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Autore: solomonty    01/01/2015    1 recensioni
Un'attesa lunga dieci anni.
L'impossibile diventa possibile.
Nulla sarà più uguale.
Spoiler 6x11
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Marty Deeks
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La 102a volta


Martin Deeks si svegliò di soprassalto, completamente fradicio di sudore; seduto sul letto, respirò affannato, con la bocca aperta e gli occhi spalancati.
Non poteva dire di avere avuto un incubo; certo non aveva riposato, né lo aveva fatto la notte prima né quella prima ancora.
Passò una mano sulla testa di Monty che girò il muso rotolandosi nel letto, dandogli la pancia per farsi fare più coccole; Marty lo accontentò volentieri e, per un paio di minuti, allontanò tutta la confusione che aveva nella testa che lo teneva sveglio e preoccupato.
Sbuffò aria sgonfiando le guance e si lasciò cadere sulla schiena. Infastidito, con una mano sfilò via il cuscino da sotto la testa; nel farlo si tirò dietro qualcosa che gli atterrò morbido sulla faccia.
Un profumo inconfondibile gli salì per le narici e non gli servì aprire gli occhi per capire cosa si stesse premendo sul naso.
Si raggomitolò su un fianco, stringendo la t-shirt con entrambe le mani.


Erano passati solo tre giorni da quando Kensi aveva detto che voleva fare sul serio, che voleva essere "spavalda" con lui.
Non aveva creduto alle proprie orecchie, Marty, e l'aveva baciata davanti a tutti, sul bordo di quella pista.
Dopo tutto quel tiramolla, finalmente, lei aveva fatto i conti con quello che provava per lui e si era decisa a dare una svolta alla loro relazione.
Alla fine di quella giornata, emozionati come ragazzini, erano tornati a casa insieme e la sera stessa, lui si era fermato a dormire da lei.
Non che avessero dormito un granché; volevano recuperare tutto il tempo che avevano perduto fino a quel momento.
Gli piaceva Kensi Blye, tanto da pensare seriamente di poter avere una storia d'amore con lei. Un amore vero, un amore da coltivare e far crescere e con il quale crescere.
Aveva avuto un sacco di donne, un bel po' di cotte ma non era un uomo che si innamorava facilmente. Anzi, gli era successo molto, molto raramente e mai, comunque, tanto da pronunciare quelle due fatidiche paroline... quelle che piacciono tanto alle donne.
Quello che provava per Kensi, poteva cominciare a essere un innamoramento* e con serenità l'aveva accolto nel proprio cuore. Ancora non era pronto per le due paroline ma dando tempo al tempo, probabilmente sarebbe successo.
Aveva pensato che, forse, con Kensi avrebbe voluto una famiglia, dei figli e un suv per la tavola da surf e per Monty.
Lui e Kensi avevano fatto gli amanti spavaldi per tre giorni ed era filato tutto liscio come l'olio; poi, era andato a San Francisco.


Doveva essere una mattinata qualunque; una di quelle dove tornava al distretto, tanto per farsi vedere in giro. 
Al tenente Bates piaceva dire che lui era suo e Marty consolava l'ego dell'altro suo capo facendogli una visita un paio di volte al mese e ora, con la storia con Kensi, che stava prendendo una connotazione ufficiale e seria, Martin Deeks non poteva dire che sarebbe potuto rimanere all'NCIS. Così, quella mattina, era andato a trovare i suoi colleghi e aveva accompagnato Jeff Versey a San Francisco.
Il suo protetto aveva bisogno di chiacchierare e Marty, che era uno sponsor attento e partecipe, era andato volentieri con lui in modo da passare un po' di tempo insieme.
Con Jeff non erano mai andati d'accordo ma avevano un'alchimia speciale e questa aveva portato buoni frutti: teneva Versey lontano dall'alcol e dai guai e dava a Marty la soddisfazione di fare qualcosa di buono, cosa alla quale teneva particolarmente.


Il tribunale dei minori aveva stabilito che Jenny West avrebbe vissuto, fino al raggiungimento della maggiore età, presso il Centro d'Accoglienza "Amazing Garden" di San Francisco e loro l'avrebbero accompagnata.
Il centro ospitava donne in difficoltà e potevi trovarci ragazze madri, tossiche in riabilitazione, donne maltrattate in fuga; un universo femminile complicato che lottava per avere una possibilità.


Sistemate le formalità burocratiche, Jeff e Marty avevano fatto un giro per la struttura con Jenny e avevano lasciato la ragazza piuttosto tranquilla.
Mentre attraversavano il grande parco verso l'auto, l'impossibile era successo!
In dieci anni, Marty Deeks non aveva mai abbassato la guardia; sempre vigile, attento, scrutava il mondo intorno a sé con un misto di speranza e rassegnazione.
Probabilmente, con la coda dell'occhio aveva visto e il cervello aveva registrato l'informazione. Risultato: era tornato a Los Angeles con un senso di agitazione che l'aveva tormentato nei giorni a seguire. E quando perdeva il controllo, Marty pensava bene di alienarsi dal mondo; s'era chiuso a riccio e in un batter d'occhio aveva escluso dalla sua vita tutto e tutti. Era letteralmente scappato e per la terza nottata consecutiva si era svegliato sconvolto.


