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Autore: Gora_DC    01/01/2015    2 recensioni
Klaine sempre più innamorati sono sposati da ormai tanti anni, hanno avuto una bambina meravigliosa che ormai è già una signorina, una giovane donna al suo primo anno di liceo. Tutto andrebbe bene, se non fosse che la loro Elisabeth si sia innamorata di un ragazzo bellissimo. Non ci sarebbero problemi se non fosse che questo ragazzo sia uno Smythe.
Genere: Commedia, Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Buongiorno!" 

Una bellissima giovane donna fece il suo ingresso in cucina, lasciando tutti senza parole. Era davvero raggiante quella mattina, così aperta alla vita, così pronta per nuove esperienze.  

"Qualcuno qui è particolarmente di buon umore oggi!" costatò Blaine, avvicinandosi alla sua bambina, che ormai delle sembianze fanciullesche aveva perso tutto, dandole un grosso bacio sulla guancia. 

"Ovvio, oggi è il mio primo giorno di scuola nel nuovo liceo!" disse sorridente al suo papà, "Sono davvero eccitata, finalmente potrò studiare con qualcuno alla mia altezza!" concluse prima di addentare il suo toast farcito con della marmellata alle fragole biologica. 

"E pensi di andarci vestita così?" tuonò Kurt da dietro al giornale. Fino a quel momento non aveva aperto bocca, si era limitato a guardarla di sottecchi per poi intervenire. 

Elisabeth, con i suoi capelli lunghi e biondi, ondeggiava per la sala mangiando la sua colazione, mentre con una gonnellina scozzese piuttosto corta e una camicetta bianca, forse un po' troppo trasparente per i suoi gusti, metteva in mostra quello che con il tempo era cresciuto dandole le sembianze di una donna. Un Kurt, ormai più maturo, alzò lo sguardo dal suo giornale, mettendolo da parte e sistemandosi meglio gli occhiali da vista, che era stato costretto a portare dopo aver passato maggior parte della vita seduto vicino ad una macchina per cucire, e guardò sua figlia. 

"Oh papà, non cominciare, è la divisa scolastica, saremo tutte vestite così, è una regola imposta dalla scuola!"  Sbuffò la ragazza prima di afferrare la sua borsetta e la giacca e avvicinarsi a suo padre. "Prometto che farò la brava" si avvicinò e schioccò un grosso bacio sulla guancia di Kurt, "vi amo!" urlò prima di dirigersi verso la porta e chiudersela alle spalle. 

"È proprio cresciuta!" constatò Blaine avvicinandosi a suo marito, che intanto aveva preso a scuotere la testa. 

"Per me resta ancora la mia bambina e tu avresti dovuto appoggiarmi, quella gonna è davvero troppo corta! Dovrebbero abolirle certe cose, non renderle obbligatorie" brontolò Kurt. 

"Disse colui che al liceo indossava pantaloni così stretti da doverli considerare illegali!" lo canzonò Blaine, scoppiando poi a ridere.  

"Era diverso!" 

"No, non lo era." 

"Io non rischiavo di attirare maniaci!" si lamentò Kurt, guardando suo marito negli occhi. 

"Ma hai attirato me e non credo che le cose ti siano andate male, signor Hummel" sussurrò Blaine, avvicinandosi peccaminosamente alla sua metà, prima di stampargli un sonoro bacio sulle labbra. 

"È vero, non mi sono mai lamentato... Ma lei..." tornò serio Kurt. 

"Lei ha quindici anni, è la più responsabile e attenta adolescente che io conosca e lo sai anche tu." Si alzò in piedi Blaine, per andarsi a sedere sulle gambe di suo marito, "lasciamola vivere un po', le abbiamo insegnato tutto quello che potevamo insegnarle, ha un'ottima capacità di giudizio e non ci ha mai deluso fino ad ora." Sorrise Blaine, "fidiamoci di lei, che dici?" 

