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Autore: Tury    27/12/2014    6 recensioni
“Perché gli eroi non uccidono.”
Un silenzio glaciale seguì le parole di Zelena, un silenzio carico di tensione e di incredulità. Un silenzio destinato a non vivere a lungo, rotto da una risata disumana, levatasi dalle labbra dell’Oscuro.
“Quale meraviglia udire queste parole da te, Zelena. La Perfida Strega, che ha tanto seminato odio e dolore, viene a parlarmi di eroismo, di una virtù che non potrebbe mai sposarsi con te o con le tue azioni. Adesso mi hai incuriosito, Zelena, quale dei tanti idioti del passato, che si professano eroi, ti avrebbe fatto dono di questo inutile insegnamento?” chiese Tremotino,
Zelena fissò il suo sguardo in quello dell’uomo, prima di rispondere.
“Mia sorella.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills, Signor Gold/Tremotino, Zelena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Dedico questa one shot alle mie amiche oncers, a Barby_19 per avermi dato l'input che mancava per decretare Tremotino come villain di questa storia e a lei e Vale per sopportare i miei scleri.

“È giunta la tua ora, cara la mia Regina.”
Sul palmo dell’uomo si materializzò una sfera di fuoco, così simile a quelle che, tante volte, la donna riversa al suolo aveva fatto nascere dalle sue mani. Bruciante, esattamente come lo sguardo del Signore Oscuro.
“Hai deciso di giocare con il fuoco, Regina, e ti sei irrimediabilmente scottata. Credevi di poterlo plasmare, di poterlo controllare, ma, adesso, sarà questo stesso fuoco a lambire il tuo corpo, a renderti l’offesa più grande. Perché, se fu il fuoco a darti il potere, ora questo stesso fuoco ti renderà schiava dei più atroci dolori. E morirai, per mano sua.”
Tremotino tese il braccio, pronto a lanciare quella sfera infuocata contro il corpo inerme ed esanime della donna.
“Addio, Regina.” Disse, nella voce la traccia della sua soddisfazione. E della sua pazzia.
Ma quando l’Oscuro cercò di scagliare l’incantesimo, il suo flusso magico sembrò arrestarsi, come se una forza invisibile gli bloccasse anche il minimo movimento. Gli occhi dell’uomo, fino a quel momento incatenati al corpo della donna, si spostarono sulla sfera infuocata che fluttuava sulla sua mano e poterono assistere al repentino cambiamento di quest’ultima. Perché, adesso, sul suo palmo, non vi era più una sfera rossa e striata d’oro, ma una sfera verde, con striature di un azzurro intenso. Un colore che gli riportava alla mente occhi che, ne era sicuro, non avrebbe mai più rivisto. Eppure, quella sfera era sul suo palmo, una prova concreta che danzava dinanzi a quegli occhi pieni di puro terrore. La viva testimonianza che le sue paure più profonde avevano preso vita. Che il suo incubo era tornato.
“No, non è possibile. Lei è morta.” Si trovò a sussurrare, continuando a fissare quella sfera che non cessava di danzare sul suo palmo.
“La morte è un’amante capricciosa, Tremotino. Può decidere di impossessarsi di te quando la vita ti stringe nel suo caloroso abbraccio e può lasciarti nelle braccia della vita quando anche la tua amina si è ormai rassegnata a dover baciare le sue labbra fredde. Come vedi, è sempre lei ad avere l’ultima parola. E a fare l’ultima mossa.”
L’uomo si voltò lentamente, finché il suo sguardo non si perse in due occhi azzurri e incredibilmente limpidi.
“Zelena?” chiese in un sussurro.
“Anche io sono lieta di rivederti, Tremotino.” Sorrise Zelena.
“Sei venuta per vendicarti?”
La donna si lasciò andare ad una leggera risata, per poi muovere qualche passo, fermandosi di fronte all’uomo, liberandolo dalla sua invisibile presa e soffocando la sfera infuocata con un lieve movimento della mano.
“No, Tremotino. Non porto più rancore per quello che mi hai fatto, in fondo sarebbe inutile, non trovi? E poi, ad essere sincera, quasi riesco a capire le tue motivazioni.”
“Tu non potresti mai capire le mie motivazioni, Zelena. Tu sei sempre stata sola.” Disse Tremotino, massaggiandosi il polso.
“Magari è vero.” rispose semplicemente Zelena, riservandogli lo stesso sorriso.
“Allora? Perché sei qui?”
“Devo chiarire una questione lasciata in sospeso.” Rispose la donna, voltandosi verso Regina, ancora priva di sensi.
“Capisco.- sorrise l’uomo- In tal caso, penso che lascerò a te l’onore di finirla, Zelena. Tranquilla, non alzerò nemmeno un dito su Regina.”
“Di questo ne sono sicura.” Rispose la donna, riservando un ultimo sguardo a Tremotino, per poi rivolgere nuovamente la sua attenzione a Regina.
Sul palmo della sua mano, prese origine una nuova sfera verde, gemella a quella che, fino a qualche minuto prima, aveva danzato sul palmo dell’uomo. Zelena mosse alcuni passi in direzione della donna riversa al suolo, ma quando giunse il momento di scagliare la sfera infuocata, quest’ultima non andò a colpire Regina bensì, contro ogni aspettativa, si diresse verso la figura di Tremotino, che ebbe appena il tempo di evitarla, sorpreso quanto confuso dal comportamento dell’altra.
“Che significa?” chiese, una volta riavutosi da quell’attacco inaspettato.
“Che non ti permetterò mai più di far del male a mia sorella.” Rispose Zelena, il braccio ancora teso in avanti, in direzione dell’uomo.
“Tua sorella?- chiese, ridendo- Adesso Regina è tua sorella?”
