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Autore: BowtiesAreCool    25/12/2014    1 recensioni
"Niente da fare Barton!" Il direttore incrociò le braccia al petto, con sguardo omicida, "L'Hydra non andrà in vacanza, quindi non ci andremo neanche noi! E riporta quell'albero dove l'hai trovato!"
“L'ho scritto nella letterina a Babbo Natale, Coulson, e Babbo Natale esaudisce sempre i desideri dei bambini buoni.” Fu l'incontrovertibile replica dell'altro, “E non lo riporterò indietro. Ravviva l'ambiente. Le piante fanno bene e mettono di buon umore.”
"Non un abete di quasi tre metri!"
Genere: Angst, Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Lovin' around the Christmas fears





“Oh, andiamo, Coulson!”
E quel gnaulio riverberò con forza nell'intrico di corridoi del Parco Giochi, tanto che persino Bobbi Morse e Lance Hunter, intenti a ben altre attività, si guardarono negli occhi e si scoprirono a sorridere, divertiti.
C'era atmosfera di festa, nell'aria, e persino un vago profumo di zenzero e cannella.
Dove e come l'Agente Barton si fosse procurato gli ingredienti per cucinare i biscotti a forma di omino non era dato sapere - così come non era dato sapere la maniera in cui aveva scoperto il Parco Giochi.
Un giorno si era semplicemente palesato alla loro porta, aveva scostato l'Agente May, tirato un pugno dritto sul naso a Phil e poi intimato alle nuove reclute di procurargli una "Fottuta stanza con un fottuto bersaglio per il suo fottuto allenamento col fottuto arco. Ed un panino con tonno e maionese, scattare!"
Si era poi rinchiuso per sette giorni nel seminterrato in cui avevano allestito una pseudo palestra, e non ne era uscito se non per mangiare - di tanto in tanto.
All'alba dell'ottavo giorno era entrato nell'ufficio di Coulson, sbattuto la porta, aveva schiantato i palmi sulla sua scrivania e, guardandolo fisso negli occhi, aveva chiesto: "Bene, grande capo, qual è la prossima missione suicida?"
Skye aveva descritto il tutto come l'esperienza più inquietante e assurda cui avesse mai assistito dacché era stata inglobata nel mondo funambolico di May e compagnia.
Melinda, dal canto proprio, aveva sospirato, sollevato gli occhi al cielo e intimato di non gravitare nella zona notte per un po', soprattutto in prossimità della camera di Phil.
Il perché non era dato sapere, ma la mattina dopo Clint era stato visto far colazione con un sorriso sornione e rilassato, mentre strani graffi e segni rossi avevano fatto la loro comparsa sul collo del neo Direttore.
Adesso era Natale e come ogni santo Natale che si rispetti, Clint voleva fosse festeggiato a dovere: con carole, dolci, bastoncini di zucchero e calze appese al camino.
E 'fanculo all'HYDRA. Ci avrebbe pensato la Befana a portar loro il carbone, rovinandogli le feste.
Occhio Di Falco serrò le braccia al petto, occhieggiando al mastodontico abete che Dio solo sa come aveva trascinato nella Base, con l'aiuto e la connivenza di Triplett e Mack.
“Quante storie per un po' di spirito natalizio! Fitz ha pure detto che mette a disposizione i Nani per decorarlo!”
"Niente da fare Barton!" Il direttore incrociò le braccia al petto, con sguardo omicida, "L'Hydra non andrà in vacanza, quindi non ci andremo neanche noi! E riporta quell'albero dove l'hai trovato!"
“L'ho scritto nella letterina a Babbo Natale, Coulson, e Babbo Natale esaudisce sempre i desideri dei bambini buoni.” Fu l'incontrovertibile replica dell'altro, “E non lo riporterò indietro. Ravviva l'ambiente. Le piante fanno bene e mettono di buon umore.”
"Non un abete di quasi tre metri!" Phil si voltò a guardare il resto del team, "Mack, Tripp, aiutate l'agente Barton a liberarsi dell'albero e vi prego di non assecondarlo più!"
“Non lo stavamo assecondando.” Antoine alzò le spalle, “E' stato molto convincente.”
“Vedi?” Clint inarcò il sopracciglio, “L'albero resta.”
"Sei incredibile! Ogni natale ti trasformi in un bambino capriccioso! E sei riuscito a coinvolgere anche tutta la squadra!"
“Ora stanno volando parole grosse.” Rimbeccò Occhio Di Falco, “Non è vero che mi trasformo in un bambino capriccioso. Il Natale va festeggiato, è una regola non scritta su cui si basa l'intero assetto del cosmo.”
Coulson aggrottò le sopracciglia, "Solo i bambini vogliono festeggiare il Natale e scrivono a Babbo Natale! Per l'amor di Dio, Barton! Dimmi che non l'hai fatto davvero!"
“Oddio.”
Clint si piantò una mano sulla faccia e la fece scorrere con studiata lentezza dalla fronte al mento.
“Coulson, per l'amor del Cielo, credi che sia un idiota? Andiamo...! Almeno un paio d'ore tira il fiato! Siamo con l'acqua alla gola, il morale a terra, siamo meno dei fan di Legion! Almeno un paio d'ore, Coulson, un paio d'ore per dimenticare il nostro stato miserevole ce le puoi concedere?”
“Scusate.” Lo interruppe Triplett, facendosi avanti e sollevando le mani a chiedere un attimo di pausa, “Noi saremmo ancora qui. Possiamo andarcene o dobbiamo fare da alibi ad uno dei due in caso di omicidio?”
Il direttore lo fissò: "Facciamo così, visto che siamo in democrazia, mettiamola ai voti. Quanti per l'albero?"
Barton diede l'approvazione e così Triplett. Mack si limitò ad afferrare Antoine per un braccio ed intimargli muto di andare via, adducendo come scusa un qualche affare assolutamente importante e di ambito meccanico.
Quando se ne furono andati, Clint sospirò e scosse la testa.
“Andiamo, Phil.” E mai, mai si sarebbe permesso una simile confidenza in presenza del resto della squadra. L'unico strappo alla regola era stato passare dal "Lei" al "Tu" - Almeno questo, gli aveva detto, me lo devi. “Non potete andare avanti così. Melinda e Triplett, tu, Bobbi e Lance. E che mi dici della ragazzina, Skye? E di Fitz? E Simmons? Si stanno sovraccaricando, non sono abituati a tanto stress. Non ancora.”
E quando Clint lo chiamava per nome, Phil non avrebbe potuto negargli nulla - o quasi. "E va bene! Ma l'anno prossimo farai come voglio io. Non è possibile che tu ottenga sempre ciò che vuoi!"
“Vedremo tra trecentosessantacinque giorni, allora.”
Barton gli si avvicinò e gli mise le mani sulle spalle, sollevando le sopracciglia e guardandolo con un lieve sorriso a fior di labbra.
“Non è poi così diverso dal mio primo anno allo S.H.I.E.L.D. Anche allora avevi dato di matto, ricordi?”
L’uomo mosse gli occhi intorno per controllare che non ci fosse nessuno a vederli e sospirò, "Certo che lo ricordo. E ricordo anche che avevi regalato a Fury un vestito di Babbo Natale perché ti portasse un arco nuovo."
“Non l'aveva presa bene. Non l'aveva presa bene affatto...”
 