"Dico di essere davvero fortunato ad aver indossato pantaloni così stretti al liceo e aver incastrato l'uomo più meraviglioso dell'intero pianeta." E quella fu la volta di Kurt di sorridere e sporgersi per lasciare un bacio sulle labbra dell'altro. "Ti amo, Blaine, come il primo giorno." 

"Ti amo anche io, Kurt... Ora forza, il lavoro ci aspetta!" 

 
 

 
 

*** 

 
 

 
 

Primo giorno nella nuova scuola.  

Primo giorno nel nuovo liceo e tutto era così diverso da essere spaventoso, ma allo stesso tempo eccitante da morire. Era come iniziare a vivere di nuovo per la prima volta, come una nuova pagina della proprio vita che si comincia a scrivere, un nuovo libro, un nuovo inizio.  

Era proprio così che si sentiva Elisabeth, mentre scendeva alla fermata della metro più vicina alla sua nuova scuola. 

Aveva pregato i suoi papà di andarci da sola, non voleva essere accompagnata o farsi vedere in giro per i corridoi il primo giorno con i suoi genitori.  

Amava Kurt e Blaine, li considerava i suoi eroi, ma sapeva che potevano metterla seriamente in imbarazzo quando volevano, anche se spesso non era una cosa volontaria, ma preferiva evitare di apparire come una spaesata ragazzina che ha ancora bisogno dei suoi papà il suo primo giorno di scuola. Dopotutto sapeva bene quanto il primo giorno fosse  fondamentale, il primo giorno è quello delle etichette, è per come appari il primo giorno che sarai poi giudicata per il resto dei quattro anni. E togliersi di dosso l'appellativo o il modo in cui si viene etichettati il primo giorno è davvero difficile, se non impossibile. Ed Elisabeth non aveva nessuna intenzione di farsi etichettare in qualsiasi modo che non fosse stato quello che aveva deciso lei. 

Studiosa e attenta in ogni singolo dettaglio. 

 
 

Era arrivata davanti il grande portone della scuola, un grosso edificio di mattonelle rosse con due enormi bandiere sulla facciata, faceva sentire Elisabeth piccolissima e non più tanto sicura della sua decisione di entrare da sola. 

Tutto era iniziato quando Elisabeth aveva espresso il desiderio di voler diventare una giornalista, quindi studiare ad Harvard e diventare la migliore nel suo campo, a quel punto i suoi papà avevano insistito per farle cambiare scuola e iscriverla ad una delle più prestigiose scuole private della nazione, voleva che la piccola di casa avesse la migliore istruzione possibile, così da poter frequentare il college dei suoi sogni. 

E quando alla fine di un pomeriggio alla ricerca della "scuola perfetta" Eli e i suoi genitori si erano ritrovati a dover tornare a casa, per le strade di Manhattan, l'enorme scritta sul portone dello stesso edificio che in quel momento si era fermata ad osservare, fece bloccare i suoi papà.  

Entrambi avevano gli occhi luminosi, lei era certa che entrambi si erano commossi nel leggere quella scritta, e tenendosi per mano, dissero di voler entrare a dare un'occhiata. 

Una volta fuori, cinque mesi prima, Elisabeth era stata iscritta alla Dalton School. 

Blaine aveva sorriso per tutta la sera, mentre Kurt non gli aveva lasciato neanche un momento la mano, erano andati a cena fuori tutti e tre per festeggiare ed Eli avrebbe giurato di non averli mai visti tanto emozionati. 

Quella sera, forse per la milionesima volta, la ragazza ascoltò il racconto di quando Kurt era andato in quella scuola privata a Westerville per spiare il glee club avversario e di come su quelle scalinate tanto eleganti aveva incontrato e conosciuto l'amore della sua vita. Era una storia che faceva sognare Elisabeth, tanto da desiderare fin da piccola un amore come quello dei suoi genitori, e chissà magari era proprio di quella scuola ciò di cui aveva bisogno. 