In quei giorni aveva udito Kensi, fuori dal suo appartamento, chiedergli cosa stesse accadendo e muto era rimasto lì, appoggiato alla porta, senza darle spiegazioni.
Cosa avrebbe mai potuto dire, alla sua ragazza, se neanche lui sapeva quello che stava succedendo?
Raggomitolato sulla maglietta che Kensi aveva lasciato, decise che non avrebbe affrontato un'altra nottata in bianco e che era tempo di sapere se quello che aveva intravisto fosse vero.
Si alzò di scatto e svelto si vestì, si sciacquò la faccia e i denti; prima di uscire, frugò dentro un cassetto della sua camera da letto e poi in un altro. Mise quello che aveva trovato dentro una busta di carta e uscì di casa seguito da Monty.
Nel parcheggio trovò Kensi seduta nella propria auto; appena lo vide scese per andargli incontro.
"Cosa succede? perché non rispondi al telefono? perché non mi parli?" chiese allarmata.
Marty le si avvicinò scuotendo la testa. L'abbracciò forte.
"Scusami, Kensi" disse quasi sottovoce; "non stare qui... va a casa, non voglio che stai in giro di notte... va a casa."
"Ho fatto qualcosa?... aiutami a capire... c'è qualcosa che posso fare?" chiese lei, la voce stridula.
Marty la strinse ancora più forte e sentì le braccia di lei ricambiarlo.
"Tu non hai fatto niente, la colpa è solo mia... non posso parlarne ora... quando saprò, sarai la prima a saperlo... va a casa, è questo che puoi fare per me" rispose evitando in tutti i modi di guardarla negli occhi. Si sentiva tremendamente in difficoltà per quello che stava accadendo.
Si allontanò da lei in modo così repentino che Kensi rimase a braccia aperte, in quel parcheggio semi buio, a guardare il suo ragazzo allontanarsi a tutta velocità.
Marty le aveva chiesto di tornare a casa e lei decise di assecondarlo; salì in auto e puntò verso il proprio appartamento.


Mentre percorreva l'Interstate 5, aveva premuto nervosamente il bottone per alzare il volume dello stereo. "Survivor" degli America gli rimbombava nelle orecchie e nella cassa toracica e gli spingeva, a gran forza, le lacrime che cercavano prepotentemente di scappargli fuori dagli occhi. Monty aveva cacciato un abbaio di disapprovazione: la musica alta non gli piaceva molto e sperava che il suo padrone abbassasse quel fracasso.
"Sei un bastardo, sei un bastardo!" imprecò verso se stesso a voce alta, poi si voltò verso il suo cane, "scusami, amico" e portò il volume a livelli accettabili.
Non riusciva a non pensare a Kensi. Si stava comportando in un modo che reputava disgustoso: senza spiegazione erano tre giorni che le negava la sua presenza e l'aveva messa fuori dalla sua casa.
Doveva assolutamente chiarire quello che presupponeva avesse visto; in dieci anni si era rassegnato a non vivere la vita che aveva scelto per sé ed era bastato un niente perché tutto venisse messo di nuovo in discussione: se davvero aveva visto quello che pensava di aver visto, allora, tutto passava in secondo piano.


Erano passate da poco le 9, quando varcò il cancello in ferro battuto dell' "Amazing Garden": gli oltre 620 km di distanza tra Los Angeles e San Francisco, se li era divorati correndo come un pazzo.
Mentre entrava in amministrazione, si lasciò andare a un guizzo di nervosismo.
"Perché non mi hai cercato?" domandò all'aria per la centesima volta in quei tre giorni; "perché non mi hai cercato?", per la centunesima.
Mostrando il distintivo poté informarsi se la persona che stava cercando fosse lì in ricovero o in forza lavoro, ma la risposta fu negativa.
Può fare un giro, detective... come può immaginare, alcune delle nostre ospiti hanno nomi nuovi, gli aveva detto la segretaria.
Speranzoso, passeggiò un poco per i corridoi sbirciando qua e là, poi si affacciò nel locale della mensa dove personale e ospiti stavano consumando la colazione.
Tra quella moltitudine di teste, la sua attenzione venne catturata da una in particolare. Il collo lungo, tenuto scoperto e uno chignon di capelli scuri, perfetto, morbidamente adagiato, gli bloccò il respiro in gola. Si allungò sulle punte dei piedi e appoggiò le mani sulla vetrata.
La ragazza gli dava le spalle; stava chiacchierando e sorridendo si girò a parlare con la sua vicina. Marty sbatté gli occhi nel vederle il profilo.
Possibile che fosse lei quella che stava cercando? Era davvero lei?
Martin Deeks rimase lì fino a quando la mensa cominciò a svuotarsi e si appiattì contro una colonna quando lei gli passò quasi accanto. Santiddio, sembrava proprio lei!
Lasciò un po' di distanza tra loro e la seguì mentre si dirigeva in giardino. La vide sedersi su una panchina e sfogliare una cartella che teneva sulle ginocchia.
Cercò di calmare i battiti del proprio cuore che sembrava impazzito, si passò la lingua sulle labbra e si avvicinò alle spalle della ragazza.
Istintivamente le guardò il collo, cercando una voglia sulla spalla sinistra che, sconvolgendolo definitivamente, trovò.


