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Autore: Juu_Nana    13/11/2008    2 recensioni
Dagli abissi della memoria riaffiorò un ricordo, un volto. Un numero. 21.
Conscio di doversi ricongiungere alla sorella, C-17 si rivolgerà proprio a 21, una giovane Cyborg dal passato oscuro pure a lui. Ma i due verranno trascinati in una battaglia che li vedrà prima nemici e poi alleati con Trunks, ormai prossimo alla partenza, ma che, dopo aver incrociato gli occhi di ghiaccio di 21 si vedrà costretto a prendere una scelta più che difficile.
Quella che da battaglia di sangue diventerà una battaglia di cuori sarà lo sfondo per nuove amicizie e sentimenti celati, mentre il giovane Trunks e il Cyborg numero 17 percorreranno un cammino decisamente fuori dagli schemi.
Genere: Generale, Romantico, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, Altri, Nuovo personaggio, Trunks, Vegeta
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Buona sera a tutti, non speravate più in un aggiornamento, dite la verità.
Scusate, ma non posso rispondere alle recensioni, ho il fiato del tempo sul collo e davvero non ho tempo... ringrazio di cuore tutti coloro che hanno letto e recensito gli scorsi episodi, continuate a sostenermi, vi adoro!!
Ora vi lascio, spero che il chappy sia di vostro gradimento, a presto! (Si spera)


Capitolo XXII - Notte d’Inferno


“Dove... dove sono?”
Il ragazzo si voltò su stesso, spaesato e confuso.
Era al centro di un enorme nulla nero e poggiava i piedi su una superficie che non c’era.
Provò a muovere un paio di passi.
Solo il rumore sordo gli comunicò il suo movimento, nient’altro.
“Bentornato in un allegro viaggio nella tua mente perversa” si disse ironicamente il ragazzo girando la testa di qua e di là nella vana speranza che succedesse qualcosa.
Indossava i suoi cari vecchi abiti, converse e calzini esclusi.
17 stava già iniziando a stufarsi di quel cavolo di posto, quando sentì un rumore alle proprie spalle, come una goccia d’acqua che cade con un lieve “plic” in un recipiente già pieno.
Si voltò, colto da una certa curiosità.
E si ritrovò a fissare una effettiva goccia d’argento che cadeva regolarmente e si infrangeva a livello dei suoi piedi creando piccolissime onde circolari, a pochi metri di distanza da lui.
Il ragazzo si avvicinò.
Fatti due passi sentì qualcosa di piacevolmente fresco sotto la pianta dei piedi e si ritrovò a creare anche lui delle lievissime onde quando compiva un passo.
Sbatté le palpebre un paio di volte, poi alzò le spalle e proseguì come se niente fosse, attratto irresistibilmente da quel cadere costante e continuo.
Ben presto potè vedere chiaramente il preciso punto di atterraggio della goccia e notò che un’immagine si stava iniziando a formare. Assottigliò gli occhi, nel tentativo di mettere maggiormente a fuoco, ma potè solo aspettare che l’immagine si definisse da sé.
Dapprima fissò con un certo interesse quell’intricato disegno che prendeva forma sotto i suoi piedi, poi, man mano che la definizione aumentava, la sua espressione iniziò a incupirsi e lo fece di più, sempre di più...
Fredde, grigi pareti di pietra si presentarono davanti ai suoi occhi,
Quel posto lo riconosceva troppo, troppo bene.
Sentì qualcosa serrarsi a livello dello stomaco, una sensazione opprimente e tutto fuorché piacevole. D’accordo, prima con Reika non era stato del tutto sincero, riusciva a ricordare... ricordava esattamente tutto ciò che sempre avrebbe voluto dimenticare.
Cioè, di sé non sapeva nulla fino a quando non aveva esattamente messo piede in quell’inferno.
Era buio, anche in quel ricordo... l’unica fonte di luce era una fioca lampadina che brillava sopra il corpo di un ragazzo che dall’espressione sembrava dormire serenamente. Non gli fu molto difficile riconoscersi in un lui più giovane di nemmeno di un paio d’anni.
Poi vide le sue palpebre tremolare e schiudersi, lasciando intravedere il colore del ghiaccio.

Nonostante il raggio sopra di lui fosse decisamente debole, gli dette un certo fastidio, come se fosse stato al buio per un lungo periodo di tempo. Scostò gli occhi, portandoli ad esplorare il resto della stanza. Non gli diceva nulla. Nulla.
Qualcosa non quadrava, anzi, non quadrava niente.
Si sforzò di ricordare qualcosa, qualunque cosa, ma dovette riconoscere che quel luogo era effettivamente l’unico posto che avesse mai visto.
Nella sua testa non c’era nulla.
