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Autore: Cornelia Winter    01/01/2015    0 recensioni
Un giorno ho raccontato di te alla pioggia, ma non ha saputo tenere il segreto ed ora la pioggia è diventata dolce, perché quando cade grida il tuo nome e non è il cielo che soffre, ma sono le lacrime di gioia delle stelle che rimangono estasiate da una luce più accecante della loro, di una stella che brilla su questa terra. Raccogli una di quelle lacrime e conservala nel cuore, ti aiuterà a capire che sei più fortunato di quanto tu possa immagginare e quando piove, ascolta la dolce musica e osserva la soave danza della pioggia e pensa che ogni goccia è un pensiero rivolto a te, un bacio che vorrei darti, una carezza che vorrei fare, a te.
Genere: Generale, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Nel cielo, tra le stelle //Ashton Irwin//

-Ti amavo, perciò ho sospinto questa fiumane di uomini tra le mani e ho scritto la mi volontà nel cielo, tra le stelle-

cit. T. E. Lawrence

 

***

 

Sentivo i suoi passi al di là della porta, il suo respiro affannato e le sue grida riempire il silenzio tanta da scuotere le mura.

Sentivo l'angosciante battito del suo cuore, troppo forte per essere reale, come se volesse raggiungere il mio.

Sentivo la sua pelle bruciare sotto lo scrosciare delle sue lacrime, riflesso della sua anima imprigionata in un involucro di carne, che non riusciva più a contenere la solitudine che lo opprimeva.

Sentivo il suo sguardo attento vagare per la stanza vuota, mentre annasprava alla ricerca d'aria, gli occhi vitrei e senza vita cercavano qualcosa a cui tenersi, una ragione per non mollare tutto.

E lo sentivo; mi stava pregando, voleva fossi io a colmare quel vuoto che lo circondava, come una seconda pelle, ma non sapevo se ne avevo la forza.

Sentivo come il suo cuore volesse uscire dal suo petto e come sembrasse a pezzi, sul punto di esplodere e spazzare tutto il resto.

Sentivo che se mi fossi permessa di aprire il mio cuore ed accogliere tutti i suoi sentimenti, i suoi dubbi, le sue paure, sarei crollata e avrei trascinato con me chiunque e lui non meritava di soffrire ancora.

Sentivo il suo cuore reclamare amore, aveva bisogno di qualcuno che lo tenesse stretto tra le braccia e che non lo lasciasse scappare.

Me lo sentivo, era così abituato a ricevere odio e disprezzo che, se qualcuno avesse dimostrato nei suoi confronti dell'affetto, si sarebbe stupito.

Sentivo il desiderio di scacciare i suoi incubi e cancellare le sue lacrime con un solo tocco, avrei voluto tenerlo con me la notte per protteggerlo dal mondo, volelo essere io la causa dei suoi sorrisi.

Ma me lo sentivo , quella persona non dovevo essere io.

Il mio solo esistere era un errore, sapevo che ero un disastro ma quando i nostri sguardi si incrociavano mi sentivo diversa, viva e giusta.

Sentivo sempre di essere la causa della sofferenza altrui, come se stessi camminando su un filo sopra ad un precipizio senza poter andare ne avanti ne indierto, bloccata nei movimenti e sopraffata dai pensieri, un solo passo e tutto sarebbe finito, sarei stata libera.

 

Il boato attutito di un colpo mi riscosse dalla valanga di pensieri che mi stava sopraffando, sentivo i suoi passi sempre più vicini, dritti verso di me.

 

Un colpo fece tremare la porta sulla quale era poggiata, l'unico sostegno,

un inutile pezzo di legno che separava i due dall'essere finalmente insieme.

Dei pesanti sospiri fuggirono dalle labbra del ragazzo che , anni orsono, aveva rubato il suo giovane cuore; ora giaceva con la testa poggiata contro la porta in attesa di una sua risposta, una qualsiasi cosa che gli avrebbe fatto capire che non tutto era andato perso, ma il più staziante dei silenzi inondò la stanza facendolo irrigidire.

L'aveva persa, rimase immobile così distante ma altrettanto vicino a lei da poterla sentire respirare ma non fece niente, si stava arrendendo.

Lottare non sarebbe più servito.

La stava allontanando da sè.