 
*****

 
“Agente Coulson. Mi vorresti spiegare per quale recondito motivo il tuo circense ha messo del carbone davanti alla mia porta?”
Giorni difficili, allo S.H.I.E.L.D. Giorni difficili soprattutto perché la nuova recluta, il ventenne Clinton Francis Barton, si era fatto riconoscere da tutto lo staff tecnico per aver cambiato due volte Ufficiale Sovrintendente nel giro di tre settimane: aveva fatto trovare all'Agente Mariner una parrucca da clown sulla scrivania, e cinque giorni dopo il suo allontanamento, una testa di cavallo - trafugata da una giostra - nel letto del collega che l'aveva sostituito.
Clint era considerato da tutti un caso irrecuperabile e non era dato sapere se l'affidamento a Coulson fosse una patata bollente o solo un ultimo tentativo disperato.
Qualunque fossero motivo e risposta, Coulson doveva trovare una buona scusa per sfuggire alle grinfie di Jasper Sitwell, che gli stava sventolando davanti al naso il "simpatico" dono lasciato dall'ex saltimbanco.
"Perdonalo, Jasper, purtroppo è più ribelle di quello che pensavamo." Phil prese il sacchetto e si scusò ancora, mentre imboccava la porta e usciva in corridoio. Un sospiro e cominciò a lanciare sguardi omicidi nei dintorni, per trovare il suo nuovo protetto. "Wilson! Hai visto Barton?"
"Ha detto che andava a lasciare un dono al direttore. Ha usato queste stesse parole, signore." Portandosi una mano alla fronte, l'uomo si diresse a passo spedito alla ricerca del ragazzo.
E non fu difficile trovarlo, nella sala ricreativa, direttamente appollaiato sulla cima del distributore di snack dolci.
Aveva l'aria abbattuta, persino indispettita e frustrata: teneva la testa incassata nelle spalle, le ginocchia pressate contro lo sterno e le palpebre socchiuse a fessura, i denti affondati in una Powdered Donut.
"Barton! Scendi immediatamente da lì! Ne hai già rotte tre." Poggiò il sacchetto sul tavolino e le mani sui fianchi, "Mi spieghi quali sono le tue intenzioni, per favore?"
In tutta risposta, il ragazzo lo squadrò noncurante e storse la bocca. Ingoiò un secondo morso del dolce. Appoggiò poi il pacchetto accanto a sè, indirizzò all'altro il dito medio, per poi puntare l'indice contro.
Anche per chi non conosceva il linguaggio dei segni, il messaggio "Fanculo" era più che comprensibile.
Il fatto che Clint si fosse rifugiato nel linguaggio dei segni, per chi lo conosceva - cioè nessuno, lì dentro - non era buona cosa.
Phil fu tentato, in un primo momento, di mandarlo a quel paese e occuparsi degli oltre venti rapporti stipati elegantemente sulla sua scrivania. Poi ricordò che Fury aveva affidato a lui quel ragazzo perché davvero era la sua unica speranza di una vita - se non migliore - almeno decente - meglio di vivere in un circo o per strada, sotto ad un ponte. Prese, quindi, un respiro profondo, contò fino a dieci, e si sedette su una poltroncina. Rilassò le spalle e lo guardò, "Perché non scendi e parliamo un po'? Non posso aiutarti se non mi dici cosa c'è che non va."
Clint aveva già pronto il secondo segno - la mano destra aperta a formare una "C", poco distante dalla tempia -, ma si bloccò. Tentennò con gli occhi negli occhi di Coulson, Mosse un po' le dita, incerto se chiuderle di scatto ed intimare quindi all'AS un silenzioso "Va' via" oppure mutare risposta.
Dondolò la mandibola un paio di secondi. Si umettò il labbro superiore con la lingua e si abbandonò poi ad un sospiro.
Chiuse la mano a pugno, se la portò al petto e fece due giri, in senso orario.
"Scusa."
Phil sorrise e poggiò il gomito sul bracciolo e la tempia sul pugno chiuso, "Sei davvero comodo lassù? Le poltrone non sono male, sai?"
Finalmente, un sorriso affiorò alle labbra del ragazzo.
“Vedo meglio da una certa distanza.” Rispose, con voce appena più alta del normale - ma quantomeno più giovale. Pressò l'indice contro l'orecchio, per poi sbattere le palpebre un paio di volte.
“Okay, ho riattivato l'apparecchio. E' più comodo che leggere le labbra.”
L’uomo lo guardò perplesso, "Di cosa stai parlando?"
“Sono ammaccato, sordità parziale da danneggiamento dell'orecchio interno e medio. Allora, sembra che Sittwell non abbia apprezzato il carbone.”
"Vero, era scritto nel tuo rapporto..." Mugugnò tra se e se; poi scosse la testa, "No, non ha gradito." Fissò il sacchetto per poi tornare con lo sguardo sul suo, "Perché del carbone?"
“Perché il carbone si dà alle persone cattive e lui non mi piace un granché.”
Un'altra smorfia schifata, unita allo snudarsi dei denti.
“Mi ha chiamato circense da strapazzo e mi tratta come se fossi meno di niente, meno di polvere sotto le sue fottute scarpe lustrate.”
"Sittwell non ha modi gentili, ma se forse tu ti comportassi meglio, gli altri farebbero altrettanto, non credi? Da rispetto e lo riceverai in cambio."
“Andiamo, Agente. Sei dentro lo S.H.I.E.L.D. da più tempo di me, non devo certo insegnarti il significato di certi sguardi.” Sbuffò ed un esile ringhio gli salì alla gola, “Io vedo tutto. E quello che c'è nei loro occhi, dacché ho messo piede qui... E' soltanto disprezzo. Non negarlo.” Lo prevenne. “Tu, fra tutti, sei il solo che mi guarda e mi vede come un essere umano, non un cavallo da domare od un selvaggio teppista.”
"Ma se ti comporti così dai adito ai loro pensieri!" Coulson sospirò esasperato, "Perché non vuoi capirlo? Tu puoi essere migliore di tutti loro messi insieme, ma se continui a comportarti come un bambino capriccioso, puntando i piedi e facendo scherzi, gli dai pienamente ragione!"
“Perché hai fiducia in me? Tutti vogliono che io fallisca, tutti sono convinti che accadrà. Perché tu no?”
"Perché non mi piace che gli altri abbiano ragione." Fece spallucce e sorrise, "Ma tutto dipende da te, non da me."
“Mh.”
Clint soppesò quelle parole in silenzio, guardando tutto e niente. Dopo un paio di minuti senza dire nulla, scese dalla macchinetta con un saltello e raggiunse l'Agente al tavolo; armeggiò nella tasca laterale dei pantaloni, ne estrasse una lettera spiegazzata su carta giallognola e gliela posò davanti.
“Volevo spedirla in Lapponia, ma fa lo stesso.” Si portò indice e medio alla fronte, indirizzandogli un saluto veloce, “Ci vediamo all'allenamento delle sei. Intanto andrò a controllare se il Direttore mi ha messo sotto l'albero l'arco che gli ho chiesto.”
Uscì dalla sala ricreativa, lasciando dietro di sè una impercettibile scia di zenzero e... Lustrini. Più tardi, si venne a sapere, aveva confezionato dei biscotti a forma di pistola per Maria Hill, infiocchettati ed impacchettati con nastro d'oro e carta rossa. Inoltre, aveva convinto alcune reclute ad addobbare l'abete, portato lì nessuno aveva capito come, con festoni e palline viola luccicanti.
La lettera abbandonata davanti a Phil era una vera e propria letterina a Babbo Natale, di quelle che i bambini scrivevano per le feste - Clint ne aveva mai scritta una, da bambino?
La grafia del ragazzo era aguzza, veloce, vergata con mano tesa e calcata.

