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Autore: DobbyThomasDrive    30/12/2014    1 recensioni
Ragazzi scusate ancora una volta se non metto la trama, ma preferisco che voi leggiate la storia quindi Buona lettura!
Genere: Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Carlo uscì dall’ufficio verso le 20.30. Sua moglie lo aveva avvertito che sarebbe rientrata tardi per una cena di lavoro, così si fermò a prendere una pizza dai cinesi sotto casa. Appena aprì la porta della sua abitazione sentì un odore strano, non fortissimo, ma fastidioso: odore di un qualcosa andato a male. Accese le luci, appoggiò la pizza sul tavolo in cucina e controllò nel frigorifero, ma a parte un cartoncino di latte fresco scaduto il giorno precedente che ancora non puzzava non trovò nulla che emanasse quell’odore. Aprì le finestre per fare entrare dell’aria fresca e si diresse in camera per cambiarsi: non sopportava più la cravatta e la camicia che indossava dal mattino e non vedeva l’ora di infilarsi una t-shirt e i calzoni della tuta.

Si stava sfilando la cravatta quando l’occhio gli cadde sul copriletto dalla parte di sua moglie: era stropicciato, come se qualcuno ci si fosse sdraiato sopra. Avevano rifatto il letto quella mattina lui e Giada ed erano poi usciti assieme. Sua moglie era fissata con il tirare le lenzuola per bene, senza lasciare neanche una piega. Forse era passata da casa prima di andare fuori a cena e si era sdraiata un attimo per riposarsi.
Mentre stava osservando il letto squillò il cellulare. Era Giada.

– Pronto?

– Ciao amore! Sei a casa?

– Ciao piccola. Si, sono appena arrivato. Stavo per mangiarmi una pizza. Tu?

– Siamo appena arrivati al ristorante… non ne ho voglia per niente. Spero che non vada per le lunghe… mi aspetti?

– …dipende a che ora rientri. Sono a pezzi e non so se riesco a non addormentarmi.

– Bè… se stai dormendo magari provo a svegliarti…

In quel momento suonò il telefono di casa.

– Giada, aspetta un attimo: sta suonando l’altro telefono.

Carlo cercò il cordless che non era mai al suo posto,  seguì il suono e lo trovò in bagno.

– Pronto?

La voce che sentì dall’altra parte gli raggelò per un attimo il sangue. Era simile a quella di sua moglie ma tremolante e leggermente più acuta. Spesso Giada si divertiva a fare la parte della vecchietta rimbambita. Anzi, “rimbambolita”, come diceva lei. E la voce al telefono sembrava proprio quella. Ma quello che lo colpì furono le parole.

– Ciaaoo amoooore! Sei a caaasa?

Carlo guardò il cellulare che teneva nell’altra mano. Il display segnava la chiamata in corso “GIADA CELL – 1 min. e 6 secondi”. E sentiva la voce di sua moglie che stava urlando:

– Un attimo! Arrivo subito! CARLO!! CARLO!!! CI SEI?? DEVO ANDARE!

Carlo rispose velocemente a sua moglie dal cellulare.

– Un attimo Giada. Aspetta!

Riprese il telefono di casa.

– Pronto, ma chi parla? Credo che abbia sbagliato num…

Quella voce tremolante lo interruppe.

– …aspettaaamiii. Sto arrivaaandooo…

Poi il rumore della chiamata terminata. Riprese il cellulare:

– Giada, sei ancora lì?

– Si, ma ancora per poco. Mi stanno chiamando. Chi era?

– Ma che ne so. Sembrava la voce di una vecchia. Tipo la tua quando fai la voce da vecchietta rimbambita…

– Come queeesta vooce? Guaarda che noon soono riimbambolitaa…

A Carlo venne un brivido lungo la schiena.

– Si… cavoli, una voce molto simile…

– Caaarlooo…

– Smettila Giada

– Va bene… devo andare, mi stanno chiamando

– Giada?

– Si?

– Ma sei ripassata da casa oggi?

– No, perché?

– Mah… niente. Pensavo. Buona serata

– Buona pizza! Ciao.