 

Il mondo intorno a lei smise di girare, avvertì una dolorosa fitta al cuore come se l'avessero accoltellata, il suo sguardo si posò sulla finestra completamente aperta e rimase affascinata dagli armoniosi movimenti della tenda indotti la vento che soffiava, facendola rabbrividire.

Fuori i colori si erano spenti, il grigio del cielo rispecchiava perfettamente il suo stato d'animo. Le sembrava di stare in un limbo, non era abbastanza disperata da compiere follie quali lasciarlo andare, ma neanche sollevata dalla situazione da poterlo guardare negli occhi senza sentirsi colpevole di un reato immaginario. Era un egoista, lo sapeva ma mai avrebbe trovato il coraggio di staccarsi da lui, ormai erano legati l'uno all'altro irrimediabilmente.

Il cielo versava le alcrime che a lei mancavano, le gocce si rincorrevano in una folle corsa e finivano con uno schiocco a terra riempiedo il grigio marciapiede di macchioline più scure che si alternavano, alcune più piccole alcune più grandi scendevano fitte coprendo il cielo, appesantivano la sua anima di suo già lacerata dal dolore.

 

Un tuono scosse la stanza, leggere crepe coprirono la superficie delle finestre e il leggiadro e armonioso veleggiare delle tende fu spezzato da una raffica di vento. Il soffio di Zefiro volò per tutta la stanza fino a scontrarsi contro la ragazza dagli occhi blu, rannicchiata in un angolo con lo sguardo triste, gli occhi arrossati e la voglia di smetterla di fingere.

Una corrente d'aria calda le passò accanto lasciandole addosso il profumo dell'Autunno, delle foglie secche e del calore umano, come il bacio dei venti dell'Ovest, riportò in lei una speranza, fioca ma esistente.

Il suo cuore voleva smetterela di autocommiserarsi ed affrontarlo una volta per tutte e vincere le sue paure avendo al suo fianco qualcuno di cui fidarsi ma la sua parte razzionale la obbligava a nascondersi da lui, a non dare ai sentimenti voce in capitolo, finendo così col creare tra loro un abisso invalicabile.

Le stelle le giravano attorno in quella notte buia e fredda, lei le pregava qualora non ci fosse riuscita che si prendessero cura di lui, il solo vederlo soffrire le straziava il cuore.

 

Non le rimaneva più nullla.

Aveva rinunciato ad una favola, per un disastro.

Il cielo le aveva regalato una vita, una gioia immensa, un terribile destino ed un tragico amore.

Gli errori commessi le erano costati cari, aveva perso i suoi teneri sorrisi, le sue labbra che baciavano ogni centimentro della sua pelle, i loro corpi avvinghiati.

Tutto ormai era scomparso, raso al suolo dalla sua stessa irrazionalità.

Follia,

aveva perso di vista la ragione,

era uscita di testa ed era finita col rinchiudersi in una gabbia d'oro costruita con l'ipocrisia della genta a lei vicina.

Era egoista ma lo voleva tutto per sé, non era pronta a rinuncire a lui.

 

 

Allora capii ciò che realmente sentivo, ciò che da tempo cercavo di nascondere.

Improvvisamente il mio cuore cominciò a gridarmi quanto fossi sciocca ad allontanarmi così da lui, non poteva semplicemente arrendersi.

Dovevamo vivere insieme ancora tanti momenti felici, non potevo sbagliare ancora.

Volevo baciare le sue labbra ancora una volta.

Gridare al mondo quanto lo amassi.

Andare in giro e mostrare a tutti che insieme ce l'avevamo fatta.

Sopravvivere giorno dopo giorno sorreggendoci a vicenda.

Amarlo fino all'ultimo mio sospiro.

 

Le ombre che ormai mi perseguitavano da sempre, cominciarono a voricare per tutta la stanza, strinsi le ginocchia al petto e raccolsi la testa tra le mani tirandomi i capelli fino a farmi male.

Non ero ancora pronta a fare i conti con i miei demoni, il dolore fisico era più sopportabile.

Mi coricai in un angolo facendomi sempre più piccola, il terrore mi stava divorando, me ne resi conto quando un urlo scappò dalle mie labbra, la vista mi si appannò.

Ero un persona incoerente.

Volevo allontanarlo da me per evitare di inquinare l'unica cosa bella che fosse mai capitata nella mia vita e invece continuavo a fare la codarda, ritardando l'inevitabile.

