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Autore: Ari_92    22/12/2014    9 recensioni
Blaine e Kurt; un aspirante scrittore che ha perso l’ispirazione e un futuro studente della NYADA con un sorriso abbastanza convincente da mascherare i brutti ricordi. Le loro strade si incrociano per caso e finiscono per intrecciarsi a mezz’aria in un equilibrio precario. È una caduta a farli incontrare; sono le pagine di un quaderno a raccontarli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Santana Lopez, Wesley Montgomery | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ma buon pomeriggio, guys :D!
Sarà perché sono in vacanza e non ho letteralmente nulla da fare il buono spirito del Natale è ormai parte di me, ma oggi ho pensato di aggiornare un po’ prima del solito. Penultimo capitolo, già. Lungo tipo il doppio degli altri, doppio già. Come sempre non mi dilungo ulteriormente negli sproloqui iniziali e mi eclisso u.u
Buona lettura ♥
 
 
 
 

 
 
 
 
Capitolo XIX
 
 
Mancavano sette giorni e Kurt era irremovibile sul fatto di dovermi convincere che mi amava. Gli dissi che non ce n’era bisogno, che lo sapevo, ma questo non gli impedì di prenotarmi un volo per New York a inizio gennaio e di dirmi che se fosse stato per lui mi avrebbe voluto lì tutto il tempo. Gli dissi che gli credevo, ed era la verità. Quando ci salutammo mi resi conto per la prima volta che era proprio così che sarei rimasto per un’infinità di altri mesi: solo io, senza Kurt. Mi accorsi per la prima volta che cosa significava la sua partenza e che Wes aveva avuto ragione sin dall’inizio: sarei finito in pezzi.
 
Mancavano quattro giorni quando conobbi Rachel: mi disse che ero il benvenuto da loro tutte le volte che volevo. Kurt rimase in silenzio per la maggior parte del tempo e non eravamo soli da neanche cinque minuti quando iniziò a balbettare dicendo che non sapeva se ce l’avrebbe fatta e che era un grande cambiamento. Lasciò che lo abbracciassi e gli ripetessi che sarebbe andato tutto bene. Quando smise di piangere mi ero innamorato ancora di più, anche se non è possibile.
 
Mancavano due giorni e

 
Blaine volta pagina con un piccolo sospiro, nella tranquillità silenziosa della sua stanza. È mezzanotte passata quindi tecnicamente manca un giorno alla partenza di Kurt, ma è un pensiero che gli si insinua nella testa solo per un secondo, perché improvvisamente la stretta sulla sua penna vacilla.
Era pronto a scrivere della giornata appena trascorsa, ma non può farlo, perché il foglio è occupato dal suo schema Prima di Kurt e Dopo Kurt. È arrivato all’ultima facciata, ha finito il quaderno. Rimane come paralizzato: sapeva che stava finendo, insomma, vedeva le pagine calare; eppure era convinto che ce ne fosse almeno un altro paio; che ce ne sarebbe sempre stato un altro paio. Sorride stupidamente al suo quaderno e si fa scorrere le pagine sotto le dita, fino a tornare alla prima: “C’era una volta un ragazzo che se ne stava appoggiato a un albero, con lo sguardo rivolto verso le stelle.”
La sua presa sulla penna torna a farsi sicura mentre aggiunge un’ultima, piccola frase.
 
 
*
 
 
«Arrivo!» Kurt sta praticamente correndo verso la porta, perché a giudicare dal numero di citofonate nel giro di un minuto qualcosa di pericolosamente vicino a casa sua sta andando a fuoco, o è in corso un’invasione aliena, o Rachel si è presa una laringite.
Apre con una certa apprensione, solo per trovarsi davanti la figura tranquilla e sorridente di Santana Lopez. Kurt rimane interdetto qualche secondo.
«Ti conviene avere una buona spiegazione per il mezzo infarto che mi hai fatto venire- »
«Più che buona, in realtà. Posso entrare?» Kurt si guarda brevemente alle spalle e sospira.
«Lo sai che il mio volo parte domattina: ho promesso a mio padre che avremmo passato la giornata insieme.» Santana alza gli occhi al cielo.
«Andiamo, Hummel. Giuro che ti rubo solo dieci minuti. E poi chissà per quanto tempo non ti vedrò più, perciò...» Kurt spalanca gli occhi, facendosi da parte.
«Mi vedrai domani mattina come tutti gli altri, Santana.»
«Se credi che venga in aeroporto a respirare la stessa aria di Rachel e di quel coglione di Tom ti sbagli di grosso.» Annuncia, dirigendosi a passo sicuro verso la sua camera; Kurt non può fare altro che seguirla. Non tenta nemmeno di protestare, perché sa perfettamente che ogni suo tentativo di dissuaderla sarebbe del tutto inutile. Provare ad impedirle di fare quello che vuole è un po’ come dire a Rachel che Broadway è alla frutta: uno sconsiderato tentativo di suicidio.
 
