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Autore: Fast    21/12/2014    3 recensioni
Può un sentimento nato per caso, diventare così forte, bruciante, da togliere il respiro?
Tratto dal testo:
"... perchè ho improvvissamente capito che quello che voglio è così forte e così potente da non avere il coraggio di chiamarlo col suo vero nome.."
"...io ti voglio Kagome, non vedi, non capisci cosa sei per me?.."
"...perchè io capivo soltanto che mi sarei potuta sciogliere come neve tra le sue braccia, ma la sua rabbia, la sua diffidenza, e la sua sfiducia avevano costruito un muro per me invalicabile.."
"...se è per poco che mi vuoi, dimenticami:voglio fiducia, voglio rispetto, voglio complicità. Tutto il resto è niente..."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Kikyo, Sango, Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Inuyasha/Kikyo
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
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-Dio, fà che vada bene-

 

Ecco quello che pensava una graziosa ragazza dai lunghi capelli corvini ondulati mentre camminava, (le scatole che le giravano peggio che a un mulino a vento) per le strade di quella frenetica città che è Londra, mentre malediceva con tutta se stessa: i ferrotranvieri in sciopero, il suo ritardo cronico (era appurato, ce lo doveva avere nel DNA) e i collant che si smagliano sempre nei momenti meno opportuni!

Possibile che, a ventisette anni suonati lei non avesse:

a) un lavoro fisso

b)una casa fissa (e fra parentesi, la stavano pure sfrattando da quella che aveva ora)

 

Il giorno prima poteva avere sperato di cancellare dalla triste lista la prima opzione

 ( e di conseguenza anche la seconda) ma il casino che aveva fatto quella mattina aveva fatto sfumare questo piacevole sogno…

Ma chi è, e che cosa ha combinato, vi chiederete voi, questa ragazza?

La risposta è presto data: Kagome Higurashi, ventisette anni, laureata in legge, immigrata (non clandestina) dal Giappone nel vecchio continente, senza un lavoro fisso, senza una casa fissa, ma con un'affittuaria violenta che l'attendeva al rientro e una madre logorroica nel paese natìo.

Tre giorni fa la sfortunata signorina aveva letto sul Times che il prestigioso istituto “ The Lawyers” aveva deciso di assumere, con lo stipendio strabiliante di ben 3000 sterline, solo ed esclusivamente 3 avvocati di età non superiore ai trent’anni, con un anticipo all’assunzione di 1700 sterline.

per dare una svolta al panorama lavorativo che abbiamo davanti. Abbiamo bisogno di cervelli giovani e capaci” aveva spiegato l’avvocato capo dello studio, tale I. Winchester.

E perché non lei, che si era laureata con il massimo dei voti, e sapeva ben tre lingue, esclusa quella madre?

Si era presa una giornata libera dal lavoro ( cameriera al Mc Donald’s) e aveva ripescato dall’armadiocompleto nero, camicia bianca e scarpe con tacco. Poi aveva aggiornato il suo vecchio curriculum, si era quasi sbranata con la proprietaria del suo immobile (una madre di cinque figli dall’aspetto truce)che la minacciava di sgomberare entro tre giorni perché aveva trovato un buon acquirente ( e Dio solo sapeva chi fosse il malcapitato), altrimenti le avrebbe fatto trovare la roba fuori dalla porta quella sera.

Ed era per causa sua che aveva perso la metropolitana, scoprendo poi con profondo rammarico che fino alle tre del pomeriggio era sciopero, quindi aveva deciso di andare a piedi fino allo studio.

 

Mentre camminava a passo spedito, non potè non ritornare con la mente alla conversazione avuta con la madre la sera prima...

 

-Io non capisco cara- aveva esordito, la consueta voce cantilenante, la signora Higurashi -Potevi restare qui in Giappone, a casa, ad occuparti del tempio di famiglia! Avevi pure un ragazzo d'oro!-

-Si mamma, il ragazzo d'oro mi ha cornificata con la compagna di corso sul letto dell'infermieria, se non ricordi...- aveva replicato lei infastidita.