Così si lisciò la sua gonna e sistemandosi la borsetta, entrò nella sua nuova scuola, pronta a scrivere quel nuovo capitolo della sua vita. 

 
 

 
 

La segreteria era in fondo al corridoio, e se da fuori la scuola metteva paura, entrare dentro stava letteralmente facendo tremare le gambe ad Elisabeth. I corridoi si presentavano enormi, tutto era stranamente gigantesco, pilastri troppo grandi, bacheche troppo piene di trofei, soffitti troppo in alto. Eli si sentiva stranamente piccola e per la prima volta temeva di non essere più all'altezza delle aspettative dei suoi genitori.  

Loro si aspettavano il meglio da lei, ma il fatto che leggesse tantissimo e preferiva sempre studiare anziché andare alle feste, non facevano di lei un genio, semplicemente una ragazzina insicura e con dei problemi a socializzare.  

In fondo non aveva avuto molte amiche, fin da quando era piccola, aveva sempre evitato chi non conosceva, a parte lei. Lei c'era sempre stata e ci sarebbe stata per sempre, la sua Sophie. 

Quanto avrebbe voluto che anche lei fosse lì ad accompagnarla, a correre nei corridoi e a darle una mano in quella nuova scuola. Sophie era la sua migliore amica praticamente da sempre, era la persona più entusiasmante, dolce e incredibile che Elisabeth avesse mai conosciuto.  

Dio quanto le mancava! 

Non la vedeva da circa una settimana, sua madre doveva fare un provino per un nuovo film ed era dovuta andare con lei fino a Los Angeles. Come sempre, i suoi papà si erano offerti di ospitarla, ma Rachel quella volta non aveva voluto sentire ragioni, Sophie avrebbe dovuto iniziare a seguirla e imparare se, come lei, voleva diventare un'attrice di fama internazionale. Anche se Elisabeth aveva i suoi dubbi al riguardo.  

 
 

 
 

A riportarla alla realtà fu il suono della campanella. 

Cavolo se prima era in orario, adesso era in ritardo. 

Così, senza neanche rendersene conto, le gambe, che ora non tremavano più, correvano spedite verso la segreteria. 

Una signora di mezza età, con i capelli bianchi e un grosso paio di lenti, accolse Elisabeth in maniera piuttosto sufficiente, niente sorrisi cordiali come si aspettava la ragazza, solo cenni di assenso e qualche risposta poco loquace. In pochissime parole le spiegò come compilare le iscrizioni ai corsi e quanti ne avrebbe dovuti seguire per diplomarsi con il massimo dei voti, le consegnò una piccola mappa della struttura e consegnò la lunga lista di libri che avrebbe dovuto procurarsi per il primo semestre. 

Alla prima lezione, chimica, Elisabeth capì di aver ragione con la sua teoria del primo giorno e le etichette. Era riuscita ad arrivare in ritardo, non riuscendo a trovare la sua aula, l'insegnante le aveva evitato una nota solo perché era la "ragazza nuova" e fu fatta sedere accanto ad un tipo che aveva dormito per tutto il tempo. 

Le lezioni seguenti furono un inferno, proprio come la prima. Una ragazza di nome Taylor sembrava darle il tormento, non essendo disposta ad aiutarla, seppur considerata da tutti gli insegnanti la prima della classe. E pensò di aver toccato il fondo, quando nel cercare di aprire il suo nuovo armadietto incastrato, si ritrovò addosso a Taylor, rompendo il suo plastico per la lezione di storia successiva. 

Elisabeth tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che la giornata era quasi finita, fuori dalle grandi vetrate poteva iniziare a vedere che stesse facendo buio quando decise di fare un salto in biblioteca per recuperare almeno qualche libro e iniziare a studiare per il giorno seguente. 

