile lo coglie sempre di sorpresa.
“ È bella. ”
“ Lei non la pensa così su di te. L'ho sentita parlare con le sue amiche, ieri. Dice che un ragazzo l'ha invitata a fare un pic nic al torrente e lei deve ancora decidere se accettare o no. ”
“ Non è il primo a chiederglielo. ”
“ Ma è il primo a cui dirà di sì, Glendon. ”
Quell'ultima affermazione lo convince a voltarsi. Squadra con aria contrariata Moira e i suoi denti storti, visibili perché sta sorridendo.
Al villaggio gira da decenni la voce che se una bambina dai capelli rossi e gli occhi blu nasce di piedi il giorno del solstizio d'inverno, perderà la vista e diventerà una veggente. Probabilmente è questo il motivo per cui la maggior parte dei bambini non vuole giocare con Moira, anche se Glendon non crede a quella storia, perché lei vede bene. Anche troppo bene, certe volte.
E Glendon è innamorato di Isaude da almeno due inverni, sebbene lei abbia due anni in più di lui e provenga da una famiglia con radici molto più antiche e rispettabili della sua.
Ci vorranno ancora un paio d'anni al massimo, prima che i suoi genitori mettano su il fidanzamento che riterranno più appropriato, mentre lui e la sua codardia sarebbero rimasti a guardarla nell'ombra.
“ Vedila per quello che è, non hai speranze. Ti consiglio di dedicare le tue attenzioni alla figlia del macellaio, o alla letteratura. Non hai le mani di un fabbro, né di un falegname, né di un contadino, per cui non aspirare a ciò che non potrai diventare. ”
“ Non ho interesse per la figlia del macellaio. Puzza ed è strabica. ”
“ Penso che diventerà la donna più intelligente del villaggio. ”
Temi i veggenti e fuggi da loro. Prima che puntino gli occhi su di te e con poche parole segnino un destino diverso da quello che sei convinto di poterti creare da solo.
Glendon non la saluta quando si volta, affondando gli scarponi nei dieci centimetri di neve che ricopre la strada verso casa.



