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Autore: Kim_Pil_Suk    31/12/2014    1 recensioni
- Promettimi che non te ne vai. - gli disse la ragazza.
Lui la guardò proprio come si guarda un animale ferito. E lei odiava quello sguardo.
- Promettimi che non te ne andrai di nuovo. - disse di nuovo lei, facendo un passo verso di lui. Lui indietreggiò.
[ ... ]
“Sei la cosa più importante nella mia vita.”
“Te, per me, sei tutto. Sei la mia vita, la mia casa, la mia famiglia.”
“Spero che tu riesca a trovare qualcuno che ti ami come io amo te.”
E con quelle parole uscì dalla capanna, convinta che quel giorno sarebbe stato diverso. Non sarebbe caduta preda del dolore del passato. No di certo!
Invece si sbagliava. Quel giorno era, se possibile, peggio degli altri. Il dolore la dilaniava e non aveva resistito al suo sguardo.
[ Thaluke ] [ What if? ]
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Castellan, Talia Grace, Talia/Luke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Kim_Pil_Suk
Titolo: You are my life, my house, my family.
What If...? : ... Luke, una volta guarito l'albero di Thalia, fosse tornato dalla "parte giusta"?
Rating: verde
Genere: Fluff, angst, romantico
Note/Avvertimenti: ///
Prompt:
tears; missing moments; pain; immortality; memories; delay
Note dell’autore: Premetto che non c'ho messo molto a scriverla visto che avevo già tutto in mente. Anche se mi sono fermata quasi a metà perché non sapevo se farla angst o no. Ma mi sono detta “un po' di angst non fa male a nessuno – feels esclusi” e allora eccomi qua. Spero che voi, non come me, non piangiate. Anche se non sono così brava da far piangere le persone...

 

 

 

 

- Promettimi che non te ne vai. - gli disse la ragazza.

Lui la guardò proprio come si guarda un animale ferito. E lei odiava quello sguardo.

- Promettimi che non te ne andrai di nuovo. - disse di nuovo lei, facendo un passo verso di lui. Lui indietreggiò.

 

 

 

Thalia si rannicchio al calduccio nelle coperte, nascosta dietro la statua di suo padre, dentro la sua cabina.

C'erano tante cose che voleva fare e una di quelle era piangere. Voleva che le si prosciugassero tutte le riserve di acqua che aveva in corpo perché il dolore fisico faceva passare tutto ciò che le faceva male dentro.

 

 

 

Lui fece un altro passo indietro, chiaramente confuso e spaventato da ciò che sapeva stava per accadere di lì a poco.

- Vorrei solo che promettessi. - sussurrò lei, sperando che lui la sentisse.

Lei fece un altro passo, oltrepassando la barriera del Campo e cercando di avvicinarsi a lui.

Lui la guardò, impotente e confuso, mentre sceglieva fra la fuga e il rimanere.

 

 

 

Thalia trattene un'altra volta un grido omicida, verso se stessa e le sue scelte.

Anni erano passati, da quando aveva fatto le sue scelte, la sua scelta più significativa: diventare una Cacciatrice di Artemide.

Se se ne pentiva? Cavolo se se ne pentiva!

Perché lo aveva fatto? Perché aveva paura diamine! Aveva una paura matta di essere “l'eroe della profezia” e questa cosa la faceva tremare più di qualsiasi altra cosa. Perché lei non voleva morire o finire per mandare il mondo in rovina a causa di una sua scelta. Era giovane e con una vita che non aveva vissuto ancora davanti. La maggior parte della vita l'aveva passata trasformata in un albero e questo le aveva fatto perdere così tanti anni, così tanto tempo, così tante occasioni. Aveva davanti decenni di vita come umano... e migliaia di anni, se non l'eternità, davanti come Cacciatrice. Questa cosa un po' la distruggeva.