Le parole che disse subito dopo gli uscirono senza che potesse fare nulla.
"Baby Blue" la chiamò.
Lei si voltò svelta pronunciando una sillaba dietro l'altra, automaticamente.
"Sexy Boy, ti sei fatto crescere barba e baffi come ti ho chiesto" disse e rimase a bocca aperta, sorpresa delle proprie parole.
Si guardarono negli occhi, in silenzio, poi lei gli sorrise contenta.
Marty fece un gesto indicando la panchina.
"Posso sedermi?" chiese e lei annuì.
Gli occhi profondamente scuri di Baby Blue lo fissavano curiosi e attenti.
"Perché non mi hai cercato?" chiese Marty per la centoduesima volta e lei strabuzzò gli occhi.
"Tu mi conosci?" domandò.
La centoduesima volta gli fornì la risposta. Lo sguardo della ragazza era un misto di emozioni: era stupito, eccitato, speranzoso, preoccupato.
Marty si rese conto che c'era qualcosa che proprio non tornava e sorrise gentilmente, per non farle notare quanto fosse turbato e, ovviamente, molto incuriosito. "Sì... ti conosco da tanto tempo" rispose; alzò una mano per farle una carezza ma si fermò: lei sembrava guardarlo senza riconoscerlo.
"Sai il mio nome? come mi chiamo?" chiese con la voce squillante; "sono più di dieci anni che nessuno mi chiama con il mio nome." Gli appoggiò le mani sulle sue; "sui miei documenti c'è scritto Noelle Wilson, ma so che non è il mio vero nome" spiegò frettolosa.
Lo guardava con occhi grandi, pieni di speranza: sembrava aver trovato il suo faro nella notte.
Martin provò smarrimento e una gran pena per lei. Preoccupato non capiva cosa fosse successo, ma avvertiva che la cosa era grave, gravissima; si morse un labbro, fermando la voglia che aveva di mettersi a piangere e si sforzò di regalarle un sorriso complice.
"Ti chiami Emily Colter**" l'assecondò, quasi sottovoce.
"Mi piace... è proprio il mio nome!" esclamò euforica; "mi conosci da tanto tempo? da quanto? e dov'è la mia famiglia? dove sono nata? e quando?" chiese a raffica.
Rise contenta, quando Marty alzò le mani e le ricambiò il sorriso.
"Ehi, tigre... una cosa alla volta... sei nata a Los Angeles il 15 ottobre 1979, la tua famiglia è di LA... e noi ci conosciamo dall'università" disse svelto.
Ancora una volta, Baby Blue gli cercò le mani con le sue.
"Tu come ti chiami? noi siamo amici?"
"Mi chiamo Martin Deeks e, sì... siamo grandi amici" le confermò.
Il viso della ragazza spaziava dalla felicità alla preoccupazione; sembrava avesse mille domande da fargli e Marty la guardava commosso.
L'aveva ritrovata. Dopo dieci anni dalla sua scomparsa, l'aveva ritrovata!
Baby Blue guardò l'orologio e grugnì con disappunto, ma quando parlò con lui sembrò felicissima.
"Ho da fare per la prossima ora... ti prego, puoi aspettarmi? ho tante cose da chiederti."
"Certo... ora che ti ho ritrovata non ti perderò più; vai a fare quello che devi, ci vediamo qui tra poco più di un'ora" la tranquillizzò.
Lei lo guardò tirando fuori il proprio cellulare dalla borsa. "Puoi lasciarmi il tuo numero? così non ci perdiamo" chiese un po' irrequieta.
Marty le prese il cellulare dalle mani e digitò il proprio numero. Sperò che non si vedesse l'agitazione che aveva provato sfiorandole le dita e schiacciò invio per farle sentire che il numero corrispondeva proprio al suo telefono che squillava e la vide rasserenarsi.


Nell'ora successiva, Marty Deeks parlò con lo psicologo e il neurologo del Centro per farsi spiegare la situazione di Emily e mostrare loro alcune delle cose che aveva preso dal cassetto di casa.
Lavorava lì come consulente, da circa sei mesi e aveva dieci anni di spostamenti.
Tutta la sua nuova vita era dentro una cartella che, di volta in volta, sia il medico che lo psicologo, sfogliavano e leggevano a Marty.
A livello fisico e mentale stava bene, benissimo; peccato però che non avesse memoria di chi fosse stata: la sua storia medica indicava che il 7 dicembre 2004 era stata ritrovata vagabondare a piedi e senza documenti a Yuma, in Arizona, completamente priva di memoria.
Marty confermò che Emily era scomparsa il pomeriggio del 5; alcune telecamere del campus dell'UCLA l'avevano ripresa che partiva con l'auto e usciva dal parcheggio. Dopodiché più nulla!
Con il papà di Emily, suo fratello e Ray, l'avevano cercata come pazzi e avevano ritrovato l'auto dopo Santa Monica, abbandonata aperta; la borsa era sul sedile posteriore e dentro c'erano i documenti, il cellulare e dei contanti. Da quel momento, Emily Colter era svanita nel nulla.
Marty, cinque anni prima, aveva inserito il suo DNA nella banca dati degli scomparsi ma Noelle Wilson stava bene, era una donna inserita nella società; probabilmente chi si occupava di lei non aveva ritenuto necessario controllare la banca dati ogni anno.


No, solo stato confusionale; non è stata stuprata né picchiata... no, non sappiamo assolutamente cosa le sia accaduto, detective. Le sedute di psicoterapia, in tal senso, non hanno portato a nulla; ma ci hanno permesso di diagnosticare un'amnesia retrograda... lei mi sta dicendo che mai si sarebbe allontanata dalla sua famiglia... non so... la sua memoria si limita a dei flash, senza una sequenza logica, che ritraggono momenti di vita che lei non riconosce come propri... sì, non posso escludere che, un giorno qualunque, possa svegliarsi ricordando tutto; il cervello umano rimane, per molti versi, un mistero... certo, sta bene e rientrare in seno alla famiglia è la cosa ottimale... sì, è in grado di sapere la verità, ma le devo chiedere comunque molta attenzione e nessuna fretta... sono certo che lei e la sua famiglia potrete aiutarla; la ringrazio di aver portato prova dell'identità della signora, anche per noi, è un tassello che va al suo posto... naturalmente dovrà essere seguita da uno psicoterapeuta almeno per un po' di tempo: la verità, per lei, potrà essere sconvolgente, per alcuni versi; gli avevano spiegato.