«Okay.» Incomincia, piazzandosi proprio di fronte a lui nel bel mezzo di ciò che resta di quella che una volta era la sua stanza. «Senti, sei stato uno stronzo a continuare ad uscire con la Berry alle mie spalle e non ti ho ancora perdonato del tutto. Ma se non altro non stai più insieme a quel coglione e comunque stai per andartene, perciò...» Santana fruga nervosamente nella sua borsa ed estrae una cornice di un fucsia abbastanza acceso da rappresentare la probabile causa di improvvisi attacchi di epilessia e gliela allunga. Kurt la prende con cautela, perché per quanto ne sa potrebbe benissimo trattarsi di una bomba. Santana sembra impaziente.
«Avanti, girala.» Kurt la gira e riconosce la foto all’istante. È quella che hanno scattato insieme nella sua camera il giorno in cui le aveva detto che cosa c’era tra lui e Blaine. Il Kurt della fotografia è visibilmente terrorizzato e fissa l’obiettivo con l’aria di chi non ha idea di cosa aspettarsi; Santana è bella e sicura di sé come al solito. In effetti quella foto riassume perfettamente la loro amicizia.
 
«Così la puoi portare a New York, come avevamo detto.» Kurt alza lo sguardo dal suo regalo e la guarda, reprimendo un sorriso.
«Santana, mi hai detto di stampare questa foto giorni fa. Ovviamente è già in valigia.» Santana lo fissa a lungo, come se ci fosse qualcosa che le sta sfuggendo.
«Già in valigia?» Kurt appoggia la cornice da attacco epilettico sul letto e tira la cerniera del trolley appoggiato a terra. Deve scavare tra una buona dose di libri e vestiti prima di rinvenire una decisamente più sobria cornice argentata contenente lo stesso identico scatto. Santana la fissa a lungo, senza dire una parola. Abbastanza a lungo da far schizzare i livelli di ansia di Kurt alle stelle.
«È... è tutto okay?» Santana lo abbraccia, lo abbraccia sul serio. Di nuovo. Kurt ricambia immediatamente, perché anche se passa la maggior parte del tempo ad avere paura di lei la verità è che gli mancherà da morire.
«Ti conviene essere preso in quella scuola, Hummel.» Kurt si arrende al fatto che dovrà ricavare un posto d’onore sul suo comodino per quell’inguardabile cornice rosa shocking.
 
 
*
 
 
Giovedì diciotto dicembre duemilaquattordici.
Sono cinque minuti buoni che Blaine fissa lo schermo del cellulare e non è ancora riuscito a capacitarsi che quella successione di numeri e lettere corrisponda alla realtà. Tra un paio d’ore sarebbe davvero andato in aeroporto? Avrebbe davvero abbracciato Kurt sapendo di non poterlo rifare il giorno dopo, né quello dopo ancora? Niente di tutto questo sembra reale, niente di tutto questo sembra giusto. Ha passato la giornata con Wes – Kurt l’aveva trascorsa con suo padre, naturalmente – e non crede di essersi dimostrato abbastanza grato per i suoi innumerevoli tentativi di farlo pensare ad altro; d’altronde avrà mesi interi per rimediare, una volta che Kurt sarà partito.
Blaine guarda per un momento il suo quaderno appoggiato sul comodino e si chiede se è questo che sono destinati a diventare, alla fine: due vite entrate in collisione per sbaglio e confinate tra le righe di un quaderno che prima o poi sarebbe andato perso, o le cui pagine sarebbero sbiadite fino a diventare illeggibili. Sta pensando se sia o meno possibile per loro perdersi gradualmente, un po’ come l’inchiostro che sbiadisce, quando lo schermo del cellulare si illumina, proiettando un fascio di luce nella stanza semi-buia. Lo afferra subito, e il suo cuore accelera quando legge il nome del mittente.
 
00:12
Dormi?
 
00:13
No.
 
00:15
Ottimo.

 
Blaine legge l’ultimo messaggio con la fronte aggrottata. Non sa bene come rispondere, ma fortunatamente Kurt lo leva dall’impiccio.
 
00:16
Le rose sono rosse, le viole sono blu, se non impari a chiudere il cancello ti ruberanno soldi, soprammobili e tv.

