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Autore: Margo Malfoy    22/12/2014    3 recensioni
Cercò di ricordarsi per un’ultima volta dei momenti che aveva passato insieme a quel ragazzo che venne mandato via e a cui venne dato un nuovo nome prima di andarsene: Minho.
Ma lui non si chiamava così, e lei lo sapeva.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Minho, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'She Belongs To Him'
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«Non credi che si chiederanno il motivo di quel tatuaggio?»
«Può darsi.»
«E non intendi preoccupartene?»
«Perché dovrei?»
«Inizieranno a farsi un mucchio di domande sul loro passato in questo modo. Lasciamo che la ragazza se la cavi da sola»
«Abbiamo studiato per mesi le condizioni delle Variabili: non ho intenzione di apportare delle modifiche al programma proprio adesso»
«D’accordo, facciamolo. Ma non pensi che inizierebbero a indagare sulla loro vita così?»
«Loro non hanno più una vita. Abbiamo tolto a quei ragazzi la memoria, ricordi?»
«Fin troppo bene»
«Si ricordano soltanto un nome, che tra l’altro non è nemmeno il loro vero nome»
«Forse hai ragione»
«Io ho sempre ragione. Fidati di me, quel tatuaggio non farà altro che migliorare i risultati dei test e loro non se ne cureranno più di tanto»
«D’accordo, allora chiamiamola»
Questa fu la conversazione che Mia riuscì a sentire nascosta dietro la porta del Laboratorio. Quella stanza le aveva sempre fatto paura, da quando l’avevano portata via da casa sua con la forza. Si ricordava fin troppo bene di quel giorno. Le lacrime di suo papà. Il corpo di sua mamma inerme sul pavimento, che giaceva in una pozza di sangue che andava espandendosi. Le urla di suo fratello, che vennero zittite con un proiettile.
Voleva solo dimenticare. Cercava di dimenticare, ma non ci riusciva. Inevitabilmente i suoi pensieri riuscivano a ritornare a quella notte in ogni circostanza.
Quando Mia sentì che i due signori – di cui non aveva ancora saputo i nomi – erano pronti per l’operazione che lei avrebbe dovuto subire, si precipitò verso la camerata dei ragazzi. Un tempo vi avrebbe trovato Thomas, ma lui se n’era andato da un mese, e lei non era ancora riuscita ad accettarlo. Così si ritrovò seduta in uno dei tanti letti che affiancavano le pareti della stanza, da sola. Guardò le dozzine di materassi che si susseguivano in fila di fronte a lei, pensando ai suoi amici che se n’erano andati lasciandola da sola nelle mani di quei signori. Loro sembravano gentili ma, quando Mia si ritrovava ad origliare le loro conversazioni, le loro intenzioni sembravano tutt’altro che benevoli.
Toc, toc.
Due colpi leggeri alla porta socchiusa della camerata. Mia si guardò intorno, fissando, per quella che riteneva essere l’ultima volta, la stanza. Guardò le pareti prive di finestre, i comodini bianchi illuminati da una flebile lampadina, i letti e, per ultime, le targhette che vi erano state riposte sopra. Decine di nomi di ragazzi che avevano condiviso la camera con lei, per poi andarsene uno ad uno, un mese dopo l’altro e lasciarla sola.
«Avanti» si decise infine a dire.
«Mia, siamo pronti per l’operazione» l’uomo sbucò dalla soglia con un’espressione amichevole e un sorriso stampato sul volto giovane e stressato.
Mia si alzò, lo raggiunse e prese a camminare dietro di lui lungo il corridoio che portava al Laboratorio.
All’interno c’era la donna che l’aveva portata via da casa sua, quella che era sempre in compagnia del giovane uomo. Era vestita con un camice verde e portava una mascherina trasparente che le copriva le labbra carnose, ma Mia riuscì lo stesso a scorgerle un sorriso gentile.
«Puoi uscire» disse rivolgendosi all’uomo che obbedì salutando Mia con un cenno.
«Tu, Mia, togliti i vestiti e sdraiati sul lettino»
«Che cosa mi farai?» chiese Mia iniziando a sbottonarsi i pantaloni.
«Devo toglierti la memoria, Mia. L’abbiamo fatto con tutti i tuoi amici, prima di te.» Se quell’ultima frase avesse dovuto calmarla, non funzionò. Perché volevano toglierle la memoria? Cosa volevano farle dimenticare? Si rifiutò di porre quelle domande, sapendo che la dottoressa avrebbe detto che lei aveva solo il compito di eseguire gli ordini.
«E quelli a cosa servono?» gli occhi di Mia si spostarono su un tavolino dove erano appoggiati un barattolo d’inchiostro e una macchinetta attaccata alla presa di corrente.
«Ti farò un piccolo tatuaggio durante l’operazione» spiegò la donna. «Non temere, ora ti faccio l’anestesia. Non sentirai niente» la rassicurò poi.
Mia, che era rimasta in mutande e reggiseno, si sdraiò sul lettino freddo e cercò di non far emergere l’agitazione che le riempiva il petto.
«Ciao Mia» disse la donna impugnando la siringa di anestetico e rivolgendole un sorriso. «È stato un piacere conoscerti» aggiunse.
Poi punzecchiò con la punta dell’ago la spalla di Mia e iniziò a iniettarle il siero della siringa.
Prima di perdere una volta per tutte la memoria, Mia cercò di ricordare un’ultima volta. Non volle ritornare a quella spaventosa notte. Voleva solo ricordarsi dei momenti che aveva passato con lui, di nient’altro.
 