“Caro Babbo.” Iniziava, “Non sono stato un bambino, mai, temo, e nemmeno tanto buono. Quindi facciamo così: oltre alla mia solita, annuale richiesta di far spuntare mio fratello come un fungo, un giorno di questi, che ne dici di fare uno strappo alla regola e lasciare che l'Agente Coulson sia il mio AS ancora per un po'? Soltanto fino a che non gli verrà una crisi nervosa.
Così. E' un bravo Agente, Mi sta simpatico e non mi viene voglia di piantargli una freccia nel bulbo oculare.
Non che io abbia voglia di piantare frecce nei bulbi oculari di chissà chi, ovvio.
Era per dire.

Sai, considerato la benda che porti, l'argomento poteva renderti un po' suscettibile.

Saluti,
Clint.”


 
*****
 
 
Phil gli aveva stretto le mani sui fianchi: "Sai, credo che quello sia stato il primo natale che festeggiavo da molto, molto tempo."
“Ti avevo fatto i biscotti a forma di scudo, ricordi?”
"Oh si!" Rise, "Li mangiammo la notte di Natale dopo che Fury aveva sbraitato per il vischio sotto la porta del suo ufficio. Wilson era terrorizzato di doverlo baciare sul serio!"
“Ammetterai con me che c'era tra loro una certa tensione sessuale irrisolta.” Clint si accordò alla sua risata, quindi socchiuse gli occhi con espressione eloquente, “E visto che hai tirato fuori la storia del vischio...”
"Non lo attaccherai sotto la mia porta, ne quella di May o altri, sei avvisato!"
“Beccato. Ma non mi riferivo a quello, caro il mio Agente Coulson.”
Lo fissò perplesso, "A cosa, allora?"
Barton si avvicinò lentamente al suo viso, rimanendo con le labbra sospese sulla bocca di Phil.
“Oh, ad un certo incontro mio e tuo, sotto un certo rametto in un posto dimenticato da Dio durante una missione in Svezia. Il primo bacio, sotto un rametto di vischio durante una missione in Svezia.”
"È vero, come ho potuto dimenticarlo." Phil gli sfiorò leggero le labbra, "Ma non furono tutte rose e fiori." Ridacchiò, "Ti beccasti una bella ginocchiata in un certo posto..."
 