– Ciao. A dopo, se riesci a svegliarmi…

– Ci riuscirò, so come farlo…

Finita la telefonata tirò il copriletto per sistemare le pieghe e sentì ancora quell’odore strano. Avvicinò il naso al letto e annusò: gli venne un conato di vomito. Era il copriletto che puzzava di marcio.

– Ma cosa cavolo ci è caduto sopra? – pensò. Tolse il copriletto e lo infilò nella lavatrice. Anche le lenzuola avevano uno strano odore, così decise di cambiare anche quelle. Poi finalmente mangiò la sua pizza, accompagnata da un paio di birre, davanti alla Televisione.

Stava guardando su una Tv privata un programma sportivo di quelli in cui riescono a parlare di calcio 24 ore al giorno anche quando non ci sono partite, quando di colpo la televisione si spense. Spesso capitava che il telecomando si infilasse fra i cuscini del divano e muovendosi qualche tasto veniva schiacciato inavvertitamente. Ma il telecomando era proprio davanti a lui, sul pouf dell’Ikea che usavano come poggiapiedi. Allungò la mano per prenderlo e in quel momento lo stereo, che era sempre sintonizzato su un canale di musica Rock, si accese al massimo volume. Carlo fece un balzo dallo spavento e rovesciò un po’ di birra sul divano.

– Ma che cazzo…

Dalle casse del suo impianto Dolby Surround uscivano  le note di “The Call Of Ktulu” un brano strumentale dei Metallica ispirato da un racconto di Lovecraft. Il suono dei bassi sparati a quel volume fece vibrare per un attimo le finestre della sala. Carlo si precipitò a spegnere lo stereo. Non passarono neanche due minuti che suonarono alla porta. Prima di aprire guardò dallo spioncino. Era il suo vicino e capì subito che era venuto per lamentarsi del rumore. Aprì la porta, sforzandosi di creare un sorriso sul suo volto:

– Mi spiace Sig. Pezzetti. Mi si è acceso per sbaglio lo stereo al massimo volume…

– Per sbaglio? Come fa ad accenderlo per sbaglio!?? Insomma, lo sa che abbiamo una certa età e andiamo a dormire presto! Si metta le cuffie, no?

– Le ho detto che mi spiace. Vada a dormire tranquillo.

Carlo chiuse la porta e cancellò il sorriso dalla sua bocca.

– Che rompicoglioni…

Verso le 22.00 era già nel letto e si addormentò subito. Fece un sogno in cui rivisse quello che era successo poco prima: la Tv che si spegne, la radio che si accende di colpo, il campanello della porta che suona. Ma nel sogno quando guarda dallo spioncino non vede nulla. La luce sul pianerottolo è spenta, ma percepisce nettamente una voce: è quella tremolante della telefonata:

– Sooonooo arrivaataaa! Sonoo qui per teee, CAARLOOOOOOO! CAAARLOOOO! – Nel sogno Carlo inizia ad urlare.

Si risvegliò completamente sudato nel buio totale. L’unica luce nella stanza era il led della sveglia sul suo comodino che segnava le 00.30. Aveva il respiro affannato e nella sua testa continuava a sentire quella voce che ripeteva il suo nome. Era sdraiato su di un lato, rivolto verso il muro, pietrificato dal terrore per il sogno appena fatto. Fortunatamente sentì dietro di lui la presenza di sua moglie: il suo braccio stava cingendo il suo petto. Non l’aveva sentita rientrare. Udiva il suo sbuffo, a metà tra il russare e il respiro profondo. Prese la sua mano tra le sue e la sentì gelida: Giada aveva sempre le mani e i piedi freddi.

Stava per riaddormentarsi, quando sentì un rumore provenire dal corridoio. La loro camera da letto era di fianco al bagno. Sulla parete che li separava, in alto, c’erano due finestre lunghe e strette: siccome il bagno originariamente era cieco, le avevano fatte mettere in modo che prendesse luce dalla camera da letto. E da quelle finestre Carlo vide la luce accendersi.

Era ancora in quello stato di semi-incoscienza in cui ci si ritrova dopo un risveglio brusco a causa di un brutto sogno.

