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Autore: Fauna96    01/01/2015    1 recensioni
Se aveste chiesto a Nathaniel Underwood cosa ci facesse lì, in tutta onestà non avrebbe saputo rispondervi. Sì, cioè, avrebbe risposto, ma le sue motivazioni sarebbero apparse fiacche e deboli, esattamente come si sentiva lui: appoggiato al muro con aria annoiata e un bicchiere di qualcosa di alcolico in mano.
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¡ModernAU! collegato a "Ultima corsa" ma comprensibile anche preso da solo.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Altri Luoghi'
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Cattivi propositi
 
Se aveste chiesto a Nathaniel Underwood cosa ci facesse lì, in tutta onestà non avrebbe saputo rispondervi. Sì, cioè, avrebbe risposto, ma le sue motivazioni sarebbero apparse fiacche e deboli, esattamente come si sentiva lui: appoggiato al muro con aria annoiata e un bicchiere di qualcosa di alcolico in mano – l’aveva detto tre volte che non beveva, grazie, ma doveva guidare e la macchina non era sua, era già un miracolo che gliel’avessero concessa, quindi...
Spostò lo sguardo su Jane, avvolta da uno scintillante abito verde che faceva risaltare i suoi occhi; se non altro, lei si divertiva, a giudicare dalle risate. Era essenzialmente per lei che si trovava in quella dannatissima sala piena di gente quando sapeva benissimo che avrebbe odiato ogni singolo istante. Insomma, da bravo fidanzato qual era, doveva far da cavaliere e accontentare la sua signora. Non che Jane l’avesse calcolato da quando erano entrati lì.
Nathaniel lanciò furtivamente un’occhiata all’orologio e avvertì il morale sprofondare: com’era possibile fossero solo le nove e mezza? Si mosse a disagio; se avesse fumato, avrebbe avuto la scusa della sigaretta... Oh al diavolo! Buttò il bicchiere sul tavolo e scivolò fuori in strada, sentendosi immediatamente meglio. Si allacciò il cappotto, respirando l’aria gelida; solo cinque minuti... il tempo necessario per far smettere la sua testa di rintronare. Dannata musica da discoteca.
Sospirò, rimpiangendo il momento in cui aveva detto di sì (aveva pure messo dei soldi) per quella stupida festa; il fatto era che ormai era entrato nel gruppo dei... popolari o fighetti o come si chiamavano e ciò comportava partecipare a feste di cui non gli importava nulla e fare tutto ciò che ci si aspettava dal ragazzo di Jane Farrar. Non era quello che aveva sempre desiderato da quando aveva quattordici anni? Jane era bella, intelligente, popolare... tutto. Lui... be’ fino a un annetto prima, era un secchione sfigato, diciamocelo chiaro e tondo. E lo era ancora, sotto sotto.
- Nathaniel?  -
Fece letteralmente un salto e spostò la propria attenzione sulle due figure ferme davanti a lui. La più bassa era la più vicina e sotto il triplo strato di sciarpa e il cappello, Nathaniel riconobbe il sorriso allegro di Tolomeo Soter, suo compagno (e unico altro membro) del Comitato della biblioteca della scuola.
- Oh, ciao! – lanciò un’occhiata all’altra persona, una ragazza sui diciotto anni, corti capelli scuri che spuntavano dal berretto e mani affondate nelle tasche. Però... chi l’avrebbe mai detto che Tolomeo avesse così successo con le ragazze?
- Che fai qui fuori? –
Nathaniel si riscosse. – Io... prendo una boccata d’aria. Sono a una festa – gesticolò verso l’entrata da cui fuoriusciva prepotente la musica. – Tu? –
- Oh, stiamo andando anche  noi a una specie di festa. Ma abbiamo avuto qualche problema col bus e ora cerchiamo un taxi o qualcosa del genere. Dobbiamo andare a Camden Town -.
- Camden? – ripeté Nathaniel stupito. – E’ lontanissima da qui! –
Tolomeo si strinse nelle spalle e la ragazza fece un passo avanti. – E’ meglio se andiamo, anzi -.