 
*****
 
 
“Sangue di Cristo, Coulson!” Sbraitò Barton, la voce più alta due ottave e le sopracciglia incastonate di minuscoli cristalli di ghiaccio, “Cosa diavolo le è preso?! E' la tradizione! E' la tradizione, porca miseria!”
Phil lo guadava come si fa con un alieno o un essere incomprensibile, "Mi hai baciato! Sulla bocca! Che cosa ti aspettavi che facessi?"
Era una settimana, ormai, che erano bloccati in quel rifugio, in una landa desolata e tre metri di neve che impediva di mettere il naso fuori anche solo dalla finestra. La ricerca di quella base militare tedesca si era rivelata più ardua del previsto. Ma ne il freddo, ne il cibo liofilizzato, ne la convivenza forzata erano riusciti ad impedire a Clint di addobbare la baita per Natale. Con tanto di albero e vischio.
“Avrebbe potuto aggiungerci la lingua, signore.” Fu la risposta piccata di Occhio Di Falco, “Giuda Iscariota cornuto, questa me la paga.”
"Il freddo ha congelato quell'unico neurone che ti era rimasto? Ma cosa ti è saltato in mente?"
“Tradizione, lo ripeto.” Clint sfregò i guanti lisi sulla bocca rosa dall'arsura, “Diamine, neanche le fossi saltato addosso...”
Phil lo spostò di malo modo, "Potevi baciarmi sulla guancia, se proprio non potevi farne a meno!"
“E se le dicessi che no, signore, non ne potevo fare a meno?”
"E perché mai non potevi?" Prese la tazza di the, precedentemente abbandonata sul tavolino, e vi avvolse le dita intorno per riscaldarsi.
Alla luce oleosa della catapecchia sbattuta dal vento e dal freddo, gli occhi di Clint parevano dischi di metallo. Non mancavano mai il bersaglio, vedevano tutto, vedevano sempre tutto, ciò che era reale e ciò non che non lo era.
Quegli occhi che tutto vedevano si conficcarono nel volto di Coulson con tale fissità che il resto del mondo scomparve, divenendo un mero ronzio di sottofondo.
Lentamente, la spia allungò il braccio e gli sfiorò a punta di polpastrello il dorso della mano. La pelle era callosa, dura, coperta di graffi e cordoncini cicatriziali, eppure il tocco era caldo, la carezza spandeva un piacevole - e strano - tepore.
“Perché volevo farlo da molto tempo.” Bisbigliò.
Phil lo fissò di rimando, restituendogli dapprima uno sguardo confuso, che si macchiò di consapevolezza quando sentì il tocco delle sue dita sulla mano. "Clint non puoi." Anche il suo fu solo un bisbiglio, un lieve accenno, ma che suonò alle sue orecchie più forte della tempesta che infuriava all'esterno.
"Sì sì sì, le relazioni tra colleghi non possono e non devono essere in alcun modo incoraggiate, conosco quella parte del regolamento a memoria. E non l'ho mai vista applicata. Inoltre..."
Senza spostare la mano dal suo polso, Barton fece il giro del tavolo con l'unico scopo di piazzarglisi di fronte e abbassare lentamente la testa, fino a far sfiorare le loro fronti.
"Il regolamento non fa menzione dei baci dati sotto il vischio. Non un paragrafo, non un comma. Ho fatto i compiti, Coulson."
"Il fatto che tu non l'abbia visto applicato non vuol dire che non si debba farlo." Indietreggiò di un paio di passi, "Non possiamo e non dobbiamo." Stette per un attimo in silenzio, "E poi cosa ti fa credere che io provi qualcosa?"
“Non è forse così?” Occhio Di Falco inarcò il sopracciglio, un ghigno a mezza bocca, “Non mi ha detto esplicitamente No. Ha detto, testuali parole: Non possiamo e non dobbiamo. Come mai questo passaggio al plurale, signore, se non ha alcun interesse nei miei confronti?”
Preso in contropiede, Phil mosse le labbra senza emettere alcun suono. Alla fine emise un verso frustrato e se ne andò nella camera da letto - l'unica in quella piccola baita con a stento una doccia e un water - sbattendo la porta.
Ma Barton non era persona da darsi per vinto e questa era nozione conosciuta da sempre. Tuttavia, da spia con una certa conoscenza a livello tattico, era in grado di stabilire quando retrocedere e quando avanzare, che manovra usare e quando, in che misura dosare il silenzio - peccato che le parole non fossero mai state il suo forte. Doveva lavorarci, doveva lavorarci ancora.
Un quieto bussare sulla soglia della camera - e le assi della catapecchia scricchiolarono e cigolarono sotto le sue nocche.
"Coulson." Lo chiamò, "Andiamo, signore, fa già un freddo fottuto, la tensione gelida è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno."
Seduto sul letto, i gomiti sulle ginocchia e le mani a nascondere il viso, Phil continuava a darsi dello stupido. Dal giorno stesso in cui Fury gli aveva affidato il ragazzo, aveva saputo che Clint sarebbe stato la sua rovina. Alla fine, all'ennesimo bussare alla porta, si alzò e la spalancò, "Dimentica tutto quello che è successo, tutto! Dobbiamo concentrarci solo sulla missione!"
"Ah... Buon Natale?" Il giovane inarcò un sopracciglio, "Può abbassare il tono, signore: l'apparecchio ha cominciato a ronzare."
Emettendo un'altro verso frustrato e scuotendo la testa, l'uomo lo superò, "Preparo la cena, tu fa sparire quei rametti, o ti ci attacco per il collo!"
Clint lasciò cadere le spalle e scosse la testa, passandosi la mano dietro al collo.
“D'accordo. Ho capito l'antifona, signore: mi sono spinto troppo oltre. La prossima volta non mi colpisca più sotto la cintola, però. “
