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Autore: L Change the World    22/12/2014    3 recensioni
[BreakxReim]
Nessuno si sarebbe mai sognato di partecipare ad una festa pochi giorni dopo aver perso completamente la vista, ma Xerxes Break... Beh, era Xerxes Break, e questa era una spiegazione più che sufficiente.
Genere: Comico, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Reim Lunettes, Xerxes Break
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Cerca di divertiti, capito, Xerx?”

“Mh-mh.”

“O almeno fingi di divertiti...”

“Va bene. Lo farò.”

Ecco, quella era stata la loro ultima conversazione. Dopodiché le immense porte della sala erano state aperte da quattro servitori tutti in ghingheri, e Reim era entrato sfoderando uno dei suoi tanti sorrisi cordiali, seguito a ruota dai passi appena percettibili dell’amico.

Quella festa era diventata una consuetudine, ormai:  tutti gli anni, lo stesso giorno dello stesso mese, i Rainsworth davano un party serale invitando tutti i personaggi più influenti della nobiltà, per svagarsi mentre ci si immergeva in intricati discorsi affaristici, il tutto accompagnato con un sontuoso buffet che occupava quasi due intere pareti.

Reim sapeva qual era il suo compito, e ogni volta si attingeva a svolgerlo in modo impeccabile, come al suo solito. Accoglieva gli ospiti e li presentava ai membri della famiglia, stava accanto a Sharon e nel frattempo prendeva voce alle discussioni riguardo l’economia del Paese, i mercati più fruttuosi e i giri di affari tra le varie ditte.

Ma la testa del ragazzo, di solito sveglia e pimpante per affrontare un incarico delicato come quello, stavolta era rivolta ad altro. Reim girò su se stesso, cercando con lo sguardo quella testa bianca che sicuramente si era intromessa in qualche discorso tra gentiluomini, magari offrendo un lecca-lecca o dando spettacolo con quella sua bambola parlante.

E invece eccolo lì, seduto su uno sgabello, vicino alle tende di velluto color viola scuro, con l’unico occhio rosso che scorreva tra la gente senza guardarla davvero. Reim aveva insistito che rimanesse a letto, a risposo, ma Break era stato irremovibile.

Nessuno si sarebbe mai sognato di partecipare ad una festa pochi giorni dopo aver perso completamente la vista, ma Xerxes Break... Beh, era Xerxes Break, e questa era una spiegazione più che sufficiente.

Reim gli andò accanto, facendo risuonare i tacchi delle sue scarpe per avvertirlo della sua presenza.

“Non me lo dire: non ti sei mai divertito tanto in vita tua come questa sera.” disse Break con un sorriso appena accennato.

“Dovresti andare in camera, te l’ho già detto.”

“Ma che dici, questa festa è uno spasso.” Il suo indice bianco, quasi trasparente, si alzò di scatto “Cameriere!”

In un batter d’occhio, uno dei servitori della casata fu subito accanto a loro, con un vassoio pieno di bicchieri di cristallo riempiti di champagne. Break ne prese due, senza indugi, come se sapesse esattamente la loro posizione.

“Grazie.”

“Quanti ne hai bevuti?” chiese Reim con una vena di sospetto e di vago divertimento.

“... Un po’.”

“Beh, allora cerca di restare sobrio, perché si dà il caso che questo non sia un bordello, e che una delle tue potrebbe non giovare alla reputazione dei Rainsworth.”

“Reim, rilassati, sei sempre così teso!” esclamò Break, finendo in un sorso anche il secondo bicchiere “Su su! Non dovresti essere in giro?”

Al gesto della sua mano che si agitava come per farlo dileguare, finì che Reim si dileguò davvero, con Emily che lo seguiva con quello sguardo vuoto ma ugualmente sadico.

Dopo aver presidiato una ventina di discussioni, presentato più di cento persone e servito da bere ad almeno una cinquantina di signore di terza età (sorbendosi anche tutte le loro lamentele sul cibo, sull’artrosi e sulle nuove tecniche d’uncinetto), Reim si lasciò finalmente cadere su uno dei divanetti, i piedi che cominciavano a risentire delle sue scarpe troppo strette e decisamente scomode.

D’un tratto, all’altro lato della sala, sentì un brusio di voci e mormorii e, alzando lo sguardo per capirne l’origine, scorse i pochi ospiti rimasti riunirsi in una capannella, evidentemente attratti da qualcosa- o qualcuno- che aveva attirato la loro attenzione.

Reim non voleva crederci, semplicemente si rifiutava di crederlo, eppure più avanzava attraverso la sala e più tutti i suoi dubbi si trasformavano in una sola, tragica realtà.

Davanti al largo camino ormai in disuso, davanti a tutti quei gentiluomini e quelle donne in ghingheri, seduto a gambe incrociate sul sontuoso tappeto istoriato vecchio di cent’anni e più, Xerxes Break stava facendo sfoggio delle sue più nascoste abilità di intrattenitore.

“... e a quel punto, sentivo che era finita, era finita davvero. Ma! Attenzione, signore e signori, successe qualcosa che non potrete mai immaginare.”

