Allora, come spiegare
quest’altro frutto della mia mente?
Beh, come vedrete, per
scriverla, ho preso spunto dal video degli usati Taste Of Ink [<3] e,
sinceramente, non so quale strana mostruosità sia uscita fuori!
-//-
Cmq…come sempre ricordo che niente di quello che scrivo è
vero. Tutto completamente inventato dalla mia testolina non del tutto
sana.
Fatemi sapere ok? Anche per
dire che fa schifo…nn importa! xD
Taste of Tears…Taste Of Love
Esco di corsa dalla mia camera
richiamato da urla che provengono dalla cucina.
Appena entro vedo il mio
padrigno prendere mamma per il polso e scuoterla, mentre solleva in aria l’altra
mano.
- Fermo! – urlo correndo verso
di lui e mettendomi tra di loro.
Lo schiaffo diretto a mia
madre mi colpisce in pieno volto, ed è talmente forte da farmi cadere a
terra.
- Non impicciarti tu,
moccioso! – urla poi, puntandomi il dito contro. Riporta, subito dopo, la sua
attenzione su mia madre che si appoggia al tavolo con un’espressione strana sul
viso.
Non c’è paura nel suo sguardo,
c’è rassegnazione e pena, pena per l’uomo di cui si è innamorata e che ora non
riconosce più.
- è tutta colpa tua, puttana!-
urla ancora, con la voce distorta dall’alcool.
Io mi alzo velocemente e mi
metto nuovamente tra di loro, poi stringo forte gli occhi e do una forte spinta
al mio padrigno, poco prima che lui riesca a colpirmi un’altra
volta.
- Lasciala stare! – urlo, con
tutta la rabbia che ho in corpo.
Sono stanco! Sono stanco di
vederla curarsi le ferite la sera e il suo bel viso deturpato da lividi! Sono
stanco!
Il mio padrigno perde
l’equilibrio e cade a terra, aggrappandosi alle tende e portando anche esse con
se.
Lo vedo tentare di alzarsi ed
agitarsi come una tartaruga caduta sul guscio, poi sviene a causa del troppo
alcool ingerito.
Mia madre fa un sospiro e io
mi giro di scatto verso di lei.
- Dobbiamo andarcene mamma!
Non possiamo più rimanere qui! – esclamo guardandola con le lacrime agli
occhi.
Lei mi mette le dita sulle
labbra, facendomi segno di fare silenzio.
- Vieni qua. Hai una ferita
sullo zigomo. – mi dice con il suo solito sorriso
dolce.
Io sto per rispondere che non
me ne frega nulla della ferita, che dobbiamo fare le valigie ed andarcene
immediatamente ma sento dei mugugni provenire da quell’uomo che una volta ho
anche chiamato “papà”.
Mi giro verso di lui per
assistere alla scena più patetica della mia vita.
- Si sta svegliando. Vai via
Quinn. Esci con i tuoi amici. E se puoi dormi da qualcuno stanotte. – dice mia
madre attirando la mia attenzione.
- Cosa? No, mamma! Non ti
lascio sola con lui! – esclamo sconvolto.
Lei mi zittisce ancora – Ormai
è passato. Ora lo porto a dormire. Non accadrà nulla tesoro, sta tranquillo. –
dice con calma innaturale e regalandomi sempre un sorriso. Poi si gira e prende
una banconota dal portafoglio che le ho regalato per il
compleanno.
- Tieni, e va a divertirti ok?
– mi dice, accarezzandomi una guancia.
- No mamma…- cerco di
contestare ma lei mi interrompe.
- Vai Quinn, per favore. –
dice con uno sguardo supplichevole.
Io rimano a guardarla confuso,
poi sento un altro rumore provenire dal mio
patrigno.
- Va Quinn. Si sta svegliando!
– dice, dandomi una leggera spinta sulla spalla.
Io sospiro ma poi
annuisco.
- Sta attenta mamma, per
favore. – sussurro prima di prendere la giacca ed uscire nel freddo di
novembre.
Sento l’aria bruciarmi a
contatto con la ferita sullo zigomo, che ha iniziato a perdere sangue. Ma a me
non importa, non sento neanche il dolore tanto la mia mente è
lontana.
Metto le mani nelle tasche dei
jeans e inizio ad avviarmi verso casa di Jeph, alla fine della
via.
Ho bisogno di lui
adesso.
Ho bisogno di
lui…sempre.
Circa dieci minuti dopo sono
fuori dalla sua casa.
Suono e poco dopo la madre di
Jeph mi viene ad aprire.
- Ciao caro. Cerchi Jeph? – mi
chiede la signora Howard sorridendo. Ha lo stesso sorriso dolce e rassicurante
di suo figlio.