-Oh insomma! Pensa un po' anche al tuo comportamento, tesoro: si è mai vista una giovane che si perde in biblioteca anche il sabato pomeriggio? Era ovvio che il caro Hojo andasse a cercare altrove, prima o poi!-

-mamma, non mi sono fatta venire la miopia sui libri per restare a casa a fare la calza! E poi lasciamo perdere Hojo, va', che è meglio..-

-Comunque sia Kagome, non puoi continuare a buttare via la tua vita così! Sei laggiù, sola, senza nessuno! Lavori in un fast food per l'equivalente di pochi Yen..- -...l'equivalente di pochi yen che mi consentono di sopravvivere dignitosamente mamma- l'aveva interrotta -...per fare una vita che in fondo avresti potuto fare anche qua!- aveva proseguito la madre imperterrita, senza neanche ascoltarla.

Almeno il nonno era dalla sua parte.

Kagome sorrise. L'amato anziano era stato ed era tutt'ora per lei il centro del mondo. Dopo la morte prematura del padre, quando Kagome aveva quattro anni, il vecchio Higurashi aveva assunto il ruolo di figura maschile per lei, stabilendo con la nipote un rapporto invidiabile, spronandola, incoraggiandola in tutto. Era stato lui, totalmente in disaccordo con la nuora, a darle la spinta decisiva per andare a Londra.

-Mia cara, è un peccato buttar via la tua intelligenza. Sei così giovane, hai tutta la vita davanti, e tentar non nuoce! L'uscita di scena di quel fantoccio è stata provvidenziale, un dono dei Kami!- aveva detto compiaciuto qualche settimana dopo la rottura con Hojo, quando la nipote aveva ventilato l'ipotesi di un'esperienza all'estero. Fu così che si convinse. Forte del denaro della borsa di studio che aveva avuto all'ultimo anno di università e dei soldi messi da parte dal nonno fin da quando era piccola per il suo futuro, aveva fatto i bagagli, redatto un curriculum, ed era partita per l'Europa. Certo, le mancavano da morire Sango, sua migliore amica da sempre, suo fratello, suo nonno, sua madre, ma poteva dire di essersi trovata bene. Aveva trovato un piccolissimo appartamento in periferia, e aveva iniziato immediatamente a collaborare con uno studio della città, riscuotendo un notevole successo nell'ambiente. Purtroppo (non era passato neppure un anno), alla morte del titolare dello studio, gli era subentrato il figlio, col quale non aveva mai avuto un buon rapporto e col quale c'erano state notevoli divergenze. Con la scusa di una riorganizzazione dell'organico, Kagome era stata licenziata nel giro di pochissimi giorni, trovandosi così senza stipendio da un momento all'altro. Per parecchi mesi Kagome era andata avanti coi riparmi messi da parte, ma non era riuscita a trovare nessun impiego in nessuno studio. Fu così che si dovette accontentare di un posto al fast food nel quale lavorava ormai da un anno e mezzo (con grande disappunto della madre che non faceva che criticarla per la scelta). Un anno e mezzo durante il quale aveva finito quai tutti i suoi risparmi per poter andare avanti.

Suffò.

Lo studio "Lawyers" era davvero l'ultima spiaggia. Se non l'avessero assunta loro, sarebbe stata costretta davvero a gettare la spugna e a tornare a casa con la coda tra le gambe.

 

Lanciò un'occhiata all’orologio del noto Big Ben, e constatò con orrore che erano quasi le dieci.

I colloqui finivano alle dieci e mezza.

 

Ebbe quindi l’infelice idea di mettersi a correre, cosa alquanto difficile con i tacchi, finendo per inciampare in  una mattonella rialzata.

Battè con le ginocchia per terra, smagliando così le finissime calze chiare.

Si alzò.

Non c’era altra scelta.

Aveva esattamente trenta minuti per:

Trovare una merceria e comprare un altro paio di calze;

trovare delle salviette umidificate per pulirsi il viso sudato e con il trucco colato, e rifarlo in seguito,

pettinarsi quei dannati capelli che proprio quella mattina avevano deciso di andarsene per il verso loro…

 

E infine prendere un taxi per arrivare almeno in tempo.