La voce dell’albino, benché fosse strascicata e molto, troppo allegra, conservava ancora la sua caratteristica teatralità, come se l’uomo stesse raccontando la più epica delle sue imprese ad un pubblico talmente vasto che avrebbe riempito un teatro intero.

“Ha cominciato un quarto d’ora fa.” mormorò Sharon, avvicinandosi a Reim con un’espressione sconsolata dipinta sul volto “Credo che ne abbia ancora per un po’.”

“Vedo che sta facendo la sua figura perfino da brillo...” disse Reim, rendendosi conto che quella gente ora aveva cominciato a ridere e a indicare divertita la figura davanti a sé.

“E così, “ riprese Break, poggiandosi una mano sul cuore e fingendosi addolorato “stanco, spaesato, grondante sangue, mi avvicinai al dirupo. L’oscurità mi inghiottì, ero completamente solo, solo e disarmato, tanto che non mi restava altro se non aspettare che la morte mi sopraffacesse.”

“Ma sentilo...” disse Reim.

“E poi lo vidi.” La mano bianca di Break si aprì davanti a lui, e il suo unico occhio lucido e vermiglio si accese in modo inquietante “Un enorme coniglio di peluche veniva verso di me, brandendo la spada più grande che io avessi mai visto...”

Reim si fece avanti, scansando qualche uomo chiedendo permesso, poi, prima che Break potesse sparare qualche altra atroce fesseria, lo sollevò di peso, ignorando le sue proteste, si girò verso gli ospiti e disse:”Scusate lo spiacevole equivoco, ma qui è ora di congedarci. Vi auguro la buonanotte, e grazie per aver partecipato, la famiglia Rainsworth ne è stata infinitamente onorata.”

Facendo finta di non aver visto gli sguardi quasi dispiaciuti degli invitati, Reim lasciò che Break gli si appoggiasse contro, guidandolo verso la porta d’uscita cercando di non dare nell’occhio.

“Ma dai, Reim, stavo cominciando a divertirmi!”

“Stavi facendo il pagliaccio davanti a tutti, Xerx.” disse Reim, cercando di non ridere “E per di più, sei anche ubriaco.”

“N-Non sono affatto ubriaco.” Come a voler confermare, al cappellaio venne il singhiozzo, e Reim sentì un vago odore d’alcol insinuarsi nelle narici.

“No, figurati.” disse poi con fare sarcastico.

“Lo giuro! Ho solo bevuto... qualcosina.”

“Certo.”

“Oh, Reim, quando sei noioso!” Break gli si accasciò contro, facendolo per poco sbattere contro il corrimano. Il ragazzo dovette fare appello a tutta la forza di cui disponeva: Break era leggero, ma restava comunque un uomo, e le esili braccia di Reim non erano propriamente adatte a quel genere di sollevamenti.

“Forza, andiamo.”

“E comunque,” riprese Break, alzando la testa di colpo e sollevando un dito “quella storia era davvero fantastica. Quel coniglietto di peluche era davvero inquietante, erano tutti spaventati, li hai visti Reim? Eh? Li hai visti?” Break si mise a ridere con lo sguardo perso nel vuoto “Sì, erano davvero terrorizzati.”

Reim sospirò. Mancava poco e finalmente avrebbero raggiunto la camera di Break quasi illesi.

“Dovevo finire di raccontarla, tutta colpa tua.”

“Dai, Xerx, un ultimo sforzo, siamo quasi arrivati.”

“Lo champagne... peluche... erano spaventati... Cameriere! U-un altro bicchiere... Grazie.”

Dopo quelle che parvero ore, Reim aprì la porta con il dito della mano, varcò la soglia sorreggendo l’amico con l’altro braccio e richiuse la porta con un calcio, sperando che nessuno avesse notato ‘quel Reim sempre così ordinato e preciso prendere a calci una porta del XII secolo’.

“Aspetta.” ansimò Reim “Piano. Ce la fai?”

“Certo che ce la faccio, ma per chi diavolo mi hai preso?! Per un ubriaco?!” Senza che il ragazzo potesse dire altro, Break si mise seduto scompostamente sul letto dalle lenzuola bianche appena lavate e odoranti di fresco, prendendosi un minuto per calmare la sua testa probabilmente pulsante e per rendersi conto di dove stesse e cosa stesse facendo. Guardò dritto davanti a lui, fissando un punto indistinto sulla parete opposta, anche se Reim sapeva fin troppo bene che quel suo occhio ormai non vedeva più nulla.

Si mise a guardarsi anche lui attorno, ad analizzare quella che prima era una stanza totalmente sottosopra, con vestiti eccentrici sparsi ovunque, tazze di tè sui comodini, briciole di pasticcini vari sparse sulle coperte e libri pieni di illustrazioni di bambole. Ora quella camera gli sembrava quasi vuota, così in ordine e pulita nonostante tutto fosse dannatamente fuori posto. I vestiti non avrebbero dovuto stare nell’armadio, così come le tazze non avrebbero dovuto stare nelle vetrine o i libri nella libreria. Quella era la stanza di un Break diverso, un Break che non poteva più vedere dove lasciava la roba, un Break che avrebbe potuto inciampare nelle cianfrusaglie messe a casaccio sul pavimento. Una fitta di nostalgia e di infinita tristezza avvolse Reim così all’improvviso che dovette scuotere la testa per scacciare ciò che ancora non riusciva ad accettare.