 
Legge il messaggio una volta, due volte. Poi scende le scale così in fretta che francamente non ha nemmeno idea di quanti gradini alla volta ha appena fatto.
La casa è completamente buia, i suoi dormono e lui si sta cimentando nell’impresa di correre in silenzio e per poco non dà una testata contro al muro ma poi riesce a raggiungere la porta. La apre e Kurt è lì, con una giacca scura, i pantaloni della tuta e i capelli spettinati. Blaine invece è in pigiama, con i ricci sparsi ovunque, scalzo e probabilmente inguardabile. E adesso sono uno davanti all’altro, sono insieme, e Blaine sa che loro due sono molto di più delle pagine di un quaderno; sono diversi, sono due mondi lontani eppure hanno spinto e spinto e spinto fino a potersi incastrare, fino ad essere lì, proprio ora.
 
«Kurt- »
«Stavo pensando a Mona.» E, tra tutto ciò che avrebbe potuto aspettarsi che Kurt gli dicesse ora, a mezzanotte e in piedi di fronte alla sua porta di casa a poche ore dalla propria partenza per New York, questa occupa decisamente una delle ultime posizioni. Blaine si fa da parte e Kurt entra, chiudendosi la porta alle spalle.
«A Mona?» Gli chiede cautamente, mentre lo guarda sfilarsi la giacca e appoggiarla a una sedia. Come al solito, la prende e la appende nell’armadio a muro.
«A Mona, sì, e a quella parte della tua storia su di lei che mi hai letto. Pensavo alle parole che hai usato e a come erano belle. E questo mi ha portato a pensare che non saper scrivere fa davvero schifo, Blaine. Perché se ne fossi capace – se sapessi usare le parole come fai tu – la smetterei di essere così poco credibile, non trovi? La smetterei di dirti che sei la cosa migliore che mi sia mai capitata e che mi mancherai da morire, perché saprei trovare dei modi migliori e meno banali per dirlo. E invece sono qui a mezzanotte passata e tutto ciò che riesco a dirti è che sei la cosa migliore che mi sia mai capitata e che beh, che mi mancherai da morire.»
Blaine non è capace di fare altro che guardarlo. Vorrebbe dirgli che il mondo è pieno di parole banali ma a volte basta che escano dalle labbra giuste per essere straordinarie. Cosa c’è di più banale, di trito e ritrito di un “ti amo”? Eppure ogni volta che Kurt glielo dice a Blaine sembra che sia stato proprio lui ad inventare quelle parole, solo per poterlo meravigliare ogni volta che le pronuncia. Vorrebbe dirgli che non c’è niente di scontato in lui, né in quello che dice né in quello che pensa. Eppure per una volta si concede il lusso della sintesi, che consiste più o meno nel fare due passi avanti e baciarlo. Kurt lo stringe immediatamente e Blaine ama come sia diventato così facile per loro, come scivolino così perfettamente l’uno tra le braccia dell’altro.
 
«Puoi restare? Stanotte, dico. Lo so che domani parti.» Kurt gli accarezza la nuca con la punta delle dita e gli dà tanti piccoli baci più o meno dappertutto.
«Sì, posso.»
 
 
*
 
 
Blaine non è sicuro di poter dire con certezza da dove venga tutta questa determinazione, esattamente. Al momento sa solo tre cose: a) Kurt partirà tra poche ore, b) lui è innamorato di Kurt e c) ha tutta l’intenzione di ficcare nella sua meravigliosa e ostinatissima testa che è perfetto. Sono queste le ragioni per cui ora è a cavalcioni su di lui, sul suo letto, a parlargli sottovoce per non svegliare i suoi genitori.
«Sei bellissimo.» Sussurra tra un bacio e l’altro, facendolo sorridere.
«Me lo hai ripetuto quaranta volte, sai?» Blaine gli preme brevemente le labbra su una tempia e poi sulla guancia.
«Lo so.» Gli dice, infilandogli cautamente le dita sotto l’orlo della maglietta. «Posso?» Kurt annuisce subito, e non oppone nessuna resistenza quando gliela sfila. Blaine lo fa, la appoggia ai piedi del letto e lo guarda.
«Sei bellissimo.»
«La vuoi finire, Blaine Anderson?»
Blaine ride, si china su di lui e lo bacia mentre sfiora con la punta delle dita i contorni della sua cicatrice. Lo fa con attenzione, perché sa che per Kurt quel segno è sinonimo di debolezza e che lo odia, ma Blaine ama anche quella parte di lui e vuole solo che lo sappia. Kurt lo lascia fare per un po’, poi gli mette le mani sulle spalle e lo spinge appena verso l’alto.
 
