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Autore: Korin no Ronin    24/12/2014    0 recensioni
Sono molto affezionata a questa ff, benchè l'abbia lasciata triste e abbandonata per tanto tempo; proprio per questo potrebbero esserci discrepanze nello stile tra un capitolo e l'altro.
Questa storia ripercorre i fatti che legano Seishiro e Subaru e tenta di spiegare il mutamento impercettibile e continuo che alla fine a portato un Sumeragi ad accettare il compito di un Sakurazukamori; diciamo che ho pilotato un po' le cose^^ e che sono andata oltre quello che è il punto in cui il manga è arrivato; non è una AU, ho solo sfruttato tutto quello che le autrici hanno lasciato in qualche modo in sospeso, almeno secondo la mia opinione. Ho cercato di mantenere intatto il carattere imprevedibile e frizzante di Hokuto, con qualche siparietto che richiama lo stile di Tokyo Babylon.
Il rating oscilla tra il giallo e l'arancione, sarà rosso solo per il ventunesimo capitolo
Genere: Angst, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Hokuto Sumeragi, Seishiro Sakurazuka, Subaru Sumeragi
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Titolo: Prologue
Pair: Seishiro x Subaru
Rating:  giallo
Disclaimers: i soliti, le CLAMP possiedono tutti i diritti relativi alla loro opera e non ho un tornaconto economico per quanto scrivo.
 
 
Prologue
 
Seishiro spostò la testa di pochi millimetri e il bicchiere gli sfiorò appena la tempia, finendo per frantumarsi sulla parete alle sue spalle.
Un piccolo gesto di stizza, una sorta di rito che gli annunciava la presenza un’ospite ormai nota. L’assassino chiuse la porta, con un ghigno leggero che gli deformava le labbra; si sfilò le scarpe e poi con noncuranza appese l’impermeabile nell’ingresso. Mentre si dirigeva verso il bagno si limitò solo  ad allentare il nodo della cravatta. Si levò i guanti solo dopo aver riposto con cura il resto dei suoi abiti, poggiandoli accanto agli altri puliti già preparati per lui. Scrollò le spalle, e si infilò sotto il getto d’acqua calda. Alzò il viso, godendosi la sensazione dell’acqua che vi picchiettava dolcemente e per pochi minuti si concesse il piacere di liberare la mente da ogni pensiero.
Ormai aveva smesso di chiedersi perché ricevesse così spesso quel tipo di visite; era conscio del fatto che avrebbe dovuto interrogarsi molto più seriamente a riguardo,  ma visto che in fondo non gli causavano un gran fastidio aveva soprasseduto sulla questione.
Senza esitazioni chiuse il rubinetto e cominciò ad asciugarsi. A volte si era chiesto come avrebbe reagito se si fosse presentato vestito solo dell’asciugamano, ma non era tanto certo di voler ascoltare cosa avrebbe avuto da dirgli.
Ridacchiò. No, la verità era che sapeva cosa gli avrebbe detto e lui non aveva intenzione di provocare deliberatamente uno dei suoi deliranti discorsi.
Rivestitosi, si ravviò i capelli ancora bagnati e si diresse in soggiorno. Attraversò con passo calmo la stanza e andò a sedersi sul divano, di fronte all’elegante teiera che era da sempre stata la sua preferita. Poggiò il mento nel palmo della mano destra poi sorrise, con cortesia, eppure senza nascondersi dietro la maschera che indossava di fronte a tutti gli altri.
-Hokuto-chan . E’ un piacere rivederti qui.-
 La ragazza stava in piedi di fronte a lui, dall’altra parte del tavolino, fluttuando a pochi centimetri da terra, gli occhi verdi pieni di rimprovero. Il suo aspetto non era cambiato, sarebbe rimasta legata a quella forma fino a che non avesse deciso di andarsene. Avvolta nell’ampio abito immacolato era perfettamente identica al suo gemello, e Seishiro non poté fare a meno di lasciare che il suo sguardo si fermasse su di lei più del dovuto; poi ,mentre versava con attenzione il tè, finse di ignorarla.
-Non essere così arrabbiata. Sono un assassino, lo sai. -
Hokuto rimase in silenzio, senza cambiare espressione.
-Però quello che mi lascia, oserei dire, perplesso, è il fatto che tu venga a trovare me, ignorando deliberatamente lui.-
Sul volto della ragazza si disegnò quell’espressione furba, di sfida, che ben conosceva.
- Come fai ad esserne tanto sicuro ?-insinuò.