La luce del lampione ora le illuminava il viso, un viso dai lineamenti decisi ed energici.
Nathaniel esitò poi disse: - Vi porto io – Tolomeo inclinò il capo di lato. – Ma sì, ho la macchina qui e sono sicuro che potranno sopravvivere dieci minuti senza di me – anche tutta la sera ad essere sinceri.
- Davvero? Grazie! – Tolomeo rise. – Oh, le presentazioni! Nathaniel, lei è Kitty Jones. Kitty, Nathaniel Underwood –
Kitty non indossava guanti, perciò le sue dita erano gelate, ma non parevano intirizzite. Sorrise arricciando un angolo della bocca. – Allora sei tu Nathaniel. Tolomeo parla spesso di te -.
- Davvero? – fece Nathaniel entrando in macchina, mentre Tolomeo gli lanciava sorrisetto di scuse.
- Oh sì: non sei quello che gli fa compagnia nella biblioteca della scuola? –
Nathaniel rise sinceramente per la prima volta da parecchio tempo, perché effettivamente era tutto quel che facevano: starsene rintanati in biblioteca  a leggere e discutere.
Seguendo le indicazioni dell’amico, Nathaniel li portò a Camden, fino a una stradina quasi invisibile nella quale lampeggiava allegramente l’insegna di un pub. E fu proprio mentre tentava di infilarsi senza graffiare la fiancata, che assistette a una dimostrazione letterale del modo di dire “cacciare uno a pedate nel sedere”.
La vittima inciampò in strada e Nathaniel inchiodò per evitare di metterlo sotto; ci mancava solo investisse qualcuno con la macchina di zio Arthur. Dal pub uscì un ragazzo, evidentemente quello che l’aveva preso a calci.
-... E giuro sul vinile di God save the Queen che se rimetti le chiappe in questo posto, te le affetto e te le faccio mangiare! –
Nathaniel spostò lentamente lo sguardo su Tolomeo e poi su Kitty, entrambi piuttosto divertititi, e tossicchiò. – E’... è questo il posto? –
- Sì – cinguettò Tolomeo e saltò giù allegramente seguito dalla ragazza, che gli lanciò un sorriso solidale, o almeno così gli parve. Sospirando, scese anche lui, mentre il ragazzo del pub si apriva in un sorriso scintillante. –Ma ce l’avete fatta! Stavo iniziando a preoccuparmi – scompigliò i capelli a Tolomeo e schioccò un bacio sulla guancia di Kitty, che sbuffò; poi, fece un cenno a Nathaniel. – E’ il tuo ragazzo, Kitty? –
Nathaniel sentì le guance farsi di porpora e scosse il capo freneticamente; grazie al cielo, intervenne Tolomeo: - No, è Nathaniel, della mia scuola... ti ricordi? –
Il ragazzo lo fissò. – No, affatto, ma non importa. Dai, vieni, ti offro una birra! –
- Oh, no, grazie – farfugliò Nathaniel – Io... devo andare e poi no ho ancora diciotto... –
- Chi se ne frega, il locale è mio! – prima che potesse reagire, lo afferrò per le spalle e lo spinse dentro. – Comunque, Kitty, io ci farei un pensierino... –
- Sei un deficiente, Bart  - fu la risposta, mentre Nathaniel cercava in tutti i modi di non guardare nella direzione della ragazza.
- Preferisco definirmi genio incompreso. Su, sedetevi, vi porto da bere – li scaraventò praticamente intorno a un tavolino e balzellò verso il bancone del bar.
Nathaniel si guardò intorno, cauto: c’era gente di tutti i tipi raccolta in quella saletta semibuia, da suoi coetanei a uomini ormai maturi, persino qualche anziano, per nulla disturbato dalla musica rock che rintronava lì. Non molto diversa dalla situazione precedente, ma qui se non altro c’era un suo amico e nessuno lo ignorava, anzi... Era strano venire trattato con così simpatia da sconosciuti di cui non aveva capito con esattezza il nome (sul serio, Queezle? Doveva essere un soprannome per forza) e che continuavano a riempirgli il bicchiere nonostante le sue proteste; persino Tolomeo aveva due pomelli rossi sulle guance e gli occhi lucidi, e lui stava mangiando gli hot dog più buoni che avesse mai assaggiato ascoltando Kitty raccontare qualcosa.