“...do più.”

A quel suono, Reim si voltò, accorgendosi solo ora che si era seduto esattamente davanti a Break, il cui occhio era ora fisso sul suo collo (o sul suo petto?)

“Come dici, Xerx?”

“Non vedo più.”

Ed eccole. Le parole che Reim temeva di sentire pronunciare dalla bocca dell’amico. Finora Break non aveva mai accennato in modo così diretto alla sua vista, e sentirlo parlare in quel modo lo fece quasi stare male.

“Non vedo più, Reim.” Una sola, unica lacrima scese sulla sua guancia, senza nemmeno un singhiozzo ad annunciarla, fino a sfiorargli la mascella dai tratti così delicati, così belli da vedere.

“Puoi...?” disse Break, bloccandosi a metà domanda come se si fosse appena accorto che ciò che stava per dire suonasse dannatamente stupido.

“Posso... cosa?”

“Puoi... stringermi?”

Reim trattenne il fiato. Una richiesta così personale, così intima era l’ultima cosa che si sarebbe aspettato. Break, che di solito appariva schizzinoso perfino a toccare una manica altrui, gli stava chiedendo di abbracciarlo.

A lui, sì, proprio a lui.

Lo guardò fisso nell’occhio ormai vacuo mentre i lembi delle sue labbra accennavano ad un sorriso carico di gioia e di nostalgia insieme, e, come mosso da una forza esterna, si protese in avanti. Le sue braccia circondarono con infinita premura quello che era il corpo minuto e delicato di Break, il quale si abbandonò all’abbraccio quasi sprofondando nel petto di Reim, respirando la sua camicia e impregnandola di quella lacrima che riassumeva il suo ora palpabile stato d’animo. Il ragazzo lo strinse a sé, forte, quasi avesse paura che qualcuno entrasse e glielo portasse via, come se lasciarlo avesse significato perderlo per sempre. I candidi capelli bianchi, quasi trasparenti, gli solleticarono in volto, mentre i loro petti aderirono perfettamente l’un l’altro, fondendosi in un unico respiro.

Xerxes si scostò un poco, permettendo al povero cuore di Reim di battere ad un ritmo che si potesse definire normale ma che, puntualmente, normale non fu. Il caldo lo opprimeva, e poteva quasi sentire il sangue confluire in ogni meandro del suo corpo. Nello sciogliersi di quel breve abbraccio, la mano di Reim si posò su quella dell’amico, stringendola quel poco che bastava per manifestare ancora la sua presenza, e, senza che se ne accorgesse, il viso occhialuto del ragazzo si ritrovò a pochi, pericolosi centimetri di distanza da quello pallido del cappellaio, il quale aveva ora lo sguardo abbassato sulle lenzuola bianche e non più impeccabili.

Passarono dei secondi prima che Reim si rendesse finalmente conto che no, non poteva, semplicemente non sarebbe stato né il momento né il luogo per una cosa del genere, una cosa così delicata, così inaspettata come posare le sue labbra su quelle dell’uomo che aveva amato per tutta la vita e che avrebbe amato fino alla fine dei suoi giorni. Si ritrasse, quasi con paura, sperando che Xerxes non fosse così sobrio da percepire con esattezza quanto il suo respiro fosse stato vicino alla sua bocca. In effetti, Reim dubitava che l’albino avesse capito le sue intenzioni, e una parte del suo cuore, per quanto piccola potesse essere, lo sperava davvero.

“Vuoi che rimanga qui?” gli chiese, poi, sfiorandogli la spalla con le dita e cercando di ridurre al minimo il tremore della sua voce.

“Mh... C-cosa? ...”

“Ho detto: vuoi che rimanga qui, ora?”

“Credo che tu abbia già... fatto abbastanza...” biascicò Break, adagiandosi lentamente sui cuscini senza lasciare la mano di Reim. Quando lo fece, l’unica cosa che riuscì a dire fu:”Fai dei bei sogni, Reim.”

Ascoltando quel congedo, il ragazzo non poté far altro che alzarsi dal suo letto, senza nemmeno tentare di aiutare l’amico a prepararsi per la notte, sapendo che sarebbe stato tutto inutile. I suoi passi risuonarono sul sottile tappeto della stanza, così come il leggero cigolio della porta quando Reim la aprì per uscire. Ma, prima di ritirarsi nelle sue stanze, il ragazzo di girò un’ultima volta, e, con un piacevole stupore, scorse sul volto di Break qualcosa che gli illuminò lo sguardo e gli riempì il cuore.

Un semplice, innocente, meraviglioso sorriso.
  
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