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Autore: Niji Akarui    30/12/2014    2 recensioni
Finalmente era giunto quel giorno, nel quale avevo sperato sin da quando ero un infante, mi trovavo innanzi all’imponente edificio della TS Entertainment, la nota casa discografia coreana.
Da quando avevo perso i miei genitori la musica era diventata la mia unica ragione di vita, ballavo intere giornate per non parlare del canto, anche se lo trovavo parecchio stancante preferivo passare la notte in bianco a studiare pur di potermi allenare in ciò che mi piaceva durante il giorno.
Fortunatamente i miei zii non mi hanno mai impedito di fare ciò, infatti era anche un desiderio dei miei genitori, volevano vedermi cantare s’un palco innanzi a migliaia di fans.
Presi un lungo respiro e mi diressi verso l’entrata, quando poi le porte automatiche si aprirono fu come se il cuore avesse deciso di seguire un ritmo tutto suo, improvvisato sul momento.
Camminai per i vari corridoi che mi avrebbero condotto nell’ufficio del presidente...
Genere: Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cuore continuò a battere ancora all’impazzata durante il tragitto che ci distanziava dall’agenzia, Yongguk aveva tentato di calmarmi ma la cosa non gli era riuscita per nulla.

Non riuscivo ad immaginare altra ragione per la quale mio nonno sarebbe dovuto venire a Seoul se non per me, avrei preferito vivere nell’ignoranza finchè non me lo fossi trovata di fronte, che aspettare con le mani legate in attesa di una sua mossa, con lui tutto sembrava ridursi a una partita di scacchi in cui la fortuna non aiuta, ma solo l’astuzia può salvare le vite dei propri pezzi.

Tremavo al solo pensiero di dover lasciare tutto quello che in quei pochi mesi mi ero ritrovata a stringere frale mani, due settimane dannazione, solo due settimane e il 29 gennaio sarebbe arrivato e con lui i miei diciotto anni e l’assoluta libertà da ogni vincolo che potrei mai aver avuto con un mostro simile.

Invece quella dannata ordinanza era scaduta troppo presto, quattro anni non bastavano a farmi dimenticare le percosse, gli insulti le notti gelide passate in quello sgabuzzino senza riscaldamento e dove a malapena c’era un letto e una scrivania.

Non avevo nessuno e nessuno avrei mai avuto se fossi rimasta con lui, invece ora che avevo tutto lui me lo avrebbe portato via ed io non potevo sopportarlo.

Arrivammo alla TS in poco, aveva guidato Yongguk poiché conscio del rischio che avremmo corso se dopo una notizia simile mi fossi rimessa al volante.

Scesi dalla moto e non ebbi nemmeno il tempo di sfilarmi il casco che le gambe mi cedettero, Bang mi afferrò al volo mettendomi un braccio intorno al fianco e stringendo spaventato.

Le forze erano come scomparse, non mi ero nemmeno resa conto che, in quei dieci minuti in cui avevamo percorso il tragitto che ci distanziava dall’agenzia, la mia mente aveva già creato un immagine di quello che sarebbe potuto essere il mio futuro se solo mio nonno mi avesse portato via.

E il terrore era divenuto tutt’uno con la mia carne, col mio respiro affannato ed anche con le lacrime che silenziose ed amare mi rigavano il volto.

-Tranquillo Shin troveremo una soluzione- Bang riprese a consolarmi, ma le sue preoccupazioni non facevano altro che ferirmi ancora di più, poiché a breve le avrei perse tutte.

Tirai su col naso e strinsi i pugni appellandomi alla poca forza che ancora non si era separata da me, lasciai le braccia di Yongguk, che fino ad allora mi erano sembrate il miglior nascondiglio –no hyung! Io troverò una soluzione , non mi farò più maltrattare da quell’uomo, e poi non ha ancora il mio affidamento!-.

