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Autore: Nimel17    25/12/2014    1 recensioni
Mentre Rumpelstiltskin è via in uno dei suoi viaggi, Belle riceve una strana visita da un certo Re dei Goblin nel bel mezzo delle decorazioni natalizie.
Ambientata prima della prima maledizione, nel Castello Oscuro.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Belle, Signor Gold/Tremotino, Sorpresa
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Belle si chiese se Rumpelstiltskin se la sarebbe presa per come aveva decorato il castello. Stava giusto finendo con il grande albero nella Sala Grande, a piedi nudi sulla scala.
Aveva imparato la lezione… e poi, non c’era il suo padrone a riceverla tra le braccia, stavolta. Era partito per un viaggio ed era solo grazie a quell’assenza che lei era stata capace di addobbare il Castello Oscuro per Natale. Sarebbe stata una sorpresa per lui.
“Che diamine state facendo lassù?”
Belle sussultò, credendo per un istante di avere sentito la voce di Rumpelstiltskin. Scosse il capo. Nonostante il timbro vocale avesse lo stesso sarcasmo del Signore Oscuro, l’accento era diverso ed il tono era più suadente.
“Mi dispiace, il mio padrone non è in casa. Come… come siete entrato? Chi siete?”
Non c’erano dubbi che l’intruso fosse dotato di magia: solo grazie ad essa avrebbe potuto evitare le accurate precauzioni di Rumpelstiltskin, rafforzate dopo la disavventura con Robin Hood. Belle era anche certa che fosse un nobile, o un principe, vista la posa arrogante con cui la fissava… come se aspettasse che un servo obbedisse a un suo ordine.
 Lo sconosciuto aveva folti capelli biondi che gli ricadevano lisci sugli zigomi alti a lunghezza irregolare, occhi che a prima vista sembravano di colore diverso, ma la ragazza aveva la vista allenata dalle lunghe letture e si accorse che l’effetto era causato da una pupilla più dilatata dell’altra. Il viso era magro e affilato, le labbra erano atteggiate a un mezzo sorriso sghembo, i suoi vestiti eleganti e raffinati, dalla giacca blu notte agli stivali di pelle a punta.
Se lì ci fosse stato Rumpelstiltskin al posto di quell’uomo, si sarebbe inchinato con il suo solito modo di fare teatrale e si sarebbe presentato. Invece, l’altro si limitò a sorridere più apertamente, scoprendo dei denti leggermente appuntiti.
“Sono Jareth, il Re dei Goblin. E tu devi essere Belle, immagino.”
Lei deglutì. Da quanto sapeva, i goblin non erano creature… beh, buone.
Così parlò la serva del Signore Oscuro, la derise la voce immaginaria del suo padrone nella sua mente.
“S-sì, sono io.”
“Perché non scendete da lì, bella fanciulla? Rumpelstiltskin sta comunque per arrivare, perché non prepari una tazza di the e ci raggiungi in biblioteca? Sono estremamente curioso di conoscerti meglio.”
Belle arrossì.
“Non posso, devo finire…”
“Ah, questo splendido albero natalizio. Sono stato costretto a farne uno anch’io, nel mio palazzo.”
Il re le lanciò con una mano guantata una sfera di cristallo, che le atterrò tra le dita in una traiettoria perfetta.
“Mettila nell’albero, cara.”
Lei obbedì istintivamente e, in meno di un secondo, accompagnato da uno sfavillio di polvere dorata, l’abete era completo e sgargiante. Era esattamente come l’aveva immaginato, rosso scuro e cristalli caleidoscopici.
“Grazie, sire. È stato gentile da parte vostra.”
“Il tuo the che Rumpelstiltskin decanta tanto sarà una ricompensa più che sufficiente.”
Belle scese la scala, accennando un inchino veloce al Re dei Goblin. Visto da vicino, era molto affascinante e la sua fierezza aristocratica creava quasi un’aura intorno a lui.
Si chiese se stesse per caso esercitando la sua malia, come facevano tutti i sidhe nel suo libro di leggende Fae che le leggeva la madre. Ed era anche curiosa su come lui e il suo padrone si fossero conosciuti; il suo secondo giorno di permanenza al Castello Oscuro, Rumpelstiltskin si era preoccupato di fornirle un elenco di ospiti pericolosi, che lei non avrebbe dovuto ricevere per nessun motivo di persona.
Era sicura che non ci fosse re Jareth in quella lista, eppure non glielo aveva mai nemmeno nominato, pur essendo chiaramente un essere molto potente.