In piedi vicino alla panchina, Marty la guardò camminare verso di lui e in un momento la rivide in tanti gesti passati.
"Cosa studiavamo all'università?" chiese.
"Sei avvocato... siamo avvocati" le spiegò; "guarda qui" e dalla tasca sfilò una busta di carta.
Le diede tra le mani delle fotografie; lei le guardò e riconobbe se stessa e lui il giorno della laurea e un'altra che probabilmente era il superamento del Bar, visto che sorridevano con in mano le borse nuove di zecca. Emily s'appoggiò le foto sul cuore; quello che il giovane uomo le aveva detto fino a quel momento, era tutto vero. Lo guardò con le lacrime agli occhi.
"Anche ora sono avvocato... mi sono laureata un'altra volta" rise e lui con lei.
"Ti è sempre piaciuta tanto, la legge" le confermò.
"Perché mi chiami Baby Blue?"
Marty l'indicò con un dito; "il blu era il tuo colore preferito."
"Già... lo è ancora... non sono poi così cambiata" constatò lisciandosi la gonna; "quindi... io ti ho chiamato Sexy Boy, perché..."
Marty fece spallucce, quasi timido. "Pensavi che lo fossi... dicevi che lo ero."
Lei lo guardò silenziosa, persa in chissà quali pensieri; timidamente alzò una mano e gli passò le dita tra i capelli. Il cuore di Martin fece un paio di capriole.
"Ti vedo in alcuni flash che ho... non ricordo nulla ma ogni tanto, all'improvviso, ho queste specie di foto che ritraggono qualcosa o qualcuno... so che ti conosco ma non so chi sei... ti vedo seduto in una cucina, con una tazza in mano o seduto sul divano che mangi pop corn... ti vedo in divisa..."
"Credo sia normale che la tua mente si ricordi di me... passavano molto tempo insieme" le confermò.
"Sei davvero amico mio?"
"Siamo stati grandi amici fino al giorno della tua scomparsa" le disse lentamente scandendo le parole.
"Mi porterai dalla mia famiglia, Martin? mi porterai a casa mia?" chiese e lui annuì. "Avevo una bella vita?"
"Bellissima... hai sempre reso speciale la vita di chi ti stava accanto."
"Come mi hai trovata?"
"Tre giorni fa, con un collega, abbiamo accompagnato qui una ragazza e credo..." si passò una mano tra i capelli; "di averti vista... non so, non ero certo e sono venuto a cercarti... stamattina, quando ti ho riconosciuta, non potevo credere ai miei occhi" disse sincero.
Con quell'atteggiamento femminile che solo le donne hanno, Emily si passò le mani sui capelli, come a riordinarli e lo guardò fisso negli occhi; "mi troverai invecchiata... dieci anni sono tanti" mormorò.
Marty le regalò un sorriso felice e sincero.
"Sei bella come e più di prima" e questa volta non si trattenne dal farle una carezza.
Lei sembrava non vederci nulla d'inappropriato in quel gesto: le foto che Marty aveva portato, dimostravano chiaramente che si conoscevano molto bene e lei stessa, poco prima, anche se non lo riconosceva, gli aveva passato le dita tra i capelli e le era sembrata una cosa normalissima. Emily pensò che dovevano aver avuto un legame molto forte e la sensazione che provava era piacevole; l'uomo biondo che aveva di fronte le piaceva molto e lui le aveva fatto capire di provare la stessa cosa.


"Portami a Los Angeles con te, stasera... portami a casa mia, dalla mia famiglia" disse di getto, emozionata.
"Va bene... ma il dottore ha detto di procedere con cautela... un po' per volta" la frenò Marty.
Nervosa si passò la lingua sulle labbra. "Ok, va bene... portami a casa tua... siamo amici, no? così potrai raccontarmi tutto quello che devo sapere... eh? puoi?" chiese in preda all'ansia. Poi prese un respiro e sorrise; "scusami... scusami, sto approfittando della nostra amicizia... come puoi portare in casa un'estranea, cosa direbbe la tua famiglia?" mormorò a voce bassa.
"Se ne avessi una, spiegherei che una delle mie più care amiche ha bisogno di me... per cui spiegheremo tutto a Monty, il mio cane... lui capirà" disse in tono allegro.
"Non hai una famiglia... mi dispiace" sembrò sincera.
Lui si strinse nelle spalle.
"Con il mio lavoro sarebbe complicato... comunque io e Monty ce la caviamo... tu, piuttosto, in questi anni... ti sei fatta una famiglia?"
Emily mosse la testa per dire no. "Con quello che mi è successo... una parte di me ha sempre sperato che tutto tornasse alla normalità, ma se mi fossi sposata e poi avessi scoperto che ero una madre, magari con tre figli? cosa avrei potuto fare? mi sono dedicata al lavoro... ho avuto un paio di fidanzati... cose così, insomma... tu ce l'hai una ragazza?"
A Marty gli si accapponò la pelle. Strinse gli occhi e stirò le labbra in un sorriso forzato; "una domanda di riserva?"
Lei capì il momento di difficoltà e batté le mani.
"Quando partiamo?" chiese euforica e lui si rilassò quasi all'istante.
"Quando avrai preparato le tue cose" le rispose.
"Allora, andiamo" l'incalzò lei tirandolo per una mano.