"E tu non avvicinarti più a meno di un metro!" Prese un paio di scatolette di fagioli e le versò in un pentolino.
“Ricevuto.”
La cena si svolse in religioso silenzio, neanche le posate, nel cozzare col piatto, emettevano alcun tipo di rumore. Seguì un altrettanto silenzioso dopo cena, a guardare vecchie telenovelas in tedesco su una tv in bianco e nero. Dopo la doccia di rito, Phil infilò il pigiama azzurro di pile - accuratamente consigliato da Maria - prese il cuscino e un paio di coperte e si sistemò sul divano.
“Faccio il turno di ronda.”
Fu l'unica cosa che Clint disse, emerso dall'antro del mutismo. Si era gettato addosso quante più magliette termiche possibili, a tinte nere e viola scuro, stivaloni alti al ginocchio e pantaloni impermeabili per contrastare l'umido bacio della neve. Arco e faretra, una pistola tenuta nella fondina alla coscia - pistola che, comunque, avrebbe usato soltanto in caso di estrema necessità, considerato quanto poco amava quel tipo di arma - si stava sistemando i guanti, stringendo il velcro idrorepellente attorno ai polsi per proteggere la pelle dall'intrusione gelida dell'esterno.
"Svegliami tra un paio d'ore." Si sistemò sotto le coperte e, sicuro che il ragazzo non lo stesse guardo, sollevò gli occhi su di lui: il nero faceva risaltare la sua pelle chiara, i capelli biondi e persino gli occhi sembravano più luminosi. Osservò il modo in cui stringeva i guanti - una cosa che gli aveva visto fare un miliardo di volte, eppure rimaneva sempre affascinato nel modo in cui si preparava meticolosamente ad una missione. Sembrava passata un'eternità da quando gli era stato affidato - e i suoi guai erano cominciati.
“Ricevuto. Non dovrebbero sussistere problemi di sorta, salvo attacco di orsi.” Clint corrugò la fronte, improvvisamente sovrappensiero, “Signore, ci sono gli orsi in Svezia?”
"In queste lande desolate? No, non credo."
“D'accordo. Se allora escludiamo anche l'attacco degli orsi, dubito succederà qualcosa di molto eclatante, oltre il naso che mi si staccherà causa congelamento.”
Occhio Di Falco calcò il passamontagna sul volto, infilò gli occhialoni protettivi - a lenti rigorosamente viola - e s'umettò il labbro superiore con un guizzo rapido della lingua.
“Giusto perché siamo persone responsabili, mantengo aperto il contatto radio. Starò sul tetto della baracca, ma non si sa mai. Il vento potrebbe portarsi via la mia voce - il che sarebbe una fortuna da una parte, no? Meno sproloqui.”
Sollevò il viso dal cuscino: "Barton, muoviti, sei già in ritardo di quindici minuti."
“Quindici minuti in più al caldo - più o meno. Non mi biasimi.”
Portò l'indice destro all'angolo dell'occhio, il medio sullo zigomo e allungò poi la mano in avanti, indicando terra e tenendo il pollice teso, perpendicolare alle dita chiuse - "Ci vediamo dopo", nel linguaggio dei segni – e uscì dalla catapecchia, provocando un gran sconquasso di vento e di neve.
Non un rumore arrivò a dire se si fosse arrampicato o meno, non un colpo sulle assi, né lo strascinio pesante delle suole contro il legno tarlato. Tempesta o meno, in confronto ad Occhio Di Falco il passo brulicante di una formica avrebbe provocato un frastuono da gigante.
Phil prese la radio: "Vedi qualcosa o la tempesta copre la visuale?"
“Tempesta e neve sono bazzecole.” Gli arrivò la voce crepitante della spia, “Niente da segnalare, per adesso. Tranne che fa un freddo cane e mi si congeleranno le terga in dieci secondi netti.”
"Ci sentiamo tra due ore."
Posò la radio sul tavolino e rimase a fissarla per un tempo indefinito. Alla fine la riprese – non seppe dire se fossero passati cinque minuti o venti; “Mi dispiace per prima, ho reagito in maniera esagerata.”
“No, signore, ha avuto tutto il diritto di reagire a quella maniera. La colpa è mia: lo sa, sono una testa calda e sono imprevedibile, nonché un completo imbecille.”
Stette un paio di minuti in silenzio, "Perché l'hai fatto? E non dire la tradizione, ti prego."
“Perché volevo farlo, signore. Dico davvero: volevo farlo da molto prima di oggi.”
"Perché? E' questo che non capisco, ho sempre pensato stessi con la Romanoff!"
“Perché tutti pensano che io stia con Vedova Nera?”
"Non lo so, perché siete affiatati? Perché lei è bellissima e tu sei l'unico uomo che non vuole uccidere? Almeno per la maggior parte del tempo."
“Non vuole uccidere nemmeno lei se per quello, signore. Al contrario, la stima e la rispetta e questo per una persona come Natasha significa davvero tanto. Siamo affiatati, è vero, e ho trovato in lei una donna meravigliosa, splendida, ferita, sofferente, ma col coraggio e la tempra di una vera russa. Darei la vita per Vedova Nera, se fosse necessario, ma preferirei evitare di morire, così da poterle sempre coprire le spalle. Tuttavia, per quanto sia profonda l'amicizia e l'affetto che ci lega, è del tutto diverso da quello che provo per lei, Coulson. Non sono neanche lontanamente paragonabili i sentimenti che provo per l'uno e per l'altra.”
"E per me cosa provi?" Chiese in un leggero sussurro.
“Sappia che non intendo morire per lei, Coulson.” Un istante di silenzio, morso e smangiato dal ruggito della tempesta, “Perché se lo facessi, se io morissi, non le potrei più stare accanto e la cosa mi ucciderebbe una seconda volta, portandomi alla dannazione eterna.”