Avevo bisogno di sentirlo vicino, per puro egoismo, ma non me ne vergognavo; volevo passare le mie dita ancora tante volte tra i suoi meravigliosi ricci e invece di amarlo come lui si meritava, lo trascinavo piano piano nell'oscurità che era il mio mondo.

Dannazione, lo amavo ma ero troppo stupida per rendermi conto dell'errore che stavo facendo entrando come un uragano nella sua vita,

ero stupida a pensare che l'amore avrebbe compensato tutto il resto,

ero stupida a voler a tutti i costi un lieto fine come nelle favole, perchè questa è la vita reale e nella vita reale io e lui non possiamo coesistere insieme.

 

<< Faye, ti prego... parlami.>>

 

Il semplice suono della sua voce fu capace di risvegliare i miei angeli e di far sprofondare il mio cuore.

La sua voce.

Così calda da sciogliere il gelo che ormai era impresso nella mia mente.

Sentì il mio cuore battere così forte da sentirlo rimbombare tutto intorno a me.

Le voci.

Così malvagie e diverse dalla sua, che riusciva sempre a calmarmi.

I sussurri alimentavano le mie grida mentre quel mare in tempesta ch'era la mia anima, straboccava infrangendosi su di me.

 

<< mi dispiace piccola.>>

 

Delle calde lacrime inondarono il mio viso.

Sbagliata.

Ero così estranea al concetto di giusto che quando mi guardavo allo specchio non provavo più nulla.

Niente.

Né ribrezzo verso me stessa,

né paura per ciò che stavo diventando,

neanche un briciolo di amarezza per gli sguardi che ricevevo,

né compassione per la piega che la mia vita aveva preso.

Semplicemente mi ci ero abituata.

Ero tutto ciò che i genitori definivano una cattiva compagnia,

un adolescente che aveva preso la strada sbagliata.

Gioventù bruciata.

Solo che io non potevo, o meglio, non riuscivo a fare marcia indietro sui miei passi.

 

“Non si è mai troppo lontani dalla speranza. Lo sperare di poter cambiare, di diventare migliori, di raggiungere nuovi obbiettivi è una meta che ha come fine noi stessi. Non è mai troppo tardi per smettere di essere un mostro… se ci si aggrappa alla speranza di non esserlo mai stato del tutto.”

 

Le sue stupide parole mi ronzavano ancora nella testa, mi ero rassegnata a ciò che giorno dopo giorno ero diventata,

una stupida maschera che mi proteggeva dal resto del mondo,

una bambina cresciuta troppo in fretta,

una calamita per guai e disastri di ogni genere,

una cicatrice vivente.

 

Strinsi tra le dita il logoro maglione nero che copriva in parte la mia esile figura, conficcai le unghie nei palmi della mano, così forte da lasciare che il sangue scivolasse via dalle ferite.

Rosso.

Quella sostanza color della passione macchiò completamente le mie mani,

piccole macchioline caddero sulle mie gambe.

Distesi le dita e osservai con attenzione l'unica cosa che, prima di lui, fosse riuscita a farmi sorridere.

Con quelle dita avevo disegnato il mio cammino,

avevo dipinto un avvenire diverso da quello che stavo vivendo,

avevo creato, fondendo i colori, un modo tutto per noi.

 

Verde.

Le mie unghie, l'unica nota di colore in quella stanza buoia.

Le mie unghie laccate della mia tonalità preferita di verde.

Le mie unghie intrise di lui.

Le mie unghie, che mi ricordavano quelle stupendi iridi di cui mi ero innamorata.

 

<< Cosa devo fare per vederti sorridere di nuovo...dimmelo perchè sono disposto a tutto.>>

 

Tutto.

Avrebbe fatto di tutto per me, ed io ero incapace di specchiarmi in quegli smeraldi ch'erano i suoi occhi.

Tutto,

ed io non riuscivo neanche a dargli tutta me stessa.

Tutto,

per me, per quel “noi” che ormai era diventato un “tu” ed “io”.

Tutto,

per un mondo che era crollato senza ch'io potessi fare qualcosa.

 

Pensieri, parole, gesti, rumori,melodie,

vorticavano nella mia mente,

giravano senza sosta,

un'insensato susseguirsi di macchie nere senza forma precisa,

caos.

Inquietudine.

Il mio corpo trasmetteva paura oppure timore,

dipendeva da ognuno interpretare i miei gesti.

Solitudine.

I miei occhi lascivano trapelare l'enorme vuoto che lui s'era lasciato dietro,

costringendomi a vivere del nostro amore,

o ciò che n'era rimasto.

