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Autore: MadLucy    01/01/2015    5 recensioni
{Oswald Cobblepot/Edward Nygma | Nygmobblepot | slash | one-shot | what if | fluff | slice of life | ER | crackship}
E fu così che agli occhi di Oswald Cobblepot il mito del compleanno si riabilitò completamente.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Oswald/Nygma

Di tovaglie all'uncinetto e basi azotate.







Oswald riteneva che il mito del compleanno fosse sopravvalutato. Tutti lo aspettano sempre con estrema impazienza, visionandosi cataste di pacchetti luccicanti e un mega party con invitati dai capellini di cartone a cono, di quelli con l'elastico che stringe sotto il mento, ma nel novantanove percento dei casi la realtà è ben più sordida. Per esempio, anche se la sera prima l'idea lo aveva abbastanza allettato (le scuole elementari non gli avevano insegnato proprio niente, eh?), fin dal mattino aveva compreso che tutto sarebbe andato storto. Nel momento in cui si trattava di Falcone e Maroni che telefonavano contemporaneamente, buttandolo giù dal letto, e del latte che scoprì scaduto nel frigo soltanto dopo averne bevuti due sorsi abbondanti, avrebbe anche potuto ingoiare il rospo e tollerare; ma poi lo stordimento del brusco risveglio, in un modo o nell'altro, aggrovigliò alle sue caviglie lo striscione di buon compleanno che Ed aveva appeso alla porta della loro camera, e che presumibilmente si era staccato nel lasso di tempo che intercorreva tra l'uscita dell'uno e gli squilli del cellulare dell'altro. Dopo aver imprecato ad alta voce ed essersi massaggiato sconsolatamente le parti lese, Oswald si stropicciò gli occhi quel tanto che serviva per aguzzare lo sguardo e leggere quanto fosse scritto sul festone di cartapesta: a giudicare dalla sagoma di Winnie The Pooh all'estremità, sembrava comprato in un negozio di giocattoli. L'ingenuità del suo fidanzato gli fece sfuggire un sospiro, tra il biasimo e la commiserazione. Ma tutto questo non aveva nulla a che vedere con quanto lo aspettava, appena varcata la soglia. Fu una giornata uggiosa, inconcludente e senza morti, e come se non bastasse non piovve neanche, perciò non potè sfoggiare l'ombrello nuovo che si era regalato alcuni mesi prima -se l'era destinato per il compleanno come pretesto: costava centottanta dollari...
L'ora di pranzo toccò l'apoteosi della negatività che quella giornata poteva raggiungere, nelle sue non esigue possibilità. Sua madre trascorse il primo quarto d'ora a domandare insistentemente dove fosse quella donnaccia -inutile ripeterle che Ed era un maschio, quindi casomai avrebbe dovuto essere un ragazzaccio; ad ogni modo non c'era alcun motivo per chiamarlo così, perchè, di ragazzi più bravi di Edward, Oswald non ne conosceva- e perchè non si fosse presentato a festeggiare il compleanno a casa sua. Perchè lavora e ha degli orari da rispettare non era una giustificazione sufficiente a discolparlo dal vituperevole crimine di non essere presente, per assaggiare il suo leggendario stufato ed ammirare la tovaglia ad uncinetto color ciclamino delle grandi occasioni. Oswald aveva sempre odiato quella tovaglia, e odiava anche il fatto che sua madre ce l'avesse ancora con Ed per la storia della cocorita. Insomma, era su quel dannato trespolo da una vita, era ovvio che prima o poi sarebbe trapassata! Che colpa ne aveva Ed se per sbaglio... oh, ma non valeva la pena pensarci. Il secondo quarto d'ora, sua madre lo passò ripetendogli che non mangiava abbastanza, che se almeno quella donnaccia si fosse impegnato a cucinare, anzichè trafficare con quelle diavolerie... "Quelle diavolerie" era la scienza. Poi ci fu l'ora dell'album delle fotografie, in cui sua madre si soffiava il naso indicando immagini in cui un Oswald di quattro anni si metteva le dita nel naso. Seguì il quarto d'ora di cordoglio per la mancanza di nipotini. Oswald si congedò con l'umore più nero che si possa immaginare il giorno del proprio compleanno. Un pomeriggio di stupide pratiche ed inutili discussioni debilitarono visibilmente il suo equilibrio psicofisico. L'unica consolazione era che lui e il suo fidanzato avevano ottenuto il permesso, dopo un anno e mezzo di relazione e sei mesi di convivenza, di cenare da soli, quindi avrebbe fatto buon viso a cattivo gioco da sua madre una volta soltanto. Salire le scale fino al pianerottolo di casa e pescare le chiavi dalla tasca fu uno sforzo immane. Si può solo immaginare la sua gioia quando, infilate nella toppa, fecero scattare una specie di congegno ed una voce metallica. Il primo è sempre in terra e non si alza mai. Il secondo mangia tutto quello che c'è ma non si sazia. Il terzo...