Phil rimase un attimo in silenzio, perplesso: "Questa... Dovrebbe essere una dichiarazione?"
“Un semplice "Sono innamorato di lei" non avrebbe reso l'idea. Oltre ad essere, come dire, parecchio scontato: mi piace essere originale e lasciare il segno.”
"Oh..." Sospirò e si limitò ad un "Ne riparliamo quando entri."
“Ricevuto. Occhio Di Falco chiude.”
Si sollevò dal divano e si preparò al suo turno, anche se mancava più di un'ora. In realtà, quando era nervoso o confuso non riusciva a rimanere fermo. Doveva muoversi, fare qualsiasi cosa - che fosse cucinare, pulire, macinare chilometri in tre metri quadri, non importava. E stare in quel luogo dimenticato non cambiava certo le cose: una volta vestito cominciò a camminare avanti e indietro davanti la stufetta che cercava, invano, di riscaldare l'ambiente.
“Qui Occhio Di Falco.” Intervenne nel silenzio la voce altalenante della spia “Posso sentirla dal tetto, signore. Vuole riposarsi, per cortesia?”
Recuperò la radio: "Rientra, ti do il cambio."
“Manca ancora mezz'ora”
"Non importa."
“Dico davvero, Coulson. Si riposi e si vesta a dovere, congelerà altrimenti.”
"Barton è un ordine."
“Ricevuto.”
Di nuovo, nessun rumore a segnalare l'avvicinarsi della spia, se non il singulto della porta ed il gemito dei cardini aperti. Sbuffando, Clint afferrò il passamontagna strinato di microscopici ghiaccioli bianchi e quasi se lo strappò dalla faccia, occhialoni compresi. Le guance erano rubizze, morse, divorate dal gelo e gli abiti avevano assunto un aspetto grottesco e rigido, intirizziti com'erano dalla neve.
Phil che si stava infilando il giaccone, lo osservò, "Fa freddo?" Chiese sarcastico, cercando i guanti nelle tasche.
“No, signore, c'è giusto una leggera brezza.”
"Scaldati, stai gelando."
“Ho ancora il naso.” Barton si portò per sicurezza due dita al volto. “Sì, okay, ho ancora il naso. Ora ne sono sicuro.”
Un tremito gli ringhiò dentro il petto, scuotendo spalle e sterno e provocandogli un ringhio infastidito. Si scrollò più o meno come avrebbe fatto un cane, per poi levarsi i guanti ed accucciarsi davanti alla stufa.
“Giuro su Dio, se la prossima missione non è alle Bahamas do le dimissioni.”
"Esagerato, non fa così freddo." Svuotò tutte le tasche, "Hai visto i miei guanti?"
“No. Usi i miei.”
Si accucciò accanto a lui e porse la mano per prenderli; lo guardò e non poté far a meno di ridere, "Sei tutto rosso!"
Clint gli rivolse un'occhiata omicida, capace di far gelare il sangue nelle vene.
“Non mi costringa a gesti inconsulti, signore. Potrei gettarla in pasto al vento senza guanti e cappello.”
"Non saresti capace di un così crudele atto." Mosse la mano, "I guanti?"
“Prenda.”
La spia gli passò i guanti e le dita erano scarlatte, la pelle sbucciata in più punti e macchiata di piccole chiazzette rosse. Avevano ripreso mobilità, comunque, e le unghie stavano tornando d'un tenue rosa, invece di vertere ad un inquietante lilla bluastro.
Phil soffermò lo sguardo sui piccoli tagli delle dita, afferrandogli le mani, "Prima ti disinfetto, ci manca solo che ti venga un'infezione."
L'altro ritirò le dita di scatto, cominciando a fletterle per riattivare ancora un poco la circolazione.
“E' solo un po' di arsura. Non si infetta.”
L'uomo rimase stranito da quello scatto, guardandolo perplesso, "Ok." Si infilò i guanti e prese il passamontagna, "Prova a dormire, ci vediamo dopo."
Occhio Di Falco ripeté il segno con le dita, per poi tornare ad accoccolarsi davanti alla stufa.
“Non ho speranze con lei, vero, Coulson?” Mormorò, gli occhi fissi in avanti, prima che il superiore uscisse dalla catapecchia.
Phil si bloccò con la mano sulla maniglia, girandosi per guardarlo, "Ci metteremmo in casini più grandi di noi."
“Questa è una possibilità, non una risposta.”
Si poggiò allo stipite, inclinando appena il viso per guardarlo, "Se ti dicessi che potresti averne, cosa cambierebbe? Non possiamo."
Clint girò lentamente la testa nella sua direzione, osservandolo di sbieco, con ghigno ferino.
“Occhio non vede e cuore non duole. E visto che stiamo parlando del Direttore Monocolo Fury, stiamo a cavallo.” Il ghigno si addolcì fino a diventare un tenue sorriso, “Cambierebbe tutto. E si fotta il regolamento: non mi può dire che mutande indossare sotto la divisa e non mi dirà chi posso amare.”
Phil scosse la testa, "Qualsiasi cosa farò o dirò non cambierai idea, vero?"
“Dipende. Mi dica che non ricambia, che non mi vuole, mi dica persino che le faccio orrore. Ma deve essere la verità, perché io cambi idea.”
"Non posso, ti mentirei. Non l'ho mai fatto e non voglio cominciare ora." Coulson si strinse nelle spalle, nascondendo il viso nel collo del giubbotto, forse per mascherare un certo colorito rosso che gli aveva colorato le guance.
E Clint si sollevò di scatto, gli occhi grandi, enormi, il respiro ratto in gola, le pupille dilatate e liquide come pece bollente. Fu praticamente impossibile vederlo compiere i passi che lo separavano da Coulson: un istante prima era dinanzi alla stufa, quello dopo aveva le mani sulle spalle di Phil e lo aveva spinto contro il muro della baracca, le bocca contro la sua, fiato nel fiato, respiro dentro respiro.
 