Fu solo dopo un bel po’ che si domandò che ore fossero e scoprì di avere dieci messaggi non letti e sette chiamate perse da Jane. – Cacchio – sibilò e si precipitò fuori schivando un paio di ubriachi.
- Dove diavolo sei?! Sai che ore sono? Le undici, Dio! –
- Jane... mi spiace, ok? Sono... ho accompagnato un amico e poi mi hanno invitato e io... – si rese conto di stare balbettando e si odiò per questo.
- Intanto, perché sei sparito? – strillò Jane nel suo orecchio e Nathaniel strizzò gli occhi.
- Volevo prendere una boccata d’aria, tutto qua. No, senti – prese un profondo respiro – mi annoiavo, ok? Ora torno -.
- Non ti disturbare – la voce di Jane era gelida quanto l’aria. – Resta pure con i tuoi amici, chiunque siano – Fine della telefonata.
Nathaniel rimase attonito a fissare lo schermo nero del cellulare. Era stato... scaricato?
- Tutto bene, amico? – Bart, o qualunque fosse il suo nome, lo fissava con in mano un sacco della spazzatura e una sigaretta in bocca; buttò il sacco in un bidone e si avvicinò. – Problemi? –
Nathaniel fu tentato di chiedergli se non avesse freddo in maniche di camicia arrotolate, poi rinunciò. – No... cioè, sì, ma nulla di importante in realtà –
- Ah, donne? Lascia stare, Nat, ti rovini la salute. Dai, vieni dentro! –
L’unica cosa sensata che arrivò alla bocca di Nathaniel fu: - Nat? –
Il ragazzo alzò un sopracciglio. – Non ti chiami Nathaniel? –
- Sì... –
- Uh meno male. Sai,ogni tanto confondo qualche nome – gli passò un braccio intorno alle spalle e lo ricondusse dentro continuando a parlottare ininterrottamente.
 
A mezzanotte in realtà, nessuno fece un brindisi lì dentro, perché nessuno se ne accorse. Fu solo a mezzanotte e cinque che tutti parvero svegliarsi e si misero ad abbracciarsi augurando buon anno.
Nathaniel si strofinò gli occhi (aveva bevuto un po’ troppo, maledizione a quell’idiota del barista) ricambiò la pacca di Tolomeo sulla spalla e sorrise a Kitty; poi l’amico di Tolomeo, un braccio intorno al collo del ragazzino, si mise a strepitare qualcosa sui baci di Capodanno e lanciò uno sguardo alla cameriera bionda dal nome impronunciabile, che rise e a sorpresa stampò un bacio sulle labbra di Tolomeo.
- Sei stato rifiutato, Barty – ridacchiò Kitty, mentre il poveretto assumeva un’espressione sconvolta e Tolomeo scoppiava a ridere. – Anzi, peggio, il tuo migliore amico ti ha rubato la donna -.
A quel punto, Nathaniel smise per un attimo di fare attenzione e si rese conto che, per la prima volta da anni, non aveva fatto dei buoni propositi per l’anno venturo. Ma andava bene così.
 



Buon anno! Ho scritto questa sciocchezzuola sulla scia della mia paura di annoiarmi ieri sera, che per fortuna è andata bene, anche se non è comparso nessun Tolomeo. Un paio di precisazioni: Nat ha diciassette anni, quindi può guidare ma non bere; è orfano, affidato a parenti ( da qui “zio Arthur”). Il pub è di Bart e di Faquarl, che per tutta a storia è rimasto rintanato in cucina e oltre a loro due, ci lavorano Queezle e Jabor. Tolomeo era abbastanza allegro, ma va detto che basta poco a stenderlo, povero piccolo. E non preoccupatevi, Bart ha riaccompagnato tutti a casa e nessuno si è fatto male.
  
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