“Tutto puoi dire su di me, Tremotino, tranne che non abbia mai considerato Regina come mia sorella.”
“E, sentiamo, come mai questo improvviso attaccamento alla famiglia?”
“Non ti sei minimamente posto il problema di come io sia ancora viva?”
Il sorriso di scherno sparì immediatamente dal volto di Tremotino nell’udire quella domanda. Sin da quando aveva visto la sua sfera di fuoco prendere una tonalità verde, si era domandato come fosse possibile che Zelena fosse tornata, che fosse ancora viva, ma non aveva trovato una risposta a quel quesito e aveva cercato di mascherare la sua preoccupazione. Preoccupazione che adesso si manifestava in maniera limpida nelle sue iridi scure.
“Credo dovrai delucidarmi tu sull’accaduto, mia cara.”
“Sarò ben felice di farlo- risposte la donna, con un sorriso- Quando sei entrato nella mia cella e mi hai colpita con il tuo pugnale, il mio corpo si è tramutato in polvere. E devo ringraziarti, perché di tutte le vendette che tu potessi compiere contro di me, questa era l’unica che mi avrebbe consentito la sopravvivenza. Quella polvere, a cui tu non hai minimamente badato, è riuscita ad unirsi alla mia magia, al mio essere, alla mia coscienza. Ma non mi stupisco di questa tua negligenza, Tremotino, perché te ne sei sempre macchiato, specialmente in passato.”
Il colorito sembrò svanire dal volto dell’uomo nell’udire quelle parole, nell’ammettere che la sua superficialità avesse impedito alla sua vendetta di compiersi. Di vendicare la morte di quell’unico figlio.
“Perché hai deciso di mostrarti solo adesso? Dove sei stata per tutto questo tempo?”
“Davvero me lo stai chiedendo, Tremotino?” gli domandò a sua volta, senza mai perdere il suo sorriso.
Ed in quel momento, l’uomo comprese la verità che si celava dietro quella domanda.
“Nel passato, ecco dove sei stata.”
“Mi rasserena questa tua risposta, Tremotino. Quantomeno, gli anni non ti hanno portato via il tuo spirito di deduzione.” Lo schernì la donna.
Ma l’uomo non si lasciò sopraffare da quello che, dovette ammettere a se stesso, era puro terrore. Perché c’era qualcosa di pauroso e inconcepibile dietro la visione di quella donna, dietro il suo ritorno. La consapevolezza che Zelena fosse realmente più potente dell’Oscuro, consapevolezza che iniziò a farsi spazio nella mente dell’uomo già quando la donna giunse a Storybrooke la prima volta, ma che, adesso, era diventata una pensate ed opprimente certezza.
“Cosa ti aspetti di trovare qui, Zelena? Il perdono di Regina, di quella persona che ti ostini a chiamare sorella?” rise Tremotino, sperando che la sua voce e il suo volto non tradissero quelle emozioni che ormai si agitavano dentro il suo corpo.
“Non credermi così sciocca, Tremotino, perché commetteresti un gravissimo errore. So il dolore che ho causato a Regina e so che quel dolore non può meritare perdono. Non sono tornata per essere accettata come sorella perché, detto con tutta l’onestà possibile, dubito che io stessa mi sarei perdonata. E penso non mi perdonerò mai.”
Il sorriso svanì dal volto dell’uomo nell’udire quelle parole. Perché il senso di quella confessione era fin troppo chiaro. Nonostante lui sapesse cosa albergasse nel cuore della sua rivale, non avrebbe potuto fare nulla per usarlo a proprio vantaggio. Inoltre, una nuova consapevolezza si stava facendo strada tra i suoi pensieri.
“Allora perché sei qui, Zelena?” chiese, in un sussurro appena percepibile.
“Sono certa di aver già risposto a questa domanda, Tremotino. E credo tu sappia perfettamente il motivo della mia presenza qui.”
L’uomo sembrò soppesare la risposta, puntando il suo sguardo in quello della donna, riservandole tutta la sua attenzione e il suo odio.
“Precisamente, a cosa hai assistito nel tuo viaggio nel passato?”
“Ad azioni abbastanza riprovevoli e decisamente inadeguate.”
“Potresti essere più chiara, Zelena? Sai, la Foresta Incantata era una terra piena di azioni riprovevoli e decisamente inadeguate.”
“Non aggiungerò altro alle mie parole, Tremotino.”
L’uomo rise, di una risata beffarda e denigratoria.
“Come immaginavo, stai mentendo, ragazzina.” Disse, cercando di aggrapparsi a quella effimera considerazione con tutto se stesso.
Ma Tremotino era cosciente, nel profondo, che ogni singola parola udita corrispondeva ad una terrificante verità.
“Per quale motivo starei mentendo? Perché temi la verità delle mie parole o perché credi che il mio viaggio nel passato, in qualche modo, ti riguardi?”
L’uomo sgranò leggermente gli occhi, sorpreso da quelle parole e incapace di rispondere.
“Perché, se è questo che stai pensando, Tremotino, allora la risposta è sì. Il mio viaggio nel passato non solo ti riguarda, ma potrebbe costituire un problema per te.”
“Cosa hai visto, Zelena?”
“Abbastanza per decidere di tornare, a dire il vero.” rispose la donna, continuando ad essere vaga.
“Tu non saprai mai cos’è la…”
“La felicità? Sì, lo so- lo interruppe la donna, senza perdere il suo sorriso, cosciente del vano tentativo dell’uomo di soggiogarla con quelle parole- Te l’ho già detto, Tremotino, non sono qui per la felicità. Diciamo che sono tornata per scambiare due parole con una vecchia conoscenza.”
“Cosa vuoi dire?” chiese l’uomo, ormai incapace di nascondere la sua rabbia ma, soprattutto, la sua paura.