Ora si pentiva di aver fatto quella stupida scelta. Se ne pentiva così tanto che piangeva una notte sì e l'altra pure. Eppure non poteva tornare indietro e cancellare i suoi vigliacchi tentativi di salvarsi da una profezia che nemmeno l'aveva sfiorata.

 

 

 

- L'avevi promesso, no? Famiglia, avevi detto. - disse muovendo un altro passo incerto verso di lui. - Ma probabilmente non te lo ricordi, no? - disse spostando lo sguardo sul terreno, malinconica. - Hai dimenticato quanto davvero noi ci siamo voluti bene. Eravamo una famiglia. E probabilmente adesso non siamo niente. - portò di nuovo lo sguardo su di lui, che indietreggiò ancora. - E io e te? Cosa eravamo prima che il tuo odio ti uccidesse? Cosa eravamo prima che il nostro legame si spezzasse? Noi ci volevamo bene. Noi eravamo una famiglia. Io ti volevo bene e assieme ad Annabeth eri quanto di più prezioso potessi desiderare. - disse lei, sicura che se avesse mosso un altro passo sarebbe caduta stremata a terra.

Lui la guardò. Aveva ancora quello sguardo confuso e spaventato. Si fermò a qualche metro da lei, guardandola in faccia. L'espressione di lei lo rendeva ancora più confuso. Cosa doveva fare? Doveva scappare? Andarsene? Dimenticare il legame profondo che li aveva uniti? Doveva forse dimenticare i momenti che avevano vissuto tutti insieme? Doveva cadere di nuovo in quel baratro che lo portava a pensare al suo cuore distrutto? O forse doveva solo dargli, al suo cuore, un altra possibilità?

No, non si sarebbe concesso un'altra volta questo errore. Non glielo avrebbe permesso, non dopo che lei era morta e il suo cuore era morto con lei.

 

 

 

Thalia si racchiuse nel bozzolo delle sue coperte e sotterrò il viso nelle ginocchia, subito dopo aver dato un occhiata veloce alle foto appese al muro di fronte a lei.

Era inutile negare che tutto andasse bene. Il suo cuore era stato buttato a terra e calpestato ed era stata proprio lei a farlo. E non aveva la possibilità di incolpare nessuno per questo.

Si concesse un altro singhiozzo mentre si sentiva le palpebre pesanti per la notte passata insonne. Sarebbe rimasta pochi giorni lì con le cacciatrici, non poteva permettersi di partire stanca. E poi odiava quando le facevano domande sul suo aspetto stanco.

Mentre chiudeva gli occhi tutto si fece nero. All'improvviso nelle ombre nebbiose del sonno gli apparve un immagine chiara distinta. Un ragazzo che lei conosceva benissimo la salutava con una mano, allegro. “Vedi di non fare tardi dalla commissione!”, le diceva con quell'aria scherzosa. Ancora un'altra immagine. E sempre il solito ragazzo che la guardava dal basso e con le mani a coppa aperte davanti alla bocca gridava “Sposta il piede un po' più a destra! Brava, così! E non avere paura: ci sono qua io. Ti prendo, qualsiasi cosa accada!”. Allora lei non aveva paura e la sua fobia per l'altezza diminuiva mentre si fidava ciecamente delle sue parole. Le spuntò davanti un altra scena: la prima volta, dopo tanti anni, che si rincontravano. Lei finalmente umana e lui ancora con la mente confusa e deviata dai discorsi pieni di convinzioni di Crono.

Che brutto ricordo che si era scelta...

 

 

Lui fece un altro passo indietro sotto allo sguardo sconfortato di lei. Poi iniziò a scendere la collina, intento a scappare da lei e da tutti quei dubbi. E mentre si girava per fuggire vide il viso di lei piegarsi in una smorfia di tristezza e gli occhi lucidi. Corse velocemente lungo la collina che mai gli era sembrata più alta.