Cercai in me anche solo una briciola di sicurezza, ma miseramente non ne trovai, eppure sapevo che avrei potuto o meglio dovuto contare solo su me stessa, quella che stava per iniziare sarebbe stata una guerra senza esclusioni di colpi e sapevo perfettamente che mio nonno era abilissimo a mirare al cuore.

La giornata trascorse lentamente, non riuscivo a concentrami bene su quello che facevo, non cercavo nemmeno delle scuse per discolparmi, chiedevo scusa e ritentavo il passo di una coreografia oppure ripetevo una canzone fino allo sfinimento, il mio istruttore di canto mi chiese anche se avevo scritto un altro pezzo della canzone che sarebbe stata il mio primo singolo ma gli dissi che me ne ero dimenticata e che al più presto avrei provveduto.

Youra ancora non sapeva nulla della sconcertante verità che avevo appreso giusto quella mattina e che ancora non riuscivo a metabolizzare, se lo avesse saputo di certo avrebbe provato a mettersi in mezzo per proteggermi come quando eravamo bambine, ma quello non era un gioco dal quale ne sarebbe potuta uscire indenne, e io non volevo che nessuno delle persone che ora amavo si facesse male.

Raccolsi le mie cose e le sistemai in borsa poi, andai a farmi una doccia veloce negli spogliatoi prima che i B.A.P. finissero i loro allenamenti.

Mentre l’acqua mi bagnava il corpo con innumerevoli goccioline il mio cuore prese a battere all’impazzata, sentii il respiro spezzarsi, annaspai, la testa mi girava vorticosamente, tentai di trovare un appiglio ma caddi sul pavimento della doccia , mi portai una mano sul petto.

Quello era un attacco di panico, non ne avevo un da almeno tre anni, la sensazione di soffocare e il petto che fa male, i polmoni che bruciano e la vista che si scurisce, tentai di calmarmi, sapevo gestire l’ansia e quello non era proprio il momento di ritardare la mia uscita dagli spogliatoi maschili, a fatica mi rimisi in piedi, aprii l’anta del box doccia ed allungai la mano per prendere l’accappatoio, facendo dei movimenti alla cieca  –aspetta te lo passo io- sentii la voce di Jong up mi colse alla sprovvista tanto che per un attimo temetti che i timpani mi esplodessero, strinsi l’accappatoio che mi aveva appena passato e o indossai velocemente coprendo quanto più possibile del mio corpo, poi uscii dalla doccia.

-Stai già andando via?- annui completamente rossa in volto –non devi essere in imbarazzo- rise notando le mie goti purpuree, stavo per inchinarmi quando ragiona sul fatto che probabilmente si sarebbe potuto allargare lo scollo dell’accappatoio e mostrare zone del mio corpo che nemmeno avrei dovuto avere.

Iniziò a spogliarsi e per poco non svenni nel vedere i suoi formidabili addominali –io devo andare, sussurrai per poi scomparire nella zona in cui si trovavano gli armadietti –aspetta potresti mettere questi nella mia borsa?- mi passò tutto ciò che aveva indosso, ma fortunatamente evitò di togliersi i boxer.

Non sapevo dove nascondermi l’imbarazzo era così tanto che avrei preferito divenire invisibile, eppure sapevo che nessun Dio di nessuna religione avrebbe mai esaudito quel mio desiderio.

Mi voltai di spalle e corsi via, misi a posto la tuta del main dancer e mi cambiai velocemente prima che arrivasse qualche altro.

Chiusi la cerniera del giubbotto, inviai un messaggio a Yongguk nel quale gli dicevo di non riuscire ancora a guidare e che avrei fatto un po’ tardi quella sera poiché avevo voglia di starmene da sola, poi riposi il cellulare in tasca.

Seoul quella sera era ricoperta da un soffice strato di neve e il freddo pareva volermi gelare le ossa, camminai con le mani in tasca quando da un vicolo della grande metropoli non sentii un urlo.