«Aspetta, voglio fare una cosa.» Sussurra, e poi lo spinge con più decisione, fino ad invertire le posizioni. Blaine si sente schiacciare appena contro al materasso, con il peso di Kurt su di lui che lo tiene fermo.
«Kurt?» Lui scuote lentamente la testa e si piega in avanti per baciarlo dolcemente. Quando si separano Blaine è così preso da ciò che stavano facendo che per poco non si perde quello che Kurt gli sta dicendo. «Sei bellissimo, Blaine.» Blaine sorride vicino alle sue labbra.
«Non rubarmi le battute.»
«È che tu ti sottovaluti in tutto, e non dovresti.» Gli dice e nel frattempo gli sfila la casacca del pigiama da sopra la testa e scivola di nuovo giù, a baciarlo. Ad ogni movimento e ad ogni respiro il suo petto tocca il proprio e Blaine sente la pelle bruciare nei punti in cui si sfiorano.
«Bellissimo.» Ripete, mentre fa scivolare le dita tra i suoi capelli e poi lungo il collo, fino al petto. Le sue mani lo accarezzano con calma, con attenzione, come se avesse paura di romperlo e a Blaine ricorda tanto il loro primo bacio e non sa bene cosa fare a parte far correre le dita sulla sua schiena e cercare di continuare a respirare. Kurt lascia le sue labbra con uno schiocco umido.
 
«Una delle prime cose che ho notato di te sono stati gli occhi.» Gli sussurra, mentre disegna linee sparse sul suo petto con la punta delle dita. «E il sorriso.» Gli dà un altro bacio. «E il fatto che sei così dolce, e intelligente. E che non volevi ammettere di sentirti solo.» Si sdraia direttamente su di lui, e Blaine vorrebbe non aver voglia di piangere, vorrebbe non sentirsi scoppiare e vorrebbe non volerlo così tanto, ma non può impedirsi nessuna di queste cose. Il tempo sembra fermarsi per un attimo prima che il silenzio venga infranto di nuovo.
«Non ci ho neanche pensato.» Il sussurro di Kurt è così debole che sembra quasi che gli stia rivelando un segreto. Blaine si volta verso di lui e torna finalmente a parlare dopo quelli che gli sono sembrati secoli.
«A cosa?»
«Alla cicatrice. Quando mi hai chiesto se potevi togliermi la maglietta, non ci ho neanche pensato. Ora ci sto pensando, ma è già qualcosa.» Blaine lo stringe, lo bacia e pensa che è orgoglioso di lui, che vuole che vada sempre meglio e che sarebbe più facile pensare lucidamente a tutte queste cose se Kurt non fosse così sexy e così a torso nudo e così nel suo letto.
 
«Ti amo.» Sussurra, perché ha deciso che finché ha l’occasione di dirglielo di persona deve farlo tutte le volte che può. Kurt sorride e lo bacia di nuovo e Blaine inizia a pensare che non c’è verso che riesca ad evitare di farlo accorgere della situazione precaria nei suoi pantaloni ancora per molto.
«Ti amo anch’io.» Gli risponde e wow, okay. Non sa se Kurt si è accorto di lui, ma di sicuro lui si è accorto di Kurt mentre si spostava un po’ per evitare che il suo peso gli gravasse troppo addosso. Blaine trattiene il fiato e Kurt spalanca gli occhi.
«È... mi dispiace. Non- uhm.»
«A me no. Ma proprio per niente.» E spera che vada bene se si rimette a baciarlo, a toccarlo e a ripetergli che lo ama, perché è più o meno quello che ha intenzione di fare fino a domani mattina.
 
 
*
 
 
Kurt si sveglia con un braccio che circonda la vita di Blaine, le gambe aggrovigliate alle sue e la fronte premuta tra i suoi capelli. Non si sente più l’altro braccio, ha male praticamente ovunque ed è appena stato svegliato bruscamente da una serie di parole non meglio identificate. Eppure non potrebbe essere più felice di così, non potrebbe proprio.
«Mm?» Blaine accarezza il braccio che gli penzola sullo stomaco e si gira pigramente nella sua direzione.
«Kurt?»
«Mm.» Tiene ancora gli occhi chiusi, mentre i ricordi si fanno largo nella sua mente ancora appannata dal sonno. Blaine che lo bacia, Blaine che gli dice tutte quelle cose, Blaine che gli toglie i pantaloni- oh, è stato imbarazzante. Non avrebbe saputo dire chi dei due si era dimostrato più impedito. Sapeva che Blaine aveva dovuto aiutarlo quando lui non riusciva a togliergli i pantaloni – ed erano pantaloni del pigiama, qual era il suo problema? – e sapeva che probabilmente avevano riso troppo e si erano detti cose troppo sdolcinate e che l’imbarazzo li aveva trattenuti eccessivamente e che Blaine era esageratamente fissato con gli “scusa” e lui con i “posso?” ma Dio, era stato perfetto. Era stato un disastro, ma perfetto.
Kurt apre gli occhi, trova quelli di Blaine proprio lì e si sente stupido perché non è più un ragazzino e non dovrebbe sentire le farfalle nello stomaco.
 
