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Autore: NottingHill    30/12/2014    2 recensioni
«Vuoi qualcosa da bere mentre aspetti Derek? E’ per lui che sei qui, giusto?»
No, sono qui per te. Perché ovviamente sapevo che saresti tornata dopo mesi senza dire una parola, perché sono io il veggente e non Lydia, e sì, cercavo te. E trattenne un risata, alla fine dei suoi pensieri sarcastici, perché se lei non se ne fosse mai andata forse lui sarebbe davvero stato lì per lei.
[...]
«Mi hai detto: La prossima volta che metterò le mie labbra sulle tue, farai meglio ad essere sveglia. Non ho mai smesso di pensarci.»
«Lo so, è stata un ottima battuta. Vorrei quasi che ci avessero ripreso.»
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cora Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Why did you left?

Cora stava passeggiando avanti e indietro per l’appartamento di Derek, che un tempo era stato anche il suo. Sentiva in giro, predominante, l’odore del fratello, ma c’era una coperta nella stanza, appoggiata su una piccola poltrona nell’angolo, in cui riconosceva ancora il suo.
Era stata via per mesi. Si chiedeva se qualcuno si ricordasse anche solo vagamente di lei, se qualcuno si chiedesse che ne fosse stato della sorellina minore del lupo sempre imbronciato. Non che le importasse effettivamente cosa dicevano di lei, non era quel genere di persona, ma sapere di aver lasciato una piccola impronta nel mondo l’avrebbe confortata. Era tornata in Sud America perché Derek credeva che lì fosse più al sicuro, ma non si era mai sentita a casa, e comunque le importava poco di chi conosceva lì. La sua casa era a Beacon Hills, e anche quel che restava della sua famiglia.
Si sedette sul divano e chiuse gli occhi, pronta a riaprirli quando Derek sarebbe tornato a casa e l’avrebbe trovata lì, ancora. Si sentivano, ogni tanto, ma non era riuscita a convincersi a confessare che quella piccola cittadina le mancava, che non si trovava più bene in Sud America, che non le bastava più. Ironico quanto una comunità così piccola le desse più soddisfazione della vecchia grande città in cui si era rifugiata per anni, quando tutti la credevano morta.
Era quasi tentata di girarsi di scatto e urlargli “Sorpresa! Sono a casa!” come avrebbe fatto la bambina che era stata dieci anni prima, ma in fondo era una Hale, perennemente perseguitata dal desiderio di mostrare i denti aguzzi a chiunque dicesse la cosa sbagliata al momento sbagliato. Non erano fatti per essere espansivi, non erano fatti per le parole. La durezza dei loro occhi e del tratto della loro bocca parlavano da soli.
Quindi, quando udì una macchina fermarsi in strada, non si preparò ad accogliere il fratello correndogli incontro, piuttosto lasciò che i suoi lineamenti si addolcissero e la bocca si piegasse in un piccolo sorriso. Ma aveva smesso di prestare attenzione, non era più la parte di lupo che dominava in lei in quel momento, non era la parte che fiuta e ascolta tutto ciò che può; era la parte umana, emozionata perché avrebbe rivisto il fratello, che aveva preso il controllo.
E quando dalla porta invece di Derek spuntò Stiles, la sorpresa sul suo viso era autentica. 
Come aveva fatto a confondere il rombo fastidioso della Jeep blu di Stiles con le fusa che faceva la Camaro? Doveva smetterla di farsi tradire dai sentimenti, e se fosse stata la macchina di qualcuno meno innocuo? 
Questi erano i pensieri che si affollavano nella mente di Cora mentre Stiles si sfregava gli occhi ostentatamente, facendo finta di chiedersi se fosse un sogno o se fosse davvero tornata.
«Ehi! Uhm… quindi, la fuggitiva è tornata al nido?» chiese lui, per poi aggiungere «Volevo dire “alla tana”, ma poi ho pensato che sei la sorella di Derek e probabilmente mi avresti tirato un pugno.»
Tipico di Stiles, fare battute idiote e rendersene subito conto. Però ebbe l’effetto opposto, invece di tirargli un pugno Cora si aprì in un sorriso, un sorriso vero e raro, perché nonostante normalmente si sarebbe rannuvolata, lui era il caro e vecchio Stiles, ed era parte di quella che chiamava casa.
E lui sorrise di rimando.

