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Autore: LimoneMenta    28/12/2014    2 recensioni
Questa piccola cosina è ispirata al sergente Brandon Morgan e al fidanzato Dalan Wells, che ha accolto il militare di ritorno da una missione con un bacio appassionato subito ripreso dalle telecamere. Questo bacio, che io personalmente considero un gesto davvero ammirabile, ha fatto il giro dell'America ed ha aiutato moltissimi soldati omosessuali a capire che anche nell'esercito si può essere se stessi.
Tutto questo spiegone per dire che ho voluto rendere omaggio a questi due ragazzi per il loro gesto
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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My Soldier

«Allora, Dalan, Brandon ci ha parlato della vita di un soldato nella base militare. Tu hai voglia di raccontarci com’è, invece, la vita di coloro che aspettano il ritorno del proprio compagno? Com’è vivere senza avere più notizie del proprio partner?»                                   
Becca Huntow, una delle più famose giornaliste americane, si sposta sull’altro bracciolo della sua poltrona bordeaux e mi fissa con i suoi grandi occhi azzurri. La mano di Brandon, avvinghiata alla mia, stringe un po’ troppo la presa, come se volesse assorbire il dolore che provoca la domanda. Pochi comprendono cosa si provi in situazioni come queste, ma la gente deve sapere, deve capire cosa significhi essere un soldato o il suo compagno. Ecco perché ricambio la stretta di Brandon e inizio a raccontare.                                                                                                    «Be’, ecco... io posso parlare solo delle mie esperienze, perché credo che ognuno di noi viva questa cosa in modo differente. Per me è molto stancante: dopo che Brandon è partito, dormire diventa solo più... un ricordo fastidioso. La sera vai a letto, ti infili sotto le coperte e fissi il soffitto. Magari chiudi gli occhi, ma non dormi. Ti riposi, svuoti il cervello e scolleghi la spina, ma non dormi più. La tua vita si fa improvvisamente monotona e ripetitiva: casa, lavoro, casa. Casa, lavoro, casa. E da capo, ancora e ancora. È noioso, certo, ma è anche un modo per non pensare a cosa sta accadendo, per non cominciare a domandarti: “Cosa starà facendo? Starà bene? Avrà qualche problema?”                                                                                                           
Ma nonostante provi a non pensarci, a convincerti che vada tutto bene, in un angolino remoto della tua coscienza è già partito il countdown per il suo ritorno a casa. Ogni giorno la paura di non riaverlo più indietro, di ricevere solo più una medaglietta di metallo e un pezzo di stoffa si fa sempre più grande. È una sensazione orribile, che ti opprime il cuore finché non ti sembra di sentirlo scoppiare. Ma poi, all’improvviso, la paura cambia: è il momento in cui non manca più nessun giorno, più nessuna fottutissima croce sul calendario. Solo ventiquattro penosissime ore. E allora cominci a pensare: “E se non ci dovesse essere? E se qualcuno venisse da me e mi stringesse una spalla, scuotendo la testa? Cosa farò io? Cosa rimarrà della mia vita?”                                                                     
Vedi, quelle ventiquattro ore sembrano non finire mai, ma allo stesso tempo passano velocissime. E ne manca solo più una. Qui inizia il conto alla rovescia dei minuti: pensi a talmente tante cose insieme che non ne capisci neppure una; quella sensazione orribile che prima ti opprimeva il cuore, ora invade tutto il tuo corpo e tu non riesci più a stare fermo. Ovviamente il pullman su cui stanno tornando dall’aeroporto è in ritardo. Ma alla fine, quando finalmente lo vedi, non mancano più giorni, non mancano più ore e neppure minuti. Solo pochissimi metri di distanza, che elimini passo dopo passo, falcata dopo falcata. Ed eccolo lì. È fra le tue braccia. Ti stringe a sé, ti tiene in braccio e piange con te. Ti accarezza la testa, ti sussurra che ti ama e quel peso che sentivi sul cuore non c’è più». 
«A cosa pensi quando succede, Dalan?» Becca ha gli occhi umidi, la voce esce leggermente roca mentre pone la domanda.                                                         
Ma la mia risposta arriva sicura. «A due cose: la prima è che lui è davvero lì con me. Lo sento sotto le dita, sulla pelle, e non è uno di quei miraggi che intravedo in metropolitana o al supermercato. Lui è davvero lì. Ed è vivo. La seconda cosa che penso è che finalmente portò tornare a dormire come si deve. Niente più lacrime sul cuscino, niente più solchi nel pavimento alle due del mattino. Ho di nuovo qualcuno da stringere, un petto su cui poggiare la testa e riposare, un viso da vedere prima di chiudere gli occhi. Alla fine, interrompendo questo fiume di ragionamenti, Brandon mi bacia e io non penso più a nulla. Sorrido... e basta». Quando finisco di parlare mi accorgo di non essere riuscito a trattenermi. Sto piangendo, e la mano di Brandon che trema mi basta per capire che lo sta facendo anche lui. Una lacrima è caduta sul vestito verde smeraldo di Becca, che però la ignora e nasconde la bocca dietro una mano. Uno strano silenzio cala nello studio televisivo, ma non è fastidioso, anzi. Sembra quasi che il tempo si sia fermato.                                                                                                                     
Piango io.                                                                                                                            
Piange Brandon.                                                                                                                              
Piange Becca.                                                                                                                          
Piange gran parte del pubblico nello studio televisivo e piange persino uno dei cameraman. Dietro le quinte una truccatrice ha la fronte poggiata sulla spalla di un collega, un parrucchiere forse, che la abbraccia e nasconde la testa fra i suoi lunghi ricci. Le loro schiene sono scosse da violenti singhiozzi. Per quanto questo momento possa essere colmo di tristezza e di dolore, io sorrido. Sorrido a Brandon e lui sorride a me. 
Perché forse non tutti avranno capito cosa significhi essere un soldato o il suo compagno, ma da adesso tutti sapranno che a lottare si è sempre in due.

 

 

Image and video hosting by TinyPic Angolino Autrice:

Alloraaaaa.... che dire? Chi ha letto la presentazione del mio profilo sa che ho un fetish per i soldati, poliziotti e tutti coloro che indossano la divisa (ottantenni esclusi, però). Ho ammirato davvero molto il gesto di questi due ragazzi (Dalan Wells e Brandon Morgan) perciò ho deciso di render loro omaggio con questa cosina...                                               
Lasciate un commentino, se vi va, e mi farete mooolto happy! <3

  
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