Ora non sapeva cosa fosse successo nel momento in cui era entrata in biblioteca, se l'odore dei libri o quell'infinità di scaffali contenenti dai grandi classici a opere molto più recenti, ma quando Eli posò gli occhi su quell'enorme spazio dedicato agli studenti, perse la cognizione del tempo. 

E se c'era una cosa che riuscivano a fare le biblioteche e i libri era annullarle ogni singolo senso, lasciando attivo solo la vista e l'immaginazione, perché era quasi un'ora che il suo cellulare vibrava nella sua borsetta e lei non se ne era neanche accorta.  

Fu quando la signora che era all'ingresso, che attirò la sua attenzione, annunciando attraverso il microfono la chiusura della struttura, solo allora si rese conto di quanto fosse tardi. Non fece neanche in tempo a prendere tutti i libri dalla lista, che in un momento fu così piena e indaffarata che afferrò, con quel po' di spazio che aveva, la sua borsetta e corse via. 

Per tutto il viaggio verso la metropolitana si maledisse di non aver preso una borsa più grande, mentre cercava di tenere in equilibrio i libri, la borsa e il cellulare. 

"Pronto, papà...." 

"Eli dove cavolo sei finita?" La voce di un Blaine davvero preoccupato risuonò dall'altro capo del telefono. 

"Sto tornando a casa, mi sono messa a leggere e ho..." non fece in tempo a finire la frase che subito suo padre le urlò su quanto fosse pericoloso per una ragazzina andare in giro da sola quando fuori era già buio.  

"Mi dispiace, farò il più in fretta possibile!" si scusò poco dopo, scendendo le scale della metro. 

Fu in quel momento che un uomo, forse sulla cinquantina, con una folta barba, le finì addosso, facendole perdere il suo già precario equilibrio e facendola finire a terra. "Ehi, potrebbe fare più attenzione la prossima volta!" si lamentò. Sembrava che quella giornata terribile non avesse più fine mentre circondata dai suoi libri, cercava di rimettersi in piedi, non rendendosi conto che la sua borsetta era sparita.  

 
 

 
 

Sentì qualche urlo poco lontano, ma non gli diede molta attenzione, intenta a cercare ciò che sembrava perso, o meglio le era stato rubato, quando qualcuno gli si parò davanti. 

Aveva le gambe che le tremavano, aveva paura, si era spaventata e iniziava a temere che quell'uomo fosse tornato indietro. Se si fosse reso conto che nella borsetta non c'era altro che il suo cellulare e qualche dollaro e si fosse arrabbiato? 

Aveva così paura che aveva timore anche di sollevare la testa, così con cautela alzò piano gli occhi verso l'ombra e la prima cosa che vide la sua borsetta penzolare davanti a lei. Era in mano a qualcuno, un qualcuno che se ne stava lì, davanti a lei, a sorridergli. 

"Questa deve essere tua." 

La sua voce, la cosa più soave che Elisabeth avesse mai sentito, apparteneva al suo salvatore.  

"Io..." balbettò la ragazza rimettendosi in piedi e pulendosi la gonna della divisa.  

Eli rimase imbambolata a guardare la persona che le stava ridando la borsa. 

In quel momento si rese conto di non aver mai visto qualcosa di più bello. Era alto qualche centimetro più di lei, aveva i capelli cenere, un sorriso da mozzare il fiato e due occhi verdi, così intensi e puri che sembravano leggerti dentro, era così bello che lasciò Elisabeth senza parole. 

"Dovresti fare attenzione, le metropolitane non sono bei posti da frequentare a quest'ora, specialmente se si è soli." Le disse porgendole nuovamente la borsetta, prima che la mano di Elisabeth si allungasse per afferrarla. 

"Anche tu sei da solo" azzardò la ragazza, un po' ferita dalla sua affermazione, non le era mai piaciuto essere vista come un cucciolo indifeso solo perché era una ragazza, anche se ora si rendeva conto di essere stata davvero un po' imprudente. 