- Ben svegliato, C-17 -
“C-17...?” si voltò con aria vuota e vide un uomo più vicino ai settanta che ai sessant’anni, con lunghi capelli e fitti baffi bianchi. Un’intricata rete di rughe correva sulla pelle abbronzata e incartapecorita dall’età. Saltavano agli occhi le sue iridi azzurre così chiare da confondersi con il bianco della coronide.
- C-17? - ripeté il ragazzo, non capendo.
- Sì. Ti sentirai un po’ scombussolato, immagino. Non preoccuparti, è normale. Vedi, tu ora sei un Cyborg -
“Un Cyborg?” forse la cosa avrebbe dovuto quanto meno stupirlo, invece non gli fece né caldo né freddo. Sollevò una mano, prendendo a ruotarla, in modo da fissarla in tutte le direzioni.
Che aspetto dovrebbe avere un Cyborg, un essere artificiale?
Evidentemente il suo, visto che quel vecchio di cui stranamente sapeva tutto gli aveva detto che lo era.
Però qualcosa continuava a non quadrare.
Per esempio... cos’erano quelle decine e decine di informazioni che galleggiavano alla deriva nella sua testa senza che avesse la minima idea di chi fossero in realtà?
Non seppe rispondersi.
Però tra tutti quei volti ce n’era effettivamente uno che gli dava una sensazione diversa.
Una ragazza, che gli assomigliava tanto, solo che aveva i capelli biondi.
Nome: C-18
Cognome: //
Età: 19
Sesso: femmina
Razza: Cyborg...
Le notizie continuavano su questo tipo, e all’apparenza non avevano nulla di diverso da chiunque altro.
Ma se richiamava la sua foto nella mente, sentiva qualcosa accendersi a livello dello sterno, un calore che lo scaldava tutto.
- Ora, vai, C-17, vai e distruggi Son Goku - la voce, stentorea, fredda e velata di impazienza, lo svegliarono bruscamente dalle sue meditazioni.
Forse, se quella voce non gli avesse risvegliato una stretta allo stomaco che prima non c’era stata, sarebbe davvero andato a uccidere quel tipo, anche solo per avere qualcosa da fare.
Ma quell’annodamento di viscere lo bloccò.
Alzando le iridi fredde su quel volto, quella sensazione si accentuò.
Era sgradevole, molto sgradevole, lo infiammava, ma in modo diverso rispetto alla figura di C-18.
Provava un forte, fortissimo desiderio di fargli del male.
E perché non assecondare quella malsana fantasia?
Rialzò il braccio che aveva appena abbassato e con uno scatto fulmineo si ritrovò sotto le dita la gola fragile del vecchio.
- Guardarti in faccia non mi piace, è una brutta sensazione  -
Disse con tono ateo di fronte all’espressione sconvolta della vittima.
- Quindi ti levo di mezzo, così magari mi sento meglio -
Se in quel momento fosse stato a parlare del tempo, la sua espressione calma e fredda o la sua voce tranquilla e vuota non sarebbero cambiate.
Accentuò la presa, desiderando farla finita alla svelta. Il vecchio sotto di lui reagì con un’esclamazione soffocata. Il giovane Cyborg prese a fissarsi in giro di nuovo, incuriosito da quello strano mondo che lo circondava.
Così facendo non notò le disperate movenze del dottore mentre avvicinava le mani.
E non notò il telecomando che teneva nella mano destra.
Però sentì eccome i suoi muscoli fermarsi di botto, le giunture farsi molli come burro, l’espressione diventare quella di una bambola.
- Uff, evidentemente cancellare i ricordi dal primo all’ultimo non è stata una bella idea. Così diventano burattini privi di anima legati alle sensazioni della loro vita passata - sentì pronunciare, mentre un rumore che gli comunicò che il vecchio stava passando una mano sulla gola per smorzare il dolore e il formicolio.
Allora non era ancora inattivo del tutto.
- Esperimento fallito. Proverò a impiantargli qualcosa, poi riproverò -
Poi, buio totale.

- Tsk - fu lo sprezzante commento del “nostro” 17 quando null’altro che il buio si vedeva nel riflesso. Era strano ripensare a quei rari momenti in cui Gero lo riattivava per delle prove.
Dopotutto è assurdo, no?
Ricordare momenti in cui non si era in possesso di ricordi.
Ma il fatidico gocciolio riprese in quel momento, lavando via quel nero di tenebra man mano che venivano a formarsi quei cerchi d’acqua e altre forme venivano sostituite alle vecchie.
- Eh, no -
17 si alzò in piedi prendendo a fissare con sguardo infastidito le immagini che andavano definendosi.
- Non ho la minima intenzione di starmi a vedere un altro simpatico spezzone della mia vita rose e fiori, grazie -
Voltò le spalle allo specchio d’acqua e dopo aver ficcato una mano in tasca sventolando l’altra a mo’ di saluto, prese a camminare, supponendo nella direzione da cui era venuto.