La sua voce era squillante, gli occhi animati da una luce vivace che sembrava avere preso il posto della rabbia e le labbra erano già piegate in un sorrisino malizioso.
- Se ti avesse rivista non avrebbe quell’aria perennemente afflitta.-
-Ohhh. Vedo che continui a non togliergli gli occhi di dosso.- commentò lei.
Seishiro scrollò le spalle .
-E’ la mia preda - ribatté con leggerezza.
Hokuto invece annuì gravemente.
-Pensa bene a quello che hai detto.-
-Cosa?-
-A te non importa nulla di quelli che uccidi, non provi nemmeno piacere nel farlo, li prendi e basta; ai tuoi occhi però ognuno di loro è sempre stato una preda, invece consideri Subaru la tua preda, non ti sembra strano?-
-Perché? Mi appartiene di diritto, come tutti gli altri.-
-Se lo dici tu…-
L’assassino alzò di scatto gli occhi su di lei, allarmato da qualcosa di indefinibile che fu certo di udire nella sua voce; cercò di leggere sul suo viso la risposta che cercava, ma non trovò nulla.  
Lo spirito allora sorrise in modo provocatorio.
-In verità anch’ io ti ho osservato, sai, e abbastanza da poter fare ipotesi con una certa sicurezza.-
-Davvero? Sembrerebbe interessante…-
Negli occhi della sua ospite si affacciò una certa irritazione e dentro di sé l’assassino si sentì piacevolmente soddisfatto. Non li comprendeva, tuttavia gli piaceva osservare, perfino provocare, i repentini mutamenti dell’animo umano, soprattutto in una persona imprevedibile come Hokuto.
La conversazione in fondo avrebbe potuto diventare addirittura stimolante.
La ragazza sbuffò spazientita e partì all’attacco.
-Sei-chan la verità è che sei un dannato bastardo che non ha rispetto per niente e nessuno, e che riesce a essere indifferente a tutto, quindi non hai mai provato questo desiderio di possesso, sbaglio?-
Fissò lo sguardo nei suoi occhi, riprendendo a parlare senza lasciargli il tempo di ribattere.
-Vuoi Subaru per te, assolutamente, e non nel modo in cui ti prendi il resto perché sei un perfezionista e troveresti a dir poco volgare trattare un gioiellino come lui allo stesso modo in cui hai trattato tutti gli altri; sarebbe banale e il risultato prevedibile e insoddisfacente, perché se lo legassi al Sakura dovresti dividerlo con l’Albero stesso e con gli altri prigionieri. Lo lasci vivere e rinnovi la sua sofferenza, perché finché continuerai a farlo sarai il suo unico pensier, e potrai continuare a possedere la sua anima. Fa differenza che viva o muoia, sei ancora sicuro di avere vinto la tua scommessa?-
Il Drago della Terra non si scompose, ma inclinò di lato la testa come un gatto incuriosito.
-E’ una teoria davvero originale. -commentò, in tono ammirato.
Le labbra di Hokuto si piegarono in un ghigno.
-Ah sì? Perché non mi dimostri che ho torto?-
Gli occhi di Seishiro si fecero gelidi, penetranti. Il fatto che qualcuno avesse da ridire sul suo comportamento era forse l’unica cosa, escludendo il recente comportamento di Subaru, che aveva il potere di fargli sfiorare l’irritazione.
-Non ne vedo la necessità. - ribatté, asciutto.
-Aaah...d’accordo.-
L’assassino non cambiò espressione, anzi il suo sguardo si fece, se possibile, ancora più tagliente. Forse stava valutando le sue insinuazioni, forse no, tuttavia i suoi occhi si spostarono per lunghi secondi su un punto inesistente dietro di lei, come se la sua presenza potesse in qualche modo turbare il corso dei suoi pensieri.
All’improvviso Hokuto si sporse in avanti, ad un soffio dal suo naso, con lo stesso sguardo indagatore e lo stesso sorriso con cui amava mettere in imbarazzo il fratello.
-Di’ un po’ Sei-chan…- attaccò, maliziosamente -se si fosse innamorato di te prima e ti si fosse concesso senza riserve, cosa avresti fatto di lui?-
Seishiro socchiuse gli occhi, piegando all’insù un angolo della bocca.