Cambiai subito direzione e raggiunsi il punto dal quale avevo sentito quella richiesta d’aiuto ad aspettarmi c’erano degli uomini in completo nero.

-Bene bene, non smetti mai di correre in aiuto del prossimo vero Saejin- quella cupa voce mi mise letteralmente i brividi, mi ci volle un solo istante per comprendere che quella in cui ero finita non era un situazione in cui sarei stata l’eroina di turno ma la vittima.

Dal buio del vicolo emerse la tozza immagine di mio nonno, mentre stringeva fra i denti come suo solito un costoso sigaro –sono anni che non ci vediamo nipote- indietreggiai di qualche passo giusto per rendermi conto della situazione ma andai a sbattere contro qualcuno, ero ormai circondata dai suoi uomini.

-Credi di spaventarmi?- una risata che mi gelò i sangue nelle vene si espanse in tutto quel sudicio vicolo, unico spettatore di quello che da li a breve sarebbe accaduto.

-Cara, stupida Saejin, sei davvero un’ingenua come tua madre, io non voglio spaventarti io so che in questo momento tu sei già terrorizzata, sbrighiamoci e diamo un finale a questa faccenda nipote- le nuvolette bianche che formava mentre parlava si dissolsero lentamente come ogni mia speranza in quel momento.

Strinsi i pugni in attesa di una sua mossa – anche se fosse?- urlai in seguito –avere paura non farà altro che rendermi più feroce nei tuoi confronti proprio come la belva che credi che io sia, infatti è così che mi hai cresciuto per tre anni!- vomitai quelle parole in preda alla rabbia.

Lui rise nuovamente –e cosa pensi di essere se non un animale feroce? Pensi di essere una cantante, una ballerina o un Idol eh Saejin?- fino ad allora era sembrato calmo, ma quando gli avevo dimostrato che la paura per me non era un problema, sembrava che si fosse innervosito –Sciocca!- urlò –tu non sarai mai nulla, anzi da oggi dato che verrai con me forse potresti anche essermi anche utile, ma non illuderti che tu abbia un qualche minimo valore!-.

Per quanto crudeli potessero essere le sue parole, io sapevo quello che valevo e quelle semplici sillabe non mi avrebbero scalfito minimamente.

Alzai il capo e piantai il mio sguardo nei suoi occhi –io non ti seguirò affatto!- risposi quasi ringhiando –oh ma certo che lo farai, fece un cenno e i sei uomini che mi circondavano fecero qualche passo in avanti a stringere il cerchio, poi con un altro cenno gli fece fermare –pensi che loro mi spaventino?! Se mi torcerai anche solo un capello l’ordinanza rientrerebbe in vigore e questa volta sarebbe permanente e il tuo piano di vendicare su di me quelle che credi siano le colpe dei miei genitori non ti sarà più possibile- lui scosse il capo –ti pare che queste persone qui presenti siano me? E poi credi realmente che ti lascerei andare dalla polizia così da potermi denunciare ancora una volta, non commetterò due volte lo stesso errore- sentii che il momento in cui i suoi sottoposti mi avrebbero attaccato era vicino, infatti poco ci volle perché mi si avventassero contro dopo l’ordine di mio nonno.

Al primo che mi arrivò alle spalle tirai una gomitata nel fianco e poi dopo che mi fui girata gli ruppi il naso con un pugno, un altro tentò di mettermi le mani al collo, ma gli presi i polsi e lo tirai verso di me per poi rifilargli tre potenti ginocchiate all’altezza delle sue parti intime.

Per il terzo mi bastarono due calci diretti alle sue rotule per farlo cadere a terra, il quarto ed il quinto mi attaccarono contemporaneamente, aspettai che fossero abbastanza vicini poi evitai i loro colpi che presero l’uno l’altro.

Infine rimaneva il sesto che mi prese alle spalle bloccandomi le braccia, con due tallonate gli ruppi il collo del piede e mi liberai anche da lui.