Quattro ore dopo, la Chevy sfrecciava sull'Interstate 5, direzione Los Angeles.
Emily aveva fatto subito amicizia con Monty e felice aveva sciolto i capelli e teneva un braccio fuori dal finestrino a stringere il vento che le scappava dalla mano.
Con Marty aveva cantato a squarciagola alcune delle canzoni che lo stereo passava e si era detta d'accordo con lui, su quanto fosse stata geniale l'invenzione della radio.
L'atmosfera era serena anche se lui non lo era affatto: a casa, lo aspettava la verità e Kensi ed era cosciente di quello che sarebbe successo.
Emily, come più volte aveva fatto in quelle ore, accarezzò la catenina che portava al collo e per la prima volta la tirò via dalla camicetta. Un filo d'oro bianco girava intorno a un anello di metallo dello stesso colore.
Ci giocherellò un po' muovendo armoniosamente le dita lunghe poi guardò Marty; "quando mi sono svegliata in ospedale, questo anello era sul comodino... credo sia mio... magari è un ricordo di famiglia... è una fede nuziale... forse è di mia mamma o di mia nonna... tu lo riconosci?" chiese porgendoglielo.
Lui lo guardò e poi strinse la mano a pugno; mise la freccia e accostò a uno slargo.
Diede un paio di colpi di tosse e la guardò con tutta la tenerezza del mondo.
"È tua... è la tua fede nuziale" disse lentamente.
Lei strabuzzò gli occhi, sgomenta.
"Sono sposata?" chiese e lui annuì.
"Sì... dal 2002" disse e lei gli parlò sopra, molto agitata.
"E mio marito non m'ha cercata?" chiese quasi arrabbiata.
"Emily... ti abbiamo cercata tutti... tutti, tutti, anche lui... era disperato, ti ha cercata senza sosta, per anni" tentò di spiegarle.
"Poi ha lasciato stare, a quanto pare."
"Non ha lasciato stare... ha soltanto cercato di andare avanti in qualche modo."
"Si è rifatto una famiglia?"
"No, è rimasto solo."
"Tu sai dov'è?" chiese molto turbata e innervosita.
"Sì, vive a Los Angeles... credimi, non ha mai smesso di amarti e di cercarti" cercò di rasserenarla.
Lei si passò le mani tra i capelli.
"Dovrai dirmi tutto quello che sai... così sarò pronta per incontrarlo" disse facendosi forza.
Si guardarono senza aggiungere altre parole. Emily sembrava quasi spaventata e Marty si rammaricò di non aver usato più tatto nel darle quella notizia estremamente importante. Strinse le labbra contrariato; ingranò la prima, mise la freccia a sinistra e ritornò sulla strada.


Passato il primo momento di smarrimento, i loro discorsi tornarono a concentrarsi sui tantissimi dettagli che Marty poteva raccontarle. Il resto del viaggio era filato via piuttosto tranquillamente e arrivarono a Los Angeles in serata.
Martin trascinò il trolley lungo il ballatoio e sentì dietro di sé i passi di Emily che lo seguivano; lei si guardava intorno senza poter dire di riconoscere qualcosa.
Una volta in casa le disse di mettersi comoda e lei si sfilò via le scarpe con i tacchi, con una disinvoltura che lui trovò molto familiare.
"Ho frequentato la tua casa, vero? non so dire, ma..." si girò intorno cercando le parole adatte.
"Certo che sì, conosci questa casa, per questo sei un po' perplessa... non ragionarci... raccomandazioni del dottore" puntualizzò col dito all'insù; "vuoi qualcosa da mangiare? vuoi rinfrescarti?" chiese attento.
Lei ci pensò un po' su.
"Magari vado a sciacquarmi la faccia" disse e Marty le indicò il bagno.
"Gli asciugamani li trovi nel mobile."
Lo ringraziò e si mosse; "certo che la tua casa è uno specchio" commentò guardandosi intorno.
"Mi piace l'ordine" ribatté lui; "guardo cosa c'è nel frigo" continuò e sparì in cucina.
"Bene... ah, non posso mangiare i funghi" disse lei ad alta voce.
"Me lo ricordo, me lo ricordo" le rispose di rimando sforzandosi di usare un tono tranquillo. Si appoggiò al tavolo con entrambe le mani, a riprendere fiato. Gli girava la testa e aveva mille pensieri che gli rimbalzavano caotici, senza dargli tregua. Cercò di riprendersi distraendosi su cosa avrebbero potuto mettere sotto ai denti.
"Hai bisogno di una mano?" chiese lei all'improvviso sbucando vicino a lui.
"No, grazie... accomodati di là, riposati e prendi fiato... questa è stata una giornata campale per te" rispose.