***

Stiles era agitato. Cora era l’ultima persona che si aspettava di trovare in casa di Derek. Al diavolo, era l’ultima persona che pensava di rivedere sulla faccia della terra. 
E, sotto sotto, era anche arrabbiato perché lei se n’era andata. Era andata via senza dire una parola a nessuno, senza ringraziare per averle salvato la vita, e senza dargli la possibilità di parlarle ancora una volta.
Sì, lo aveva ferito, e credeva davvero che gli fosse passata. Scott si era accorto che non aveva preso troppo bene la partenza di Cora, ma dopo un po’ avevano semplicemente smesso di parlarne, ed entrambi avevano pensato che non importasse più rivangare il passato.  
Nei primi tempi aveva voluto parlarle, aveva voluto restare in contatto con lei, in fondo erano diventati amici. Aveva anche provato a scriverle una lettera, una volta, ma comunque non conosceva l’indirizzo a cui spedirla e Derek lo avrebbe solo guardato storto se avesse provato a chiedere.
«Vuoi qualcosa da bere mentre aspetti Derek? E’ per lui che sei qui, giusto?»
No, sono qui per te. Perché ovviamente sapevo che saresti tornata dopo mesi senza dire una parola, perché sono io il veggente e non Lydia, e sì, cercavo te. E trattenne un risata, alla fine dei suoi pensieri sarcastici, perché se lei non se ne fosse mai andata forse lui sarebbe davvero stato lì per lei.
«Uh, sì, giusto. Del the?»
«Controllo, ma sono abbastanza sicura di aver lasciato qui del the verde, che Derek odia, quindi non l’avrà toccato.» Ma si bloccò un attimo, ricordando anche lei che se n’era andata senza una parola. C’era solo una domanda che aleggiava tra loro e che probabilmente nessuno dei due aveva il coraggio di mettere in tavola.
«Non so bene quando Derek tornerà, non sapeva che sarei arrivata e non ho idea di dove sia. Mi dispiace. Io… posso dare una mano?»
«Non ti preoccupare, ero venuto solo perché Scott ha bisogno di lui, e non risponde al telefono, ma non ho ben capito per quale motivo. Cose da lupi immagino. Io avevo da fare, prima, e non ho chiesto i dettagli. Niente di troppo importante, credo.» Aveva iniziato a parlare veloce, inciampando sulle sue stesse parole, come faceva ogni volta che aveva dei pensieri per la testa. Era un po’ ridicolo, ma altrimenti non sarebbe stato Stiles.
Dopo qualche minuto Cora gli mise in fronte una tazza piena di liquido verde, caldo e profumato, mormorando un “ecco”, e tenne la sua in mano. L’etichetta della bustina le sfiorava le dita.
Lui avvicinò la tazza bollente alle labbra.
«Attento a non…» ma le sue parole furono coperte da Stiles che imprecava, perché si era scottato la lingua. «…bruciarti.»
La fulminò con lo sguardo, posando la tazza e passandosi il dorso della mano sulla bocca. «Non ridere!»
«Hai ragione, scusa. E’ che la tua espressione…», rispose lei, mentre si metteva una mano davanti al viso per trattenere una risata.
«Se vuoi posso scottarmi anche io e siamo pari» offrì lei.
«Ah, lascia perdere. Scommetto che con la guarigione super veloce non faresti neanche in tempo a sentire il dolore. Poveri umani, costretti a sentire la scottatura per giorni. Ecco una cosa che vi invidio.»
Ma lei bevve comunque, fece una smorfia e deglutì. E Stiles parve soddisfatto.