– E se sto ancora sognando? – pensò Carlo – Magari sto sognando di essermi risvegliato, ma sono ancora nel mezzo dell’incubo di prima… e adesso sentirò dal bagno quella cazzo di voce che mi chiama… -. Si accorse che stava tremando.

– Però se non sto sognando e sono sveglio allora vuol dire che c’è qualcuno in casa… ho lasciato la finestra della sala aperta… potrebbero essere entrati dei ladri da lì…

Il torpore stava svanendo e capì di essere completamente sveglio.

– Giada…, Giada, svegliati… c’è qualcuno in casa…- sussurrò a sua moglie. Ma continuò a sentire il suo respiro profondo dietro di lui, la sua mano fredda ancora appoggiata al suo ventre. Doveva fare qualcosa: non riusciva più a starsene immobile nel letto. Doveva reagire. In certe situazioni non si riesce a ragionare. Si agisce di impulso.

– Forse se mi sentono si spaventano e scappano – pensò. Così prese un po’ di coraggio e urlò:

– Chi c’è!!?? Chi c’è nel bagno!!???

Quando giunse la risposta Carlo capì la differenza tra paura e terrore. Il vedere la luce del bagno accendersi provocò in lui paura. Paura che ci fossero dei ladri in casa, nella stanza a fianco. Il sentire la risposta che arrivò fece scoppiare in lui terrore allo stato puro. Terrore di qualcosa che non solo non sai cosa o chi sia, ma che è sdraiata al tuo fianco e a cui stai tenendo la mano fra le tue.

La risposta dalla stanza affianco arrivò dalla voce di sua moglie:

– Amore, sono io… scusami… ti ho svegliato?

Era la voce di Giada, senza alcun dubbio. Lei era nel bagno. E allora chi c’era alle sue spalle?

La luce passava dalle finestre e illuminava leggermente la camera. Carlo sentiva ancora dietro di lui il respiro profondo, e non riusciva a lasciare la mano gelida che stava stringendo. Iniziò a voltarsi lentamente e mentre si girava risentì nella sua mente la voce che aveva sentito al telefono:

– …aspettaaamiii. Sto arrivaaandooo…

E quella dell’incubo avuto poco prima:

– Sooonooo arrivaataaa! Sonoo qui per teee, CAARLOOOOOOO! CAAARLOOOO!

All’improvviso capì. Quella voce non era come quella di sua moglie che imita una vecchia.

Era come la voce di una vecchia che imita quella di sua moglie.

Il tempo si era quasi come fermato. Gli sembrò di metterci un eternità a girarsi. Sentì ancora l’odore di marcio che aveva percepito rientrando in casa. Il respiro profondo al suo fianco si fermò e anche il suo cuore smise di battere per qualche secondo quando sentì di fianco a lui quella voce che sussurrava il suo nome.

– CAARLOOOOOOO… CAAARLOOOO…! Sonoo qui per teee!

Ancora prima di vederla in faccia capì chi c’era nel suo letto: la donna più vecchia del mondo.

E’ stata chiamata in diversi modi dalle varie culture del nostro mondo: Yama, Enma, Thanatos, Giltinè, Memitim, Azrael… ma per noi è sempre stata la donna il cui compito è di portare gli esseri vivi al regno dei morti.

 

Giada si stava lavando i denti quando sentì un urlo agghiacciante provenire dalla camera da letto. Le venne la pelle d’oca. Non aveva mai sentito Carlo urlare in quel modo. Si precipitò subito in camera e quando entrò trovò suo marito immobile, girato verso il centro del letto, con un’espressione di terrore sul viso che non dimenticò mai. Gli occhi erano sbarrati, fissi verso il suo cuscino. Una mano era allungata sul letto, come se stesse cercando di allontanare qualcosa o qualcuno. Iniziò a piangere. Chiamò un ambulanza, ma capì subito che ormai non c’era più nulla da fare. Infarto dissero i medici.

Giada non riuscì mai a spiegarsi due cose: il letto dalla sua parte era tutto stropicciato, come se qualcuno ci avesse dormito. E Carlo aveva i capelli completamente bianchi.

 

 
   
 
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