Every
time you
kissed
me
È
diventata un’abitudine, quello sfiorarsi di labbra iniziato
come un gioco che razionalmente non riesci a definire
“bacio”.
Non baci il tuo
migliore amico, non baci un altro maschio.
Mentre aspetti,
lo sguardo scivola lento sulle persone che
sfilano davanti ai tuoi occhi fino a quando realizzi che non
le vedi. In stazione Centrale ci sono centinaia di persone e
tu,
semplicemente, non le vedi.
Sbuffi
infastidito: sono giorni che non pensi ad altro. Non
vedi altro che il suo volto e quell’orecchino così
poco virile che ti chiedi
come hai fatto a non notarlo prima.
Un dannato
orecchino rosa. Avresti dovuto capirlo subito che
il tuo migliore amico non è interessato al gentil sesso!
Eppure sei stato
cieco, se per scelta o per rifiuto non
sapresti dire, fino a quando lui stesso non ti ha aperto gli occhi un
mese
prima.
“Sono
gay.” Ricordi ancora il momento in cui te l’ha
confessato: le guance arrossate dal freddo e dall’imbarazzo,
si è alzato sulle
punte dei piedi per sfiorare le tue labbra con le sue. “E mi
piaci.”
Quelle cinque
parole hanno continuato a rimbombarti nella
testa anche mentre ti diceva che se non ti avesse trovato
lì, in quello stesso
punto accanto alla colonna di fronte al binario 9, il giorno del suo
ritorno,
avrebbe capito la tua risposta.
Risposta che non
hai, ma che cerchi. Dove? Dopo esserti
scavato dentro per giorni e giorni e giorni ancora non lo sai.
Lanci uno
sguardo al grande orologio bianco che troneggia
sulla Porta Est della stazione e rimani incantato dalla lancetta nera
che
misura lo scorrere dei secondi. Si sposta ad intervalli regolari
trascinandosi
con fatica verso la tacca successiva. Ha già completato un
giro e mezzo quando
la voce metallica proveniente dall’altoparlante informa i
gentili viaggiatori
che il treno 1002937 è in ritardo di un’ora.
Ti riscuoti dal
torpore in cui sei caduto e guardi il
tabellone degli arrivi: è proprio il suo treno ad essere in
ritardo.
Fa freddo.
Davvero tanto.
Pensi al
Destino, e trovi la risposta in quel tabellone che
tra tutti i treni ha deciso di far arrivare in ritardo esattamente
quello della
persona che stavi aspettando.
Sospiri.
E muovi il primo
passo verso l’uscita.
***
La valigia
è davvero pesante, te ne ricordi solo quando non
riesci a sollevarla per scendere dal treno. Colpa di tutti quei
souvenir che ti
hanno chiesto di portare a casa! Salendo non hai avuto problemi:
c’era quel
signore gentilissimo che vedendoti in difficoltà ti ha
aiutato, ma adesso sei
solo.
Con uno
strattone, le rotelle del trolley volano nell’aria prima
di ritornare a terra con un tonfo sordo e un sospiro di sollievo da
parte tua
dopo quel grande sforzo.
Fai un passo, ma
le gambe ti tremano. È arrivato il momento.
Sarà lì ad aspettarti? Lo speri, con tutto il
cuore. Però il tuo treno è
arrivato in ritardo di un’ora.
Inspiri.
Con coraggio,
passo dopo passo ti avvii verso la colonna,
sguardo alto e petto in fuori.
A stento
trattieni le lacrime.
Perché
lui non è lì.
Non
c’è.
Accecato
dall’ottimismo e da quell’innato romanticismo che
ti
ha sempre contraddistinto, non hai realmente pensato ad un possibile
rifiuto. E
ti dai dello stupido, perché questa è la risposta
più ovvia che avresti potuto
ricevere e non ci hai pensato.
Sarà
disgustato da te? Starà ridendo dei tuoi sentimenti? No,
non vuoi crederci. È stato lui ad accettare di baciarti
quella sera per quello
stupido gioco della bottiglia, non si è mai tirato indietro
tutte le volte a
venire.
Pensavi di
piacergli tanto quanto lui piace a te.
Evidentemente ti
sbagliavi.
È
sempre dura fare i conti con la realtà quando non combacia
con ciò che ci aspettavamo, lo comprendi solo ora,
appoggiato alla colonna
traditrice che assiste inamovibile alla tua delusione.
- Ehi! - Una
voce affannata richiama la tua attenzione. -
Cavolo, ero sicuro di arrivare in tempo. - dice ancora, avvicinandosi.
È la
sua. È la sua.
Te la stai
immaginando? Non vuoi alzare gli occhi gonfi di
lacrime dal pavimento.
Eppure ti
costringi a farlo, perché la speranza è troppa.
È
lui. È lui.
Sorride di
fronte al tuo sbigottimento, sussurra uno "scusa"
a fior di labbra, e ti bacia.
E tu, incurante
degli sguardi sconosciuti che vi guardano con
avversione, gli getti le braccia al collo per approfondire quello
sfiorarsi di
labbra che ormai non è più abbastanza.
Ma lui si ritrae
all'istante, con una smorfia dolorante. -
Ahia! - esclama.
Sorride ancora,
indicandosi l’orecchio destro con una mano: un
orecchino luccicante abbellisce il lobo leggermente arrossato.
È rosa. - Non
tutte le gioiellerie ce l’hanno di questo colore - spiega con
una nota di
disappunto nella voce. - Sono dovuto arrivare dall’altra
parte della città per
trovarlo! -
È il
tuo turno di sorridere, ora. Commosso e sollevato.
Felice,
perché anche lui ha trovato una risposta alla sua
domanda: non bacia il suo migliore amico, non bacia un altro maschio.
Prende il tuo
viso caldo tra le mani, dolcemente.
Bacia la persona che ama.
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