- Vigliacco! - gridò lei, portandosi una mano attorno alla bocca. - Abbi il coraggio di affrontarmi! Affrontami e dimmi che ormai fra noi non c'è più niente! Abbi il coraggio anche solo di guardarmi negli occhi e dirmi che il concetto di “famiglia” ormai non ha più un futuro per noi! - gridò a pieni polmoni, mentre le bruciavano gli occhi. - Dillo! Dillo che non provi niente per me! Dimmi che non ne vale la pena anche solo di pensare a te e che tanto te non ti ricordi più nemmeno chi sono! Dillo! - il grido le portò via il fiato dai polmoni mentre le sue spalle venivano scosse dai singhiozzi. - Dillo, e io non me la prenderò a male. - sussurrò più a se stessa. Fece un passo indietro e si lasciò crollare contro l'albero che un tempo era stata lei. - Dimmi che tanto io sono solo un errore del passato. Non ti interessa di me. Fai bene a non darmi vane speranze, non me le concederei nemmeno io stessa. Fai bene a lasciarmi sola. Ma dillo che io non conto più niente e se potessi riscrivere la tua vita cancelleresti il mio nome. Dillo. - singhiozzò portandosi le mani alla testa e stringendo gli occhi. Si piegò in posizione fetale, senza togliere le mani dalla testa e continuò a piangere ad occhi chiusi sperando che anche lei riuscisse ad odiarlo proprio come lui odiava lei. Voleva dimenticarlo perché averlo sempre nei propri ricordi preziosi le procurava un dolore pazzesco e il solo rivedere il suo sorriso, che le aveva rivolto per tutta una vita, le stringeva lo stomaco in una morsa chiamata tristezza.

Pianse tutto, finché non pensò di aver pianto anche l'anima.

 

 

 

Thalia prese la prima cosa che trovò e la lanciò contro il muro. Un gridò le scaturì dal petto e andò a rimbombare fra le pareti della capanna.

Odiava quella capanna che era solo un altro posto che sicuramente voleva evitare. Ma se voleva vederlo doveva andare lì. E poi vederlo significava ancora dolore. Significava altre lacrime, altre grida e altra tristezza. Vedere come lui la ignorava, cambiando subito espressione appena la vedeva. Come la evitava, convinto che questo avrebbe diminuito il dolore che avevano nel petto. E invece non faceva che accrescerlo finché, lei ne era sicura, il palloncino che conteneva tutto quel dolore, sarebbe scoppiato e lei non avrebbe resistito. Glielo avrebbe detto se non fosse riuscita a contenersi. Doveva fare qualcosa. Non poteva permettersi di irrompere nella sua cabina e dirgli “Ti amo. Per favore non mi lasciare mai più e impedisci al dolore di distruggerci!” e poi essere fulminata seduta stante da una dea della caccia non molto contenta del tradimento.

Thalia aveva fatto giuramento e Thalia avrebbe mantenuto la promessa. Perché la luna e le stelle l'avevano vista e di conseguenza quel giuramento le sarebbe costato la sua felicità. Così ora le toccava vivere con cuore chiuso in una gabbia.

 

 

 

In un primo momento, quando sentì dei passi avvicinarsi a lei e fermarsi davanti al suo corpo stanco, pensò di cacciarlo via, convinta che fosse Annabeth o qualsiasi altro ragazzo del Campo.

- Se te lo dico starai meglio? - la sua voce. Aveva sussurrato quelle parole, ma le avevano perforato i timpani.

Alzò lo sguardo e con le guance rigate dal mascara colato e la vista appannato lo guardò sorpresa.

- Sì. - disse lei. - Dimmi che non sono più niente per te. Se me lo dirai poi io smetterò di intrometterti nella tua vita. Cesserò di esistere nei tuoi ricordi. Te lo prometto. - disse lei, mentre abbassava le mani e si rilassava.

Lui la guardò dritta negli occhi, senza accennare a risentimento o disgusto. - Te lo dico. E poi te te ne andrai per sempre dalla mia vita. - disse senza cambiare atteggiamento. - Vorrei non averti mai incontrata. Vorrei che tu cessassi di esistere. - disse impassibile, senza spostare lo sguardo.

