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Autore: SweetPandemonium    12/11/2008    7 recensioni
Sento l’aria bruciarmi a contatto con la ferita sullo zigomo, che ha iniziato a perdere sangue. Ma a me non importa, non sento neanche il dolore tanto la mia mente è lontana.
Metto le mani nelle tasche dei jeans e inizio ad avviarmi verso casa di Jeph, alla fine della via.
Ho bisogno di lui adesso.

JephXQuinn
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Allora, come spiegare quest’altro frutto della mia mente?

Beh, come vedrete, per scriverla, ho preso spunto dal video degli usati Taste Of Ink [<3] e, sinceramente, non so quale strana mostruosità sia uscita fuori! -//-

Cmq…come sempre ricordo che niente di quello che scrivo è vero. Tutto completamente inventato dalla mia testolina non del tutto sana.

Fatemi sapere ok? Anche per dire che fa schifo…nn importa! xD

 

 

 

Taste of Tears…Taste Of Love

 

 

Esco di corsa dalla mia camera richiamato da urla che provengono dalla cucina.

Appena entro vedo il mio padrigno prendere mamma per il polso e scuoterla, mentre solleva in aria l’altra mano.

- Fermo! – urlo correndo verso di lui e mettendomi tra di loro.

Lo schiaffo diretto a mia madre mi colpisce in pieno volto, ed è talmente forte da farmi cadere a terra.

- Non impicciarti tu, moccioso! – urla poi, puntandomi il dito contro. Riporta, subito dopo, la sua attenzione su mia madre che si appoggia al tavolo con un’espressione strana sul viso.

Non c’è paura nel suo sguardo, c’è rassegnazione e pena, pena per l’uomo di cui si è innamorata e che ora non riconosce più.

- è tutta colpa tua, puttana!- urla ancora, con la voce distorta dall’alcool.

Io mi alzo velocemente e mi metto nuovamente tra di loro, poi stringo forte gli occhi e do una forte spinta al mio padrigno, poco prima che lui riesca a colpirmi un’altra volta.

- Lasciala stare! – urlo, con tutta la rabbia che ho in corpo.

Sono stanco! Sono stanco di vederla curarsi le ferite la sera e il suo bel viso deturpato da lividi! Sono stanco!

Il mio padrigno perde l’equilibrio e cade a terra, aggrappandosi alle tende e portando anche esse con se.

Lo vedo tentare di alzarsi ed agitarsi come una tartaruga caduta sul guscio, poi sviene a causa del troppo alcool ingerito.

Mia madre fa un sospiro e io mi giro di scatto verso di lei.

- Dobbiamo andarcene mamma! Non possiamo più rimanere qui! – esclamo guardandola con le lacrime agli occhi.

Lei mi mette le dita sulle labbra, facendomi segno di fare silenzio.

- Vieni qua. Hai una ferita sullo zigomo. – mi dice con il suo solito sorriso dolce.

Io sto per rispondere che non me ne frega nulla della ferita, che dobbiamo fare le valigie ed andarcene immediatamente ma sento dei mugugni provenire da quell’uomo che una volta ho anche chiamato “papà”.

Mi giro verso di lui per assistere alla scena più patetica della mia vita.

- Si sta svegliando. Vai via Quinn. Esci con i tuoi amici. E se puoi dormi da qualcuno stanotte. – dice mia madre attirando la mia attenzione.

- Cosa? No, mamma! Non ti lascio sola con lui! – esclamo sconvolto.

Lei mi zittisce ancora – Ormai è passato. Ora lo porto a dormire. Non accadrà nulla tesoro, sta tranquillo. – dice con calma innaturale e regalandomi sempre un sorriso. Poi si gira e prende una banconota dal portafoglio che le ho regalato per il compleanno.

- Tieni, e va a divertirti ok? – mi dice, accarezzandomi una guancia.

- No mamma…- cerco di contestare ma lei mi interrompe.

- Vai Quinn, per favore. – dice con uno sguardo supplichevole.

Io rimano a guardarla confuso, poi sento un altro rumore provenire dal mio patrigno.

- Va Quinn. Si sta svegliando! – dice, dandomi una leggera spinta sulla spalla.

Io sospiro ma poi annuisco.

- Sta attenta mamma, per favore. – sussurro prima di prendere la giacca ed uscire nel freddo di novembre.

Sento l’aria bruciarmi a contatto con la ferita sullo zigomo, che ha iniziato a perdere sangue. Ma a me non importa, non sento neanche il dolore tanto la mia mente è lontana.

Metto le mani nelle tasche dei jeans e inizio ad avviarmi verso casa di Jeph, alla fine della via.

Ho bisogno di lui adesso.

Ho bisogno di lui…sempre.