«Buongiorno.» Kurt sorride.
«Ciao, Blaine Anderson.» Blaine gli dà un bacio sulla fronte e Kurt è grato che non abbia puntato le labbra perché Dio, si sono appena svegliati e deve lavarsi i denti. Quando torna ad appoggiare la testa sul cuscino Blaine lo guarda e sembra così innamorato che le stupidissime farfalle nel suo stomaco si esibiscono in evoluzioni acrobatiche.
«Come ti senti?» Kurt ci pensa su qualche secondo.
«Da una parte felicissimo, dall’altra triste.» Blaine sorride. «E tu?»
«Io penso che è il momento di completare la nostra lista.» Gli dice, mettendosi a sedere sul letto. Kurt inarca un sopracciglio, e Blaine indica la finestra. «Alba, ricordi?»
Kurt sbatte le palpebre un paio di volte. È stata una delle prime cose che avevano aggiunto alla loro lista, tre mesi prima. Lo ricorda solo ora e pensare che manca solo questo, che basterà alzarsi in piedi e guardare fuori dalla finestra per completare quella loro breve ma assolutamente sconvolgente avventura non fa che alimentare il suo “felicissimo” e il suo “triste”.
Annuisce e si mette seduto a sua volta. Sorride quando nota che i polsini della casacca del pigiama che indossa sono leggermente più su di quanto dovrebbero essere: Blaine gli ha prestato i suoi vestiti e Blaine è più basso di lui e Kurt si sente così stupidamente bene con quel pigiama addosso.
«Alba, sì.» Dice, e si sporge per dare un bacio sulla guancia a Blaine – solo perché non si è ancora lavato i denti. Scendono pigramente dal letto e si avvicinano alla finestra – Blaine prima recupera gli occhiali dal comodino, anche perché in caso contrario solo uno dei due avrebbe visto l’alba – e si mettono uno affianco all’altro. La visuale non è perfetta: il sole è seminascosto da un palazzo e dalle cime di qualche albero, ma le sfumature rosate ci sono, e ci sono loro due che completano la loro lista e c’è lui che deve tornare a casa prima che suo padre si svegli perché prima di pranzo ha il suo volo.
 
«Mandami per mail i nuovi capitoli appena hai finito di scriverli, okay?» Blaine annuisce.
«E tu mandami tutti i video e le foto che puoi. E aspettami.» Kurt si volta a guardarlo e Blaine arrossisce un po’. «Nel senso, lo so che non- che non stiamo insieme. È solo che pensavo- »
«Davvero?» Blaine smette di sproloquiare e lo fissa di sottecchi.
«Davvero cosa?» Kurt non sa bene come porre la cosa, così la pone e basta.
«Davvero non stiamo insieme. Perché a me sembravamo abbastanza insieme quando mi dicevi che mi amavi e quando io ti ho detto che ti amo. O stanotte, per esempio.» Blaine boccheggia per qualche secondo.
«È che... Pensavo che dopo Tom- e poi tu eri preoccupato perché stavi per partire e- »
«E tu hai detto che non ti interessava. Credevo che avessimo oltrepassato la fase del non-facciamoci-coinvolgere-troppo già parecchio tempo fa.» Gli dice, con un piccolo sorriso che si sforza di mantenere anche nell’aggiungere qualcos’altro, che dice solo perché deve: «Se hai paura della distanza, però, lo capisco- »
«No.» Lo interrompe subito Blaine, per poi scuotere brevemente la testa. «Cioè, , sì ho paura. Ma andare all’aeroporto a salutare il mio ragazzo fa già un po’ meno paura di andare all’aeroporto a salutare un tipo che amo e che mi ama ma che potenzialmente potrebbe finire in un corso di ballo insieme a qualche tizio bellissimo e io non potrei dire niente se cominciasse a piacergli perché in effetti non sono il suo ragazzo.»
 
Kurt si mette a ridere perché sul serio, cosa c’è che non va nella testa di Blaine? Forse più o meno la stessa quantità di cose che non vanno nella sua, perché ognuno dei suoi propositi di non spingersi troppo in là era andato rovinosamente crollando e non riesce nemmeno a importargli qualcosa. Dopotutto ha il ragazzo più stupidamente adorabile del creato e non ha intenzione di colpevolizzarsi per non riuscire a pensare ad altro.
 