 

Si guardò intorno per vedere se nei paraggi ci fossero dei negozi dio abbaigliamento, e ne avvistò uno a pochi metri di distanza.

Si fiondò dentro, poi si precipitò sotto lo sguardo incuriosito delle commesse, verso l’angolo dei saponi per le salviette e la spazzola, e dopo verso quello d’abbigliamento per dei collant.

 

-Fanno 10 sterline signora- disse la commessa mettendo la roba in una busta.

Kagome pagò, sbirciando quello che le rimaneva nel portafogli.

Solo 12 sterline.

Se non riusciva ad ottenere quel fottutissimo posto, avrebbe passato davvero la notte sotto un ponte.

-Scusi- chiese alla commessa –Un bagno?-

- La porta che trova dopo quella colonna-

 

Kagome entrò dentro a velocità supersonica, si cambiò le calze buttando via quelle rotte, si lavò per bene la faccia, poi si ritruccò e pettinò come meglio potè.

 

Guardò l’orologio:

Le dieci e un quarto, solo quindici preziosissimi minuti per arrivare a destinazione.

Raccolse la sua borsa e si precipitò fuori dal negozio.

 

-TAXIIII!!!-

 

Più si sbracciava, e più i tassisti la ignoravano.

Se non fosse stato per il fatto che era assolutamente indecoroso, si sarebbe messa a urlare e battere i piedi per terra.

Evidentemente, come diceva spesso suo nonno, gli spiriti delle tenebre stavano cospirando contro di lei.

Poi, quasi come un miracolo, un taxi mezzo sgangherato si fermò davanti a lei.

 

- HAO, ‘A BELLA, VOI UN PASSAGGIO?- le fece dal finestrino il tassista, i capelli riccioluti al vento, un tatuaggio sbiadito sul bicipite.

 

Kagome si pietrificò.

Ci mancava solo il tassista romano.

Ma in fondo, chi era lei per lagnarsi dei doni della Divina Provvidenza?

Entrò quindi nell'abitacolo, che profumava di bucatini all'amatricina e pecorino stagionato.

 

-‘Ndove te porto?-

-Al lowyers- disse.

 

Guardò le case scorrere veloci di fianco a lei.

Le dieci e diciannove.

 

Quella era un’opportunità irripetibile. Non vedeva l’ora di arrivare quella sera dalla sua bisbetica affittuaria, passarle accanto con aria di sufficienza, prendere poche cose per passare la notte in hotel per poi passare nei giorni seguenti a sgomberare totalmente per trasferirsi in un magnifico attico con vista sul Tamigi,(pagato ovviamente con il suo anticipo) e  telefonare al nonno e a Sango per annunciare la lieta notizia.

 

Naturalmente se riusciva ad arrivare in tempo…

 

Il tassista fece un’inchiodata micidiale, facendola spiaccicare contro lo schienale

-Ma che…che??!!- balbettò confusa, spostandosi in avanti per vedere cos'era successo.

 

-MIIIIINCHIA!!!!!CHE MINCHIA FAI, U VEDESTI U SEMAFORO, AH????!!!-

 

…ecco, il tassista aveva anche origini siciliane…

Bastava che si sbrigasse…

-Scusi, ma che è successo?-

-Minchia, u picciotto arrivò senza guardare!! Picchiato mi ha!!!- cercò di spiegarle indicando un taxi simile al suo parcheggiato sul cofano.

 

-Come! E adesso??- urlò Kagome sgomenta.

 

-Ue’, guaglione, abbassa uno poco il tono!!!-

 

Pure napoletano era!!!

 

Kagome si mise le mani nei capelli…

 

Le dieci e ventuno.

Doveva assolutamente fare qualcosa.

 

Aprì con decisione lo sportello

 

-IO NON AVERE VIZTO SEMAFORRO!- spiegava l'altro tassista, uno spilungone dalla barba bionda e la pancia di quattro mesi.

 

-MIIII, NON ME NE FREGA UNA MINCHIA A MIA, CAPISCISTI??? MI DEVI RIPAGARE!!- rispondeva l'altro, le braccia alzate.