"Si ma io sono un ragazzo..." A quell'affermazione Eli lo guardò male, stava per dirgliene quattro, stava per urlargli che anche se era una ragazza poteva essere libera di fare quello che voleva quanto voleva, ma quando il ragazzo aggiunse "e neanche tanto affascinante quanto te" rimase senza parole. 

L'eroe la trovava carina, l'aveva salvata e non si rendeva neanche conto di essere bellissimo. Avrebbe tanto voluto aggiungere qualcosa di concreto, ma sembrava che la sua mente si fosse completamente scollegata alla bocca e non riusciva più ad emettere qualsiasi altro suono. Fino a quando deglutì e con tutta la forza che possedeva trovò il coraggio di chiedergli "come posso sdebitarmi?"  

Il ragazzo le sorrise, le offrì il braccio e "permettimi di scortarti a casa, giuro che non sono un maniaco, ma solo un gentiluomo, ti aiuto con i libri che sembrano davvero pesanti per una giovane fanciulla come te e faccio in modo che nessuno ti rivenga addosso" allo sguardo confuso di Elisabeth subito aggiunse "puoi sempre sentirti libera di dire di no." 

"Dovrei essere io a ripagarti!" constatò Elisabeth. 

"Saperti a casa al sicuro, sarà un buon modo per ripagarmi." 

E come si fa dire di no, quando il ragazzo più bello che avesse mai incontrato le stava proponendo di farle da guardia del corpo fino a casa? 

In quel momento, Elisabeth dimenticò ogni singola raccomandazione o promessa fatta ai suoi genitori sul non accettare niente dagli sconosciuti, ma quando arrivò a specchiarsi negli occhi più penetranti e intensi di tutta New York fu impossibile rifiutare. 

"Ah e giusto per la cronaca mi chiamo Thomas, Thomas Smythe." 

"Piacere mio Thomas Smythe, io sono Elisabeth Hummel-Anderson." 

Si strinsero le mani e come promesso Thomas l'aiuto con i libri, le procurò un posto a sedere sulla metro e chiacchierarono. Chiacchierarono così tanto che sembrava si conoscessero da sempre, Eli gli raccontò di essere appena rientrata a New York dopo essere stata in un paesino dell'Ohio per mesi per via della salute di suo nonno, spiegò di come era stato duro il suo primo giorno di scuola, per via di quelle streghe delle sue compagne di classe e di quanto fosse difficile ambientarsi in una scuola del tutto nuova, gli parlò di Sophie, di quanto le mancasse la sua migliore amica e senza rendersene conto erano arrivati sotto casa sua.  

"Quindi è qui che abiti!" 

"Eh già…" sospirò Elisabeth a malincuore, visto che arrivare a casa significava salutare il suo nuovo amico. 

"Sei una ragazza interessante, Elisabeth" sorrise il giovane, mentre le ridava i suoi libri. 

"Gra... grazie." Balbetto Eli ormai rossa come un pomodoro. Nessuno mai le aveva detto una cosa simile ed era strano come il suo cuore aveva preso a battere all'impazzata quando Thomas la guardava in quel modo, come se gli piacesse. 

"Mi piacerebbe rivederti qualche volta" azzardò il giovane, "se vuoi posso lasciarti il mio numero di telefono." 

A quelle parole, Elisabeth spalancò gli occhi e prese a tremare, prima di sfilare il cellulare dalla sua borsa e allungarlo al ragazzo. Non era riuscita a dire altro, si limitò ad annuire, mentre Thomas scoppiò a ridere segnando il suo numero sul cellulare. 

"È stato un piacere conoscerti!" 

E mentre le porse il telefono, si spinse in avanti e le lasciò un bacio sulla guancia. 

"A presto dolcezza!" urlò Thomas, prima di mettersi a correre nel lato da cui erano arrivati, lasciando Elisabeth sognante davanti il portone del suo palazzo. 