“Trovo che questa espressione si addica particolarmente al tuo volto, caro il mio Tremotino. In fondo, non importa di quanto potere tu ti rivesta, non importa quanto tu faccia funzionare quel tuo cervello. Non importa quanto strenuamente tu tenti di mascherare ciò che sei realmente, perché la verità verrà sempre fuori. Sei un codardo, Tremotino, e questo è quanto.”
“Come osi?” urlò l’uomo, tentando di avvicinarsi alla donna.
Zelena alzò una mano, bloccando sul nascere il suo avanzare.
“Calmati, non c’è bisogno di agitarsi tanto. Dopotutto, non ho alcuna intenzione di farti del male, a meno che non sia tu a spingermi a farlo.” Disse, sorridendogli.
Rimasero ancora qualche secondo a guardarsi, finché Zelena non si inginocchiò vicino al corpo di Regina, prendendo una delle sue mani e stringendola tra le sue, sussurrando poche parole. Tremotino sapeva che, se avesse voluto, quello sarebbe stato il momento migliore per attaccarla, eppure non mosse un dito, ormai profondamente cosciente del fatto che non poteva nulla contro quella donna che rispondeva al titolo di Perfida Strega.
Quando Zelena si rialzò, la sua attenzione fu nuovamente per l’uomo e, solo in quel momento, Tremotino si accorse di quel marchio che segnava la pelle diafana della donna, quasi come se del vivo fuoco scorresse su quei segni, catturando la sua attenzione.
“Cosa diavolo hai fatto?” chiese l’uomo, incapace di credere ai propri occhi.
Perché, da che ne aveva memoria, nessuno era mai stato capace di sfuggire al proprio destino. Eppure, la presenza di quella donna era la prova tangibile che, non solo Zelena era riuscita a sottrarsi al volere della dea bendata, ma aveva anche salvato Regina da quella condanna che lui stesso le aveva inferto. Una condanna dalla quale, ne era certo, Regina non si sarebbe mai potuta liberare. Ma Zelena l’aveva fatto, l’aveva liberata. Sacrificandosi per la sorella.
“Probabilmente- rispose la donna, osservando la sua mano- l’unica cosa giusta in tutta la mia vita.”
I loro sguardi tornarono a incrociarsi, mentre un silenzio carico di tensione si stagliava tra di loro.
“Volendo rispondere alla tua domanda, Tremotino, il mio viaggio nel passato mi ha permesso di poter conoscere una verità che, prima, mi ostinavo a non voler accettare. Ho potuto guardare la tua vita scorrere davanti ai miei occhi e comprendere il tuo dolore e le motivazioni che si nascondevano dietro ogni tuo singolo gesto. Ma ho anche assistito a tutto il male che hai procurato e, per quanto possa risultare assurdo tutto questo, io posso giustificare ogni tua azione, ma non posso perdonarti per averci anche solo provato.”
L’uomo restò qualche secondo a guardarla, prima di formulare quella domanda.
“Provato a fare cosa, precisamente?”
“Provato ad uccidere mia sorella- rispose Zelena, il suo sguardo carico di una muta rabbia- Sai perché ti ho definito un codardo, Tremotino? Perché, nonostante tu sia riuscito nel tuo intento, nonostante tu sia divenuto effettivamente il Signore Oscuro, continui ad agire come il più vigliacco dei codardi. Quando venisti da me per uccidermi, credevo che il tuo agire fosse dettato dal tuo odio ma, a quanto pare, non è così. Non si tratta dell’odio o di qualsiasi forte passione che possa scuoterti le membra, si tratta di te. E si tratta di noi. A quanto pare, tu hai una bella propensione ad uccidere le persone quando queste sono vulnerabili. Devo dire, un comportamento da vero uomo.”
“Cosa intendi con quel noi, Zelena?”
“Intendo me e Regina. Ho potuto osservarti, mentre andavi nella sua cella, imprimendole quel marchio che sarebbe stata la sua condanna.”
“Era quello che si meritava!” urlò l’uomo.
“Era impotente, Tremotino. Non aveva il controllo della sua magia, non aveva il controllo di niente ed è per questo che tu l’hai colpita in quel momento, perché sapevi che la vittoria sarebbe stata facile. Ma, a quanto pare, non solo non sei riuscito ad uccidere me, ma non sei riuscito nemmeno ad uccidere lei e non ci riuscirai mai più, perché la sua condanna è qui che brucia sulla mia mano. Devo rimproverarti per la tua mancanza di originalità, Tremotino- rise la donna- hai tentato di uccidere Regina nello stesso modo in cui hai tentato di uccidere me, colpendoci quando eravamo impotenti, vulnerabili. Ma, a quanto pare, hai fallito con entrambe. Chi lo sa, probabilmente è una predisposizione genetica.”
A quelle parole, una furia cieca si impossessò dell’uomo, portandolo a dire parole che lo avrebbero inesorabilmente condannato.
“Taci, Zelena. Non mi farò giudicare da una sporca strega.”
“Mia signora!”
Sia Zelena che Tremotino si voltarono verso il nuovo venuto, materializzatosi alle spalle della donna. Si trattava di un uomo alto, la pelle scura, così come i suoi abiti. Portava un lungo cappotto, che sembrava voler sfiorare il suolo ad ogni minimo passo.
“Zelena- ripeté l’uomo, avvicinandosi alla donna- mi basta solo una tua parola.”
“Aaron, che ci fai qui?” chiese Zelena.
Aaron la guardò senza rispondere, per poi spostare nuovamente lo sguardo sull’uomo che li fronteggiava.
“E lui chi sarebbe?” chiese Tremotino.
Aaron sorrise, nell’udire quella domanda.
“Vorresti farmi credere che non ti ricordi di me?”