 

-YA, YA, IO CAPIRE, MA TU NON DOVERE INCAZZZARRRE COSI, YA!-

 

Ecco, pure il tedesco.

-Scusate…- cercò timidamente di intervenire Kagome.

-AHO’, CHE C’HAI ‘NA CAPOCCIA?? FACCI VEDERE L’ASSICURAZIONE, PERCHE’ SENNO’ IO DI QUI NON ME MOVO!-

-AZZIKURAZZZIONNE??!! IO NON AVERE ADEZZO QUI! IO AVERE LASCIATA IN CRANDE CERMANNNIA, YA!!-

 

-Scusate…potrei…-

 

Intanto una folla di curiosi si era radunata li intorno:

 

-Madunina, ma che è successo??-

-Ma non lo so, stan litigando, ne?-

 

-Insomma, mi volete ascoltare???-

 

-SUOLO PERCHE’ IO ESSERE MEZZO RUOSSO E MEZZO TEDEZKO TU NON DOVERE CRITARE COSI!!!!-

 

-PORCO CANE, VOLETE ASCOLTARMI, VOLETE CAPIRLO CHE MI FATE FARE TARDISSIMOOOO!!!-

 

-Madunina, poaretta!-

-L’è andata anca lèe!- (è partita anche lei)

 

I due litiganti si zittirono.

Kagome sfoderò un sorrisone a trentadue denti, poi si avvicinò.

-Io sono un avvocato…anzi no, un brillante avvocato, per la precisione, e sto andando ad una conferenza importante, che è alle dieci e mezza. Vi assicuro che se la smettete di becchettarvi qui, vi farò io stessa da avvocato, e sistemerò la situazione-

 

I due si tolsero i cappelli in segno di doveroso rispetto, poi dissero un “grazie” senza inflessioni.

Kagome guardò l’orologio.

Mondo infame:

Le 10 e ventisette!!

-Presto!!! Muoviamoci, altrimenti non ce la farò!!- urlò schizzando letteralmente in macchina.

-Che sta facendo??!! Si muova!!-

-SI signora!!-

-AVETE SENTITO??! E’ UN CRANDE AVVOCATO!!! NOI DOVERE AIUTARLA!!!-

-HEY AMICO, UNIMMO LE NOSTRE FORZE??-

-YA, UNIRE UNIRE!! IO SCOMPRARE STRATA, TU SEGUIRE ME A TUTTA BIRRA!-

 

Kagome stava per avere una crisi di nervi, mentre il tassista stava andando ad una velocità impressionante.

Con uno stridio di gomme violento, il taxi si fermò davanti alla porta del “Lawyer”.

Kagome scese velocemente

-Ah signorì, per quell’affare…-

-Venite qui domani- rispose velocemente kagome

"se ci sarò" terminò mentalmente-.

-Buona fortuna zignorrina!!!-

 

Quattro scalini e tre minuti la dividevano da quella porta…

 

Uno…

Due…

Tre…

 

-AAAAAAAARRRRRGGGGGHHHHHHHH!!!!-

-DANNATA!!!! MA DOVE GUARDI!!!!!-

 

Kagome aprì gli occhi.

Quella situazione era a dir poco imbarazzante.

Era cauta rovinosamente dall’ultimo scalino, caduta all’indietro, per la precisione, ed era atterrata su un individuo dai capelli d’argento e gli occhi di sole…

 

-HA INTENZIONE DI STARSENE LI IMPALATA SU DI ME ANCORA PER MOLTO??- sbraitò questo.

 

.. e dal registro linguistico assolutamente primitivo…

Kagome si rialzò di scatto, smagliando anche i collant nuovi.

“ che sfiga…”

In quell’istante, un orologio suonò le dieci e mezza.

Kagome si sentì gelare.

Intanto, quello strano tizio si era messo in piedi e la fissava.

Kagome dovette ammettere che era davvero, ma davvero…

Si insomma, avete capito, no?

Si sistemò il colletto della camicia bianca perfettamente immacolata, poi le tese una mano.

-Venga…- le disse con tono più mite.

Nell’alzarsi, la ragazza tentennò sui tacchi, rischiando di cadere per l’ennesima volta.