Era stato un pomeriggio incredibile, pensò mentre si accarezzava la guancia dove il primo ragazzo in vita sua le avesse lasciato un bacio. Incredula e sognante, salì fino a casa, dimenticando l'orribile giornata avuta a scuola. Ormai nella sua mente c'era solo lui, il suo sorriso. 

Ma per tutto il tempo fuori dal portone, Elisabeth non si era assolutamente accorta di essere osservata, fu quando rientro in casa che un Blaine completamente sconvolto le si parò davanti. 

"È questa l'ora signorina?" 

"Scusami papà, ma non puoi capire cosa mi è successo oggi!" disse emozionata la ragazza, mentre iniziava a liberarsi del cappotto. 

"L'ho visto!" urlò Blaine, "e ciò che ho visto non mi è piaciuto per niente, ti sei messa a baciare ragazzi per strada ora?"  

"Io non ho baciato nessuno!" Urlò Elisabeth sbigottita. 

"Bene, ora inizi anche a mentirmi? Ti ho visto dalla finestra!"  

"Adesso mi spii papà?" Eli aveva le lacrime agli occhi, non riusciva a credere che, dopo quello che aveva passato, dopo aver conosciuto un ragazzo così meraviglioso di cui avrebbe soltanto voluto raccontare tutto una volta a casa, ora fosse  davanti la porta di casa sconvolta a urlare contro suo padre. 

"Non ti stavo spiando, ero preoccupato del fatto che non tornassi a casa, e l'ho visto il motivo per cui hai fatto tardi!" Blaine era fuori di sé, si sentiva deluso e arrabbiato. Aveva difeso sua figlia, aveva fatto in tutti i modi perché Kurt le lasciasse il suo spazio, la sua indipendenza e ora era stato ripagato in quel modo, "fila in camera tua, sei in punizione, non hai il permesso di utilizzare il cellulare, il computer e di uscire se non per andare a scuola! E appena tornerà tuo padre ne discuteremo con lui su quanto durerà!"  

Lasciò la ragazza sulla porta di casa per andare in cucina a preparare la cena, Blaine odiava essere così duro, ma sapeva che per essere un buon genitore serviva anche essere severi. Anche se gli si spezzò il cuore, quando Elisabeth con le lacrime agli occhi si chiuse in camera sua per poi scoppiare a piangere. 

Senza cellulare significava non poter scrivere a Thomas e non potergli scrivere significava che lui si sarebbe dimenticato di lei. E mentre diceva addio alla sua prima cotta Elisabeth stringeva il suo cuscino e faceva scorrere le lacrime, lacrime che, chissà per quale strano motivo, avevano un sapore diverso. 

 
 

 
 

 
 

NOTE DELL'AUTRICE:  

Salve ragazzi, lo so lo so, dovrei finire di scrivere Come Round, ma al momento non ci sono molto con la testa per continuare quella storia, avevo bisogno di qualcosa di più semplice e più frizzante.  

Cosa c'è di meglio se non i Klaine ormai adulti alle prese con un'adolescente?  

Mi è capitato di leggere spesso Klaine alle prese con bambini, io stessa sto scrivendo un'altra Daddy!Klaine, ma qualcosa mi ha dato l'ispirazione per scrivere qualcosa di un po' più in la, un po' più nel futuro.  

Questa ff non sarà molto lunga, ho intenzione di scrivere semplicemente qualche capitolo, magari piuttosto divertenti, o almeno la mia intenzione è quella, quindi aspettatevi un 3/4 capitoli. 

Fatemi sapere cosa ne pensate e se in qualche modo ho colto la vostra attenzione, con questo vi saluto.  

Un Bacio a tutti e BUON ANNO, che questo 2015 ci lasci con un sesta stagione degna di essere chiamata tale e che i nostri Klaine abbiano finalmente quel tanto atteso lieto fine!!! 

Alla prossima! 

 

  
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