 
Da una settimana, a scuola, hanno consegnato i volantini per il ballo di fine anno.
Mia e le sue amiche sono solo in seconda, ma decidono comunque di andarci, anche se nessuno dovesse invitarle.
«Questa roba fa schifo» mormora Deedee masticando il polpettone cucinato dalle cuoche.
«Quando mai non l’ha fatto?» le dice di rimando Mia concentrandosi sul libro di spagnolo e lasciando in un angolo dimenticato del tavolo il suo vassoio.
«Credo proprio che dovremo andarci da sole al ballo» dice poi Deedee spostando gli occhi sul gruppo di ragazzi di quarta che sono solite seguire durante l’intervallo.
«Se aspettiamo che siano loro a chiederci di uscire, credo proprio che sia così»
«Ma hai notato che lui ti fissa sempre negli ultimi giorni?» Deedee indica il ragazzo moro seduto sul tavolo.
«Mi sa che ti sbagli» le dice Mia scuotendo la testa dopo avergli lanciato un’occhiata.
«Mi sa di no» ride Deedee tornando al polpettone.
«Cosa vuoi dire?» Mia alza gli occhi dalla scheda dei verbi spagnoli e agita la penna di fronte all’amica.
«Sta venendo qui» dice lei indicando il ragazzo che si sta avvicinando.
«Ciao ragazze» dice incombendo sul tavolino.
«Ciao» i saluti di Mia e Deedee sono timidi.
Il ragazzo si gira verso Mia e la indica. «Mia, giusto? Non dirmi che hai già un accompagnatore per il ballo, perché non accetto che tu mi dica di no» dice alzando le sopracciglia.
«Tu vuoi venire al ballo con me?» gli chiede Mia stupita. Lui annuisce stringendo le labbra.
«Ti passo a prendere alle otto» sorride lui.
 
 
«Ti odio, lo sai?» Mia gli mette il broncio, incrociando le braccia.
«Mi odieresti se adesso io ti lasciassi da sola» gli dice lui con un ghigno sul viso.
«Perché, cos’hai intenzione di fare?»
«Sì Mia, hai ragione. All’inizio era solo una fottuta scommessa, ma il ballo con te non è stato... io mi sono divertito davvero con te.»
«Certo, come no» sul suo viso c’è un sorriso forzato.
«Mia, te lo giuro. Quella non era una scommessa. Non ho finto di divertirmi o altro, anzi avrei voluto anche...»
«Anche cosa?» la tensione sul volto di lei si allenta un po’, incuriosita dalla risposta del ragazzo.
«Questo» il ragazzo toglie la mano che aveva appoggiato sulla ringhiera del ponte e cinge Mia per la vita. Si avvicina a lei e intreccia le labbra con quelle della ragazza, continuando anche con violenza a baciare quella che gli sembrava essere la ragazza che gli piaceva davvero per la prima volta.
 