«Edward, diamine, apri questa porta!» sbraitò Oswald, picchiettandoci istericamente le nocche. Qualche istante di silenzio all'interno, poi una sequela inquietante di crick e crack. Si schiuse uno spiraglio e il volto allegro di Nygma fece capolino. Portava quella cravatta verde con il motivo a punti di domanda per cui andava pazzo, e persino una camicia che faceva le veci dell'eleganza. Anche qui si era nel mood delle grandi occasioni.
«Buon compleanno, amore!» esclamò, protendendosi e schioccandogli un bacio sulle labbra. Lo scrutò attentamente, senza smettere di stringergli il viso tra le mani lunghe. «Cosa ti è successo? Hai una faccia.»
«Ce l'ho sempre avuta, ricordi?» borbottò Oswald, scrollandosi e ottenendo l'effetto di fargli inarcare un sopracciglio. Immediatamente dopo se ne pentì. «Scusami, è che sono molto stanco.»
Quella rivelazione intaccò un po' l'entusiasmo di Nygma. Non andava bene. Non rientrava nei piani che Oswald fosse stanco, anzi, molto stanco. Avrebbe dovuto essere felice, e loro avrebbero dovuto fare una bella cenetta, no? Quello era il primo compleanno nella nuova casa, doveva essere speciale.
«Vuol dire che, per tirarti su, ti darò subito il regalo» annunciò. Fremette, esibì un sorriso trepidante -come se fosse lui stesso in prossimità di riceverlo- e tuffò il ciuffo scuro e la montatura squadrata degli occhiali all'interno, permettendo finalmente anche a Oswald di entrare. Lui esalò uno sbuffo, stizzito dalla propria stessa stanchezza, ritenendo che non fosse proprio concepibile tollerare tanta fatica, arrivati a quel punto; non era in vena di regali, e nemmeno di sobbarcarsi il dovere d'adempiere adeguatamente al ruolo di fidanzato, ricambiando con calore e gratitudine il suo affetto prorompente... Nemmeno la pioggia, era possibile?!
Quando tornò, trotterellando, Ed stringeva un pacchetto fai-da-te di carta marrone, tipo quella del macellaio, che penzolava dai bordi e i cui scarsi risultati stessi trasudavano la purezza di cuore delle sue nobili, stimabili, tenerissime intenzioni. Oswald notò che, appiccicato con un bollino adesivo di pasticceria allo spago peloso che lo imbrigliava, stava una striscia di carta lunga come lo scontrino della spesa mensile di una famiglia di dieci persone.
«È il biglietto» illustrò Edward, estatico, chiarendo i dubbi dichiarati dalla direzione del suo sguardo. «Devi leggere prima quello.»
Con la condiscendenza di un adulto paziente di fronte al suo figlioletto, Oswald si apprestò alla lettura. Solo dopo alcuni istanti si accorse che qualcosa non andava. Poteva essere anche esausto, e ci stava, ma così esausto da aver dimenticato come si legge? Esaminò di nuovo i caratteri. Non era l'alfabeto, quello. Almeno, non l'alfabeto che conosceva lui. Una serie di puntini grandi e piccoli disegnati in circolo, serie di numeri e virgole. Oswald questa volta non ebbe nemmeno il coraggio di implorare il suo aiuto per essere cavato d'impaccio. Vivere con Edward Nygma era un continuo barcamenarsi tra una singolare fantasia e un genio acerbo, non sempre coerente, non raramente frivolo.
Lui si affrettò a spiegare, senza perdersi d'animo, indicando con l'indice ossuto. «La configurazione elettronica dell'osmio, quella del tungsteno, dell'alluminio... la struttura molecolare della vitamina d... Cobalto, due volte boro, struttura della L-gliceraldeide... Questo è bello, il valore del numero di Eulero! come se fosse così facile... La configurazione elettronica del polonio e la struttura della timina, la base azotata, hai presente... Ecco.»
Oswald lo amava tanto, ma avrebbe ardentemente desiderato strozzarlo, in quel momento.
«Ecco cosa, più precisamente, tesoro mio?» domandò fra i denti.
Ed gli rivolse un'occhiata limpida, innocentemente ignara della malevolenza dei pensieri del fidanzato.
«Ho scritto il tuo nome. Os, W, Al, d... Co-B-B-L-e-Po-t.» Entrambi contemplarono il disegno. «Perchè di solito, sul biglietto, la gente scrive il nome del destinatario, giusto? Ma io non volevo farlo alla solita maniera, e così...» Nygma valutò criticamente il proprio operato, come se lo sconcerto di Oswald mettesse in discussione il risultato. «Mi rendo conto che di primo acchito non è proprio evidente. Soprattutto perchè quella vitamina d sembra una celletta di api. Ma quando scopri la chiave di lettura, torna tutto.»