Io abbasso la testa tentando
di non fargli vedere il taglio sullo zigomo.
- Si signora. È in casa? –
- Sì, è in camera sua. Ma,
caro, che hai fatto al viso? – chiede preoccupata, spostandosi dalla porta per
farmi passare.
Io entro in casa velocemente.
– Niente signora, non si preoccupi. Non è nulla di grave. –
rispondo.
- Posso salire? –
- Certo Quinn…- risponde senza
togliere gli occhi dal mio viso, con le sopracciglia aggrottate.
Io faccio un mezzo sorriso e
vado verso le scale, facendole a due a due.
Arrivato davanti alla camera
di Jeph, busso piano.
- Avanti…- sento dire a Jeph,
così apro la porta.
Appena entro vedo che è al
computer e si gira un secondo verso di me con un sorriso, per poi tornare a
guardare lo schermo per chiudere la pagina che stava visitando.
Dopo di che si alza e viene
verso di me, ma si blocca al centro della camera.
Mi accorgo di quello che sta
guardando e abbasso la testa.
- P-piccolo…che hai fatto al
viso? – chiede, venendo verso di me e costringendomi a
guardarlo.
Io distolgo lo sguardo e posso
percepire il corpo di Jeph irrigidirsi.
- è stato lui vero? – chiede,
con tono duro.
Continuo a rimanere in
silenzio, perché…non so che dire.
Perché mi vergogno del fatto
che ho quasi 18 anni e non sono in grado di proteggere mia madre da un
ubriacone, e che anzi…c’è le prendo anche io.
Ma per lui il mio silenzio è
molto eloquente.
- Adesso basta…- sibila,
allontanandosi da me e prendendo il giubbetto di jeans abbandonato sul letto –
Gli faccio passare io la voglia di metterti le mani addosso a quello stronzo…-
dice, infilandoselo.
Io spalanco gli occhi e gli
corro incontro, fermandolo.
- Nono, Jeph! Per favore! Per
favore non fare niente! – esclamo, sentendo le lacrime premere per
uscire.
Lui si blocca e mi guarda
negli occhi. – Non può andare avanti così. E lo sai anche tu. Fin’ora non è
successo nulla di grave ma…non potete sfidare ancora così la sorte. Un giorno
potrebbe tornare e…farvi seriamente del male Quinn! – dice e posso sentire il
tono della sua voce cambiare mentre dice l’ultima
frase.
Poi mi prende il viso tra le
mani.
- Non so cosa farei se ti
dovesse succedere qualcosa…- sussurra sulle mie labbra, prima di baciarmi
dolcemente.
Ecco quello di cui avevo
bisogno. Solo le sue labbra per dimenticarmi del mio padrigno, della paura che
mi prende ogni sera quando penso che potrebbe tornare nuovamente ubriaco a casa
e farci del male, per dimenticarmi di quello che va male nella mia vita…per
dimenticarmi di tutto.
Quando ci stacchiamo le
lacrime scivolano incontrastate sulle mie guancie, bruciandomi sulla ferita.
Lui le raccoglie con
delicatezza.
- Vieni…dobbiamo
disinfettarlo. – dice, prendendomi il polso e portandomi verso il
bagno.
Prende il cotone e del
disinfettante per poi passarlo piano sul taglio.
- Ahio…fa male. – mi lamento.
Lui ridacchia.
- Ho quasi finito…- mi
assicura, tamponando un ultima volta. Poi prende un cerotto e copre la
ferita.
- Ecco fatto…- dice poi,
schiacciando sulle estremità per farlo attaccare meglio sulla
pelle.
- Grazie…- dico, facendogli un
piccolo sorriso.
Torniamo in camera e ci
sediamo sul letto.
- Jeph…mamma ha detto che è
meglio se dormo fuori stanotte. Posso rimanere da te o…- chiedo imbarazzato ma
lui mi interrompe.
- Sì, certo che puoi dormire
qui. Non ci sono problemi. – dice, sorridendomi dolcemente. Io ricambio. Dio
solo sa quanto lo amo.
- Allora che vuoi fare?
Rimaniamo qui o chiamiamo Bert e Bran? – mi chiede.
- Come vuoi. Per me è uguale.
– rispondo apatico, facendo spallucce.
Lui mi guarda preoccupato, poi
mi prende una mano.
- Chiamiamo gli altri. Hai
bisogno di essere tirato su di morale. – afferma, alzandosi dal letto e
portandomi con se.
Mezz’ora dopo siamo nel nostro
quartier generale, altrimenti chiamato: cantina di casa di Bert, che ormai è
diventata la sua camera.
C’è un divano che, anche se un
po’ vecchiotto, è molto comodo. Poi un tavolino pieno di fogli e di penne e i
muri completamente ricoperti da scritte e testi.