Lo sentì sogghignare -Le ha mai detto nessuno che ha la grazia di un carrarmato?-

Se avesse avuto qualcosa in mano, Kagome glielo avrebbe sicuramente spaccato i faccia, poco ma sicuro.

-Allora?- disse lui.

Un po’ il nervoso, un po’ quella bellissima faccia da schiaffi, Kagome non lo seppe mai, fatto sta che spinta da una forza oscura (gli spiriti delle Tenebre, sicuramente) gli pestò un piede con la punta finissima del suo tacco.

 

L’urlo che ne seguì arrivò anche alle orecchie della Regina, garantito.

Kagome salì furiosa l’ultimo gradino.

-Sa cos’è lei? E’…è uno zotico, spaccone presuntuoso, ecco cos’è!!- sibilò furente

-Argh…che male… e lei è una pazza nevrotica- sentenziò.

-Bè’, questo mi sembra un po’ eccessivo da parte sua. E adesso, se non le dispiace, io avrei qualcosa da fare, piuttosto che stare qui con lei. Buona giornata-

E a passo spedito entrò nell’imponente struttura, pregando con tutta se stessa che l’ammettessero al colloquio…

 

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-Winchester… signor Winchester!! Sta bene?- chiese titubante la segretaria.

-SEEEE!- abbaiò in risposta.

-Ma, la vedo…zoppicare…- azzardò

-Una pazza mi ha pestato un piede- sibilò -Quella mentecatta…-

 

 

-…quel mentecatto…- brontolava tra se e se la ragazza.

Credeva che per colpa di quell’idiota non l’avrebbero fatta entrare, ma le avevano detto che il signor Winchester aveva ritardato.

Adesso era li, l’ultima dei quaranta candidati.

 

§§§§§§§§§§§§§§§§§

 

 

Dio, non ne posso più...ma quanto ci mettono questi?.

Non faccio in tempoerminare di formulare il pensiero, che una ragazza impeccabile in un completo d’Armani, mi dice che il signor Winchester può ricevermi.

Passando davanti ad uno specchio, mi ricontrollo un attimo.

Trucco che sottolinea i miei occhi azzurro scuro. Perfetto.

Capelli: eccellenti.

Vestito: magnifico.

Arriviamo davanti ad una porta in legno scuro, la ragazza bussa.

-Avanti- risponde una voce dall’interno.

S’insinua in me un tremendo sospetto…

Possibile che…?

Naaa...non è possibile

La porta si apre.

Il mio sospetto diventa realtà.

Cazzo, è possibile.

Stesso abito grigio di sartoria, stessi brillanti capelli d'atrgento, stessi occhi dorati, stesso viso perfetto.

Faccio un verso soffocato.

Lui mi guarda dalla sua sedia di pelle.

Il suo sorriso si congela

-Tu?- ringhia

 

Cala un silenzio di tomba.

Posso dire addio a questo posto.

Lo stronzetto delle scale è il Capo.

E quando torno a casa, devo vedere se c’è qualche comunità, tipo la YMCA* , disposta a prendermi per dormire almeno la notte, in attesa del rimpatrio.

Aspetta, ora che penso le YMCA hanno chiuso…

Ma dov’è finito lo spirito della Beat Generation???

Cerco di fare un sorriso tremolante -Sa…salve…-

Lui sorride di nuovo.

Stavolta un sorriso diabolico.

Lui è I. Winchester!

Maledizione!

Sento un brivido che mi parte dall’osso sacro e che si irradia per tutta la spina dorsale.

Sento che mi farà nera.

-Ma chi si rivede- mi dice sprezzante.

-Co…come sta?- chiedo con una vocina così sottile che neppure riconosco come mia.

-Tzè. Ho un ricordo del suo tacco sul tendine dell’alluce. Ma questo è irrilevante per il nostro colloquio- mi risponde asciutto.

-Ma avanti, si sieda i pure-

Faccio qualche paso incerto, mettendomi poi a sedere di fronte a lui.