-Sarebbe stato davvero interessante, credo che ci saremmo divertiti molto entrambi, almeno per un po’.- si sporse in avanti, poggiando i gomiti sulle cosce -Però quello che avrei fatto allora non sarà diverso da ciò che farò in futuro. Sono un assassino, Hokuto-chan, non c’è nulla che potrà mai cambiare questo stato di cose; il tuo adorato fratellino non rappresenta per me che un gioco con cui scaccio la noia che a volte mi procura il fatto di non sapere provare davvero delle emozioni. Non ho bisogno di sapere di essere il centro dei suoi pensieri, positivi o negativi che siano. Non ho bisogno di lui, né di nessun altro.-
Hokuto si tirò indietro e lasciò che le braccia le cadessero lungo i fianchi.
-Per quanto tu faccia rimarrai sempre un essere umano, sono solo i Santi a non avere bisogno della compagnia dei propri simili. E questo non è sempre vero nemmeno per loro.-
Il Drago della Terra si concesse una risata lieve.
-Sono un Sakurazukamori, non un essere umano.- la corresse.
Lo spirito finse di non percepire la virtuale, inconscia, amarezza nascosta nella sua voce e si limitò a scuotere la testa, con un sospiro che riuscì a far apparire di sconfitta.
-Sarà… però il modo in cui lo guardi a me lascia intendere che sei umano quel tanto che basta.- borbottò.
Impercettibilmente il viso di Seishiro si rilassò. Tornò a portarsi la tazza alle labbra, guardando di sottecchi la sua espressione.
-Il tuo tè è sempre ottimo.- commentò.
-Certo! Non c’è nulla di migliore al mondo del famoso milk royal tea preparato dalla sottoscritta!-
rise a voce alta, come sempre fatto quando era in vita -Bene, è ora che me ne vada; non preoccuparti, Sei-chan, mi rivedrai molto prima di quanto tu non voglia!-
Gli strizzò un occhio e sparì in un pulviscolo luminoso che aleggiò nell’aria solo qualche istante prima di spegnersi e svanire. Teatrale e spettacoloso: era proprio da lei.
Seishiro si concesse un profondo sospiro e quasi senza volerlo si trovò a fissare la tazza che aveva appena appoggiato. Rimase ad osservarla come se ne vedesse una per la prima volta, dopodiché si chinò in avanti e poggiò la fronte nel palmo di una mano, mordendosi il labbro inferiore.
Conosceva l’acutezza dell’intuito di Hokuto, l’aveva sempre apprezzata, e ora si scoprì a chiedersi se non dovesse cominciare a temerla. Le sue parole avevano deliberatamente messo tutto sotto una luce diversa, un modo nuovo e molto pericoloso di interpretare il suo rapporto con Subaru. L’assassino che aveva bisogno della sua vittima; era una prospettiva raccapricciante. Inconsciamente, affondò i denti fino a tagliarsi il labbro inferiore quando si accorse che qualcosa tentava di emergere dal piatto deserto che era la sua emotività.
Lo analizzò con freddezza e si lasciò sfuggire un sospiro rabbioso quando riuscì a identificarlo: turbamento.
Era inammissibile possedere anche solo lo spettro di una simile emozione perciò, con facilità ed eleganza la uccise, dopodiché tornò ad analizzare le affermazioni di Hokuto.
Bisogno. Dipendenza.
Che sciocchezza.
Subaru era solo un grazioso cucciolo con cui passare il tempo, speciale solo per il fatto di portare da anni il suo marchio, e che continuava a vivere solo perché lui trovava stuzzicante l’idea di portarlo a raggiungere il limite della sua esasperazione, così, per gioco, per vedere cosa ne sarebbe derivato. Era in qualche modo affascinato dal modo in cui la sua preda riusciva ancora a mantenere una sorta di equilibrio tra le emozioni violente e contrastanti che scuotevano il suo animo, e spezzarlo era una sfida troppo eccitante perché potesse ignorarla, nulla più di questo.
 Lasciava vivere Subaru solo per divertirsi un po’. Non aveva bisogno di lui.
Hokuto si era semplicemente illusa, accecata dalla convinzione che anche in lui dovesse nascondersi qualcosa di umano.
Ridacchiò.
I Sakurazukamori erano predatori di uomini, era uno tra i primi insegnamenti impartiti ad ogni sciamano, di qualsiasi grado o casta, e il fatto che proprio una Sumeragi potesse nutrire simili speranze anche dopo che l’aveva uccisa era a dir poco ridicolo.
Piegò le labbra in un ghigno ripensando alla triste e sofferente anima che era il Drago del Cielo suo opposto. Era una preda magnifica nella sua bellezza e afflizione, nulla più di questo; la sua vita gli apparteneva e un giorno se la sarebbe presa, ma come e quando erano comunque cose che spettava solo a lui decidere.
 
  
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