Eppure, per quanto l’uomo cercasse di richiamare quel volto alla sua memoria, non ricordava di aver mai incontrato quell’individuo né di aver mai udito il suo nome. Ma c’era qualcosa in lui, in quegli occhi così bianchi e glaciali, che risvegliava un antico terrore nel cuore dell’uomo. Un antico terrore, il cui nome avrebbe fatto tremare anche lo spirito del più temerario dei guerrieri.
“Aaron!” esclamò nuovamente Zelena, destando Tremotino dalle sue paure e catturando nuovamente l’attenzione dell’uomo dalla nera pelle.
“Potrei rispondere che mi trovavo qui per caso.” Rispose Aaron, incatenando il suo sguardo con quello di Zelena.
“Potresti, certo, ma sapresti perfettamente che sarebbe solo un vano tentativo.”
“Decisamente.”
“Dunque?”
“Volevo accertarmi che il tuo ritorno non fosse ostacolato da loschi individui.- rispose, volgendo per un attimo lo sguardo sulla figura di Tremotino- Ma, a quanto pare, le mie speranze non erano destinate a vivere a lungo.”
“Sono stata io a cercarlo.”
Aaron non rispose, cosciente che le parole sarebbero state superflue. Perché nulla di lei gli era celato. E così, lasciò che il suo sguardo si perdesse in quei occhi così chiari, con quelle sfumature azzurre che avevano il sapore della libertà.
“Qualsiasi siano state le tue motivazioni, Zelena, non posso tollerare oltre la sua presenza.”
L’uomo mosse alcuni passi in direzione di Tremotino, ma fu subito fermato dalla voce della donna.
“Cosa hai intenzione di fare?”
Aaron si voltò verso Zelena, prima di rispondere.
“Di fargliela pagare. Di fargliela pagare per tutto ciò che ci ha fatto. Ci ha manipolati per i propri scopi, rendendoci suoi prigionieri. Dei burattini nelle mani del peggior marionettista.”
Ma, nonostante le sue motivazioni fossero sincere, Aaron ebbe cura di tacere la più importante.
Lasciò che il suo sguardo si perdesse negli occhi di Zelena ancora per qualche secondo, prima di riprendere il suo cammino.
“Fermati, Aaron.”
“Perché dovrei?” chiese l’uomo, voltandosi nuovamente verso la donna.
“Perché gli eroi non uccidono.”
Un silenzio glaciale seguì le parole di Zelena, un silenzio carico di tensione e di incredulità. Un silenzio destinato a non vivere a lungo, rotto da una risata disumana, levatasi dalle labbra dell’Oscuro.
“Quale meraviglia udire queste parole da te, Zelena. La Perfida Strega, che ha tanto seminato odio e dolore, viene a parlarmi di eroismo, di una virtù che non potrebbe mai sposarsi con te o con le tue azioni. Adesso mi hai incuriosito, Zelena, quale dei tanti idioti del passato, che si professano eroi, ti avrebbe fatto dono di questo inutile insegnamento?” chiese Tremotino,
Zelena fissò il suo sguardo in quello dell’uomo, prima di rispondere.
“Mia sorella.”
Bastò quella semplice risposta a far sparire il sorriso dal volto dell’Oscuro. Perché, ormai, ne era certo, non ci sarebbe stata alcuna salvezza per lui. Per un attimo, Tremotino si era lasciato andare all’idea che potesse farcela, che potesse battere Zelena. Che potesse vincere. Ma quelle due semplici parole avevano distrutto ogni sua speranza, fugando via anche quella piccola scintilla che ancora fomentava nel suo animo. Perché la Perfida Strega non era intenzionata a redimersi seguendo l’esempio di una persona dal cuore puro, del tutto estranea al suo essere. Zelena stava cercando di redimersi seguendo l’esempio di sua sorella, una donna marchiata dall’oscurità. Esattamente come lui. Esattamente come Zelena.
“Quindi saresti un’eroina?”
Zelena sorrise nell’udire quella domanda. Una domanda che aveva segnato il suo passato, una domanda che era stata lei a porre, in un tempo non tanto remoto. Ma adesso, a lei toccava la risposta. E trovò non ci fosse risposta migliore che potesse dare se non quella che lei stessa udì a suo tempo.
“Almeno per oggi.” disse Zelena, incapace di trattenere un sorriso nel pronunciare quelle parole.
Aaron, che era rimasto ad osservare e ad ascoltare senza proferire parola, posò il suo sguardo su quella donna che aveva imparato a conoscere fin dalla prima volta che l’aveva incontrata. E non poté impedire ad un sorriso di impadronirsi delle sue labbra e ad un celato orgoglio di farsi largo nelle sue membra.
“Credo che sia ora che tu vada, Tremotino.” Disse infine Aaron, rivolgendosi all’uomo che era rimasto come pietrificato dal susseguirsi di quegli eventi.
“Io non prendo ordini da te.” Rispose Tremotino, le sue parole cariche di tutta la rabbia e la frustrazione che lo logoravano.
“Come preferisci, ma credo tu non abbia alcuna speranza contro di noi.” Rispose Aaron, senza scomporsi.
Lo sguardo di Tremotino corse dalla figura dell’uomo a quella di Zelena, perdendosi in quegli occhi così chiari ed incredibilmente calmi. E non poté far altro che constatare quanto veritiere fossero le parole di Aaron, quanto il potere dell’Oscuro apparisse misero e insignificante in quel momento. E così, decide di compiere quell’azione che tanto aveva segnato la sua vita, legandolo per sempre al titolo di codardo. Decise di fuggire dal pericolo, dall’avversità, dalla paura che Aaron e Zelena avevano fatto rinascere nuovamente in lui.
I due osservarono l’uomo svanire in una nuvola di fumo, in assoluto silenzio. Fu Zelena la prima a volgere lo sguardo sul compagno.