-Il suo curriculum?-

Gli porgo i fogli di carta bianca, che lui sfoglia velocemente

-…Parla tre lingue…-

Evito di dirgli che da quattro ore conosco anche i dialetti milanese, romano e siciliano…

-…Laureata on il massimo dei voti… ottime credenziali… capacità di relazionare buona… visto così il suo curriculum mi spingerebbe ad assumerla subito. Ma le porrò la stessa domanda che ho fatto agli altri-

 

Incrocia le mani.

Io sento la gola secca.

 

- Perché dovrei assumere proprio lei-

 

Sto zitta per qualche secondo.

Dovrei forse dirgli che ho due tassisti che verranno a reclamarmi domani mattina?

No per carità, così do l’aria della disperata.

Che ho mia madre che mi aspetta trionfante sulla porta di casa pronta a banchettare sul mio cadavere?

Certo che no.

Cosa posso dire…cavolo, dopo quaranta candidati non c’è più molta scelta…

 

Winchester mi guarda alzando un sopracciglio

-Allora?-

Io sto ancora muta.

-Bè’, se non ha niente da dirmi, puoi anche andarsene- dice abbassando lo sguardo su dei fogli.

 

-Ho sempre da ribattere su tutto- inizio.

 

Lui torna a guardarmi.

 

-Devo sempre avere l’ultima parola su qualsiasi cosa. Sono polemica, minuziosa, guardo e osservo con attenzione ogni cosa prima di parlare, e riesco a far contraddire la persona che ho davanti usando le sue stesse parole- dico tutto d'un fiato, ripensando a quello che il signor Roam, il mio precedente datore di lavoro qui a londra, mi diceva dopo ogni causa che affrontavo.

 

Lui continua a guardarmi.

 

Poi termino, sorridendo inconsapevolmente:

-…e nel caso l’astuzia non dovesse esser sufficiente, posso sempre fracassare i tendini dei miei avversari con il tacco della scarpa-

 

Potrei giurare di aver visto un sorriso increspargli le labbra.

Dio benedica il mio spirito di adattamento!

-Dunque..Kagome- .

Bello. Mi piace il mio nome detto da lui.

-Kagome Higurashi, io sono Inuyasha Winchester. Questo è il suo assegno. Incomincerà da domani. Alle nove. Sia puntuale-

 

Se non fosse infantile, giuro che gli butterei le braccia al collo!

Mi alzo, leggera come una piuma neanche mi fossi tolta un macigno dallo stomaco.

-Allora, a domani!- gli dico vivacemente.

-A domani, Kagome- mi risponde lui a voce bassa

 

Quando sono fuori, non posso fare a meno di fare un salto di gioia.

Contatto in un lampo il nominativo della proprietaria di un monolocale vicinissimo allo studio che avevo visto pochi giorni prima per bloccarlo. Nei giorni seguenti provvederò a portarci le mie cose.

Gongolando mi pregusto l'espressione della proprietaria malefica quando le dirò che può andare pure a farsi benedire, per quel che mi riguarda.

Dopo aver fatto l'ultima telefonata ad un alberghetto per prenotare una stenza per tutta la settimana, mi giro un ultima volta verso quello studio.

Inuyasha… che nome strano, che sia anche lui un po’ giapponese?

Io e quell’uomo non potremmo essere più diversi, però ho come la sensazione che sarà divertente lavorare insieme…

 

YMCA: young men’s Christian assosiciation, associazioni cristiane di carità che offrivano alloggi e un pasto caldo gratuitamente negli anni ’70 a gente con pochi soldi. Luoghi d’eccellenza dei rappresentanti della Beat Generation quali Keruac e compagnia

 

Angolino dell'autrice:

 

Dunque, dunque!! come anticipato sul gruppo Vanilla's, ecco qua la storia pubblicata nel 2007 e mai finita, rivisitata e riproposta!! I primi capitoli saranno, vuoi per il tassista, vuoi per altre cose, decisamente comici o demenziali, ma ho volutamente deciso di lasciarli così, in attesa di entrare nel vivo della storia che ovviamente come l'autrice è maturata e cresciuta ed ha di conseguenza uno stile ed un contenuto molto più maturo!

Che dire, si può sempre migliorare in tutto, quindi attendo i vostri commenti ed i vostri consigli!!

Alla prossima!!

  
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