 

Circa dieci minuti dopo sono fuori dalla sua casa.

Suono e poco dopo la madre di Jeph mi viene ad aprire.

- Ciao caro. Cerchi Jeph? – mi chiede la signora Howard sorridendo. Ha lo stesso sorriso dolce e rassicurante di suo figlio.

Io abbasso la testa tentando di non fargli vedere il taglio sullo zigomo.

- Si signora. È in casa? –

- Sì, è in camera sua. Ma, caro, che hai fatto al viso? – chiede preoccupata, spostandosi dalla porta per farmi passare.

Io entro in casa velocemente. – Niente signora, non si preoccupi. Non è nulla di grave. – rispondo.

- Posso salire? –

- Certo Quinn…- risponde senza togliere gli occhi dal mio viso, con le sopracciglia aggrottate.

Io faccio un mezzo sorriso e vado verso le scale, facendole a due a due.

Arrivato davanti alla camera di Jeph, busso piano.

- Avanti…- sento dire a Jeph, così apro la porta.

Appena entro vedo che è al computer e si gira un secondo verso di me con un sorriso, per poi tornare a guardare lo schermo per chiudere la pagina che stava visitando.

Dopo di che si alza e viene verso di me, ma si blocca al centro della camera.

Mi accorgo di quello che sta guardando e abbasso la testa.

- P-piccolo…che hai fatto al viso? – chiede, venendo verso di me e costringendomi a guardarlo.

Io distolgo lo sguardo e posso percepire il corpo di Jeph irrigidirsi.

- è stato lui vero? – chiede, con tono duro.

Continuo a rimanere in silenzio, perché…non so che dire.

Perché mi vergogno del fatto che ho quasi 18 anni e non sono in grado di proteggere mia madre da un ubriacone, e che anzi…c’è le prendo anche io.

Ma per lui il mio silenzio è molto eloquente.

- Adesso basta…- sibila, allontanandosi da me e prendendo il giubbetto di jeans abbandonato sul letto – Gli faccio passare io la voglia di metterti le mani addosso a quello stronzo…- dice, infilandoselo.

Io spalanco gli occhi e gli corro incontro, fermandolo.

- Nono, Jeph! Per favore! Per favore non fare niente! – esclamo, sentendo le lacrime premere per uscire.

Lui si blocca e mi guarda negli occhi. – Non può andare avanti così. E lo sai anche tu. Fin’ora non è successo nulla di grave ma…non potete sfidare ancora così la sorte. Un giorno potrebbe tornare e…farvi seriamente del male Quinn! – dice e posso sentire il tono della sua voce cambiare mentre dice l’ultima frase.

Poi mi prende il viso tra le mani.

- Non so cosa farei se ti dovesse succedere qualcosa…- sussurra sulle mie labbra, prima di baciarmi dolcemente.

Ecco quello di cui avevo bisogno. Solo le sue labbra per dimenticarmi del mio padrigno, della paura che mi prende ogni sera quando penso che potrebbe tornare nuovamente ubriaco a casa e farci del male, per dimenticarmi di quello che va male nella mia vita…per dimenticarmi di tutto.

Quando ci stacchiamo le lacrime scivolano incontrastate sulle mie guancie, bruciandomi sulla ferita.

Lui le raccoglie con delicatezza.

- Vieni…dobbiamo disinfettarlo. – dice, prendendomi il polso e portandomi verso il bagno.

Prende il cotone e del disinfettante per poi passarlo piano sul taglio.

- Ahio…fa male. – mi lamento. Lui ridacchia.

- Ho quasi finito…- mi assicura, tamponando un ultima volta. Poi prende un cerotto e copre la ferita.

- Ecco fatto…- dice poi, schiacciando sulle estremità per farlo attaccare meglio sulla pelle.

- Grazie…- dico, facendogli un piccolo sorriso.

Torniamo in camera e ci sediamo sul letto.

- Jeph…mamma ha detto che è meglio se dormo fuori stanotte. Posso rimanere da te o…- chiedo imbarazzato ma lui mi interrompe.

- Sì, certo che puoi dormire qui. Non ci sono problemi. – dice, sorridendomi dolcemente. Io ricambio. Dio solo sa quanto lo amo.

- Allora che vuoi fare? Rimaniamo qui o chiamiamo Bert e Bran? – mi chiede.

- Come vuoi. Per me è uguale. – rispondo apatico, facendo spallucce.

Lui mi guarda preoccupato, poi mi prende una mano.

- Chiamiamo gli altri. Hai bisogno di essere tirato su di morale. – afferma, alzandosi dal letto e portandomi con se.

 

Mezz’ora dopo siamo nel nostro quartier generale, altrimenti chiamato: cantina di casa di Bert, che ormai è diventata la sua camera.