 
*
 
 
Blaine arriva in aeroporto dieci minuti prima dell’orario stabilito insieme a Kurt. Wes è andato a prenderlo con un discreto anticipo e nonostante i suoi sforzi in merito Blaine non è riuscito in nessun modo a dissuaderlo dall’idea di accompagnarlo: aveva paura che piangesse troppo e si andasse a schiantare contro a un palo della luce. La cosa non sarebbe stata poi così improbabile.
Mentre scendono dalla macchina Wes gli racconta dei nuovi sviluppi della sua amicizia con Kyle XY e l’unica cosa che Blaine può fare è annuire ogni tanto e tastare continuamente la sua tracolla, neanche temesse che prendesse vita e fuggisse di sua iniziativa.
«Da che parte?» Blaine fa strada a Wes, senza riuscire a dire una parola. C’era stato un momento, diverse ore prima, in cui si era reso perfettamente conto di cosa stava per succedere. Ora quella sensazione gli è sfuggita di mano: è solo un automa che cammina per un aeroporto. Non prova niente. Non riesce nemmeno a rievocare le sensazioni di qualche ora prima, della notte che aveva passato con Kurt e di quando aveva pensato che “felice” era fatto da sei lettere e sei lettere erano così poche, così insignificanti in confronto a ciò che provava.
 
«Blaine, ehi.» Blaine guarda Wes, ma non lo sta davvero guardando; registra a malapena un sorriso triste e poi c’è un abbraccio che ricambia in automatico. «Vi rivedrete presto, andrà tutto bene.» Gli dice, battendogli due volte una mano sulle spalle. Blaine sa che sono esattamente le parole standard da dire in quelle circostanze e che è stupido che lo facciano sentire un po’ meglio, eppure succede. Quando si separano rivolge al suo migliore amico il primo sorriso sentito della giornata – a parte quello di quando Kurt aveva reso ufficiale che stanno insieme, perché era stato decisamente sentito.
«Dai, ora smettila di fare la regina del dramma e cammina.»
 
Quando arrivano sul posto, attorno a Kurt è radunato un piccolo gruppetto di persone. Blaine riconosce Rachel e Burt – ha avuto occasione di vedere il padre di Kurt un paio di volte – e poi c’è un tizio di spalle. Il tizio di spalle scambia due parole con Rachel, poi abbraccia Kurt. Blaine è praticamente sicuro che si tratti di Tom. Kurt gli aveva detto che sarebbe venuto a salutarlo in aeroporto e se all’inizio avrebbe voluto sentirsi offeso dalla cosa poi aveva ripensato a quegli stupidi peluche che aveva regalato a Kurt quando aveva un bisogno disperato di stupidi peluche e non aveva avuto cuore di ribattere in alcun modo. Kurt ricambia brevemente l’abbraccio del ragazzo, gli fa un mezzo sorriso, dice qualcosa e poi il tizio se ne va. È alto – più di lui almeno, non che ci voglia tanto – ed è carino e sembra anche sinceramente dispiaciuto. Blaine e Wes raggiungono Kurt, Burt e Rachel un minuto più tardi. Appena lo vede Kurt lo abbraccia forte.
«Parto tra dieci minuti.» Gli dice, indicando i gruppetti di persone che si avvicinano un po’ alla volta all’imbarco, con i loro rumorosissimi trolley. Kurt saluta anche Wes e davvero, Blaine vorrebbe riuscire ad essere meno apatico. Rachel gli parla di New York, gli spiega come raggiungere il loro appartamento; Burt gli rivolge qualche domanda. Risponde a monosillabi, con il cuore che gli batte all’impazzata. Non sa cos’ha, non ne ha idea.
«Kurt, meglio se inizi a metterti in fila.» Kurt annuisce alle parole di suo padre.
«Solo un attimo. Ci lasciate un secondo?» Blaine non capisce che il secondo che Kurt sta chiedendo è riservato a loro due finché non lo sente prendergli la mano e trascinarlo qualche metro più in là. È come se la sua pelle scottasse nel punto in cui lui la tocca. Quando sono relativamente soli e faccia a faccia – gli occhi chiari di Kurt così meravigliosamente persi nei suoi – Blaine sente qualcosa spezzarsi nella sua testa.
 