Codardia.

Il sorriso dietro al quale mi nascondevo si ripiegò su sé stesso,

come un pezzo di carta bruciacchiata,

che piano piano muore,

lasciando nelle mani altrui solo un mucchio di cenere.

 

Un lampo.

D'un tratto e per qualche misero secondo, quella stanza testimone del dolore della ragazza dagli occhi blu, venne illuminata.

Spoglia,

priva di colori,

fredda e buia,

inospitale.

Uno straordinario gioco di luci si innescò nel cielo e attirò lo sgurado attento della ragazza, che inerme giaceva sul pavimento di quella stanza vuota.

Il rombo di un tuono seguì,

i brividi la scossero,

gli occhi lucidi

e le dita tremanti.

 

Ancora una volta,

le sue più recondite paure le bloccano il respiro,

tutto intorno a lei cessò d'esistere.

Niente.

Non sentiva niente,

eccetto il trambusto che si era creato nella sua testa.

 

Si portò le braccia intorno al petto, cercando di proteggersi.

I singhiozzi divennerò incontrollati.

Senza neanche accorgersene,

lasciò che per una volta nella sua vita,

tutte le emozioni trattenute si riversassero in quella stanza,

dove, per molto tempo quelle ferite avevano sanguinato.

Perfide.

La sua mente incominciò a viaggiare tra i ricordi senza una meta precisa.

Il suo volto illuminato dalla cinerea luce della luna,

la sua sorte derisa da quello sciame di stelle che le vortica attorno,

il suo pianto nascosto tra le ombre di un tempo ormai passato.

Sola.

Come uno spettro,

incosciente,

s'abbandonò alle delizie della fuga,

senza passato più, senza ricordo,

nel folle accordo,

di una luna in continua mutazione.

 

 

Un lampo,

scoppio di luce infinita.

Fuori,

la natura si scatenava,

si avventava,

si lacerava

e poi,

lasciava il nulla.

 

Dei brividi continuavano a scuotermi dalla testa ai piedi, la paura non mi permetteva di aprire gli occhi e la fredda aria che mi circondava mi constringerva a raggomitolarmi su me stessa alla ricerca di un po' di calore.

Sussultai quando inaspettatamente due forti braccia mi circondarono la vita, mi strinsero e mi tennero vicino al suo torace.

Sentivo il suo cuore battere ad un ritmo incostante, il calore della sua pelle che a contatto con la mia mandava scariche di pura elettricità.

I suoi ricci mi solleticavano e le sue labbra febbriccianti vagavano sul mio collo, annasprai alla ricerca d'aria quando il tipico profumo speziato che lo caratterizzava mi giunse, rendendomi ancora più fragile tra le sue braccia.

Un sospiro lasciò le sue labbra,

abbandonai la mia testa sulla sua spalla,

gli permisi ancora una volta di vedere al di là di ciò che ero.

 

<< P-perchè sei ancora qui?>>

 

Distorte parole uscirono dalla mia bocca impastata, mi raddrizzai sottraendomi al suo tocco.

Guardai dritto davanti a me.

 

Bianco,

un muro sterile,

impronta di una vita cancellata,

rimorsi,

un cuore in fuga,

troppi pensieri,

nulla.

 

Scossi la testa eliminando tutte quelle voci che si mescolavano, si accalcavano nella mia mente appena davo loro lo spazio per infiltrasi, appena mi distraevo e creavo intorno a me una bolla, una protezione dal mondo e da me stessa.

In quel momento non mi rimaneva altro che il freddo silenzio della solitudine.

<< Perchè ?>>

Le parole uscirono più fredde di quanto avrei voluto, mi sentii un estranea, come se non fossi io ad averle proniunciate.
Chiusi gli occhi cercando d'allontanarmi ancora una volta dalla realtà, ma lui rimase lì, la mia schiena schiacciata contro il suo petto e le sue braccia avvolte intorno a me.
Lui rimase lì, senza farmi domande, ascoltò soltanto il mio silenzioso pianto.

<< Non dovresti essere qui Ashton... non ho bisogno che tu mi compatisca>>


Silenzio,

tutto taceva,

le parole da lui non dette vagarono in quella stanza, senza meta.


<< Voglio starti vicino>>


Il suo fito sul mio collo mi distraeva, rischiavo ancora una volta d'essere sommersa dale emozioni.