“Siamo rimasti soli, Aaron. Ora puoi dirmi il vero motivo che ti ha spinto a seguirmi.” Disse la donna, rompendo quel silenzio. Un silenzio che li aveva uniti, in un altro tempo. In un tempo in cui le parole non potevano essere udite.
Aaron si lasciò andare ad una leggera risata, prima di rispondere.
“Credo che, in questo momento, altri necessitino delle tue attenzioni.”
Zelena non rispose, ma volse lo sguardo verso Regina, ancora priva di sensi. E, per la prima volta, lasciò che un sospiro di sollievo abbandonasse le sue labbra. Se solo avesse tardato, per sua sorella non ci sarebbe stata più alcuna speranza. E fu con questi pensieri che si avvicinò a quel corpo che le appariva così fragile, nonostante conoscesse bene la forza che lo aveva sempre animato. Ma non ebbe il tempo di sfiorarlo, perché un urlo bloccò ogni suo muscolo.
“Zelena?”
Gli occhi azzurri della donna scattarono in quelli verdi che la osservavano.
“Emma?” si trovò a sussurrare, incapace di qualsiasi movimento.
Gli occhi della Salvatrice saettarono dalla figura di Zelena a quella di Regina, velandosi di una rabbia implacabile.
“Che cosa le hai fatto?”
“Emma…” tentò di dire Zelena, alzandosi e indietreggiando leggermente.
“Che cosa le hai fatto?” urlò nuovamente Emma, rivolgendo i palmi delle sue mani contro la donna e rilasciando la sua magia.
Una magia che avrebbe sicuramente colpito Zelena se Aaron non l’avesse annullata con un lieve movimento del dito.
L’uomo volse il suo sguardo sulla donna che aveva appena salvato, studiando ogni sua minima espressione e perdendosi in quegli occhi solitamente azzurri e limpidi. Ma, adesso, gli occhi che si trovava a guardare erano velati di una paura e una confusione che non avrebbe mai creduto potessero impadronirsi di Zelena. Lei, che aveva sfidato la morte e le stesse leggi della magia per tornare dalla sorella, ora esitava dinanzi alla donna che rispondeva al titolo di Salvatrice. E non poté impedirsi di domandarsi se era davvero quello il potere del vero amore.
Gli occhi di Emma continuarono ad esser puntati in quelli di Zelena, nonostante l’intervento di Aaron. Era come se per la Salvatrice non esiste nessun altro oltre quella donna dai capelli rossi come il fuoco. Ma fu un altro fuoco a catturare la sua attenzione, un fuoco che non ardeva sul suo volto, bensì sulla mano della sua rivale.
Zelena seguì lo sguardo di Emma e quando si accorse che quegli occhi verdi stavano osservando il marchio che svettava vistosamente sul dorso della sua mano, tentò di nasconderlo, pur cosciente che ciò non avrebbe cambiato le cose.
Infatti, lo sguardo di Emma tornò a posarsi nuovamente in quello di Zelena, ma, questa volta, in quelle iridi chiare, verdi come i più preziosi dei diamanti, non vi era alcuna traccia dell’ira che, fino a poco prima, aveva agitato l’animo della donna. Ciò che la Perfida Strega si trovò ad ammirare era la pura e semplice confusione.
“Chi è stato?” chiese semplicemente la Salvatrice.
Ma Zelena non rispose, lasciando che il silenzio tornasse a circondarla, cercando di trovare in esso un rifugio. Esattamente come era avvenuto in passato.
“Tremotino?” provò ancora la donna, ma nemmeno questa volta la sua curiosità fu saziata.
“Non è stato Tremotino- intervenne Aaron, attirando, per la prima volta, l’attenzione della nuova venuta su di sé- È stata Zelena.”
“Come?” chiese Emma, ancora più confusa.
“Proprio così, signorina Swan. Chiedo scusa se mi permetto di rivolgermi a lei con questi termini, comprendo la sua confusione perché mai ci fu modo, per noi, di presentarci in circostanze educate e civili. Ma mi creda, io conosco lei e lei conosce me, nonostante lei non rammenti il mio volto, in questo momento. Ma, volendo convenire ad alcune formalità, mi presento oggi al suo cospetto con il nome di Aaron e la invito a non far domande circa la mia identità. Faccia in modo che la conoscenza del mio nome soddisfi ogni sua curiosità, per il momento. Tornando al marchio, signorina Swan, torno a ripeterle che l’unica responsabile della sua presenza è la stessa Zelena.”
“Perché avrebbe dovuto fare una cosa simile?” chiese, scettica, Emma.
“Ma è ovvio. Per proteggere Regina. Per salvare sua sorella.”
“Aaron!” urlò Zelena, sperando che quel suo intervento inducesse l’uomo a tacere. Ma il suo tentativo e le sue speranze furono vane.
“Sa, signorina Swan, a volte ci imbattiamo in circostante e in situazioni che sfuggono al nostro controllo. Sono quei momenti che, talune volte, tendiamo a definire come regali della vita, altre come disgrazie ingiustamente ricevute. In ogni caso, signorina Swan, sono attimi che impongono cambiamenti, che lo si voglia o meno. E, mi creda, non sempre i cambiamenti sono una punizione. Talvolta, sono addirittura una salvezza. La persona che lei si trova di fronte risponde ancora al nome di Zelena, ma nulla è rimasto della strega che lei ha conosciuto nel suo passato. E nulla è rimasto nemmeno della sua perfidia. Lo chiami miracolo, se vuole, o convinca la sua anima a non credere, se lo preferisce, ma non può in alcun modo ingannare i suoi occhi, signorina Swan. E i suoi occhi, adesso, le stanno mostrando un marchio bruciante, bruciante sulla pelle di chi crede essere la sua rivale. Ma sappia che quel marchio è lo stesso che bruciò sul palmo di Regina. Provi a cercarlo sul corpo della sua amica, signorina Swan, ma l’universo smetterebbe di esistere prima che la sua ricerca abbia termine. Perché la verità è semplicemente questa, Zelena ha sacrificato se stessa per Regina. Zelena, colei che vi ostinate ancora a denominare come Perfida Strega, ha donato la sua vita in cambio di quella di sua sorella. Ed è questa l’unica verità.”