Thalia abbassò lo sguardo, e la testa, e lo puntò sul terreno. La sua bocca si storse in un sorriso sbilenco e le uscì l'accenno di una risata sarcastica. - Ora va meglio. Sapere che tu non mi vuoi è molto meglio che continuare a covare una piccola speranza per poi vederla infrangersi. - disse lasciandosi andare in altre lacrime che credeva di aver finito.

Lui però continuò a guardarla e non si mosse da lì. - Vorrei non avere più ricordi di te. Vorrei che non fossi mai esistita. - disse in un sussurro. Thalia chiuse gli occhi, sentendo il cuore colpito da una pioggia di spilli mentre continuava a piangere e pregare che lui se ne andasse prima che fosse troppo tardi, prima che lei lo implorasse in ginocchio di non abbandonarla. - Perché ogni ricordo con te fa male. - sussurrò lui a denti stretti. - Perché ogni momento con te, rivissuto nella mia mente, fa male al mio cuore. E non posso permettermi il privilegio di stare male. Perché ogni volta che ti vedo mi viene in mente che domani non potresti esserci più. E io non sopporterei di perderti ancora. Non ce la farei mai. - Thalia si fermò, confusa. Poi lo sentì inginocchiarsi davanti a lei, vicinissimo. Le sue braccia le circondarono le spalle, portandole la testa sul suo petto e lei scoppiò di nuovo in un pianto isterico. - Non posso rimanere qui mentre te, ogni giorno che passa, rischi di morire. Rischierei di non vederti mai più. E se te non ci sei non ci voglio essere nemmeno io. Non voglio vivere in un mondo in cui tu non esisti. - le disse stringendosela al petto. La sua voce si addolcì, diventando malinconica e implorante. - Non riuscirei a vivere nemmeno un altro giorno senza di te.

Thalia si aggrappò, avida, alle sue spalle con le mani e continuò a piangere con il viso affondato nel suo petto mentre la maglia che indossava attutiva le sue grida.

- Non te ne andare! Ti prego, rimani! - gridò lei contro la sua spalla. - Non mi lasciare sola! Non posso vivere sapendo che te non sei al mio fianco! - disse lei, stringendo gli occhi mentre il cuore le veniva stretto in una morsa.

Lui la strinse a se con fare possessivo. - Se io rimanessi te finiresti soltanto per morire. Finiresti in pericolo, per colpa mia. E io non posso. Non posso saperti morta per colpa mia. - mormorò lui stringendo gli occhi.

- Non andartene! - continuava a ripetere lei mentre fiumi di lacrime le scendevano dagli occhi. - Non abbandonarmi.

- Eri morta. - sussurrò lui. - Eri morta perché io non ero riuscito a difenderti. Eri morta per colpa mia. Eri morta perché io non ero capace di proteggerti. Ed è toccato a te difendere noi. Non è giusto. - sussurrò lui con dolore mentre una lacrima gli scivolava lungo la guancia.

Thalia alzò lo sguardo su di lui, cercando di contenere il suo pianto. Lo guardò attentamente, imprimendosi i dettagli del suo viso nella propria mente. Gli prese il volto fra le mani. - Luke, guardami. Luke. - lo chiamò con la voce roca dal pianto. - Io sono qui. Sono viva. Sono qui, per te. - lui la guardò attentamente in volto. - Sono viva e non ho intenzione di andarmene tanto presto. - disse mentre rincominciava a piangere, incondizionatamente. - Non mi abbandonare, ti prego. Non posso vivere senza di te. Ti prego non te ne andare. - disse singhiozzando. - Ti prego... - sussurrò abbassando la testa. - Sei tutta la mia vita, ti prego non te ne andare.

