Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
Ricorda la storia  |      
Autore: Fink    23/12/2014    3 recensioni
Una gabbia, ecco cosa stava diventando per lei Nido dell’Aquila.
Era un uccello in gabbia, anzi un uccelletto. Quel nomignolo, balenato nella mente, aveva la voce ruvida di Sandor Clegane.
Involontariamente si ritrovò a pensare al Mastino.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Petyr Baelish, Sandor Clegane, Sansa Stark
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Armati di carta, penna e fantasia'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Premessa: la mia conoscenza de "Il Trono di Spade" si limita alla serie tv (quarta stagione) e al primo libro. Mi scuso, quindi, con quanti di voi hanno già letto la saga di eventuali errori. La presenza di alcuni elementi che riguardano i libri successivi al primo è data dal fatto che mi sono autospoilerata e ho cercato alcune notizie. 
Ulteriori scuse sono dovute a chi aveva già letto e recensito il capitolo, ho dovuto cancellarlo e ripostarlo per problemi con il pc, perciò i dati sono andati persi.



Like a prisoner in the sky



Titolo: Like a prisoner in the sky
Challenge: sfida dei duecento prompt
Prompt
: 54. Prigione
Fandom: Game of Thrones
Personaggi:  Sansa Stark, Pety Baelish (rapida apparizione), accenni a Sandor Clegane
Raiting: verde
Tipologia: One shot
Parole: 1118
 

 
Aveva realizzato la miniatura di neve e ghiaccio con estrema cura. Una perfetta riproduzione del castello di Grande Inverno. Nulla era stato dimenticato. Anche il più piccolo particolare, insignificante per molti, prezioso per lei, aveva trovato il suo giusto posto. Un desiderio aveva preso forma nel freddo cortile di Nido dell’Aquila e le aveva scaldato il cuore. E ora quello stupido bambino aveva distrutto i suoi sogni con un calcio. I solidi bastioni circolari, il ponte, la torre sulla quale suo fratello Bran amava arrampicarsi. Sentì le lacrime salirle agli occhi al pensiero di suo fratello. Ammazzato come un qualsiasi fuorilegge e arso come un maiale sullo spiedo.
Pensò a Rickon. Così piccolo, eppure già così orgoglioso. Un vero Stark.
Rimase lì, a guardare la sua casa ridotta ad una poltiglia fangosa. Le lacrime le stavano pizzicando gli occhi, ma si costrinse a ricacciarle indietro, deglutendo con forza. Non voleva dare segni di debolezza.
Si guardò attorno. L’ampio cortile era circondato da un portico di pietra grigia la cui superficie, coperta di ghiaccio, rifletteva i pallidi raggi del sole al tramonto. Un sole cupo, livido. Più in su correva una balaustra che collegava dall’esterno le varie sale del castello. Sparsi nel giardino c’erano cespugli di rose coperti da un manto candido e immacolato. Notò che non c’erano vie d’uscita. Era prigioniera.
Una gabbia, ecco cosa stava diventando per lei Nido dell’Aquila. Una seconda gabbia. Aveva lasciato Approdo del Re con lord Baelish nella speranza di tornare a casa. Illusa, ancora una volta, dalle promesse di un uomo dalle voce suadente. Ma Petyr Baelish era, se possibile, ancora peggiore di Joffrey. Il re era stato un giovane sadico, spietato, senza rispetto per nessuno e che godeva nell’umiliare il prossimo. Ma almeno lo faceva alla luce del sole. Con cattiveria, smisurata violenza e senza remore, l’aveva mortificata, picchiata e chissà cos’altro le avrebbe fatte. Ma non aveva mai nascosto il suo disprezzo verso di lei.
Nulla sapeva invece di quest’uomo che l’aveva rapita da Approdo del Re e l’aveva portata lontano. Era amico d’infanzia di sua madre e le aveva promesso di riportarla a casa. Ma per ora l’aveva solo portata a nord, in un castello inespugnabile e difficile da raggiungere, ma anche da lasciare.
Era un uccello in gabbia, anzi un uccelletto. Quel nomignolo, balenato nella mente,  aveva la voce ruvida di Sandor Clegane.
Involontariamente si ritrovò a pensare al Mastino. Lui era stato l’unico a parlarle schiettamente e in quel momento, per quanto paura le avesse sempre fatto, avrebbe dato chissà cosa per sentire di nuovo quella voce. Per sentirsi dire che il mondo è uno schifo, per avere la verità sbattuta in faccia, fredda e crudele come una lama, ma reale.
Ripensò alle sue ultime parole, durante la Battaglia delle Acque Nere, quando lo aveva trovato nella sua camera.
 
«Vieni via con me?1»
«Tu non mi farai del male, vero?»
«No, uccelletto. Non ti farò del male.»      
 