“Aaron, ora basta. Non un’altra parola.” sibilò nuovamente Zelena, spostandosi di fronte all’uomo, potendosi così perdere in quegli occhi glaciali.
“Come desidera, mia signora.” Rispose Aaron, ammirando gli occhi della donna che lo fronteggiava e donandole uno dei suoi sorrisi, prima di svanire dinanzi al suo sguardo.
Il silenzio calò nuovamente, imprigionando le due donne in un turbinio di pensieri che affollava le loro menti.
“È vero?” chiese infine Emma, trovando il coraggio di rompere quel silenzio.
“Ha importanza?” rispose Zelena, il suo sguardo ancora fisso nel vuoto.
Ma quando sentì il rumore dei passi di Emma, non riuscì ad impedire a se stessa di volgere lo sguardo altrove, puntandolo su quella sorella, ancora stesa al suolo, che non dava segno di volersi risvegliare. Fu a causa di questi pensieri che una paura, mai provata prima, si fece largo nel suo cuore, animandola di un terrore che non avrebbe mai creduto di poter provare. E fu a causa di quello stesso terrore che pose quella domanda alla donna che, adesso, era inginocchiata vicino al corpo di Regina.
“Come sta?”
Emma alzò lo sguardo, incrociandolo con quello di Zelena, sorpresa da quella sfumatura di paura che aveva colto nella sua voce. Sfumatura che Zelena non era riuscita a nascondere.
“Sta bene, deve solo riposare su una superficie più morbida di questo terreno. Lo scontro deve essere stato abbastanza impegnativo per averla ridotta così, ma conoscendola si riprenderà subito. Suggerisco di portarla a casa mia.” concluse, rimettendosi in piedi.
“Posso?” chiese Zelena, quel terrore ancora presente nel suo sguardo.
Emma rimase qualche secondo a guardarla, combattuta tra il desiderio di darle fiducia e la cautela. Perché nulla, in quel momento, sembra aver senso per lei. Zelena sarebbe dovuta essere morta, invece era lì. E, insieme a lei, anche la paura che fosse tornata per vendicarsi di Regina. Ma, qualora le parole di Aaron non avessero sortito alcun effetto sulla Salvatrice, gli occhi che ora si ritrovava a guardare fugarono ogni dubbio dal suo animo. E così, Emma acconsentì alla richiesta della donna, cosciente del fatto che l’altra fosse più abile di lei nell’utilizzo della magia.
Ma quando vide Zelena avvicinarsi a Regina e prenderla in braccio, non poté impedire ad un’espressione di assoluto stupore di impadronirsi del suo volto.
“Emma, so che in passato ci siamo trovate su due fronti opposti, ma…” tentò di dire Zelena, cogliendo l’espressione di Emma.
“Non aggiungere altro, Zelena.” La interruppe Emma.
Zelena la guardò sorpresa, non comprendendo le parole della donna.
“Diversamente da me, tu e Regina siete nate in un mondo dove la presenza della magia era normale. Da sempre, avete permesso alla magia di far parte di voi. Io non ho bisogno delle tue parole, Zelena, perché ho imparato che alcuni gesti sono più significativi delle parole stesse. La magia pervade ogni fibra del tuo corpo, ma, nonostante questo, hai scelto di non adoperarla su Regina. Hai deciso semplicemente di stringerla tra le tue braccia e di farti carico del tuo peso, pur di sentirla.”
Zelena non sapeva come rispondere. Si sarebbe aspettata tutto, tranne quella sconfinata fiducia. E quando cercò di ringraziare per quel dono insperato, Emma la anticipò nuovamente.
“Andiamo a casa, Zelena.”
 
Quando giunsero fuori la porta, Emma si voltò verso Zelena, prima di aprire la porta.
“Mi sono dimenticata di dirti una cosa. Vivo con i miei genitori, quindi è meglio che entri prima io, così cerco di placarli. Sai, credo non si aspettino questo tipo di… sorpresa.” Disse, sorridendole.
“Capisco perfettamente.” Rispose Zelena, sorridendo a sua volta.
Emma inserì la chiave nella serratura e aprì la porta, muovendo pochi passi nell’atrio e informando i suoi genitori della sua presenza.
David e Mary Margaret andarono subito ad accogliere la figlia, ma quando si accorsero che non era sola, i loro sorrisi svanirono per lasciare il posto al più assoluto terrore. Istintivamente, David si mise dinanzi alla moglie, come a volerla proteggere da un imminente pericolo.
“Non arrivate a conclusioni affrettate.” Disse Emma, notando i comportamenti dei due.
“Conclusioni affrettate?- chiese Mary Margaret, superando David e andando a porsi di fronte alla figlia- Cosa ci fa lei qui? Non doveva essere morta?”
Ma quando Mary Margaret si accorse che Zelena teneva tra le braccia Regina, l’ira, che già scuoteva il suo corpo, si fece più limpida nelle sue iridi. Prese quindi un ombrello abbandonato nell’ingresso e, impugnandolo come una spada, si lanciò contro la donna, che bloccò subito il suo avanzare con un lieve movimento del polso.
“Cosa le hai fatto, maledetta! Prega che sia ancora viva o ti prometto che ti ammazzerò con le mie stesse mani.”
