Saalve, questa volta non scrivo della Pernico/Percico ma di un'altra coppia che adoro nel fandom di PJO, non in modo molto
romantico, purtroppo e soprattutto su Jason, di cui ho riportato dei possibile episodi della vita.
Be', stranamente
questa volta non ho nient'altro da dire, quindi buona lettura! Spero vi piaccia
c,:
Welcome to
my life
Molto
raramente anche Jason Grace aveva dei momenti vuoti, momenti
in cui non aveva nulla da fare, e gli piaceva riempire quegli spazi guardando
le foto degli anni passati, soprattutto di quando era piccolo. Quelli sì che
erano bei tempi! Sì, gli piaceva credere che si stava meglio
quando si stava peggio; infatti spesso si chiedeva se davvero fosse stato più
felice con il padre, ricco uomo d'affari, rispetto a come fosse stato con la
madre, prima che questa morisse. D'altro canto se quando era piccolo
la sua mamma spesso e volentieri era assente, sia di giorno sia di notte, aveva
pur sempre sua sorella Talia, che invece, quando
furono affidati al padre, scappò con la sua band per girare l'America, dopo due
anni di stentata convivenza. Ricordava perfettamente il giorno della sua fuga:
lui aveva tredici anni, lei già 18, un giorno di
giugno, mentre il padre era in viaggio, Jason si era affacciato alla sua
stanza, sorprendendola mentre preparava un borsone; il ragazzino capì subito le
sue intenzioni e rimase ferito nel profondo, non poteva credere che lo stesse
abbandonando dopo tutte le vicende passate insieme; quel giorno pianse, senza
provare a nasconderlo, cercò di far rimanere Talia a
tutti i costi, ma lei era irremovibile, allora le disse che sarebbe venuto con
lui, lei gli rispose che meritava di meglio e che da grande avrebbe capito,
proprio come loro madre gli diceva quando tornava a casa ubriaca. Si ricordava
benissimo il modo in cui la sorella gli passò una mano fra i capelli e gli
disse che non l'avrebbe mai abbandonato, aveva gli occhi lucidi, poi la vide
uscire di casa con il borsone su una spalla e il basso
sull'altra, sulla soglia lei gli sorrise e gli mimò con la bocca la parola
"scusa". Da quel giorno non la vide più, tuttavia Jason capì, col
passare degli anni, che Talia non gli aveva mentito:
lei non l'aveva abbandonato e soprattutto non l'aveva dimenticato. Gli scriveva
di continuo, sia SMS che mail, e gli mandava sempre le
foto dei posti che visitava. L'ultima che gli aveva inviato era di un ragazzo
biondo e molto alto, per certi versi somigliava a Jason, si trovava su una
spiaggia deserta, Talia gli aveva spiegato che era il
suo ragazzo, un fotografo, diceva che era quello giusto e Jason non aveva
potuto fare a meno di sorridere a quell'affermazione, visto
che lei gli ripeteva sempre che avere un fidanzato era assolutamente
inutile. Nel frattempo sua sorella doveva essersi trovata un lavoro, quando scappò non prese nessun soldo dal padre, non voleva avere
nulla a che fare con quell'uomo schifoso, e forse non aveva poi tutti i torti.
Il giorno dopo che Talia se ne andò, quando il signor
Grace tornò a casa dal suo viaggio di affari, o almeno così aveva detto ai
figli, venendo a sapere l'accaduto non rimase nemmeno tanto sconvolto, anzi,
rimproverò il figlio per il fatto che stesse ancora
piangendo, ignorando quello che aveva potuto passare.
Jason
sospirò e, alzandosi dal letto della sua stanza del college, si mise sulla
sedia girevole davanti alla scrivania, accendendo il laptop. Aprì una cartella
dal titolo "Tutte le nostre foto", non era mai stato un ragazzo
inventivo, o forse la colpa era del padre che non gli aveva mai permesso di
svolgere attività che stimolassero la fantasia, sostenendo che per diventare
ricchi non bastava saperseli immaginare, i soldi.
Le
prime foto ritraevano Jason che ancora era un neonato, la maggior parte in
compagnia della madre e Talia, alcune con altri bimbi
della sua età. Andando avanti con gli anni le foto con la mamma diminuivano e
se appariva non sembrava più la stella televisiva di
un tempo: la pelle candida era diventata giallognola, i bei capelli ricci
sembravano solo un groviglio rovinato e persino i suoi bellissimi occhi blu
sembravano spenti. Jason se la ricordava mentre si truccava pesantemente
davanti allo specchio in camera sua, una bottiglia di Martini sempre accanto.