 
*****
 
 
"La seconda volta, però, il vischio non c'era." Coulson aveva poggiato la fronte sulla sua, le mani che continuavano a stringergli i fianchi, "E non ti ho neanche colpito."
“E direi che non hai avuto di che pentirti, a riguardo. Ops.” Un ghigno sorvolò la bocca di Occhio Di Falco, “Troppo malizioso, capo?”
"Te lo concedo, visto che siamo soli." Fissò l'albero, "Non potevi prenderne uno più piccolo?"
“No. Dovevo ricominciare a festeggiare in grande stile.”
"Negli ultimi due anni non l'hai fatto, vero?"
Gli occhi di Clint si abbassarono e la spia si allontanò appena dalla stretta del compagno, girando la testa e puntando lo sguardo a terra.
“No.” Bisbigliò e deglutì, le narici dilatate ad ingoiare una sorsata di ossigeno veloce - e quasi rabbiosa, ancora ferita.
Phil abbassò a sua volta lo sguardo, colpevole, "Riuscirai mai a perdonarmi?"
“Confesso che il pugno è stato il primo passo in questa direzione.”
"E legarmi al letto e fammi supplicare, no?" Strofinò il naso sulla sua guancia, lasciandogli un lieve bacio. "Cosa hai fatto due anni fa?"
“Quello è stato puro piacere personale.” L'altro si schiarì la gola, assumendo un'espressione a metà tra il contrito ed il vergognoso. “Diciamo che ho... Dato un po' di matto.”


*****

 
Nessuno, allo S.H.I.E.L.D., aveva mai visto Occhio Di Falco affaccendarsi con tanta attenzione attorno ad un albero di Natale. L'aveva preso ad una svendita di abeti e l'aveva trasportato fino alla sala ricreativa dell'Hub, la stessa in cui, molto, molto tempo prima, così tanto tempo prima da sembrare un'altra vita, aveva lasciato la letterina davanti al volto stupefatto di Phil.
Aveva impiegato una settimana precisa a montare le decorazioni, sistemare le palline, aggiungere i festoni e la neve finta, mettendo pure alcune finte candele elettriche attorno al tronco, perché il bagliore arancio-dorato creasse deliziose striature multicolori in mezzo ai rami e ai filamenti argentati.
Un lavoro a dir poco perfetto.
Non c'erano state proteste di sorta e l'allegria che spandeva quella piccola meraviglia stupiva tutti e riempiva di tepore il cuore degli Agenti. Pareva di essere protagonisti dell'atmosfera zuccherosa di un film Disney e ogni cosa era gioia ed era più facile affrontare la minaccia incombente del Mandarino, e non c'era oppressione, unicamente fiducia nella giustizia e nel futuro.
Ma non un briciolo di calore balbettava negli occhi incolori di Clint.
Gli psicologici che si occupavano del suo recupero dopo la possessione di Loki avevano stabilito che una tradizione quale l'albero di Natale avrebbe fatto solo che bene alla sua psiche ancora incrinata. Lo avrebbe aiutato a reintegrarsi nella società, senza contare che la parte più prettamente manuale sarebbe stato un toccasana per i suoi pensieri focalizzati al senso di colpa ed alla distruzione di sè.
Così il giorno di Natale, quando Tony Stark fece piazza pulita delle armature, nessuno si preoccupò della figura di Occhio Di Falco che scivolava silenziosa fino alla sala ricreativa.
Nessuno lo vide arrampicarsi sul distributore dei dolci, né estrarre una freccia esplosiva dalla faretra, mirare all'albero iridescente, tendere la corda e scoccare.
Il boato eruppe fragoroso dalla stanza e si propagò folle nei corridoi, così come il fumo e le urla e gli ordini e la gente correva, sbraitava, chiamava aiuto e le lingue di fuoco schioccavano e ruggivano e Clint non si muoveva, osservava l'incendio con gli occhi che attraversavano il muro di fiamme e non vedevano nulla. L'aumentare della temperatura non lo toccava, le ustioni che gli arrossavano carni e pelle non erano di suo interesse.
Lo trascinarono fuori di peso e non una protesta gli sgorgò dalla gola. Meno di una bambola disarticolata, meno di un pupazzo: si fece portare via in spalla da Triplett e Ward, completamente incurante del mondo attorno a sè.
Sbattuto in una cella di isolamento, non pronunciò una sillaba, non tentò di giustificarsi, non cercò scuse.
Soltanto un non quantificabile numero di ore dopo, accomodato su una sedia sgangherata - unico arredo all'interno - inclinò la testa e sorrise. Una smorfia senza gioia, un taglio di traverso sulla bocca livida.
“Di' ai medici di riporre i sedativi, Hill.” Esordì, con voce roca, le parole strascinate e sdrucciolevoli, “Non c'è bisogno di imbottirmi di morfina. Sono emotivamente anestetizzato da sei mesi, quella roba non mi fa effetto. Non mi intontisce nemmeno. Non serve.”
La donna, le braccia incrociate al petto e il viso completamente inespressivo, lo fissava in silenzio. Solo dopo un tempo indefinito si decise a parlare, "Distruggere il mondo non servirà a nulla. Prima te lo metterai in testa, prima guarirai."
“Non voglio distruggere il mondo, Hill. Quella era prerogativa di Loki, non mia.” Le rivolse un sorriso gelido ed esausto, “Non devo guarire da niente. Non sono malato. Ho solo freddo.”
"Perché hai bruciato l'albero, allora?"
"Era troppo bello, Hill. Troppo vivo. Il Natale mi ha portato l'uomo che amavo e sempre il Natale mi ha portato a lui. Questa volta non è successo, il mondo si è preso gioco di me. Se lui non poteva venire da me, io sarei andato da lui, purificato col fuoco dal peccato di averlo ucciso."
"Non l'hai ucciso tu, Barton, è stato Loki." Mosse qualche passo per avvicinarglisi, "Lui non vorrebbe che ti incolpassi ne che provassi ad ucciderti. E' così che lo ripaghi per tutto quello che ha fatto per te?"
Clint snudò i denti come una belva, un ringhio si frantumò e crollò dentro la gola, una vena sbocciò livida e palpitante sul collo e sulla tempia.
"Chi ha fatto esplodere l'Helicarrier, Hill?" Sibilò, "Chi ha scagliato la freccia che ha fatto esplodere i motori? E che poi ha hackerato il sistema che poi ha fatto spegnere anche gli altri? Senza di me Loki non sarebbe mai entrato."
"Phil ha fatto il suo dovere, solo questo. Quando la smetterai di incolparti, ti accorgerai che prima di te, prima di lui, prima di qualsiasi altra cosa, per lui, veniva solo il dovere. Ha voluto affrontare Loki da solo voleva salvarci, salvarti! L'ha fatto per tutti noi."
Il volto di Barton venne attraversato da un lampo di cocente dolore. La sofferenza ne trasfigurò i lineamenti e la faccia divenne un accartocciarsi gemente, gli occhi serrati, le palpebre tremanti, i denti digrignati e la bocca sollevata a mostrare le gengive pallide.
Ululò un guaito di pianto, uno stridere di lacrime impossibili da versare. Il petto fu attraversato da un brivido e poi quasi esplose all'urlo che gli frantumò torace e bronchi.
Maria rimase immobile, gli occhi puntati costantemente sul ragazzo, "Se, forse, riuscissi a piangere per lui, staresti meglio." Si voltò e raggiunse la porta, "Parlerò io con i medici." Si chiuse la porta alle spalle con un sonoro tonfo e si poterono udire i suoi passi per il corridoio, prima che il silenzio avvolgesse la struttura.
"Torna da me." Singhiozzò Barton, curvando la schiena fino ad appoggiare la fronte sulle ginocchia, "Torna da me, ti prego, torna da me. Non mi abbandonare. Torna da me. Ti prego, ti prego, ti prego, torna da me. Ti prego. Non posso farcela senza di te. Ti scongiuro, torna da me. Ti prego..."