Un quarto d’ora dopo, raggiunse la biblioteca con il vassoio del the. Ci aveva messo particolare impegno, volendo dare un benvenuto adeguato a Rumpel… al Signore Oscuro.
I due uomini erano seduti vicino al fuoco, entrambi con le gambe distese e le mani unite davanti ai visi pensierosi. Lei notò divertita che l’abbigliamento di entrambi comprendeva diversi articoli di pelle, anche se il re ne aveva meno, prediligendo evidentemente velluti e sete.
Rumpelstiltskin si voltò nella sua direzione e sorrise. Belle si costrinse a non arrossire: per quanto il mago sorridesse spesso, di solito era per fare del sarcasmo. A lei, invece, rivolgeva sempre sorrisi sinceri.
Solo a lei.
“Ah, Belle. Vieni, dearie, stavamo giusto parlando di te.”
La ragazza si sforzò di non arrossire di più, consapevole della luce consapevole e ridente negli strani occhi del re. Era sicura che avesse già intuito la sua situazione.
“Così questa è la coraggiosa fanciulla che ha stretto un patto con te per salvare il suo regno dagli Orchi.”
“È davvero una persona coraggiosa, la principessina. Ha persino osato contraddirmi, più volte anche.”
Le mani di Belle tremarono leggermente mentre versava il the nelle tazze di porcellana, insicura sul perché i complimenti di Rumpelstiltskin le facessero quell’effetto. Jareth fece roteare con disinvoltura un frustino nero con un dito.
“Ah sì, le umane hanno questa… caratteristica.”
“Credo semplicemente che, se si fa una cosa coraggiosa, il coraggio arrivi da solo.”
Il Signore Oscuro fece una delle sue risatine acute, agitando le mani.
“Che ti avevo detto?”
“Non ti smentisci mai, Rumpelstiltskin. Sai sempre come farmi divertire.”
Il re le fece un cenno.
“Perché non vi sedete qui con noi? Una bella fanciulla sarà più piacevole da guardare della persona seduta qui davanti.”
“Giusto, dearie. Siediti con noi e raccontami come mai il mio castello è diventato pieno di foglie spinose, bacche, palline colorate, ridicoli angioletti che pendono dal soffitto, senza parlare di quell’albero enorme nel salone.”
Jareth intervenne in sua difesa, giocherellando ora con una delle sue sfere di cristallo.
“Ma come, non lo sai, Signore Oscuro? Domani sarà Natale. È molto festeggiato, nel mondo senza magia, ma anche qui è piuttosto popolare da un paio di secoli.”
“Lo so, fae, grazie. Quello che voglio sapere è come mai la mia governante si sia sognata di celebrarlo qui.”
Belle si schiarì la gola. Detestava che si parlasse di lei in sua presenza ignorandola come un soprammobile.
Come faceva Gaston.
“Non posso trascorrerlo con mio padre. Voi siete l’unico sostituto che ho per la mia famiglia… e poi, qualche festeggiamento non vi farebbe certo male, di tanto in tanto.”
Il Re dei Goblin non si preoccupò nemmeno di trattenere la sua risata d’ammirazione.
“Meraviglioso! Qui si tratta di qualcosa di più rispetto a una semplice caratteristica comune, mio caro Rumpelstiltskin. Sei in trappola, dearie.”
L’altro schioccò la lingua, cercando di apparire seccato, ma non ingannò Belle. Nonostante non ne capisse il motivo, negli occhi scuri del suo padrone era apparsa quella particolare luce ambrata di quando era felice, o perlomeno sereno.
Una piccola esclamazione, singolarmente acuta, interruppe il corso della conversazione. La ragazza guardò un punto imprecisato tra i due uomini.
“C’è… c’è un bambino, lì?”
“Certo che c’è, dearie. Ti avevo detto subito che avresti dovuto aiutarmi a scuioiarli, non ricordi?”
“Lo ricordo benissimo, come pure che poi avete detto che era uno scherzo.”
“Mah, forse sì, forse no.”
Jareth ghignò.
“Come se potesse prendere seriamente le tue minacce, dopo che…”
Il Signore Oscuro gli gettò un’occhiataccia, imponendogli di tacere. Il re continuò a ridacchiare silenziosamente, accavallando le gambe.
“Colpa mia, principessa. Vedi, uno dei miei compiti regali è prendere i bambini che vengono desiderati via da genitori, fratelli o sorelle seccati dai loro capricci e piagnistei. Se chi ha detto le parole magiche si pente, ha tredici ore per superare il mio Labirinto e riprendersi l’infante e, se non ci riesce, ritorna nel suo mondo e il suo fardello si trasforma in un goblin. Tuttavia, certi pargoli mi sembrano troppo belli perché diventino uno dei miei brutti sudditi e allora mi rivolgo al tuo diligente padrone.”