 
«Andiamo, non è difficile» gli dice lei indicando l’equazione sul libro.
«Per te» sottolinea lui. «Io non ci capisco niente» dice mentre si mette le mani tra i capelli.
«D’accordo, per oggi basta con la matematica» Mia chiude il libro e lo rimette nello zaino «Mi riaccompagni a casa?» gli chiede.
Lui si mette lo zaino sulle spalle e indica la porta del locale con un cenno. «Andiamo»
Arrivano a casa di Mia venti minuti dopo. «Allora ci vediamo domani...» dice lei sulla soglia della porta.
Lui si avvicina a lei e le da un veloce bacio sulla bocca. «A domani» dice.
***
Quella sera l'apocalisse sembra incombere sulla casa di Mia. I suoi genitori non ci sono, suo fratello non c’è. Niente intorno a lei sembra appartenere alla normalità. Lei si precipita fuori dalla porta e ciò che vede tutt’intorno la lascia senza parole: case, macchine e persone vanno a fuoco e bruciano urlando. Bambini accompagnati da madri spaventate si buttano fuori dalle loro case, che prendono a bruciare a ritmi spropositati.
«Mamma! Papà!» Mia urla per capire dove siano, ma non ottiene risposta.
Si guarda intorno spaventata, fissando inorridita le persone che muoiono inghiottite dalle fiamme.
«Mia!» una voce famigliare le dona un po’ di sollievo. Suo fratello sbuca dall’angolo della strada. Tra le mani stringe quelle dei loro genitori. Sono affaticati e stanchi, ma stanno bene. Li vede andare verso un gruppo di persone che cerca in massa di uscire dall’hotel dall’altra parte della via. Uomini e donne hanno stampato il terrore in volto e Mia non può far altro che pensare a lui. Una volta accertatasi che la sua famiglia stesse bene, si precipita verso la Metro e attraversa il sotterraneo per raggiungerlo.
Evidentemente lui ha avuto la stessa idea: Mia lo trova ansimante di fronte alla fermata dove, di solito, prendono la metropolitana per andare a scuola. Lui sta correndo nella sua direzione.
«Mia!» le grida facendo ampi gesti con le braccia in mezzo alla folla spaventata.
La ragazza lo raggiunge facendosi spazio tra la gente e scorge in lui uno sguardo inquietato che non si aspettava di vedere.
«Che succede?» gli chiede Mia.
«L’acqua» gli dice lui. «L’acqua sta arrivando» le dice.
 
 
Quei pochi ricordi della sua vita precedente le fecero salire in petto una malinconia che non credeva avrebbe provato. Guardò la donna e poi ripensò agli sprazzi della sua relazione – quella che lei aveva sognato dall’inizio del liceo – e realizzò che non si sarebbe mai ricordata della scommessa grazie alla quale si fidanzarono. Che non si sarebbe mai ricordata di quando lui la baciò sul ponte del parco, o di quando lei lo aiutava con i compiti di matematica, nonostante fosse di due anni indietro. E che non si sarebbe nemmeno ricordata di quando lui le salvò la vita nei sotterranei. Loro corsero via quando capirono che le acque sciolte dalle eruzioni solari si sarebbero presto riversate nelle città. Lui la trascinò dietro di sé, facendosi spazio tra la miriade di persone che erano dominate dal panico totale. La strinse a sé quando l’acqua si impadronì del sottopassaggio, la fece salire sulle sue spalle per raggiungere la superficie e lui salì per ultimo le scale, rischiando di essere inghiottito dalle onde.
Poi, inevitabilmente, le ritornò l’immagine di quella notte raccapricciante.
 