Fiori di ghiaccio.
Glendon li ha sempre preferiti a quelli normali. Cristallizzati dal gelo e inscalfibili, non possono morire e restano belli per sempre.
Spesso si ferma ad ammirarli, anche quelli selvatici. Sono la rappresentazione di quanto di più puro e perfetto ci sia, in quel luogo dimenticato da Dio. Se solo non crescessero così vicini al bosco... ma sì, ne vale la pena!, pensa lui. Lo fa da sempre e comunque è abituato a trascorrere la serata a grattare via il fango incrostato dagli scarponi. Sua madre non gli permette di cenare se prima non pulisce gli scarponi.
Adesso è il crepuscolo.
Quanto tempo è rimasto lì, fermo a guardare i fiori?
Sente il suono della campana vibrargli fin dentro le ossa, quel metallo vecchio e arruginito che fa da avvertimento. Sua madre si arrabbierà e forse gli farà saltare la cena, e sua sorella per dispetto non lo farà entrare. Ce l'ha ancora con lui per la storia dei capelli. Fossero poi belli come quelli di Isoud! Invece no, sono color topo, come i topolini che a volte riescono a entrare nella loro dispensa, per mangiare.
Quei ratti bastardi! Come facciano sempre a sapere quando hanno comprato il formaggio, è ancora un mistero. Hanno provato a tappare i buchini sotto la porta, ma loro rosicchiano il legno fino a crearne degli altri. Sono pericolosi, hanno denti affilati e hanno sempre, sempre fame.
I vicini di casa hanno lo stesso problema; avevano preso un gatto da tenere in casa, felici di aver finalmente trovato la soluzione al problema. Il giorno dopo avevano trovato il gatto sanguinante, con un orecchio mangiucchiato e parte della coda strappata via. Aveva ancora un ratto avvinghiato al pelo, cercava di morderlo.
Temete i topi più dei lupi. Questo dice sempre sua madre, da quando una bambina era morta per l'infezione causata da un morso di ratto sul piede.
Per essere precisi, c'è molto da temere, non solo ratti e lupi.
Temi i figli del capo-villaggio, grossi, stupidi e cattivi.
Temi i forestieri che alloggiano qui, e ancora di più se si portano armi appresso.
Temi l'eremita che vive sulla collina appena oltre il bosco, dicono sia un vecchio pazzo.
Temi gli spiriti, temi chi senti cantare nel bosco.
L'ululato dei lupi è la ninna nanna delle tenebre, se lo ascolti e ti piace, tenilo per te. Potrebbero finire per lapidarti, accusandoti di essere uno dei figli del demonio. Poi brucerebbero i resti, in modo che le belve non possano sfamarsi con la tua carne corrotta.
Temi, temi, temi!
Paff, paff, paff!, è il suono delle palle di neve che vanno a infrangersi sui tronchi degli alberi ogni volta che Glendon pensa a quell'imperativo. Non vuole, lui, avere paura di così tante cose. Non è giusto, non è utile.
Prepara un'altra palla candida e mira all'albero più lontano che riesce a distinguere, sotto quella coltre bianca. Prendi la mira, tira. Ovviamente non arriva neanche a metà traiettoria, ma è comunque soddisfatto del risultato.
Per un attimo immagina la faccia di suo padre, mentre arrotola un cumulo di neve tra le mani. Suo padre e il fagotto preparato con calma. Non si era portato una bottiglia dietro perché in casa erano finite e non aveva più un centesimo per comprarne delle altre. Era partito seguendo il sentiero nel bosco e non era più tornato. Glendon ricorda ancora la mano sinistra di suo padre, con quella brutta cicatrice mai scomparsa, e la sua voce rauca, sgradevole.
Mamma gliel'aveva detto di non andarsene, non gliel'aveva detto?
Ma lui era sempre ubriaco e nemmeno si accorgeva che i suoi figli erano lì, nascosti dietro la donna, a piangere.
Paff, paff, paff!
Malgrado stia iniziando a stufarsi, lo trova un ottimo modo per sfogarsi e riscaldarsi. Già inizia a non sentire più il freddo. Ancora un ultimo colpo. Al masso grigio che spunta da quel cespuglio di rovi... è lontano, ma forse ce la fa.
Prendi la mira. Tira.
E il colpo va a segno. Solo che quello non è un grosso masso grigio, come credeva lui.
Nel momento in cui sente un guaito e lo vede muoversi, capisce cos'ha fatto e senza che il suo cervello glielo imponga, si mette a correre verso casa.
La neve rallenta i suoi movimenti e il terrore ha preso il sopravvento sulle sue gambe; sembrano fatte di ghiaccio, come i fiori che gli piace tanto guardare.
E il ringhio affamato che lo insegue non è un incentivo abbastanza letale per convincere il suo corpo a muoversi più in fretta. È troppo lento. Sta per morire.
Il lupo gli salta addosso, azzannandolo per il cappuccio e lo tira giù.
Glendon è a terra, adesso. Non è il sapore della neve, quello che ha in bocca; è fango. Si trova sulla strada principale del villaggio, ma non ha fatto in tempo a percorrerla.
Ora il sapore è cambiato. Più pungente e metallico.
Come quello che avverte, mentre qualcosa di bollente gli cola lungo il collo e un po' anche sulla guancia, quando la bestia trova finalmente un pezzo di carne in cui affondare i denti, lì, sulla spalla.
Il coltello.
Il coltello di Gobha, dov'è?
Il pensiero di avere un'arma con sè sembra dargli forza per un attimo, ma così com'era nato, ecco che esso muore con le sue speranze di salvezza.
I fabbri sanno come creare e usare le armi.
Il falegname potrebbe tagliare di netto la testa di un mostro così come fa con i suoi ciocchi di legno.
I contadini sopportano il peso di un maiale da cento chili e sollevano balle di fieno altrettanto pesanti.
Non hai le mani di un fabbro, né di un falegname, né di un contadino, per cui non aspirare a ciò che non potrai diventare. ”
Questo gli ha detto, quella strega.
Grida di dolore e paura, quando capisce che è la verità; non potrà mai diventare un uomo, non gli è stata data l'opportunità di crescere per diventare forte, perciò si abbandona al proprio fato, cercando di pensare ai capelli di Isoud. Ma non ricorda più il colore. Tutto quello che vede è rosso. Rosso come i morsi sul suo corpo, rosso come gli occhi del lupo.

Il rumore del primo sparo ha spaventato la bestia, che si stacca dalla preda, per poi dirigersi nella foresta.
Il secondo sparo va a vuoto, il terzo va a segno, ma il lupo riesce comunque a svanire tra gli alberi, lasciando solo una traccia si sangue sulla neve, che nessuno dei due cacciatori è intenzionato a seguire.
Soccorrono il ragazzino immobile. Respira ancora. Fermare il sangue, scaldargli le membra, cucire la pelle lacerata. È il terzo attacco, questo mese. La morte li prenda tutti, assassini di bambini!
Portiamolo al riparo, il sangue potrebbe attirarne altri... perde troppo sangue, di questo passo morirà prima dell'alba...



                                                                    Fine prima parte








                                                                  
                                                                
                                                                  




   
 
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