C’è un divano che, anche se un po’ vecchiotto, è molto comodo. Poi un tavolino pieno di fogli e di penne e i muri completamente ricoperti da scritte e testi.

E in più ci ha anche messo un vecchio frigorifero, perché un posto in cui tenere al fresco le birre ci deve essere no?

Appena mi vede e nota il cerotto mi guarda con uno sguardo duro, bloccandosi con la birra in mano.

- è stato lui vero? – chiede, ma non c’è bisogno di risposta e lo sa anche lui, quindi non l’aspetta neanche.

- Brutto figlio di puttana…- dice, lasciandosi cadere sul divano e portandosi subito dopo la bottiglia di vetro alle labbra.

Bran non dice niente, si limita solo a scuotere la testa e a prendere tre birre da dentro il frigorifero, per poi porgercene due.

Ormai sono abituati. Quante volte mi hanno visto con i segni delle sue mani sul corpo?

- Allora, che si fa? – chiede quindi, sedendosi sul tavolino.

- C’è una festa. Nel pub di Kevin e mi ha chiesto se potevamo suonare qualcosa. – dice tranquillamente Bert.

- Se vi va…- aggiunge poi.

- Cavolo si! e che aspettavi a dircelo?! Sono settimane che non suoniamo! – esclama Jeph, strappandomi un sorriso.

Quando si tratta di suonare lui è il primo che acconsente senza neanche pensarci.

Poi sarebbe davvero una magnifica idea, così posso sfogare tutta la rabbia che sento dentro di me in questo momento.

- Bene, allora è deciso. Si suona. -

- Si suona! – esclamiamo tutti in coro.

 

Poco dopo siamo nel pub di Kevin, che ci viene incontro con un gran sorriso, rivolto soprattutto a me.

Jeph sbuffa e distoglie lo sguardo, io sorrido. Da quando Kevin ci ha provato con me, l’ultima volta che abbiamo suonato qui, non lo può più vedere senza sbuffare come un treno a vapore.

Quando ci dice di accomodarci nel backstage che tra un po’ si inizia, do una leggera gomitata a Jeph e gli faccio un sorriso rassicurante.

- La fai finita di fare il geloso? – gli chiedo ironico.

- No, fino a quanto quello non la smette di provarci così spudoratamente! – risponde a tono.

Io scuoto la testa. Che stupido che è…ma mentirei se dicessi che non mi piace il fatto che sia così geloso.

Poi cerco di smettere di pensare a Jeph.

Dobbiamo andare c’è un pubblico che ci aspetta.

 

Quando scendiamo dal palco sono esausto.

Ho urlato con Bert.

Ho saltato a destra e a manca con la mia chitarra.

Ho suonato con tutta la rabbia che avevo in corpo.

E ora…e ora mi sento come se non avessi più nulla dentro.

Solo una cosa…

Solo una cosa mi fa sentire ancora vivo, mi fa sentire il cuore che batte prepotente nel petto.

Le braccia di Jeph che mi cingono il corpo.

- Bravo amore. Sei stato grande. – dice, prima di stamparmi un bacio sulle labbra. Io sorrido e ricambio con piacere.

- Ehi voi due! La fate finita?! Tutte queste smancerie…- ci riprende subito Bert.

Bran ridacchia mentre si infila il giubbotto di jeans.

- Tutta invidia Bert! – esclama.

Io e Jeph scoppiamo a ridere mentre il nostro cantante gli mostra il dito medio.

In quel momento si avvicina a noi una ragazza molto carina che saluta noi con un sorriso e va subito verso Bert.

- Ehi ciao. Volevo dirti che…si, insomma…sei stato grande lì sopra. – dice, timidamente, indicando il palco con il pollice.

A Bert gli si illuminano gli occhi mentre percorre la ragazza con lo sguardo, quasi a volergli fare una radiografia.

- Oh, ti ringrazio! – dice, facendo il sorriso più sexy di cui è capace – Ti va se ti offro qualcosa al bar? – chiede poi.

La ragazza sorride ed annuisce soddisfatta, quindi Bert gli mette un braccio intorno alla vita e la porta verso l’uscita del backstage, non prima di essersi girato verso di noi e di averci fatto la linguaccia.

Bren rimane parecchio sorpreso, mormorando “sempre il solito sculato”. Io e il mio ragazzo scoppiamo a ridere scuotendo la testa.

- Sono stanchissimo. Andiamo a casa? – mi chiede allora Jeph.

Io annuisco. – Si, andiamo. –

 

Quando torniamo a casa sua la signora Howard è felice e dispostissima a farmi dormire da loro, mi mette anche a disposizione la camera degli ospiti, ma Jeph, con un giro di parole e qualche balla le dice che dormo con lui nella sua camera.