<< Non ne hai ragioni>>


Dissi duramente, uno spostamento d'aria alle mie spalle mi fece irrigidire, dalle mie labbra scappò un sospiro quando lo ritrovai dinanzi a me gli occhi fissi nei miei come se volesse leggermi.


<< Voglio stare al tuo fianco e proteggerti>>


Rimasi interdetta da ciò che disse, lo osservai attentamente cercando in lui un qualche segno che mi avrebbe fatto capire che stesse scherzando, perchè doveva essere questo, solo uno scherzo.


<< Non ho bisogno d'essere protetta Ash, non sono una bambina>>


La mi mascella serrata, i pugni stretti e quelle parole colpirono me stessa, come se in quel momento fossi un estranea nel mio stesso corpo, la rabbia aveva preso il provvento per un istante e aveva cancellato tutto il resto, me compresa.

Sentii le lacrime rigarmi le guance e lui avanzare nella mia direzione, un passo dopo l'altro, non rimaneva altro che un metro a separarci.


<< Ti stai distruggendo Faye, non è contro te stessa che devi combattere>>


Si abbassò, così che i nostri sguardi s'incrociassero -per la prima volta rividi quei mervigliosi occhi verdi di cui mi ero ingenuamente innamorata- li guardai per un svariati minuti che a me sembrarono l'eternità, quando mi resi conto della sua mano che dolcemente accarazzava la mia guancia.

Seppi con sicurezza che un rossore si espanse su di esse, non per timidezza ma bensì per la sa vicinanza, potevo sentire il profumo d'agrumi che si portava sempre dietro e questo mi ricordò la situazione in cui mi trovavo, lui -l'unica persona che ho veramente amato nella mia vita- troppo vicino a me da poter frenare quella voglia di avvolgerli le braccia al collo che c'era in me.


<< Lasciati aiutare piccola, sono qui per te>>


Sussurò leggermente alla mie orecchie e instintivamente chiusi gli occhi per assaporare questo momento, come quando due mondi entrano in collisione e prima dello scoppio c'è un attimo di perfetta armonia.

Mi sentivo così con lui, sempre.


<< I-io non...>>


<< Lo so che lo vuoi>>


M'interruppe soffiando sulle mie labbra, lo spazio tra di noi si era radicalmente dimezzato rispetto a prima, dischiusi le labbra e sentì i sensi di colpa avanzare.


<< Cosa te lo dice>>


Chiesi completamente in balia di quel mare in tormenta ch'era Ashton.

Aprì gli occhi ormai stufa dei sui giochetti e vidi nei sui pura felicita e sentii ancora di più i sensi di colpa pesarmi sul cuore.


<< Lo vedo nei tuoi occhi>>


Disse con un sorrisetto stampato sulle labbra.

Una risata forzata uscì dalle mie labbrà spizzandolo, la gioia scomparve all'istante dai suoi occhi e le sue iridi divennero più scure.

D'un tratto tutto cessò, quella magia ch'era riuscito a crare intorno a noi s'infranse, si staccò da me e quando riaprì gli occhi lo trovai ancora una volta in piedi davanti a me.

<< Guardati. Non t'importa più di nessuno. Neanche di te stessa.>>

Disse lui lasciando che i suoi occhi riflettessero tutti le emozioni che il suo cuore stava provando in quel momento.

Lo fissai per un tempo indefinito, finchè sotto al peso delle sue parole abbassai la testa, vergognandomi come tante altre volte nella mia vita di ciò che ero, del mostro ch'ero diventata, a causa del mondo che non mi reputava abbastanza.

No.

Per colpa mia,

solo mia.

Alzai il viso e lo guaradai dritto negli occhi, mostrandomi per la prima volta debole davanti a lui.

 

Vitrei,

i miei occhi,

freddi come la mia anima,

in continua lotta col cuore che tutto vuole.

Selvaggia,

come un animale in gabbia,

istintiva e primordiale.

Amore,

senza ragione,

follia allo stato puro.

 

<< Se amarti è un errore, allora continuerò a sbagliare.>>

La sincerità che traboccava dalle sue parole mi spiazzò ma ancora una volta indossai la maschera con cui avevo l'abitudine di convivere.

<< Non dire stronzate Ash>>

Il mio cuore cadde ai mie piedi in pille pezzi e sentì che questa volta niente lo avrebe aggiustato.

 

 

 

  
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