- Non ti abbandonerò. Sarò l'ombra che ti segue ininterrottamente. Ti starò così vicino che non mi sopporterai. Non ti lascerò nemmeno un secondo. - disse con un piccolo sorriso in volto. Thalia scosse le spalle un paio di volte, singhiozzando. - Non potrei mai vivere sapendo che te sei sola in qualche parte del mondo. Non potrei mai. - disse stringendosela forte al petto.

Thalia sorrise stringendosi a lui. Gli circondò il busto con le braccia e pianse ancora.

- Non te ne andare. Non te ne andare. - disse di nuovo, pregando.

- Non me ne andrò. - sussurrò lui, stringendola a se. - Ti amo e non ti abbandonerò mai.

Thalia singhiozzò così forte da spaventarlo. Lui la allontanò appena e la vide che piangeva con le mani davanti al viso. - Stai bene? - le chiese, incerto e preoccupato.

- Scusa. - disse passandosi il dorso delle mani sugli occhi. Gli fece un sorriso incerto. - Sono solo felice. - gli disse semplicemente, con una scrollata di spalle.

Luke la guardò confuso. - Felice? Felice perché uno come me rimane qui? - chiese sarcasticamente.

- No, scemo. - gli disse con una piccola risata mentre con i polsini della felpa di puliva le guance. - Perché pensavo che non mi avresti mai detto queste parole.

- Quali parole? - chiese lui, confuso.

- “Ti amo”. Pensavo che non ti importasse più niente di me. D'altronde io non sono niente. Non conto niente e non faccio altro che riempire i tuoi ricordi con ricordi ancora più brutti. - disse lei con un sorriso amaro, evitando il suo sguardo.

Luke la prese per le spalle e le strinse la carne fra le mani, fino a farle quasi male. Thalia, spaventata, lo guardò. - Thalia, guardami negli occhi! - lei obbedì. - Non osare mai più dire una cosa del genere. Non osare mai più dire che tu non sei niente o che tu non conti niente per me. - disse severamente, mentre la faccia iniziava a colorarglisi di rosso. - Perché te, per me, sei tutto. Conti tantissimo nella mia vita e non potrei fare a meno di te. Non dire più certe cose: sono solo bugie. Io farei di tutto per te. - disse mentre gli si tingevano le guance di rosso. - Non ti abbandonerò e non mentivo quando dicevo di amarti, davvero. Sei la cosa più importante nella mia vita. Sei la mia vita, sei la mia casa, sei la mia famiglia. Sei il mio amore nascosto e sei tutto ciò che conta nella mia inutile vita. E giuro che se dici di nuo-

Peccato che non riuscì nemmeno a finire la frase.

Thalia gli diede un bacio. Ma non un bacio di quelli che ti sfiora appena o che darebbe una rammollita, ma bensì una bacio alla Thalia Grace. Gli saltò addosso, troppo contenta anche solo per trattenere i propri pensieri partiti in quarta.

Luke riuscì appena a reggersi in equilibrio. Non riuscì nemmeno a capire cosa fosse successo mentre il suo corpo la abbracciava in automatico. La strinse a se, intensificando il bacio. E Thalia non aspettò altro che quel momento mentre sentiva un ultima lacrima di felicità scivolarle lungo la guancia e le sue labbra piegarsi in un sorriso.

- Ti amo anche io. E non provare mai più ad abbandonarmi. - disse lei subito dopo che si furono staccati.

- Sì signora! - disse lui scherzosamente, subito dopo di baciarla un altra volta.

 

 

 

Thalia sorrise al ricordo, per poi scoppiare a piangere subito dopo. Era un ricordo che avrebbe voluto rimuovere. Perché diavolo continuava ad apparirle davanti agli occhi come per ricordarle ciò che aveva perso scegliendo l'immortalità?

Aveva fatto quella scelta in un momento critico, quando non era più tanto sicura che Luke la amasse, in un periodo in cui litigavano spesso della sua gelosia senza fondamenti e in cui lei non era tanto sicura che fossero la bella ed eterna coppia che credeva.