Guardai quei poveracci mentre in preda al dolore si contorcevano sul freddo asfalto.

Ad un tratto sentii mio nonno applaudire –una forma fisica invidiabile di certo! ma per quanto tu creda di esserti liberata di me in questi anni io invece ti sono sempre rimasto vicino, più di quanto tu possa immaginare! Fatto sta che sapevo perfettamente che non ti saresti lasciata catturare così facilmente, con te non serve arrivare alle mani basta infierire su ciò che ami non è cosi Shin?- sgranai gli occhi, allora per quanto in quell’arco di tempo avevo creduto di essermi liberata della sua presenza lui invece mi aveva sempre fatto seguire e controllare.

-So che non puoi rivelare ai tuoi cari amichetti di essere una ragazza altrimenti gli perderesti, ma quanto pensi che io sia stupido se credi che non andrò a dire tutta la verità ai tuoi nuovi amici a meno che tu non venga con me?-.

Quel momento da entrambi tanto atteso era finalmente arrivato, aveva giocato il suo asso nella manica, ed io contro quella mossa nulla avrei mai potuto ribattere.

-Uno di loro ti porterà all’hotel nel quale alloggio, non voglio che della feccia come te si sieda al mio fianco- detto ciò si voltò e andò via, il primo dei sei che riuscì ad alzarsi mi disse di seguirlo e prendemmo un taxi.

In poco tempo fummo innanzi al Conrad si Seoul, un lussuoso hotel, ci dirigemmo alla reception, l’uomo si fece dare un paio di chiavi e poi salimmo in ascensore, non prestai attenzione ai dettagli che mi circondavano speravo solo di avere la possibilità di chiamare Yongguk e dirgli di non preoccuparsi.

Appena raggiunta la camera fui spinta dentro, fui velocemente perquisita e il cellulare mi fu sequestrato, guardai con rancore quell’uomo che per un attimo tremò, poi impassibile andò via.

-Siediti Saejin- la voce dell’artefice di tutto quello che stavo vivendo mi ridestò come da un sogno, o meglio da un incubo eppure constatai che tutto quello era dannatamente vero.

-Dobbiamo parlare- mi sedetti innanzi a lui –tu ti sposerai- lo guardai completamente esterrefatta –tu sei pazzo!!- risposi rapidamente –sposerai il figlio del direttore di un’azienda estera con la quale intendo collaborare, così dopo l’unione fra voi due potremo fondere le due agenzie senza più problemi- sbuffai –non viviamo nel medioevo e la tua dannata agenzia non è un impero o un regno da unificare con un altro e poi sono ancora minorenne- mi sorrise –ricorda che lo sarai ancora per poco e poi se ti sottrai al matrimonio io distruggerò tutti coloro a cui ai voluto bene e darò la colpa di quello che accadrà loro solamente a te, per cui sta al tuo posto, dovresti essermi grata invece, ti sto rendendo più ricca di quanto tu non possa mai immaginare- affondai le unghie nei braccioli della poltrona sulla quale ero seduta – pensi che essere ricca sia il mio scopo?- dissi velocemente – sei uguale a quella sgualdrina di tua madre, i soldi sono l’unica cosa che t’interessano- mi alzai dalla poltrona e gli andai in faccia prendendolo per il colletto della sua camicia –non osare insultare mia madre- si dipinse sul volto un ghigno sadico –ho detto che devi stare al tuo posto feccia- lo lasciai immediatamente per poi prendere a camminare su e giù per la camera -domani incontrerai quel ragazzo e suo padre a pranzo- poi si alzò e si diresse verso la porta –non trovi che questa vista sia paradisiaca?- guardai fuori dal vetro che ricopriva gran parte della parete innanzi al letto –per un animale in gabbia, anche l’inferno può divenire il paradiso se si trova al di là delle sbarre che lo rinchiudono- a quelle parole rise –domani mattina verrai resa presentabile vedi di andare subito a letto, ah non ti affannare a cercare una via d’uscita, non ce ne sono, qualunque cosa tu faccia io la saprò- infine uscì.