Marty stava giocando con Monty in giardino; aveva chiacchierato per un paio di minuti con la sua vicina e si era volutamente allontanato da Emily per lasciarle un po' di spazio.
Quando si decise a rientrare, salì i gradini della porta finestra due a due e la cercò in salotto, ma non la trovò. La porta del bagno era aperta e non era neanche lì; allora s'affacciò in camera da letto e la trovò seduta per terra, vicino all'armadio.
"Em... che succede?" chiese preoccupato. Si avvicinò a lei e si accorse che stava piangendo. "Che succede, piccola?"
Emily si alzò di scatto e quasi lo urtò passandogli accanto.
"Emily?" chiese ancora e lei gli fece segno di seguirla. Andò dritta in cucina e appoggiò le mani su uno dei mobili in alto. Si girò verso di lui e sembrava disperata.
"Non ricordo di essere mai stata qui... ma... tazze per la colazione a destra, bicchieri a sinistra" disse e spalancò le ante del mobile; "ah..." soffiò: era esattamente come aveva detto lei.
Frenetica si spostò al frigorifero; "succhi a destra, latte a sinistra... cassetto della verdura a destra, cassetto della frutta a sinistra" mormorò come stanca. Marty fece due passi verso di lei.
"Ti prego, Em..." disse allarmato: la vedeva soffrire e non poteva impedirlo.
Lei aprì lo sportello e si portò le mani alla bocca.
"Guarda..." e indicò quello che aveva detto. Con un gesto secco chiuse il frigo e senza aspettare lui, si diresse in camera da letto.
Fece per aprire l'anta dell'armadio, quella a sinistra.
"Aspetta, Emily!" Marty le corse dietro, letteralmente, e quasi gridò per fermarla ma lei non lo ascoltò neppure. Mosse qualche vestito appeso e poi s'inginocchiò a terra per aprire uno dei cassetti e frugò dentro. Tirò su la mano piena di biancheria intima.
"Dio mio! Oddio" le uscì dalle labbra insieme al pianto.
Marty si avvicinò e si accovacciò accanto a lei.
"Tutte queste cose, le conosco troppo bene; non le riconosco ma so che mi appartengono... tutto questo" e fece il gesto allargando il braccio; "questa è casa mia, Martin?" chiese guardandolo con gli occhi spaventati. Allungò una mano e gli fece una carezza; "tu sei mio marito?" chiese con la voce che le tremava.
Martin Deeks le ricambiò la carezza e non riuscì più a trattenere le lacrime.
"Sì" disse e gli sembrò di essere tornato a quel giorno, davanti al pastore, quando aveva risposto per quella che credeva sarebbe stata la sua vita a venire.
Emily, si portò le mani alla bocca, scosse la testa come per riprendersi.
"Sei davvero mio marito?" ripeté e lui, come fosse il suo specchio, la imitò portandosi le mani giunte alle labbra.
"Sì" rispose e annuì al tempo stesso per essere più convincente.
Aveva una voglia pazzesca di abbracciarla, ma non lo avrebbe fatto finché lei non gli avesse mandato segnali in tal senso.
"Mi dispiace... cosa posso fare per te? voglio aiutarti come posso, Em... credimi, avrei voluto farti sapere la verità in modo meno rocambolesco" tentò di giustificarsi.
Emily Colter Deeks tirò su col naso e lo guardò con gli occhi grandi.
"Come potevi rendere semplice una cosa come questa? ti sarà preso un colpo quando ti ho chiesto di farmi venire da te..." disse con la voce che stava tornando normale.
"Già... ho pensato che i tuoi flash, qui, ti avrebbero illuminata a giorno" esclamò cercando di non ridere della propria battuta.
Lei gli andò dietro piuttosto rilassata.
"Mica perché non mi fido... ma hai delle foto da mostrarmi che non ci ritraggano in un pub o allo zoo?" chiese a riprova di quell'incredibile rivelazione.
Marty tornò da lei con in mano una grande scatola di legno lavorato.
"Questa l'ha fatta tuo padre per noi... per i nostri ricordi... qui ci sono tutte le foto che vuoi... anche quelle dei pub e dello zoo" disse mentre gliela porgeva. Si accomodò nuovamente vicino a lei e insieme aprirono la scatola.
"Non mi piace andare allo zoo... cioè... alla nuova me, non piace" bofonchiò.
"Lo zoo non ti è mai piaciuto... lo abbiamo scoperto la prima volta che ci siamo andati insieme... guarda, che ti dicevo? guarda che facce fai" le rispose Marty frugando tra le foto e tirandone fuori un paio: la ritraevano che sbuffava avvilita o che camminava impettita verso l'uscita. Sorrisero insieme e la tensione sembrò allentarsi sempre di più.
"Tieni, qualcuna del giorno del nostro matrimonio, l'album vero e proprio lo trovi lassù, nell'ultimo ripiano dell'armadio... quando vorrai guardarlo" disse cauto e le passò delle foto; lei le fissò per un tempo che sembrò non finire.
Con le dita lunghe accarezzò la loro immagine.
"Eravamo giovanissimi" mormorò a bassa voce; "e bellissimi" constatò soddisfatta. Poi lo indicò in una che li ritraeva in primo piano; "ah... non portavi né barba né baffi" disse ridendo. Si girò a guardare suo marito e gli passò le dita sul viso; "mi piaci molto, così."
Marty le prese la mano. "Mi hai chiesto tante volte di farmi crescere barba e baffi e non ti ho mai accontentata... ho smesso di radermi il giorno dopo la tua scomparsa..." le confessò e lei annuì.
"Abbiamo dei figli?" chiese a bruciapelo e Marty fece no con la testa.
"Ci stavamo provando da un paio di mesi quando sei sparita" spiegò.
"Tu hai avuto figli in questi anni?"
"No... non li ho voluti e non sono capitati" rispose e quasi si sentì in colpa perché, forse, chi lo sa, con Kensi li avrebbe voluti e avuti.
"Dai, fammi vedere queste foto" disse Emily cercando di smorzare il momento troppo delicato e Marty le si accodò porgendole di volta in volta le fotografie, spiegandole quando, dove e come le avevano scattate.


"C'è una cosa che devo fare... posso lasciarti sola con Monty, per un po'?" chiese e lei alzò lo sguardo dalle foto sparse sul pavimento.
"Torni, vero?" domandò spontaneamente guardandolo un po' spaurita.
Marty sorrise dell'ingenuità.
"Certo che torno... tornerò qui da te qualunque cosa succeda" la rassicurò.
Pensò anche che quello poteva essere un buon momento per abbracciarla; non la toccava da dieci anni e gli mancava, ma aveva paura di turbarla, di osare un qualcosa che non era pronta ad accettare.
Sì, ok, erano sposati... sì, va bene, si erano ritrovati... ma non era come indossare un vecchio maglione! C'era intesa e allegria tra loro, come c'era sempre stata, ma erano passati tanti anni ed era come non conoscersi.
"Ti accompagno alla porta" disse tirandosi su in piedi. Lo guardò prendere le chiavi dell'auto ma non gli chiese nulla.
Per un momento, sull'uscio, Marty rimase fermo, ad aspettare chissà cosa e lei sembrò capirlo.
"Come mi comportavo quando uscivi di casa?" chiese allegra e a lui non rimase che ridacchiare del momento.
"Mah... per non farmi uscire, a volte ti sdraiavi per terra fingendo improbabili svenimenti" disse ridendo; "oppure barattavi la mia uscita con performance erotiche, oserei dire disdicevoli per una moglie" continuò alzando le sopracciglia, spalancando gli occhi blu; "le ho accettate tutte, a essere onesto" ammise stringendosi nelle spalle; "oppure mi nascondevi le chiavi dell'auto o le scarpe... insomma, inventiva ne avevi, non volevi mai lasciarmi andare" spiegò rilassato e lei gli rise dietro.
"Saprò ritrovare il mio genio" lo rassicurò quasi seria; "intanto permettimi di fare questo" e gli circondò il torace con le braccia e gli appoggiò la testa al petto; "torna presto, io t'aspetto" quasi bisbigliò.
A Marty non gli parve vero. Eccola lì, sua moglie ritrovata, tra le sue braccia, che gli chiedeva di non lasciarla troppo sola. La strinse più forte che poté e si rese conto che non voleva più uscire, anzi, voleva spingerla in casa, passarle le mani tra i capelli, baciarla un milione di volte, dirle che l'amava, che l'aveva sempre amata in tutti quegli anni e rassicurarla che solo a lei aveva detto "ti amo".
La lasciò andare a malincuore e non la perse di vista mentre saliva in auto. Emily rimase sul ballatoio a guardarlo, insieme a Monty, e rientrò solo quando lui le fece un cenno.