Invece era lì, in un luogo sconosciuto, con una zia che la odiava, un cugino con il moccio al naso e un protettore che la metteva a disagio ogni volta che la guardava.
 Era di nuovo in gabbia. Una prigione di neve e ghiaccio, così simile a quel luogo che tanto a lungo era stata casa, e per questo molto più dolorosa.
Un brivido le corse lungo la schiena, ma non seppe se per questa nuova consapevolezza o per il freddo. Non era come a Grande Inverno. Il clima qui era più rigido, la neve le pareva più dura, il cielo più scuro, l’aria gelata, ma forse era solo perché aveva passato molto, troppo tempo al Sud.
Il vento del Nord si alzò all’improvviso e il suo alito fece turbinare i leggeri fiocchi di neve che da giorni andavano ad ispessire il fitto strato sottostante.
Sansa alzò la testa. Avrebbe voluto essere leggera come uno di quei batuffoli bianchi, venir trasportata dal vento oltre quella prigione e lasciarsi andare nel vuoto. Avrebbe potuto essere libera, volare verso Grande Inverno o più a Nord, fino alla Barriera, dove avrebbe visto Jon.
Le mancava Jon. L’aveva sempre chiamato fratellastro, sempre una punta di disprezzo nella voce, quando si rivolgeva a lui. Ma ora avrebbe dato qualsiasi cosa per saperlo accanto a lei.
Uno scricchiolio di passi sul manto candido la destò dai suoi tristi pensieri.
Lord Petyr Baelish aveva sceso i gradini che circondavano il portico e le si stava avvicinando. Sansa notò che indossava gli stessi abiti della sera prima, con la spilla a forma di usignolo a tenere fermi i lembi della cappa.
Fece un passo indietro. Qualcosa in quell’uomo continuava a renderla inquieta. Si costrinse a restare calma mentre lui le si fermava davanti e le parlava con voce suadente. “Mi ha salvata” pensò Sansa. “Mi ha portata lontano da Joffrey, da Cersei, da mio marito. Amava mia madre. Ed è per amore nei suoi confronti che ora si occupa di me.”
Lord Baelish le prese il viso tra le mani e la attirò a sé. Le mani di Petyr Baelish erano lisce e morbide, niente calli, niente tagli. Erano sottili e delicate, ma erano fredde come
Sansa sussultò e la sua mente volò indietro, al ricordo di un altro tocco. Altre mani le avevano sfiorato il viso, in più di un’occasione.
Mani ruvide e callose abituate a maneggiare una spada. Mani che potevano dare la morte in un istante. Eppure, ripensandoci, si rese conto che quelle mani mai si erano alzate verso di lei per farle del male. Erano, al contrario di quelle del principe Joffrey, sempre pronte ad aiutarla. Il loro tocco era delicato.
Ricordò il giorno in cui il Mastino le aveva asciugato il sangue che le colava dalle labbra spaccate. Le stesse labbra che istanti prima, ser Meryl, per ordine di Joffrey, aveva colpito con violenza.
Ricordò il mantello che Sandor Clegane le aveva adagiato sulle spalle per coprirla, dopo che il re, il suo futuro sposo, le aveva fatto strappare i vestiti. Anche in quell’occasione il tocco del Mastino era stato delicato.
Ricordò come l’aveva salvata dall’aggressione durante la Rivolta del Pane e come l’aveva presa tra le braccia, come se pesasse meno dei crini di un cavallo, e l’aveva tenuta al sicuro. E lei si era lasciata cullare in quell’abbraccio, ascoltando il tintinnio rassicurante della spada che fregava sull’armatura ad ogni passo.
Petyr Baelish si staccò dalle labbra di Sansa e restò immobile, incapace di allontanarsi da lei. Quella era una prigione ancora più pericolosa e subdola di Approdo del Re.
 
«Un mastino morirà per te, ma non ti mentirà mai. E ti guarderà dritto in faccia2
 
Avrebbe dovuto fuggire quando era in tempo. Ora anche quella speranza le parve persa per sempre.



Nota dell'Autrice:


Piccolo appunto:
non amo molto il personaggio di Sansa, almeno non per il momento e fino al punto in cui sono arrivata a vedere/leggere. Magari con il tempo cambierò opinione. Tuttavia mi piace il suo rappporto con il Mastino, un personaggio che comunque, a modo suo, mi piace abbastanza, anche se certo non è uno stinco di Santo.

1. Tratto dalla puntata 2x09 "L'assedio", non so se tale frase venga pronunciata anche nel libro, in caso afferativo, ditemelo pure e aggiungerò la nota.
2. Tratto da "Lo scontro dei re" Capitolo 18, Sansa.


   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones / Vai alla pagina dell'autore: Fink