***

«Sai, me lo diceva sempre anche mia madre. Di non scottarmi col the, intendo.» Parlava guardando la tazza, seduto al tavolo della cucina e giocherellando con le mani.
Cora prese posto di fianco a lui, a capotavola, e gli mise una mano sulle sue, fermando il movimento frenetico.
«Mi dispiace tanto Stiles, per tua madre. So che è passato del tempo, ma anche io ho perso la mia e certe cose non passano mai.»
«Perché te ne sei andata?»
Cora ritrasse la mano, sorpresa dal cambio improvviso delle conversazione. E così, finalmente, c’erano arrivati. Sinceramente, credeva che ci avrebbero messo più tempo, parlando d’altro o lasciando morire la conversazione con silenzi imbarazzati.
«Come?» chiese, perché non sapeva cosa rispondere.
Lui alzò lo sguardo e puntò gli occhi dritti in quelli di lei, senza lasciarle scampo.
«Perché sei andata via? Ma, più di tutto, perché senza dire una parola? Perché senza salutare? Io… non ti capisco. Credevo fossimo diventati amici. Ma gli Hale non hanno amici giusto? Sanno stare solo per conto loro.»
Scosse la testa e iniziò a scostare la sedia dal tavolo, come per andarsene. Si alzò, e di riflesso lo fece anche lei, chiedendogli di non andarsene.
Cora si passò una mano sul viso, una lacrima solitaria si era fatta strada sulla guancia accaldata.
«Mi è… mi è sembrato più facile così. Volevo scrivere, volevo…» fece un respiro, ormai aveva tutta la sua attenzione e doveva tirar fuori tutto quello che aveva pensato in quei mesi, ora o mai più. «Pensavo mi avreste dimenticata in fretta, nessuno ha mai fatto molto caso a me, nessuno ha mai voluto davvero avermi vicino. Il problema è che sta volta ero io a voler essere ricordata, ed è stata la parte più spaventosa. Andandomene sarei stata libera, non avrei avuto legami e non sarei rimasta ferita quando non avreste richiamato. Le persone come me scappano prima di rimanere scottate.»
«Santo cielo Cora!» esplose lui, lanciando le mani in aria, facendola sussultare, e poi passandosele sul viso, come se stesse riflettendo. «Non capisci, vero? Per noi eri importante. In un mondo sovrannaturale ogni persona che conosce il nostro segreto è una specie di migliore amico, qualcuno a cui non si nasconde nulla… ci stavamo fidando.»
Lei annuì, in parte delusa dalla spiegazione e in parte sollevata perché la sua rabbia si stava smontando. Aprì la bocca per scusarsi, per aggiungere qualcosa, ma lui la precedette: «Ma quello che davvero non sai è che io… io mi stavo innamorando di te. Ecco, l’ho detto. E ora non si torna indietro, no.»
Lui si zittì per un secondo, una mano stretta a pugno lungo il fianco. E poi riprese: «Non sai quante volte ho pensato di scriverti, ma non sapevo dove abitavi. Per mesi ho pensato a te, chiedendomi dove fossi e cosa stessi facendo. Mi sono addormentato pensando a quando ti ho salvato la vita.»
«Mi dispiace che tu abbia passato tutto questo, davvero. A-anche io volevo parlarti.» La voce le si spezzò, e un altra lacrima conquistò terreno sul suo volto.
«E la parte peggiore è che credevo di averlo superato. Ho incontrato una ragazza, ho aiutato mio padre con i casi… non ti pensavo da settimane. E poi torni, ed è tutto come prima. Io che non riesco a tacere quando dovrei, e che sono qui in piedi a parlarti di quanto mi importa di te e del fatto che, beh, che ti amo. Sì, Cora, io ti amo. Credevo di farcela, ma poi bum, rispunti e non posso più negare nulla. Neanche a me stesso.»
Lei sorrise e smise di piangere.
«Sai una cosa Stiles? Quando mi hai salvata, ricordi cosa mi hai detto?» lui la guardò, confuso. Non tanto per le parole che le aveva detto, perché non avrebbe mai potuto dimenticarle, ma perché non capiva dove volesse andare a parare.
«Mi hai detto: La prossima volta che metterò le mie labbra sulle tue, farai meglio ad essere sveglia. Non ho mai smesso di pensarci.»
«Lo so, è stata un'ottima battuta. Vorrei quasi che ci avessero ripreso.» Sembrava divertito, ma il suo tono rasentava l’ironico, come se pensasse che lei lo stesse prendendo in giro. 
Lei alzò gli occhi al cielo e riprese: «Volevo solo dire che ora sono sveglia, ma magari non ti interessa.» La sua voce si era abbassata fino quasi ad un sussurro, ma lei gli si era avvicinata, quindi l’aveva sentita benissimo.
Il viso di Stiles cambiò colore, da pallido e sofferente divenne rosa acceso e una scintilla di comprensione gli accese gli occhi.
«Vuoi dire ora ora
Lei si alzò in punta di piedi, sondando la sua reazione, e i loro nasi si sfiorarono. Stiles le mise le mani sui fianchi, avvicinandola a sé. I loro corpi ormai si toccavano completamente.
«Ora.» sussurrò sulle labbra di lui, appena prima del loro secondo bacio. 
E non sarebbe stato l’ultimo.

  
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