- Bye bye - disse sarcastico dopo aver mosso un paio di passi, un attimo prima di ficcare anche l’altra mano in tasca con fare scocciato.
Fu a quel punto che ebbe una spiacevolissima sensazione a livello dello stomaco, come quando si manca uno scalino scendendo le scale.
Ed ecco...
Tornato per due notti di fila in quel posto da incubo.
L’isoletta sperduta circondata da uno stupendo mare cristallino.
Opportunamente abitata da una disgustosissima cicala a pois...
Forse non dovrei farci dell’ironia, soprattutto contando che il povero 17 era sbiancato trovandosi lì all’improvviso, quindi magari potrei piantarla...
Credo davvero che lo farò, visto che siccome sono sicura che finita questa storia il nostro caro Cyborg vorrà sicuramente farmi la pelle (perché gliene mancano ancora, da passare...) e ci terrei davvero a evitare che la sua vena sadica venga ulteriormente stimolata e che mi degni di una morte rapida e meno dolorosa possibile.
Dunque...
Il moretto non riusciva a vederlo, ma sapeva che Cell era lì, lo sapeva.
Sfilò subito le mani dai jeans e prese voltarsi attorno terrorizzato, mentre già sentiva le prime gocce di sudore fare la loro comparsa sulla sua fronte.
Se fosse comparso anche stavolta, non si sarebbe fatto battere, sarebbe rimasto fermo al suo posto, non si sarebbe distratto. E l’avrebbe fatto a pezzi.
- Ciao -
Con uno scatto 17 voltò la testa, per andare a incontrare due iridi magenta sottili come quelle di un gatto, due guance incavate, un orribile ghigno tronfio.
Trattenere un urlo in gola fu un’impresa impossibile, mentre il ragazzo balzava in avanti, portandosi a una certa distanza, con l’espressione terrificata di chi si sente in trappola.
Tranquillissimo, l’essere davanti a lui alzò il collo che aveva teso in avanti per sussurrargli il saluto nell’orecchio, prima di incrociare le braccia sul petto.
La coda ritta dietro di lui ondeggiò, moscia, prima di irrigidirsi di scatto e puntarsi verso di lui come un animale che ha fiutato la preda.
- Allora? Cosa vogliamo fare, 17? Vieni, no? Compiamo anche stanotte ciò che tu hai lasciato accadere -
Impercettibilmente Cell avvicinò la lunga appendice.
- N-no...! Non... non voglio! -
17, negò meccanicamente un paio di volte, non riuscendo nemmeno a chiudere le labbra secche tanto era spaurito.
Indietreggiò di un paio di passi.
E iniziò a tremare.
Tremare forte.
Deglutì a vuoto, mentre la sua fronte veniva solcata da gocce di sudore troppo grosse per rimanersene ferme al loro posto.
Cell sciolse le braccia e le portò rasenti ai fianchi, senza cancellare per un secondo il sorriso che fino ad allora non aveva minimamente modificato.
- Perché no, scusa? Dai, diventiamo di nuovo una cosa sola così poi posso assorbire la tua amata sorellina, distruggere questo squallido pianetucolo fin dalle sue fondamenta e disintegrare una certa stanzetta nascosta sotto un anonimo laboratorio... - qui il mostro si interruppe per una pausa ad effetto.
- Reika... - boccheggiò la povera vittima senza essere in grado di dare ascolto al cervello e mettersi a correre con tutte le sue forze in direzione opposta a quell’obbrobrio della natura.
- Sì, C-21. Poi, farò saltare per aria tutti quei patetici guerrieri da quattro soldi. Trunks in primis -
Nonostante la critica situazione, il Cyborg credette che il pensiero di un Trunks a terra morente avrebbe in minima parte sollevato il suo animo in tumulto, ma stranamente la cosa non gli provocò che un, seppur leggero, aumento del disagio interiore.
L’androide indietreggiò di un altro passo.
E Cell ne mosse uno in avanti.
Senza dir nulla, la sua coda ebbe una lieve contrazione, poi si allargò nella sua forma ad ombrello.
Fu allora che le gambe del moro cedettero e il loro proprietario si ritrovò con la schiena per terra, iniziando a indietreggiare strisciando, senza essere in grado di mettere insieme un pensiero che non fosse “Aiuto!”
- Sei assolutamente patetico - lo riprese con tono ironico Cell senza smettere di avvicinarsi.
- Guardati: tremi come una foglia davanti a me che non sono che uno stupido incubo e pretendi di essere in grado di proteggere le persone a te care -
Ben presto, la sua ombra andò a oscurare la figura terrorizzata di 17.