Belle si sporse sul tavolo: di fronte a lei, in una cesta, una neonata dai grandi occhi scuri la guardava affascinata.
“Com’è piccola! È davvero una bambola… posso prenderla un istante in braccio?”
Rumpelstiltskin sembrò spiazzato dalla naturale richiesta. La guardò con una strana espressione colpevole nello sguardo e le porse il fagottino profumato. La ragazza prese con delicatezza la piccola, lasciando che i riccioli castani le coprissero gli occhi umidi; il patto con il Signore Oscuro la vincolava fino alla morte e non avrebbe mai avuto figli suoi, che pure aveva tanto desiderato da adolescente.
L’infante le sorrise, afferrandole alcune ciocche con le forti manine, per poi passare a ispezionarle il naso e la bocca.
“Perché non le dai un nome, dearie?”
Sia lei sia Jareth guardarono sorpresi Rumpelstiltskin, che appariva nuovamente a suo agio.
“Domani la consegnerò ad una famiglia che non può avere figli, sarebbe bello presentarla con un nome, no?”
Belle tornò a guardare la bambina, riflettendo. Grazie ai suoi libri, conosceva così tanti nomi…
“Sarah. Vuol dire principessa.”
Il Re dei Goblin sorrise, ma non era nessuno dei sorrisi che lei gli aveva visto fino a quel momento: era dolce, affettuoso, nostalgico.
“Un nome splendido, Belle… posso chiamarvi Belle? Avete scelto proprio il mio favorito.”
La fanciulla lo osservò alzarsi, stupita.
“E ora, sono costretto a ripartire. Chissà che pasticci avranno combinato i miei goblin con i semplici incarichi che avevo dato loro.”
“Devi tornare dai goblin, davvero, Jareth?”
Il re ignorò la domanda ironica di Rumpelstiltskin e si chinò a baciare la mano di Belle.
“È stato un piacere avervi conosciuta, milady.”
“Anche per me, sire.”
La figura snella del sovrano diventò sempre più trasparente, come se fosse un fantasma, fino a svanire del tutto. I due rimasero in silenzio per qualche minuto, interrotti solo dal crepitio del fuoco e dagli occasionali versetti della bambina.
“Perché il re ha reagito così stranamente, quando ho chiamato la neonata Sarah?”
“Perché è il nome della sua regina, dearie. L’unica umana che abbia mai superato il suo Labirinto e che gli abbia tenuto testa.”
“Per questo parlavate delle caratteristiche femminili?”
“Acuta come sempre, dearie.”
“Grazie.”
“Pura verità.”
“Per aver lasciato intatte le decorazioni natalizie, intendo. Sono molto importanti per me.”
La pelle del viso di Rumpelstiltskin diventò all’improvviso più accesa e, se si fosse trattato di un essere umano, Belle avrebbe giurato che fosse arrossito.
“Di niente, dearie. Sono solo lavoro in più per te, dopotutto.”
Il suo padrone si agitò sulla sedia per qualche istante, poi sospirò ed estrasse da sotto la sedia un pacchetto incartato con un nastro d’oro.
Non è un regalo di Natale, dearie. È una gratifica, come quella che si dà ai domestici…”
“A Natale, vero?”
Belle sorrideva apertamente, le fossette pronunciate e gli occhi luminosi.
“Buon Natale, Rumpelstiltskin.”
Gli diede un bacio veloce sulla guancia, prima di correre in camera sua. Mancava ancora un’ora alla mezzanotte, ma… gettò un’occhiata al regalo.
Al diavolo.
Lo scartò in fretta e furia, il cuore che le batteva forte, ansiosa di vedere di cosa si trattasse.
Era un libro splendidamente rilegato, con il titolo Le fiabe di Beda il Bardo inciso a lettere dorate in una copertina di velluto blu. Al suo interno, le iniziali delle parole erano raffinatamente decorate di rosso e blu e le illustrazioni erano vere e proprie opere d’arte.
Quello non era un semplice libro di fiabe.
Una lacrima le scese lungo la guancia, macchiando il volume, ma lei a malapena se ne accorse.
Grazie, Rumpelstiltskin.
 
 
 
Angolo dell’Autrice: una piccola one shot crossover con Labyrinth, perché anche i Signori Oscuri e i Re dei Goblin devono festeggiare il Natale, dopotutto.
 
  
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