Ed eccola lì, a piangere per un passato perso e un futuro rovinato. Senza contare il presente, che faceva proprio schifo e le grattava il cuore con le sue unghie. Così si ritrovava con una scelta fatta male, un cuore infranto e un futuro pieno di rimpianti.

 

 

 

- Devi smetterla con questa gelosia senza capo ne coda! - urlò lei contro di lui.

- Gelosia senza capo ne coda? Secondo te cosa dovrei fare quando uno di quei figli di Afrodite o di Apollo ti fanno il filo e ci provano con te? Io non posso fare niente, non posso essere sempre lì a controllarti! Non posso continuare a vivere col pensiero che tu possa innamorarti di un ragazzo che sa farti le avance meglio di me o che è più bello! - gridò lui, mentre dalla curva delle sue sopracciglia si capiva quanto male gli facessero le proprie parole.

- Non ci potrebbe essere nessuno più bello di te... - pensò lei, amaramente. - Forse dovremmo prenderci una pausa. Trovare le nostre strade. - disse allontanandosi da lui con sguardo triste.

- Forse dovremmo. - disse lui, senza incontrare il suo sguardo. - Forse dovremmo percorrere le nostre strade da soli. - lei annuì lentamente.

Thalia si allontanò da lui e andò verso la porta della cabina, mentre le pizzicavano gli occhi.

- Spero che tu riesca a trovare qualcuno che ti ami come io amo te. - sussurrò lui guardandola mentre gli rivolgeva le spalle.

Thalia aprì la porta della cabina e uscì senza dire niente mentre rincominciava a piangere. Non doveva fargli vedere quanto gli facesse male.

Probabilmente se Luke avesse scoperto che di lì a qualche ora non avrebbe più avuto la possibilità di stare con lei l'avrebbe fermata e le avrebbe detto che erano tutte bugie.

 

 

 

Thalia notò la foto ai propri piedi. La raccolse con mani tremanti e la guardò.

Delle lacrime amare caddero sulla pellicola della foto, bagnandola.

Thalia singhiozzò e poi prese la foto stringendola fra le due mani. E quando fece per strapparla non ce la fece e si lasciò andare di nuovo in un pianto, mentre la foto che ritraeva lei e Luke, vicini, con un braccio di lui attorno alle spalle di lei, che mangiavano pesce che avevano pescato quella mattina scivolava dalle sue dita.

Thalia, ricordando quei momenti, non poté che stare più male. Si chiuse in se stessa, senza più nemmeno una lacrima da versare per i suoi errori.

Appoggiò la fronte sulle ginocchia mentre la foto cadeva a terra, accanto a lei, a ricordarle che comunque, qualcosa cosa decidesse di fare, quei ricordi l'avrebbero accompagnata per l'eternità.

Rimase così, immobile, con la fronte sulle ginocchia e le braccia a coprirgli la testa per difenderla dal dolore. Poi, capito che era inutile continuare a crogiolarsi nel dolore si alzò in piedi, si asciugò quei segni neri dalle guance e aprì la porta della sua cabina.

Prese un respiro profondo, illuminata dal sole del primo mattino e prese il suo cappotto, pronta per uscire e fare finta di niente, come sempre.

Sei la cosa più importante nella mia vita.”

Te, per me, sei tutto. Sei la mia vita, la mia casa, la mia famiglia.”

Spero che tu riesca a trovare qualcuno che ti ami come io amo te.”

E con quelle parole uscì dalla capanna, convinta che quel giorno sarebbe stato diverso. Non sarebbe caduta preda del dolore del passato. No di certo!

Invece si sbagliava. Quel giorno era, se possibile, peggio degli altri. Il dolore la dilaniava e non aveva resistito al suo sguardo.

La sua scelta la stava uccidendo. E se non era la sua scelta probabilmente era se stessa.

  
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