“La vedo difficile con un ombrello.” Rispose Emma, che continuava a mantenere la sua posizione, perennemente in bilico tra la furia dei suoi genitori e Zelena.
“Scusa se ho usato la magia, ho temuto che tua madre potesse colpire Regina.” Tentò di giustificarsi Zelena.
“Tranquilla. Ti consiglio di andare al piano di sopra, qui me la vedo io.”
“Sicura?”
“Non preoccuparti. Dal nostro ultimo scontro sono molto migliorata, penso che un incantesimo di immobilizzazione riesca a tenerlo sotto controllo.” E, detto questo, Emma roteò leggermente le mani, immobilizzando completamente i genitori.
“Emma, quando tutto questo sarà finito, ti aspetta una bella ramanzina.” Disse Mary Margaret, indignata dal comportamento della figlia.
“Quando tutto questo sarà finito, non ci sarà bisogno di parlare.- rispose Emma, per poi voltarsi verso Zelena- Ora vai, la mia camera è la prima a destra, portala lì.”
Zelena annuì e la superò, per poi dirigersi nella stanza che le era stata indicata.
Una volta aperta la porta, grazie alla magia, adagiò subito Regina sul letto, avendo cura di coprirla con le lenzuola. E, per la prima volta da quando era tornata, lasciò che i suoi occhi vagassero su quel volto così familiare, che si soffermassero su quella sorella sottratta alla vendetta di Tremotino. E un sorriso sorse dalle sue labbra.
Zelena era così persa nella sua contemplazione che non si accorse di non essere più sola in quella piccola stanza.
“È bellissima.”
Zelena chiuse gli occhi, riconoscendo subito quella voce.
“Già, lo è.”
“Non mi riferivo a Regina- disse Aaron, portandosi al fianco di Zelena- quanto all’espressione che ora vedo sul tuo volto. Non l’avevo mai vista prima.”
Zelena si voltò verso di lui, riservandogli un caloroso sorriso, ma non rispose.
“Sono passato a salutarti. Sto per partire, Zelena, e non so quanto a lungo sarò assente, ma voglio che tu sappia una cosa. Qualsiasi cosa succeda, ti basterà invocare il mio nome ed io verrò da te, ovunque mi trovi.” Disse infine, perdendosi in quegli occhi limpidi.
“Aaron, non ti ho ridato la vita per costringerti ad una nuova prigionia.” Rispose Zelena, ricambiando lo sguardo.
“La tua sarebbe la prigionia più dolce alla quale possa mai auspicare.”
Zelena si lasciò andare ad un altro sorriso, prima di riprendere a parlare.
“E dunque questo è un addio.”
“Zelena, chiunque mi veda oggi non rammenta né il mio volto né il mio nome, ma tu sai chi sono, sai chi ero in un tempo non tanto remoto. E sai cosa significa il segno che ora svetta sulla tua mano, la condanna da cui hai salvato tua sorella. Prima o poi, io tornerò da te e prenderò la tua anima. Ma lo farò solo quando avrò ritrovato la mia per potertela donare.” Detto questo, Aaron prese la mano segnata dal marchio e la avvicinò alle sue labbra.
“Sarò qui ad attenderti, allora.”
“Non tarderò.” E con queste ultime parole, Aaron si congedò da Zelena, non prima di aver ammirato ancora una volta quegli occhi di cui, ormai ne era certo, non poteva fare più a meno.
Zelena restò a guardare il luogo dove era svanito Aaron ancora per qualche secondo, prima di avvicinarsi a Regina.
“Torno subito.” Le disse, prima di aprire la porta e scendere le scale.
Quando si ritrovò nuovamente nell’atrio, Zelena si sorprese del silenzio che regnava nella stanza, ma non ebbe il tempo di pensarci, perché un dolce suono catturò la sua attenzione. Fu in quel momento che si rese conto di non essere sola e che un bambino la guardava divertito dall’interno del passeggino. Appena i loro occhi si incrociarono, Zelena riconobbe subito il neonato che sarebbe dovuto essere l’oggetto del suo sacrificio e, a quel pensiero, un brivido le percorse la schiena. Non era passato molto tempo dalla sua presunta morte, ma i suoi viaggi temporali le avevano permesso di maturare così velocemente che sentiva quei tempi così lontani da appartenere ad un’altra vita. Eppure, quel bambino testimoniava esattamente il contrario.
“Lui è Neal.”
Zelena sussultò, prima di voltarsi verso Emma, che si era goduta la scena comodamente appoggiata al muro.
“Neal?”
“In memoria del figlio di Tremotino.”
A quelle parole, Zelena abbassò lo sguardo, incapace di sostenere oltre quella conversazione.
“Io ci credo.”
“A cosa?” chiese la donna, tornando a guardare Emma.
“Che sei cambiata. Non so cosa sia successo dopo la tua morte e, detto sinceramente, credo che la cosa non mi riguardi. Ma io credo in te e, a quanto pare, ci crede anche lui.- disse, indicando Neal con il capo- Conosco mio fratello, se è così felice di rivederti significa che è stato bene quando ti sei presa cura di lui.”
“Stavo per ucciderlo.”
“Ma non l’hai fatto- rispose Emma, avvicinandosi a Zelena- Vuoi prenderlo in braccio?”
“Credo sia ancora troppo presto per questo, per tutta questa fiducia. Io ti ringrazio per ciò che stai facendo, Emma, e non vorrei tu fraintendessi le mie parole, ma non è ancora il momento. Voglio dimostrarti che la fiducia che hai riposto in me non è immeritata e prenderò tra le braccia il piccolo Neal solo quando anche i tuoi genitori sapranno fidarsi nuovamente di me.”
“Capisco benissimo.-rispose Emma, con un sorriso- Bene, come posso aiutarti, allora?”