«Mi dispiace.» Comincia immediatamente, senza nemmeno aver formulato un pensiero coerente. «Non volevo essere freddo, o apatico, soprattutto perché sei il mio ragazzo adesso e perché stanotte- perché non hai idea di quanto mi hai reso felice, di quanto mi rendi sempre felice, anche- » Le parole gli muoiono sulle labbra, perché Kurt lo bacia brevemente, lasciandolo ammutolito. Gli rivolge un sorrisetto.
«Bene, ora che finalmente hai smesso di scusarti passiamo alle cose importanti. Abbiamo un minuto, quindi: ti amo, sentiamoci il più spesso possibile, vienimi a trovare, non uscire con Kyle XY, non smettere mai di scrivere, ricordati che ti aspetto e ricordati che sei il mio ragazzo.» Blaine fa per replicare, ma Kurt lo precede. «Questo è tuo.» Gli allunga un piccolo pacchettino lungo e stretto che ha estratto dalla tasca interna della giacca. «Aprilo quando sarò partito.» Blaine prende il suo pacchetto e annuisce, con il cuore in gola. A qualunque cosa fosse dovuta quell’apatia, ora sta miseramente venendo meno. Cerca timidamente il suo sguardo, sbattendo ripetutamente le palpebre. Kurt lo guarda malissimo.
«Blaine Anderson, prova a piangere e ti giuro che ti prendo a calci.» Blaine fa una piccola risata.
 
«Kurt. Ti amo, chiamami appena arrivi, ti giuro che ti verrò a trovare così spesso da farmi odiare, non uscire con i tizi bellissimi della NYADA, non smettere mai di cantare, ricordati che anche io ti aspetto e che sei il mio ragazzo.» Kurt annuisce brevemente e adesso sembra lui quello che sta per piangere, così Blaine ovvia al problema stringendolo forte e baciandolo un po’ più a lungo di prima.
«Kurt! Ragazzi, mi dispiace interrompervi ma perderemo il volo.» Kurt si separa da lui, gli prende il viso tra le mani e gli dà un’altra piccola serie di baci prima di fargli uno di quei suoi sorrisi bellissimi e farsi trascinare via da Rachel.
«Ti amo, Blaine.»
«Anche io.» Gli dice, e lo segue fino al loro gruppetto e lo guarda mentre abbraccia brevemente Wes e poi suo padre e rivolge a lui un altro di quegli sguardi innamorati che gli tolgono il fiato ogni volta. Blaine è talmente perso a fissarlo che per poco non se ne dimentica.
 
«Kurt, aspetta.» Dice, mentre raspa furiosamente nella sua borsa. Kurt aspetta, incurante delle proteste di Rachel finché Blaine non estrae ciò che cercava e glielo allunga. Lui non lo prende, si limita a fissarlo ad occhi spalancati.
«Blaine...»
«Prendilo.» Kurt esita ancora un attimo, poi lo fa, quasi con riverenza.
«Sei sicuro?»
«Più che sicuro.» Annuisce, sbattendo qualche volta le palpebre per non piangere.
Saluta tutti di nuovo: Rachel sta palesemente per imbarcarsi da sola e blatera qualcosa sui suoi papà e sul fatto che li stanno già aspettando nel loro appartamento a New York. Alla fine Kurt si mette in fila con gli altri e l’ultima cosa che gli dice è “A presto, amore” e Blaine gli risponde che sì, si vedranno presto. Sta lottando violentemente contro l’impulso di mettersi a piangere, quando una voce orribilmente familiare non si palesa alle sue spalle.
 
«Me lo sono perso?» Blaine sobbalza e si volta giusto in tempo per intercettare gli occhi ansiosi di Santana che scrutano verso il portone d’imbarco.
«Si sono appena messi in fila.» Non sa nemmeno dove trova la prontezza di dirglielo, ma Santana sta già correndo a slalom tra i futuri passeggeri.
Torna cinque minuti più tardi con un sorriso trionfante.
 
 
*
 
 
Blaine aspetta di essere solo per aprire il suo regalo. Vale a dire che deve aspettare più o meno due ore, perché Wes e Santana non ne volevano sapere di convincersi del fatto che stava bene e che non si sarebbe buttato da un ponte se lo avessero lasciato da solo. Avrebbe voluto andare ad aprirlo sull’altalena del loro primo appuntamento, ma era rimasto ad occhi chiusi per buona parte del tragitto e non sa come arrivarci, così va semplicemente a casa sua, nella sua camera, sulle lenzuola ancora aggrovigliate da loro due che riuscivano miracolosamente a dormire insieme in un letto da una piazza.
Dispiega delicatamente la carta da pacco e scopre la scatolina allungata che nasconde, la apre e rimane a bocca aperta. C’è una penna stilografica blu, di quelle con il nome inciso. L’incisione recita Blaine Anderson, cosa che lo fa sorridere come un cretino. Di fianco alla penna c’è un bigliettino ripiegato abbastanza volte da riuscire a stare nella minuscola scatolina. Blaine lo apre.
 