E in più ci ha anche messo un
vecchio frigorifero, perché un posto in cui tenere al fresco le birre ci deve
essere no?
Appena mi vede e nota il
cerotto mi guarda con uno sguardo duro, bloccandosi con la birra in
mano.
- è stato lui vero? – chiede,
ma non c’è bisogno di risposta e lo sa anche lui, quindi non l’aspetta
neanche.
- Brutto figlio di puttana…-
dice, lasciandosi cadere sul divano e portandosi subito dopo la bottiglia di
vetro alle labbra.
Bran non dice niente, si
limita solo a scuotere la testa e a prendere tre birre da dentro il frigorifero,
per poi porgercene due.
Ormai sono abituati. Quante
volte mi hanno visto con i segni delle sue mani sul corpo?
- Allora, che si fa? – chiede
quindi, sedendosi sul tavolino.
- C’è una festa. Nel pub di
Kevin e mi ha chiesto se potevamo suonare qualcosa. – dice tranquillamente
Bert.
- Se vi va…- aggiunge
poi.
- Cavolo si! e che aspettavi a
dircelo?! Sono settimane che non suoniamo! – esclama Jeph, strappandomi un
sorriso.
Quando si tratta di suonare
lui è il primo che acconsente senza neanche
pensarci.
Poi sarebbe davvero una
magnifica idea, così posso sfogare tutta la rabbia che sento dentro di me in
questo momento.
- Bene, allora è deciso. Si
suona. -
- Si suona! – esclamiamo tutti
in coro.
Poco dopo siamo nel pub di
Kevin, che ci viene incontro con un gran sorriso, rivolto soprattutto a
me.
Jeph sbuffa e distoglie lo
sguardo, io sorrido. Da quando Kevin ci ha provato con me, l’ultima volta che
abbiamo suonato qui, non lo può più vedere senza sbuffare come un treno a
vapore.
Quando ci dice di accomodarci
nel backstage che tra un po’ si inizia, do una leggera gomitata a Jeph e gli
faccio un sorriso rassicurante.
- La fai finita di fare il
geloso? – gli chiedo ironico.
- No, fino a quanto quello non
la smette di provarci così spudoratamente! – risponde a tono.
Io scuoto la testa. Che
stupido che è…ma mentirei se dicessi che non mi piace il fatto che sia così
geloso.
Poi cerco di smettere di
pensare a Jeph.
Dobbiamo andare c’è un
pubblico che ci aspetta.
Quando scendiamo dal palco
sono esausto.
Ho urlato con
Bert.
Ho saltato a destra e a manca
con la mia chitarra.
Ho suonato con tutta la rabbia
che avevo in corpo.
E ora…e ora mi sento come se
non avessi più nulla dentro.
Solo una
cosa…
Solo una cosa mi fa sentire
ancora vivo, mi fa sentire il cuore che batte prepotente nel petto.
Le braccia di Jeph che mi
cingono il corpo.
- Bravo amore. Sei stato
grande. – dice, prima di stamparmi un bacio sulle labbra. Io sorrido e ricambio
con piacere.
- Ehi voi due! La fate
finita?! Tutte queste smancerie…- ci riprende subito
Bert.
Bran ridacchia mentre si
infila il giubbotto di jeans.
- Tutta invidia Bert! –
esclama.
Io e Jeph scoppiamo a ridere
mentre il nostro cantante gli mostra il dito medio.
In quel momento si avvicina a
noi una ragazza molto carina che saluta noi con un sorriso e va subito verso
Bert.
- Ehi ciao. Volevo dirti
che…si, insomma…sei stato grande lì sopra. – dice, timidamente, indicando il
palco con il pollice.
A Bert gli si illuminano gli
occhi mentre percorre la ragazza con lo sguardo, quasi a volergli fare una
radiografia.
- Oh, ti ringrazio! – dice,
facendo il sorriso più sexy di cui è capace – Ti va se ti offro qualcosa al bar?
– chiede poi.
La ragazza sorride ed annuisce
soddisfatta, quindi Bert gli mette un braccio intorno alla vita e la porta verso
l’uscita del backstage, non prima di essersi girato verso di noi e di averci
fatto la linguaccia.
Bren rimane parecchio
sorpreso, mormorando “sempre il solito sculato”. Io e il mio ragazzo scoppiamo a
ridere scuotendo la testa.
- Sono stanchissimo. Andiamo a
casa? – mi chiede allora Jeph.
Io annuisco. – Si, andiamo. –
Quando torniamo a casa sua la
signora Howard è felice e dispostissima a farmi dormire da loro, mi mette anche
a disposizione la camera degli ospiti, ma Jeph, con un giro di parole e qualche
balla le dice che dormo con lui nella sua camera.