“Avrei bisogno di un po’ di acqua e qualche benda, per pulire le ferite di Regina.”
“Vado a prenderle subito.” Rispose Emma, incapace di non sorprendersi di fronte a quelle richieste che avevano il sapore della normalità.
Quando tornò, Zelena prese dalle sue mani ciò che aveva chiesto, ma, prima di risalire le scale, si lasciò andare alla visione di Emma che cullava tra le sue braccia suo fratello. E, per la prima volta, si chiese come sarebbe stata la sua infanzia se ci fosse stata Regina al suo fianco, se avesse potuto prendersi cura di lei come una sorella.
Persa tra quei pensieri, quasi non si accorse delle parole che scivolarono fuori dalle sue labbra.
“Grazie per essere stata per Regina la sorella che non sono mai stata io.”
Emma smise di cullare Neal, colpita da quelle parole, e fu in quel momento che Zelena capì di aver appena dato voce ad uno dei suoi più intimi segreti.
“Ora hai tutta la vita davanti, Zelena.” Rispose semplicemente la Salvatrice, regalandole un sorriso e riprendendo a cullare Neal, mentre osservava l’altra donna salire le scale.
Quando Zelena entrò nuovamente nella stanza in cui riposava Regina, appoggiò la bacinella con l’acqua su uno dei mobili lì presenti e iniziò a bagnare una delle bende, per poi poggiarla lievemente sul volto di sua sorella, mentre dalle sue labbra usciva una piccola melodia.
Quando, finalmente, ogni ferita fu pulita e bendata, Zelena decise di riportare gli oggetti ad Emma, ma ogni suo intento fu distrutto sul nascere. Una lieve voce aveva invocato il suo nome.
“Zelena?”
La donna si voltò lentamente, per poi incrociare il suo sguardo con quegli occhi così diversi dai suoi, dentro i quali non si era ancora potuta perdere in quel suo presente. Fu in quel momento che Zelena si rese conto di non aver mai pensato a come avrebbe affrontato sua sorella. A come avrebbe spiegato il suo ritorno.
“Come fai ad essere ancora viva?” chiese ancora Regina, mettendosi a sedere.
Ma Zelena continuava a non rispondere, incapace di formulare una qualsiasi frase. Tutto ciò che riuscì a fare fu staccarsi la spilla verde, che conteneva ancora il suo flusso magico, e tenderla a sua sorella.
“Non voglio farti del male.” Disse semplicemente.
Regina la guardò per qualche secondo, prima di prenderla. Appena le sue dita sfiorarono la superficie della spilla, avvertì la grande potenza magica contenuta in essa. Regina restò qualche secondo ad osservare l’oggetto, prima di volgere nuovamente lo sguardo su Zelena e invitarla a prendere posto accanto a lei.
Quando Zelena si sedette al suo fianco, Regina le restituì la spilla, riattaccandola al suo soprabito.
“Ti ho sentito cantare, prima.” Disse, cercando di rompere quel silenzio imbarazzante che era sceso tra di loro.
“Era la canzone che mia madre mi cantava sempre quando stavo male.”
“Tua madre?” chiese Regina, incuriosita.
“Non Cora, mi riferisco alla donna che mi ha adottata. Lei mi voleva davvero bene, nonostante la magia. Con lei non mi sono mai sentita sbagliata o non voluta, tutt’altro. Poi tutto è cambiato, lei è morta ed io sono rimasta da sola con l’uomo che all’epoca reputavo mio padre. Fu in quel periodo che scoprii la verità sulle mie origini. Lui non ha mai accettato la mia magia ed è stato il primo a darmi quel titolo.”
“Perfida Strega.” Disse in un sussurro Regina, mentre si torturava le mani. Quando aveva posto quella domanda, mai si sarebbe aspettata una tale confessione da parte di Zelena.
“Già.” Rispose semplicemente Zelena, fissando il soffitto.
Regina portò di nuovo lo sguardo su di lei, studiando ogni suo movimento. E, per la prima volta, si sentì legata a lei come mai si era sentita legata ad una persona. Per la prima volta, sentì di aver ritrovato quella sorella che aveva creduto persa per sempre.
“Grazie per esserti presa cura di me.”
Zelena si voltò verso Regina, donandole il suo primo vero sorriso.
“Non devi ringraziarmi. Sono tua sorella maggiore, è mio compito prendermi cura di te.”
 
Fuori dalla stanza, Emma spiava la scena, tenendo ancora tra le braccia il piccolo Neal che, in quel momento, cercava in ogni modo di attirare l’attenzione di sua sorella.
Emma abbassò lo sguardo su di lui e gli donò uno dei suoi sorrisi più belli.
“Non preoccuparti, piccolino. La tua sorellona non permetterà a Zelena di vincere il premio di migliore sorella maggiore dell’anno.”


~Angolo autrice~
Buonasera a tutti! Ne approfitto per augurarvi un buon proseguimento di vacanze! So che manco da molto e chiedo venia!
Allora, per quanto riguarda la storia, è la prima volta che scrivo di un amore in questo fandom e, ovviamente, non poteva essere una coppia normale. No. Se ve lo state chiedendo, sì, Aaron è lo spettro che vediamo nella seconda stagione. L'idea di inserire il marchio l'ho avuta parlando appunto con Barby, mentre il colpo di genio di rederlo umano me l'ha dato una frase che dice il Ciciarampa in Ouatw:
Noi non nasciamo così
E quindi ho pensato che, magari, nemmeno lo Spettro fosse nato Spettro, ecco.

Per coloro che leggono La sua salvezza, non preoccupatevi, ora mi metterò a lavorare seriamente al prossimo capitolo.
Che dire, grazie a chi leggerà e ancora buone feste!

 
  
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