Ho letto da qualche parte che un vero scrittore deve avere anche una bella penna. O erano dei bei vestiti? Comunque sia, questa è per te. Non smettere mai di inseguire i tuoi sogni. Ti amo. – Kurt
 
Blaine sa che è solo un bigliettino. Lo sa, davvero. E sa che il fatto che quel bigliettino ci fosse o non ci fosse stato non avrebbe cambiato le cose tra lui e Kurt, non avrebbe cambiato le loro promesse o quello che provavano. Però il bigliettino c’è e più lo rilegge più è sicuro che ne verranno fuori interi, da tutta quella faccenda della distanza.
Più lo rilegge, più ha la certezza che cadere in una piscina vuota ad ottobre è stata la cosa migliore che gli sia mai capitata.
 
 
*
 
 
«Stiamo davvero partendo, riesci a crederci?» Rachel lo ripete da dieci minuti, più o meno da quando le hostess hanno iniziato a spiegare cosa fare nel caso si schiantassero, il che è divertente perché beh, non ci sarebbe molto da fare. Rachel parla e straparla, ma Kurt non la sente nemmeno perché è troppo occupato a pensare che a) è riuscito miracolosamente a salutare Santana e a dirle di tenere d’occhio il suo ragazzo e b) – soprattutto b) – Blaine gli ha dato il suo quaderno. Quel quaderno, glielo ha dato davvero.
Sono dieci minuti che tiene una mano appoggiata sulla copertina, dentro alla sua tracolla, quasi temesse di sentirselo scomparire da sotto le dita. L’aereo decolla, lui chiacchiera con Rachel finché lei non si decide di ascoltare un po’ di musica.
Kurt approfitta del momento di tregua per estrarre il quaderno e Dio, può leggerlo, può farlo per davvero. Accarezza il dorso per un momento e ripensa alla sera della caduta in piscina, ripensa alla loro lista, ripensa a quella stupida sbronza e al campeggio. Sorride e apre il quaderno alla primissima pagina.
Il suo cuore perde un battito quando legge la piccola frase d’apertura, scarabocchiata a posteriori in un angolo.
 
A Kurt, che ha reso possibile tutto questo.
 

 
 
 

 
 
 
 
 
...Okay. So. Ho un paio di cosette da dire quindi credo mi convenga andare per punti. Okay.
- Vi vedo che mi guardate con una faccia da Blaine-doveva-andare-a-NY-con-lui. Vi vedo! Ci ho pensato, lo confesso, ma poi ho preferito questa versione. Per ora. E comunque manca ancora l’epilogo ;)
- Vi vedo che mi guardate con una faccia da rating-giallo-di-cacca. Vi vedo! Well... Non saprei. L’atmosfera generale di questa storia mi ha parlato nel sonno (?) e mi ha detto che il rating doveva rimanere giallo. I dunno. ...Btw mi sto rifacendo tantissimo con la nuova FF che ho iniziato a scrivere MWAHAHA
- Santana. Non poteva non andare a salutarlo, non poteva proprio ♥
- Kurt che le dice di tenere d’occhio Blaine è un puppet, ecco.
- Wes + Kyle XY = canon.
- La prima/ultima frase sul quaderno Blaine l’ha scritta ripensando ad una delle sue primissime conversazioni con Kurt, nel terzo capitolo, quando lui gli ha proposto l’idea della lista:
 
«Respira, Blaine Anderson. Non voglio mettere a repentaglio la tua vita. Dico solo che non puoi descrivere un tramonto se non ne hai mai visto uno. O la sensazione di quando ti scoppia il cuore dopo una corsa se non hai mai corso. O com’è baciare se non hai mai baciato.»
«...»
«Non voglio farti fare niente di sconvolgente. Solo darti le basi per poter scrivere qualcosa di vero, che senti davvero. E io ci guadagno un bel “A Kurt, che ha reso possibile tutto questo” nella prima pagina del tuo libro. Se non trovo quella dedica quando lo compro salgo sul primo volo da New York e ti vengo a prendere a calci personalmente.»

 
Direi che questo è tutto! ...Non ho intenzione di darvi appuntamento lunedì con l’ultimo capitolo perché “ultimo” è una bruttissima parola che non va detta neanche per sbaglio so, a lunedì con il capitolo ventesimo :)
Prima di porre fine a queste note eterne ci tengo a ringraziare chiunque legga e chiunque recensisca: vi amo come Wes ama Kyle XY ♥♥♥ E naturalmente tanto amore va a mia moglie, che mi sopporta e mi supporta in tutte le mie follie.
Quindi, come dicevo, a lunedì :D
 
Oggi voglio fare una follia, quindi linko prima ask: http://ask.fm/Nonzy9
e poi Facebook: https://www.facebook.com/pages/Ari_92-EFP/409314062440527?ref=hl
  
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