Oswald stava per abbandonarsi ad un attacco di ridarella. A volte il confine tra le cose geniali e quelle assolutamente stupide è sottile. Conosceva Ed, ma questo non rendeva la situazione meno grottesca di quanto sarebbe apparsa a chiunque altro. Amore o non amore, gli aveva appena presentato un foglio con il suo nome scritto con le vitamine e dio-solo-sapeva-cos'altro. Meno male che non aveva voluto metterci anche Chesterfield... Dimostrando un autocontrollo notevole, si trattenne: ridere avrebbe significato non tanto scatenare la rabbia del suo fidanzato, quanto ferire i suoi sentimenti. La rabbia di Ed era qualcosa di familiare e controllabile -spesso accompagnata da uno squittio e gli occhi serrati dietro le lenti, Oswald, cosa ti avevo detto riguardo al microscopio?- mentre i sentimenti feriti di Ed erano un'incognita cavernosa ed inesplorata, che era meglio non affrontare al momento. Lui stava ancora sorridendo, ed era così... emozionato.
«Carinissimo» disse, costringendosi ad annuire ripetutamente e stirare le labbra in una manifestazione di pacata gioia. «Sei stato... bravo. Dal mio punto di vista, è una cosa... un po' complicata.»
Edward si prodigò in una risatina acuta. Il gusto con cui lo fece diede ad intendere che la reazione fosse soddisfacente.
«Non dire sciocchezze! Avanti, adesso aprilo.»
A questo punto, Oswald aveva paura. Ti prego, fa che non sia un pupazzo a forma di batteriofago o di globulo rosso, implorò chiunque lassù si stesse divertendo ad avverare tutto ciò in ventiquattr'ore. Poi attaccò la carta, con mani esitanti. Edward non stava nella pelle. Non può essere un pupazzo, si felicitò Oswald, è troppo pesante. Ma d'altronde c'erano tante cose pesanti che non avrebbe voluto ricevere dal suo fidanzato. Infine, quando vide quello che effettivamente era, rimase interdetto.
Era una strana specie di collare circolare, anche se le estremità dell'anello non si univano; forse di ferro, con delle bizzarre protuberanze. Aveva l'aria di essere parecchio vecchio.
«È una mordacchia» intervenne Nygma, con un sorriso sibillino. «Un antico strumento di tortura in uso nel Rinascimento, prediletto dall'Inquisizione. C'è un lucchetto e due aculei: uno perfora la lingua e l'altro la gola. Chi lo indossa è destinato, a lungo termine, a morire strozzato dal proprio stesso sangue. Pensavo che ti potrebbe tornare utile, in modo che certe persone non chiacchierino troppo... che te ne pare?»
Oswald tacque, ma questa volta era ammutolito dalla commozione. Contrasse il labbro inferiore su quello superiore, avvertendo un anelito di tenerezza espandersi come elio in un palloncino.
«Oh, Edward... É stato un pensiero cosí premuroso da parte tua. Tu sai sempre prevedere i miei desideri prima che io li esprima.» Si assestò il ferro fra le braccia, come se fosse un neonato. «Questo gioiellino dev'esserti costato una fortuna!» tubò.
Nygma era compiaciuto dell'accoglienza che il suo regalo aveva avuto. «Diciamo che ho delle conoscenze strategiche qua e là... Ma niente può valere quanto la consapevolezza del godimento che ti provocherà guardare qualcuno morire così.»
Oswald era esterrefatto dalla maniera in cui Edward conviveva con i due aspetti della propria personalità -quello adorabile, carino ed innocuo e quello allusivamente, ambiguamente perverso. Il sorriso del suo fidanzato, stavolta un po' dissoluto, provocò l'irreparabile.
«Avevi ragione a volermelo dare dopo cena, Ed» mormorò, visibilmente in difficoltà, carezzandogli uno zigomo appuntito con le dita. «Non abbiamo ancora mangiato, e già mi fai passare al dessert.»
Lo sguardo di Nygma si spostò sull'oggetto che Oswald stringeva ancora con l'altra mano. «Allora lo vuoi provare?» lo stuzzicò.
«Magari un'altra volta. Per ora, la tua lingua mi serve intera...»
E fu così che agli occhi di Oswald Cobblepot il mito del compleanno si riabilitò completamente.



































Note dell'Autrice: Entro nel fandom con ciò, pubblicando il primo dell'anno, come ormai è tradizione. ^^ Ship assolutamente sclerotico, fanfiction assolutamente sclerotica... niente di insolito. Io voglio, 1, che Gotham riprenda al più presto (questa pausa natalizia è stata insopportabile, da quel punto di vista), e 2, che Nygma e Oswald si incontrino al più presto! Un qualsiasi loro moment mi scioglierebbe come un budino. <3
Voglio precisare che in questa storia mi sono attenuta unicamente all'IC del telefilm (se ci sia riuscita o no è un altro discorso... Ç.Ç), non avendo visto film-letto fumetti-eccetera eccetera, perciò non scocciatevi se notate che i personaggi originali sono del tutto storpiati o chessoio.
Grazie a tutti quelli che hanno letto, e buon anno! Chi volesse recensire, <3
Lucy
  
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