A
seguire le poche foto del suo funerale, Beryl Grace
ormai era morta, così come la sua carriera lo era già
da molto tempo. Infine, con il padre, non ci fu quasi più nessuno scatto. Talia adorava fare fotografie, ma
il signor Grace la trovava solo un'inutile perdita di tempo; dunque se dagli
undici anni di Jason le loro foto erano diminuite, quando la sorella scappò di
casa per qualche tempo nessuno prese più in mano una macchina fotografica,
Jason perché veniva sempre riempito di impegni dal padre e quest'ultimo perché
trovava stupido cercare di lasciare una traccia di se stessi a tutti i costi.
Di quel periodo, le uniche immagini che aveva salvato
sul pc erano quelle che Talia
gli mandava. Gli scatti che lo ritraevano riapparvero quando andò al liceo e
conobbe i suoi amici: Annabeth, Leo, Percy e Nico. La maggior parte erano selfie
scattati fra di loro, molto ridicoli e divertenti. La
maggior parte di quel periodo erano di festini
organizzati di nascosto, fra cui le foto della festa dei suoi diciotto anni,
con la quale fece imbestialire il padre che voleva inserirlo nell'alta società
con una pomposa soirée al Plaza, mentre lui organizzò
una festicciola con pochi intimi sul tetto di casa. In quell'occasione conobbe Piper.
Jason
si lasciò cadere sullo schienale della sedia sospirando, strizzò leggermente
gli occhi quando la luce che filtrava dalle fessure delle tapparelle gli
illuminò il viso. Si spostò appena e premette la freccia destra sulla tastiera
per far proseguire le immagini. Dopo alcune foto di gruppo apparve enorme sullo
schermo uno scatto ingrandito e sfocato. Jason ridusse lo zoom finché la foto
non fosse chiaramente visibile: era una ragazza di profilo, indossava una felpa
grigia troppo grande per lei, i capelli erano sciolti e disordinati, doveva
essere stato un giorno ventoso quello; gli occhi della ragazza si vedevano
appena, ma il colore non sfuggiva, all'esterno erano di un verde tendente
all'azzurro, mentre verso l'interno di un castano miele. Era un'istantanea di Piper presa di profilo. Piper McLean era la figlia di un famoso attore, nonché il primo vero amore di Jason Grace. Gliel'aveva presentata Annabeth al suo
compleanno, l'aveva fatta imbucare alla sua festa, insomma. La prima volta che
la vide rimase ipnotizzato dai suoi occhi, gli sembrava che cambiassero colore
e molto stupidamente aveva creduto che fosse una vampira, ricordandosi di
quello che, anni fa, una sua amica gli aveva detto riguardo agli occhi
cangianti di Edward Cullen in Twilight.
Piper era una ragazza semplice, a volte un
maschiaccio, molto legata alle sue origini cherokee,
la famiglia paterna veniva da un clan di nativi americani. A Jason sembrava
riduttivo, ma se avesse dovuto descriverla con una parola
avrebbe detto "speciale". E lo era davvero, per lui. Purtroppo, però,
suo padre non era della stessa opinione. Sì, lei era ricca, ma non aveva il
titolo, ecco; per suo figlio ci voleva una ragazza dell'élite, non la figlia di
un sex symbol indiano per ragazzine. Cercò di
separare i due ragazzi in tutti i modi, finché, finito il liceo, spedì Jason
dall'altra parte dell'oceano, a Cambridge, in Inghilterra. Jupiter
Grace sapeva che suo figlio non sarebbe riuscito ad
imporsi, timoroso di perdere anche l'altro genitore, non si era mai ribellato
e, infatti, non lo fece nemmeno quella volta.
L'ultima
cosa che Jason disse a Piper, prima di partire, fu
"Tornerò a prenderti", ma in un anno intero ancora non l'aveva fatto.
Si sentiva un codardo, perché non ne aveva il coraggio, come sua sorella Talia, forse, che in tutti quegli anni, lettere a parte,
non era mai andato a trovarlo, mai una telefonata. Avevano entrambi paura che qualcosa
fosse cambiato, che l'affetto dell'altra persona nei loro confronti fosse
diminuito o addirittura svanito.
Jason
si teneva ancora in contatto con Annabeth e Leo,
entrambi iscritti all'università a Los Angeles, e spesso sentiva anche Percy e Nico che, diventati finalmente una coppia dopo anni
di problematiche, avevano deciso di prendersi un anno sabbatico e di viaggiare
insieme, tuttavia con Piper i rapporti si erano
affievoliti miseramente. Dopo un lungo periodo in cui si erano scambiati e-mail e telefonate, Jason lentamente perse la
speranza di rivederla, impegnato com'era con gli esami e pressato dal padre, e
piano piano tutte quelle promesse rimasero sospese
nel vuoto.