Mi gettai sul letto stremata da tutto quello che mi stava capitando, iniziai a pregare che tutti coloro a cui volevo bene non si stessero preoccupando per me, sicuramente mio nonno aveva trovato una soluzione anche per quello, il letto per lo meno era confortevole e la stanchezza in breve prese il sopravvento anche sulle lacrime e sulla paura di non rivedere mai più Yongguk o Junhong.

La porta della camera si spalancò ed entrarono delle donne piene di valige, fu letteralmente gettata giù dal letto, fui costretta ad entrare nella vasca da bagno, quando osservarono le bende che mi appiattivano il seno inorridirono, come se avessi appena ucciso lo stile e quindi commesso un reato con pena di morte.

Versarono Sali minerali e oli profumati nell’acqua e poi mi dissero di lavarmi, in seguito mi gettarono su letto e fra atroci sofferenze mi tolsero qualsiasi pelo da loro ritenuto fuori posto.

Manicure, pedicure, trattamenti al viso e tanto altri si susseguirono, addirittura mi attaccarono delle extenshion, infine indossai numerosi gioielli costosi, tacchi vertiginosi ed un tubino blu aderente per i miei gusti sin troppo corto, da sopra una pelliccia bianca che sperai sinceramente essere finta.

Quei trattamenti erano durati quasi tutta la mattinata togliendomi la possibilità di riflettere su quanto sarebbe avvenuto da li a breve.

Quando fui pronta un degli uomini di mio nonno mi accompagnò al ristorante dell’hotel dove mi disse che lui e le persone che avrei incontrato si trovarono già, camminai lentamente, più che altro per paura di cadere da quelle scarpe, mio nonno m’indicò e i due uomini seduti con lui al tavolo si girarono il più giovane fece un cenno con la mano a mio nonno che non compresi poi si alzò in piedi e mi venne incontro –Kim Saejin? Sei ancora più bella di come vostro nonno vi aveva descritto- sorrisi gentilmente –io sono Hyunbin-.

Era un ragazzo di almeno ventisei anni, con un viso ben definito gli zigomi alti e i capelli ben tagliati, era molto alto e magro, i suoi movimenti erano estremamente eleganti e i gli abiti che indossava sembravano essere stati creati solo per lui e per esaltarne la bellezza, mi guardò con degli occhi scuri che mi fecero tremare le gambe, poi si chinò all’altezza del mio orecchio per sussurrare –spero che accetterai al più presto un invito nella mia camera,vorrei passare con te molto tempo- mi sfiorò un fianco facendomi rabbrividire, infine mi sorrise gentilmente come se ciò che mi avesse appena detto era anche solo lontanamente normale e ci sedemmo al tavolo.

Mentre mi scostava la sedia pensai a tutti coloro che amavo e mi dissi che tutto quello che stavo facendo o che avrei fatto sarebbe stato solo per proteggere loro.

 

 ANGOLO DELL’AUTRICE:

Mi dispiace per il grosso ritardo, purtroppo a causa della scuola non ho molto tempo per scrivere e appena sono iniziate le vacanze ho avuto molto altro da fare e quando ero libera ho preferito riposare, esco anche da un lungo periodo di blocco poiché non avevo per nulla ispirazione ma la cosa importante e che sono tornata ^^ anzi che Saejin è tornata o forse dovrei dire che è andata, cosa ne pensate di questo Hyunbin? Non ho molto tempo infatti devo scappare per chi non sapesse chi è cerchi l’attore principale della serie Secert Garden, che è un k drama, il suo nome d’arte è proprio Hyunbin, mi piace molto come è nella serie tv magari sul prossimo capitolo posterò una sua foto.

  
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