- Davvero, mi fai pena - disse fermandosi troneggiando sopra di lui che non aveva nemmeno più la forza di ritrarsi, solo di fissarlo con la bocca e gli occhi spalancati dal terrore.
- Credo che ti verrò a trovare ogni sera, finché non ti deciderai a mostrarmi un po’ di bile e non la smetterai di comportarti come un idiota essere umano di terza classe -
Dicendo queste parole, alzò la coda verso il cielo, oscurando il sole.
Probabilmente fu quest’ultimo gesto che risvegliò i muscoli del ragazzo moro, facendogli stringere i denti, mentre un po’ di determinazione si delineò sul suo volto.
Così, quando quel coso gli si abbatté addosso, ebbe i riflessi di buttarsi di lato e evitare la presa. Rotolò su un fianco, dopodiché prese a correre, correre, correre.
Fuggire.
“Dannazione, quel mostro ha anche ragione, non posso farmi atterrire così da una stupida illusione” il rumore dei suoi passi sulla roccia prese a martellargli nelle orecchie.
“Sì, lo affronterò, ma stanotte, davvero preferisco scappare” si disse, disgustandosi da solo per la propria meschina figura e chiudendo gli occhi dalla stizza, senza smettere di correre e continuò a farlo, senza fermarsi.
Però non notò un dettaglio: non incontrò mai l’acqua che teoricamente avrebbe dovuto bagnargli i piedi, viste le piccole dimensione dello sputo di terra dove era fino a pochi attimi prima.
Corse, corse e corse, senza pensare a null’altro se non a metterci quanto più impegno possibile.
Infine, si decise a socchiudere gli occhi, schiacciato dalle proprie paure che lo stavano facendo uscire di testa.
Era buio, di nuovo. Prese a rallentare, per poi fermarsi del tutto.
Non era certo stanco, il suo essere un androide non glielo permetteva.
Si strinse nelle spalle e abbassò la testa, vergognandosi di se stesso e della sua stupida fuga.
Dannazione, di sicuro lo avrebbe fatto di nuovo ogni volta che sarebbe riapparso il suo orrido muso verde, ne era sicuro.
- E cosa otterresti dallo scappare sempre? -
17 risollevò il capo, colto alla sprovvista, coi sensi nuovamente tesi al limite dello spasimo.
- Può anche darsi che l’assorbimento ti abbia decisamente annientato e la cosa è anche comprensibile, ma non per questo devi iniziare a scappare da tutto ciò che ti si para davanti - la voce di Cell riecheggiava in modo sinistro in quello strano posto assurdo.
- I- io non scappo da qualunque cosa! Vegeta e Trunks li ho affrontati, no?! - urlò l’androide ai limiti dell’isterico cercando di localizzare il nemico.
Mai passata una notte più infernale di quella...
- Ma lì non hai avuto scelta. O reagivi o saresti stato eliminato subito dopo C-21. è altruismo, questo? -
- Cosa staresti insinuando? Che sono uno schifoso ipocrita che pensa solo alla propria pelle?! -
Calò una pausa di silenzio, in cui il povero Cyborg riuscì ad alleviare in minima parte la tensione dei nervi.
- Chissà... - la risposta enigmatica dell’insettone irritò sensibilmente 17, che iniziò a disperare di risvegliarsi.
- Comunque, credo davvero di averne avuto abbastanza, per stasera... su, C-17, ormai è l’alba -
C’era un che di sinistro in quell’ultima frase, che fece correre al ragazzo un brivido lungo la schiena.
Poi, di nuovo.
Il colpo, il risucchio.
Il vuoto.
L’urlo.
E il risvegliarsi di soprassalto nel letto, scosso da incontrollati tremiti di terrore.
Madido di sudore e ancora decisamente frastornato, l’androide, lottando contro se stesso per calmare il fiatone, si girò attorno mettendo a fuoco la stanza al primo piano della Capsule Corporation.
 Stordito, si passò una mano sulla fronte chiudendo gli occhi, e già facendo questo iniziò a sentirsi meglio.
Una luce azzurrina permeava nella stanza, chiaro segno che Cell aveva visto giusto nell’annunciargli la fine della notte.
Già, Cell...
17 si rincantucciò su se stesso, stringendo le ginocchia al petto e poggiando nel loro incavo il mento.
“Piuttosto che passare un’altra notte come questa non dormo più per il resto dei miei giorni, tanto non mi serve...”
Chiuse gli occhi, ripensando al ghigno sadico della cicala troppo cresciuta.
“Non riesco a credere che quel mostro stia diventando la mia coscienza” si disse dopo un po’ riuscendo a calmarsi. Voltò lo sguardo e andò a posarlo sul cielo che andava schiarendosi.
E pensò che magari il sorgere del sole lo avrebbe distratto.
  
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