Saliamo velocemente le scale ridendo di come sia riuscito a confondere sua madre e di tutte le stronzate che ha detto.

Poi però torniamo seri e va verso la porta, chiudendola a chiave. Torna verso di me e mi prende il viso tra le mani baciandomi dolcemente. Bacio che si fa via via più profondo.

- Ti prendo qualcosa di comodo…- mi dice, una volta allontanatosi da me. Va verso il suo armadio e ne tira fuori dei vecchi pantaloni della tuta e una t-shirt di un nero scolorito, ma quando la vado ad indossare mi accorgo di quanto sappia di lui, e penso che non gliela vorrei più ridare indietro.

- Ti fa male? – chiede poi Jeph mentre si libera dei jeans e infila una tuta. Io faccio correre lo sguardo verso il suo viso per non guardare altrove, so già che arrossirei come un bambino.

- No, non fa male. – dico, scuotendo la testa.

Quando si cambia completamente viene verso di me e mi fa sdraiare sul materasso, mettendosi poi accanto a me.

- Dovete fare qualcosa Quinn…- inizia, e da l’impressione che vorrebbe parlare ancora a lungo, così lo interrompo.

- Lo so Jeph. Lo so. Ma ora non parliamone ok? – dico, guardandolo con un mezzo sorriso. – Voglio solo dormire un po’. Qui vicino a te. Al sicuro…- sussurro, accoccolandomi tra le sue braccia.

- Con te mi sento al sicuro…- bisbiglio ancora sul suo petto, mentre sento che le palpebre iniziano a farsi pesanti.

- Lo sei. Con me sei al sicuro piccolo. – mi assicura lui, mettendosi supino e chiudendomi tra le sue braccia.

- Ti amo Quinn…- sussurra, baciandomi i capelli.

- Ti amo anche io Jeph –

 

°°°

 

Il giorno dopo, quando mi sveglio, mi accorgo che siamo ancora abbracciati. Penso che, durante la notte, devo aver infilato una gamba tra le sue in cerca di calore e per questo, quando mi muovo un po’, lo vedo aprire lentamente gli occhi.

- Ehi…- bisbiglia, con la voce roca.

- Scusa, non volevo svegliarti…-  mi avvicino, posandogli un bacio sul naso.

- Non preoccuparti. Non sai che darei per svegliarmi tutti i giorni in questo modo. – risponde, con un sorriso furbo.

Io sorrido e lo bacio dolcemente. È stupendo il mio Jeph appena sveglio.

- Devo andare ora…devo tornare a casa. – dico poi serio, iniziando a muovermi nel letto.

- Ma è presto! – si lamenta lui.

- Devo andare a vedere come sta mamma. E poi devo anche prendere i libri. Oggi c’è scuola. – dico, alzandomi.

- Non ci vado oggi a scuola. E neanche tu dovresti. Va a vedere come sta tua madre, poi torna qui immediatamente. Non ti voglio in casa con quel figlio di puttana. – dice Jeph, con tono duro.

- Accompagnami. – dico, improvvisamente girandomi verso di lui. – Vieni con me. Non me la sento di andarci da solo. – continuo, mentre le mie guance si imporporano.

Lui sorride – Si, sarei più tranquillo anche io. – ed in un batter d’occhio si è alzato dal letto e si è fiondato in bagno.

Grazie Jephy.

 

Circa mezz’ora dopo siamo davanti a casa mia. Faccio un profondo respiro e stringo forte la mano di Jeph prima di infilare la chiave nella toppa e girare.

Appena entro vedo delle valige all’ingresso, e mamma uscire dalla camera da letto subito dopo.

- Quinn…tesoro. – dice, venendo verso di me e abbracciandomi.

Quando si allontana fa una piccola carezza a Jeph e gli sorride dolcemente.

- Mamma…che sono queste valige? – chiedo, guardandomi intorno confuso.

- C’è ne andiamo tesoro. Andiamo via di qui…- dice, guardandomi con quell’espressione che riusciva ad infondermi calma anche quando ero nelle peggiori guerre interiori.

Sorrido e faccio un respiro profondo, che libera il mio petto dal peso con la quale avevo ormai imparato a convivere.

Sento Jeph fare lo stesso al mio fianco e cerca la mia mano, stringendomela forte.

- Ti ho messo tutti i vestiti nella valigia. Va a vedere se c’è qualcosa che devi prendere. – dice poi, indicando la mia camera.

Ma a me non importa, tutto quello di cui ho bisogno è qui, accanto a me.

Le due persone che amo di più al mondo

Ora basta sentire il gusto delle lacrime…è tempo di sentire il gusto dell’amore.

 

 

 

Vale

 

 

  
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