Ripensò alla risposta che aveva dato a Hetty quando, pochi mesi prima, lei gli aveva detto di ricordarsi che il termine per mettere la firma sulla richiesta di morte presunta, era scaduto da un po'. Davanti a quel foglio, aveva alzato le mani e si era allontanato dalla scrivania della piccola ninja scuotendo la testa.
"Non sono pronto" le aveva detto e lei aveva cercato di spiegargli che se non avesse firmato, forse, non sarebbe riuscito ad andare avanti con la sua vita: era come mettere il punto e ricominciare daccapo.
"Forse è quella la mia vita" aveva insistito indicando il foglio e Hetty aveva rinunciato e l'aveva nuovamente inserito nella sua cartella.
Si sentiva soddisfatto nel non averlo firmato anche se, con Emily viva, sarebbe comunque tutto decaduto.
Era felicissimo di averla ritrovata; l'aveva così tanto cercata che, i primi cinque anni, si era illuso dietro ogni coda di cavallo o tacco alto, dietro a ogni sguardo scuro e profondo o alle unghie smaltate di rosso.
Onestamente, doveva ammettere che ogni storia avuta, in un modo o nell'altro, era stata con una donna che per qualche motivo gli ricordava lei.
Così era stato anche per Kensi: alta, magra, scura di occhi e di capelli.
Già, Kensi. Stava andando da lei.
Quali parole avrebbe usato? Come le avrebbe detto quello che era successo?


Prese un gran respiro e bussò alla porta dell'appartamento della sua partner.
Era così felice di vederlo che gli saltò al collo nel più tenero degli abbracci.
"Sei qui... cos'è successo?" mormorò e sembrava non volersi staccare da lui.
Marty avanzò fino al divano e tenendole le mani si accomodò e fece in modo di farle fare altrettanto.
In nessun caso voleva incappare in un bacio: non voleva negarglielo, ma non voleva che accadesse.
Quegli occhi così particolari lo scrutavano curiosi, senza sosta, vogliosi di una risposta.
"Deeks... va tutto bene?" chiese e lui sorrise amaramente, contrariato; era felice ma anche triste per quello che stava per fare.
"Ho trovato Emily" disse senza perdersi in parole.
Reputava la sua partner una donna intelligente e non le avrebbe mai menato il can per l'aia.
Lei rimase a bocca aperta, come senza fiato.
"Emily... tua moglie?" chiese come se fosse possibile chissà quale altra risposta e lui annuì. "Come? dove?" chiese ancora, scossa.
"A San Francisco... non ero sicuro che fosse lei, ma stamattina ho avuto la conferma."
"Cosa intendi fare, adesso?"
Quando sei innamorato perdi di vista l'ovvietà delle cose; la domanda di Kensi ci stava tutta ma, sapendo cosa provava il suo partner, quella domanda sembrava quasi sciocca.
"L'ho portata a casa con me, Kensi" le spiegò.
La ragazza mosse la testa, quasi a negare l'evidenza della risposta. Strinse la mascella per controllarsi.
"Non puoi dire sul serio... dopo dieci anni..." era incredula.
"Non ho mai smesso di cercarla, sai quello che ho patito per tutto questo tempo" disse e svelto la circondò con le braccia, perdendosi fra i suoi capelli; "ti voglio bene, Kensi, ma conosci i miei sentimenti per lei, non farmelo dire, non te lo voglio dire, non voglio farti del male" mormorò con la voce rotta.
"Dovrai farlo invece, altrimenti non ti potrò lasciare andare... non dopo quello che c'è stato tra noi" e questa volta Marty sentì le lacrime nella sua voce.
Si allontanò da lei in un gesto lento, delicato ed ebbe la certezza, in quel momento, che non l'avrebbe abbracciata più; che mai più avrebbero dormito insieme, né avrebbero più fatto l'amore e che qualunque cosa ci fosse stata tra loro, moriva lì.
"Quello che provo per te è molto forte, ma non sono un uomo che riesce ad amare due donne. Tu hai risvegliato la voglia di amare, in me, e te ne sono grato, ma lei..." lo sguardo di Kensi era fisso nel suo e nei suoi occhi era rimasta una sola leggerissima idea di pianto; "... è il mio grande amore, la donna che ho amato di più in assoluto e che amo più della mia vita" disse, quasi vergognandosi per il poco tatto che certe confessioni comportano.
"Lei è il tuo Jack, lo so." Kensi Blye pronunciò quelle parole con una grande amarezza. Si passò le mani aperte sui jeans poi si voltò a guardare il suo partner. "Ti voglio un gran bene, Deeks, e non posso che augurarti il meglio... fa tanto male, tanto... ma voglio comportarmi com'è giusto" disse con grande dignità.
"Domani rassegno le mie dimissioni dall'NCIS come ufficiale di collegamento: Emily ha bisogno di tutto il mio tempo: soffre di amnesia retrograda, non ricorda assolutamente nulla e voglio prendermi cura di lei, aiutarla a rimettere a posto tutti i tasselli della verità che ignora" le confidò e lei annuì.
"Capisco, è la cosa giusta da fare... e tu fai sempre, la cosa giusta" convenne guardandolo.
Marty Deeks si alzò in piedi e le fece segno di restare seduta.
"Ci vediamo domani in ufficio... è stato bellissimo avere a che fare con te, Kensi Blye!" esclamò sorridendo.
Si girò a guardarla prima di uscire e chiusa la porta non si voltò indietro.
Silenziosa, Kensi accese la tv su un canale qualsiasi e afferrò il cuscino sulla poltrona, lo abbracciò e ci pianse dentro.


