No, il Natale non gli piaceva per niente.
Si chiudeva nella sua cabina e si sedeva sulla sua
poltrona di broccato rosso, impreziosita da intagli a forma di teschio a scrutare
le stelle in cui L’Arcadia era immersa.
Come poteva amare quella festa?
Di quelli che amava lui, non c’era quasi più nessuno.
Era in giornate così che il ricordo di Maya, di Tochiro
e di Esmeralda, sanguinava e faceva
bruciare vecchie ferite che non rimarginavano mai.
Guardava lo Spazio e rivedeva quelle capsule lanciate nel nulla. Ogni immagine
era una frustata che gli lacerava il cuore.
Non si concedeva la consolazione di avere accanto
neppure Mayu. Troppo pericoloso e troppo egoista da parte sua.
Se ne stava lì, con il suo calice di rosso in mano, a chiedersi se quel giorno
così importante per gran parte dell’umanità, avrebbe ma più riacquistato per
lui il sapore e la magia di quando era
stato un bambino prima, ed un ragazzo poi, molte, troppe vite fa.
Quel giorno speciale in cui si raccontava che Dio, dall’alto dei cieli, probabilmente non molto lontano da dove si trovava lui adesso, fosse sceso sulla Terra, abbandonando quelle stelle luminose per potare la luce tra gli uomini.
Sospirò forte e bevve una sorsata di vino. Si domandò se Dio si fosse mai pentito di aver dato così tanta fiducia all’uomo, visto che alla fine era stato inchiodato ad un Croce, ma non si rispose. Non era Dio, era solo uomo che aveva quasi totalmente perso fiducia nei suoi simili, per questo aveva scelto l’esilio tra le stelle.
Solo che a volte questa sua umanità arrivava e lo straziava un po’, facendogli ricordare come sarebbe stato essere normali e avere una vita qualunque. Un privilegio che aveva perso per sempre.
Si versò altro vino.
Come ogni Natale aveva aperto una bottiglia pregiata e
aveva scelto come compagnia la solitudine. Era l’unico giorno dell’anno in cui
si concedeva di berne una intera, piano, con calma. Il doloroso ricordo delle
persone care, come il buon vino, andava gustato senza fretta, centellinato,
fino a che il nettare di Bacco lo stordiva obnubilandolo.
Così un altro Natale scorreva via, in silenzio, dolce amaro, perché insieme al
dolore, per fortuna ricordava anche le cose belle, quelle stesse cose che lo
avevano fortificato e che lo avevano reso così retto e incrollabile, forte
deciso nel perseguire i suoi ideali. Tranne che per quell’unico giorno
all’anno, in cui il Pirata scivolava a terra con il mantello, lasciando nudo l’uomo
che si concedeva di essere solo se stesso, facendo pace con le proprie
debolezze.
Buon
Natale Maya amore mio.
Buon Natale Tochiro amico mio.
Buon Natale Esmeralda ovunque tu sia…
Mi è venuta così. Ieri sera prima di andare a letto. Non so bene neppure io
perché… Ora ho avuto modo di rileggerla e la posto. Cos’è? Non lo so, una riflessione
probabilmente, in cui ho usato il Capitano come soggetto, perché credo che si
sposasse alla perfezione con l’argomento.
Dedicata a tutti coloro che non sono più con noi a festeggiare il Natale e si trovano invece
lassù, tra le stelle infinite.
Ovviamente un Buon Natale da me a chiunque stia leggendo queste parole.
Disclaimer: Tutti i personaggi di Capitan Harlock sono © di Leiji Matsumoto. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.