 
Un urlo crudo e un tonfo che spiazza i presenti. Il corpo di sua madre cade a terra rimbalzando sul tappeto del salotto. Sotto di lei si forma una macchia di sangue che forma un groppo nella gola di Mia. Suo padre inizia a piangere, non solo perché sua moglie è morta, ma anche perché sa che stanno per portargli via la sua bambina per sempre.
«Mia, andiamo» dice la donna che ha sparato a sua madre.
«Voglio che venga anche lui» Mia indica suo fratello, che fa capolino dalla cucina, con il volto rigato dalle lacrime e colmo di rabbia. «Voglio che vengano lui e mio padre» Mia sta urlando.
«Non possono venire loro, Mia. Loro sono degli Spaccati» anche la donna urla.
A quelle parole il pianto del padre si fa più profondo e rumoroso e le grida del fratello esplodono inaspettate.
«Zitto» gli dice la donna.
«Voglio rimanere con mia sorella!» urla lui.
«Smettila!» gli ordina puntandogli la stessa pistola con cui ha ucciso sua madre.
Ma quelle parole servono solo a incrementare la rabbia crescente dentro di lui. Le urla diventano più forti, quasi insopportabili. Ma poi vengono rotte, spente, fermate. Come quando si mette in muto la televisione, soltanto dal vivo. La donna spara un colpo e un proiettile si incastra nella fronte del fratello di Mia, facendolo cadere a terra senza vita e aumentando il volume del padre. Tra singhiozzi e lacrime lui sta guardando la sua famiglia stesa a terra senza vita.
Poi lui sposta gli occhi sulla pistola della donna e l’afferra. Si mette in piedi e la punta sulla sua tempia.
«Ti ho sempre voluto bene, Mia» le sue ultime parole.
Un ultimo sparo e tutta la famiglia di Mia è scomparsa nel giro di cinque minuti. È contenta solo per due ragioni: la prima, lei è immune all’Eruzione. La seconda, la stanno portando nello stesso posto in cui hanno trascinato il suo fidanzato il giorno prima.
Gli uomini la portano via.
 
 
Cercò di riportare la mente ai momenti passati con lui mentre la siringa le immobilizzò il braccio destro. Cercò di ricordarsi per un’ultima volta dei momenti che aveva passato insieme a quel ragazzo che venne mandato via e a cui venne dato un nuovo nome prima di andarsene: Minho. Ma lui non si chiamava così, e lei lo sapeva.
Ma a lui dissero comunque che il suo nuovo nome era Minho.

La voce della donna la riportò alla realtà dopo l’operazione. «Ben svegliata» le disse con un sorriso.
Lei non aveva mai visto quella donna e si chiedeva dove fosse. Era in un cubo di metallo arrugginito e la donna le stava parlando attraverso delle fessure della gabbia dentro la quale l’avevano messa. Insieme a lei c’erano un paio di scatole di legno.
«Dove sono?» chiese lei guardandosi intorno.
«Stai per andare in un posto con tanti ragazzi della tua età»
«Dove?»
«Al Labirinto» disse la donna.
Quella parola non era per niente incoraggiante, ma la sconosciuta sorrise in ogni caso. Sul volto della ragazza nella Scatola si dipinse il dubbio, ma si preoccupò prima di scoprire quale fosse il suo nome, perché non riusciva a ricordarselo.
«Come mi chiamo?»
La donna le spiegò che l’avrebbero addormentata e si sarebbe risvegliata in poco tempo in quel luogo che si chiamava il Labirinto, poi le rispose con un sorriso.
«Il tuo nome è Maggie.»

Ehi! Come va, pive?
Okay, non so da dove sia venuta fuori questa storiella su Minho e Maggie (i protagonisti della mia storia), ma ci tenevo a far sapere che il tatuaggio di Maggie non è stato fatto a caso e che i nostri due Radurai si conoscevano anche prima del Labirinto.
Quindi in questa stora ci sono i ricordi più importanti che Maggie ha di Minho prima che le venga tolta la memoria dagli scineziati della C.A.T.T.I.V.O.
Spero che questa specie di chiarimento (?) della storia vera e propria vi sia piaciuto e, come al solito, critiche costruttive o apprezzamenti sono ben accetti.
P.S. Nel caso ve lo chiedeste, il nome Maggie è preso dall'astrofisica Margherita Hack ^^ 
Un bacio Fagio, alla prossima :)

 
   
 
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