Jason
chiuse la cartella di fotografie e aprì una pagina internet. Sulla barra di
ricerca scrisse il nome della ragazza, non l'aveva mai fatto prima, ma
sicuramente il suo nome non era ignoto al resto del mondo. Subito apparvero
scatti istantanei fatti dai paparazzi, probabilmente lei non se ne era nemmeno
accorta, cercava di evitare tutto ciò che riguardasse la carriera del padre e
soprattutto gli eventi mondani a cui venivano invitati
ogni volta. Cliccò su una di quelle immagini, facendola ingrandire: era su un red carpet, alla prima di un film
del padre, non aveva un filo di trucco ma appariva comunque bellissima ed
elegante. Jason sbuffò immaginandosi in che modo Tristan
l'avesse convinta a parteciparvi, forse le aveva promesso un nuovo videogioco,
chissà.
Si
alzò dalla sedia stiracchiandosi, lasciando il computer acceso.. Pensò di andare a fare due tiri a football con Bradley,
il suo vicino di stanza, ma, aprendo le tapparelle, si rese conto che aveva
iniziato a piovere, come al solito.
Aveva
finalmente finito la sessione invernale degli esami, il che stava a significare che era libero, le sue vacanze natalizie erano
appena iniziate. Pensò a cosa avrebbe potuto fare, aveva messo da parte un bel
po' di soldi e di certo non gli dispiaceva far consumare denaro a quell'avaro
di suo padre, avrebbe potuto andare da Talia, ma lei non gli avrebbe mai detto dove si trovava, ne
era sicuro. Magari un viaggio in Europa, immaginò, gli andava bene tutto, gli
bastava uscire dalle praterie inglesi, tanto suo padre a Natale sarebbe
sicuramente stato invitato da qualche riccone, quindi gli sarebbe toccato
rimanere solo comunque. Grattandosi la nuca si girò verso la scrivania, la
schermata era ancora accesa sulla foto di Piper. Ecco
cosa doveva fare, doveva tornare a casa, a New York,
doveva cercarla. Sapeva che era la cosa giusta da fare, altrimenti non
l'avrebbe mai più rivista. In ogni caso, anche se lei gli avesse sbraitato
contro, sapeva che non si sarebbe tenuto il peso dentro, stava diventando
opprimente, sentiva il puro e genuino bisogno di parlarle, di toccarla, magari,
se lei non gli avesse cioncato la mano. Ordinò in tutta fretta un biglietto low
cost da Londra all'aeroporto Newark-Liberty
di New York, sarebbe partito alle 16:00 del giorno seguente e sarebbe arrivato
alle 11:00 in America, per una volta ringraziò il fuso orario, avrebbe dormito
in aereo, poi dritto a casa McLean. Si recò nella
segreteria della sua facoltà, doveva firmare prima delle carte, poi avrebbe
avuto tutto il tempo di preparare l'occorrente per la partenza.
Il
volo era stato abbastanza piacevole e, a differenza di come si era immaginato,
era sempre stato suggestionato dal padre che declassava i voli economici e
tutti coloro che ci viaggiavano, dicendo che il
servizio era davvero scadente e che le hostess per niente attraenti. Oltretutto
erano atterrati con una piena mezz'ora di anticipo. Non
aveva fatto imbarcare il bagaglio, aveva portato poco con sé, se gli fosse servito qualcosa sarebbe comunque potuto tornare a casa sua,
il padre non poteva impedirglielo.
Con
i mezzi, per arrivare da Newark a Manhattan, ci voleva almeno un'ora, se Jason
ricordava bene, ma non aveva calcolato il caotico traffico newyorchese, così,
alla fine arrivò a Central Park alle 12:40. Casa di Piper era nella sessantaquattresima strada di Madison
Avenue, dall'entrata principale di Central Park ci si
arrivava facilmente a piedi. Era una strada piacevole, spartita fra palazzi e
piccole case costruite a sé, quella dei McLean era
una di queste, si trovava quasi all'inizio della via, sulla sinistra. Jason
salì lentamente i gradini che portavano all'ingresso. Era rimasto tranquillo
per tutto il viaggio, ma in quel momento si accorse che le mani gli sudavano,
aveva i brividi. Sul campanello c'era ancora il loro cognome, abitavano sempre
lì, per fortuna. Chissà se Piper era in casa. Chissà
se, vedendo chi era, gli avrebbe aperto. E se avesse aperto il padre? Chissà
cosa avrebbe pensato di lui. Forse stavano pranzando? O forse avevano ospiti e
non era un momento opportuno? Tuttavia furono tutte domande futili, perché
Jason aveva ormai schiacciato il campanello, non sapendosi più cosa aspettare.
Era strano, Jason raramente si sentiva insicuro, sempre convinto di riuscire
pienamente in quello che faceva, mentre in quel momento voleva solo andarsene
via, tuttavia quell'attesa e tutta quell'indecisione straziante lo
appesantirono, quindi non fece in tempo a scappare che il portone si aprì.