Saliamo velocemente le scale
ridendo di come sia riuscito a confondere sua madre e di tutte le stronzate che
ha detto.
Poi però torniamo seri e va
verso la porta, chiudendola a chiave. Torna verso di me e mi prende il viso tra
le mani baciandomi dolcemente. Bacio che si fa via via più profondo.
- Ti prendo qualcosa di
comodo…- mi dice, una volta allontanatosi da me. Va verso il suo armadio e ne
tira fuori dei vecchi pantaloni della tuta e una t-shirt di un nero scolorito,
ma quando la vado ad indossare mi accorgo di quanto sappia di lui, e penso che
non gliela vorrei più ridare indietro.
- Ti fa male? – chiede poi
Jeph mentre si libera dei jeans e infila una tuta. Io faccio correre lo sguardo
verso il suo viso per non guardare altrove, so già che arrossirei come un
bambino.
- No, non fa male. – dico,
scuotendo la testa.
Quando si cambia completamente
viene verso di me e mi fa sdraiare sul materasso, mettendosi poi accanto a
me.
- Dovete fare qualcosa Quinn…-
inizia, e da l’impressione che vorrebbe parlare ancora a lungo, così lo
interrompo.
- Lo so Jeph. Lo so. Ma ora
non parliamone ok? – dico, guardandolo con un mezzo sorriso. – Voglio solo
dormire un po’. Qui vicino a te. Al sicuro…- sussurro, accoccolandomi tra le sue
braccia.
- Con te mi sento al sicuro…-
bisbiglio ancora sul suo petto, mentre sento che le palpebre iniziano a farsi
pesanti.
- Lo sei. Con me sei al sicuro
piccolo. – mi assicura lui, mettendosi supino e chiudendomi tra le sue
braccia.
- Ti amo Quinn…- sussurra,
baciandomi i capelli.
- Ti amo anche io Jeph –
°°°
Il giorno dopo, quando mi
sveglio, mi accorgo che siamo ancora abbracciati. Penso che, durante la notte,
devo aver infilato una gamba tra le sue in cerca di calore e per questo, quando
mi muovo un po’, lo vedo aprire lentamente gli
occhi.
- Ehi…- bisbiglia, con la voce
roca.
- Scusa, non volevo
svegliarti…- mi avvicino,
posandogli un bacio sul naso.
- Non preoccuparti. Non sai
che darei per svegliarmi tutti i giorni in questo modo. – risponde, con un
sorriso furbo.
Io sorrido e lo bacio
dolcemente. È stupendo il mio Jeph appena sveglio.
- Devo andare ora…devo tornare
a casa. – dico poi serio, iniziando a muovermi nel
letto.
- Ma è presto! – si lamenta
lui.
- Devo andare a vedere come
sta mamma. E poi devo anche prendere i libri. Oggi c’è scuola. – dico,
alzandomi.
- Non ci vado oggi a scuola. E
neanche tu dovresti. Va a vedere come sta tua madre, poi torna qui
immediatamente. Non ti voglio in casa con quel figlio di puttana. – dice Jeph,
con tono duro.
- Accompagnami. – dico,
improvvisamente girandomi verso di lui. – Vieni con me. Non me la sento di
andarci da solo. – continuo, mentre le mie guance si imporporano.
Lui sorride – Si, sarei più
tranquillo anche io. – ed in un batter d’occhio si è alzato dal letto e si è
fiondato in bagno.
Grazie
Jephy.
Circa mezz’ora dopo siamo
davanti a casa mia. Faccio un profondo respiro e stringo forte la mano di Jeph
prima di infilare la chiave nella toppa e girare.
Appena entro vedo delle valige
all’ingresso, e mamma uscire dalla camera da letto subito
dopo.
- Quinn…tesoro. – dice,
venendo verso di me e abbracciandomi.
Quando si allontana fa una
piccola carezza a Jeph e gli sorride dolcemente.
- Mamma…che sono queste
valige? – chiedo, guardandomi intorno confuso.
- C’è ne andiamo tesoro.
Andiamo via di qui…- dice, guardandomi con quell’espressione che riusciva ad
infondermi calma anche quando ero nelle peggiori guerre
interiori.
Sorrido e faccio un respiro
profondo, che libera il mio petto dal peso con la quale avevo ormai imparato a
convivere.
Sento Jeph fare lo stesso al
mio fianco e cerca la mia mano, stringendomela
forte.
- Ti ho messo tutti i vestiti
nella valigia. Va a vedere se c’è qualcosa che devi prendere. – dice poi,
indicando la mia camera.
Ma a me non importa, tutto
quello di cui ho bisogno è qui, accanto a me.
Le due persone che amo di più
al mondo
Ora basta sentire il gusto
delle lacrime…è tempo di sentire il gusto dell’amore.