 
*****
 
 
"Clint?" Phil gli accarezzò il viso, riportando gli occhi del ragazzo nei suoi, "Stai bene?"
Occhio Di Falco si riscosse, come se avesse appena infranto la superficie dell'acqua con la testa.
"Sapevo che non potevi essere morto." Sussurrò, un accenno liquido all'angolo degli occhi, "Mi hanno detto che ero pazzo, ma io lo sapevo. Lo sapevo che non potevi essere morto e che ti avrei trovato."
"Tecnicamente sono davvero morto." Scosse la mano a voler soprassedere sulla questione, "Ciò non toglie che ho sbagliato a non cercarti subito, avrei dovuto dare la priorità a te. Su questo ho sempre sbagliato, vero?"
"Probabilmente se non fossi stato quel mister Perfettino ligio al dovere, non mi sarei innamorato così perdutamente di te." La spia sorrise, quindi gli diede un bacio sulla fronte, "Non importa, Phil. Non importa più."
"Importa a me." Lo strinse tra le braccia, "Per mesi ho pensato di cercarti, ma non ne ho mai avuto il coraggio. Se avessi saputo quanto sei stato male, per colpa mia, forse mi sarei deciso a venire da te."
“Lo sai che ho sempre avuto una predilezione per il melodramma. Però...” La voce di Clint si abbassò e divenne un sussurro, “Non andartene più, ti prego.”
In risposta, Phil gli baciò le labbra, "Mai più, te lo giuro." Lo strinse ancora più forte, "Che dici? Chiamiamo gli altri e cominciamo a decorare l'albero? Manca solo una settimana, infondo."
“Con calma. Prendiamoci tutto il tempo che ci serve, d'accordo? Ora mi voglio concentrare soltanto sul presente.” Barton gli baciò la bocca e le palpebre, appoggiò la fronte sulla sua e sorrise d'un sorriso caldo, vivo e vivido “Ed il mio presente sei tu.”
Phil sorrise a sua volta, "Il mio presente sei tu."
 




Angolo Autrici:

Una piccola ff per augurarvi un sereno e felice Natale e un 2015 migliore di questo 14! Speriamo apprezzerete e ci lascerete un piccolo segno del vostro passaggio.
Nel finale abbiamo giocato con la parola “presente” a voler sottolineare non solo il “tempo” ma anche la sua accezione di “regalo”. “Il mio presente sei tu”: sei il mio “ora” e il mio “regalo”.
Detto questo vi rinnoviamo gli auguri!
 
Gosa&Nemeryal
   
 
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