In macchina, Martin si guardò un paio di volte nello specchietto retrovisore. Sfuggiva al proprio sguardo vergognandosi un po' se stesso.
Perdonami, Kensi, mai avrei voluto farti del male, ma la mia vita è con Emily, è con lei che voglio stare, si disse.
Mi sono innamorato di Emily appena l'ho vista e non ho mai più provato niente di simile, averla sposata è stata la cosa migliore che abbia fatto... e poi l'ho persa e la mia vita non ha più avuto un significato: mi sono ritrovato a sopravvivere un giorno dopo l'altro e ad adeguarmi a quello che la vita mi offriva... ma averla rivista, l'altro giorno, averla ritrovata... fa di me l'uomo più felice e completo del mondo.
Si asciugò in tempo una piccola lacrima che tentava di scendere e prese un bel respiro.
Ti auguro tutto il bene del mondo, Kensi, spero tu possa essere felice come sono felice io... spero tu possa trovare il tuo Jack e finalmente avere una dimensione di completezza e di felicità assoluta. L'amore dà una grande forza, l'ho riscoperto in queste ore... mi sento galvanizzato e mi trattengo a stento... mi sento di nuovo un ragazzino, come quando mi sono sposato e anche se mia moglie ancora non mi ama, saprò farle ritrovare il mistero del nostro stare insieme. Quello che provo per lei è quasi incontenibile e ho una voglia pazzesca di prendere un megafono e andare a dirlo a tutti.
Sto correndo come un pazzo, verso casa mia, verso mia moglie: devo dirle che l'amo. Non lo diciamo mai abbastanza e vorrei avere il triplo, il quadruplo del tempo a disposizione per poterglielo dire, perché non sai mai quello che può accadere ed è giusto che la persona che ami lo sappia, per darle, magari, la possibilità di fare altrettanto con te.


"Ti chiamavo Martin o Marty?" chiese mentre lui le lanciava il lenzuolo con gli angoli.
"Oh... tutti e due, e anche tesoro, piccolo, ciuffo, amorino... tutti quei modi che avete voi femmine" le spiegò ridendo. Tese il lenzuolo cercando di non fare le pieghe e le indicò una parte da sistemare un po' meglio.
"E tu, come mi chiamavi?"
"Emmy, Em, piccola, bambolina, biscottino, tesoro... e tutti quei modi che abbiamo noi maschi" disse coprendosi il viso con le mani.
Finirono di sistemare le lenzuola e la sovraccoperta leggera; Marty guardò soddisfatto il letto a posto, senza pieghe, perfetto come piaceva a lui.
Lasciò Emily che tirava su le fotografie dal pavimento e andò in salotto ad accendere lo stereo.
"Non voglio dormire con la camicia da notte che ho in valigia: appartiene a Noelle Wilson, non a me; né con quelle cose gotiche e lugubri che hai tenuto nell'armadio... mi presti una tua maglietta, tesoro, piccolo ciuffo, maritino?" Emily gridò dalla camera da letto. Sentì Marty ridere dal salotto.
"Piccolo ciuffo ha la virgola, eh! prendi quella che vuoi" rispose contento.
"Vieni a darmi una mano... non so dove cercare" si lamentò lei, girando tutt'intorno nella stanza.
Marty si affacciò appoggiandosi al battente della porta.
"Perché non apri un po' di cassetti, Emily? Non voglio forzarti ma questa è casa tua, puoi fare quello che vuoi, non essere timida" disse serio poi ci pensò su; "scusa... non ti ho neanche chiesto se ti fa piacere stare qui" bofonchiò quasi tra sé; "domani andremo a trovare i tuoi genitori, se vorrai fermarti da loro, io lo capirò."
"Cosa intendi dire?"
"Se vuoi restare con tua mamma, lo accetterò... non voglio obbligarti a stare qui con me."
"Grazie, Martin" rispose senza aggiungere altro sull'argomento. Si girò ancora intorno e poi aprì un paio di cassetti.
Lui tornò in salotto, a sdraiarsi sul divano, un po' contrariato e un po' offeso. Capiva le perplessità di sua moglie e capiva pure che lui provava sentimenti che lei, al momento, non ricambiava. Eppure si era fidata e l'aveva seguito e ora era lì, con lui, nella loro casa e cercava una sua maglietta da mettersi.
Stava giocando con le orecchie di Monty, quando Emily gli si avvicinò e si sedé di fianco a lui.
"Va bene, questa?" chiese allungando una maglietta della California University.
"Va benissimo" le rispose Marty sorridendo. Le appoggiò una mano sul braccio e la guardò serio; "davvero... se vorrai restare a casa con i tuoi..." ma lei gli fece un gesto con la mano per interromperlo.
"Questa è casa mia... siamo sposati, il mio posto è con te, se mi vuoi qui" disse seria, in tono determinato. Prese un respiro e gli sorrise, "vado di là... ciao" lo salutò con la mano e a piedi nudi tornò in camera.


Martin si rigirò nel divano, buttando un occhio verso la luce soffusa che arrivava dalla camera da letto.
Che giornata, pensò. La più incredibile della sua vita! Aveva ritrovato il suo grande amore e ora, timido come un adolescente, se ne stava lì, sdraiato sul divano e non osava muoversi; gli sarebbe piaciuto eccome, andare là da lei e dirle le cose più dolci del mondo. Dirle quanto l'aveva cercata e quanto ancora l'amasse, quanto finalmente si sentiva leggero e felice.
Emily, sdraiata, si stava chiedendo come mai suo marito ci mettesse tanto a raggiungerla; guardava oltre la porta per cogliere qualche segnale e trattenne il respiro quando vide la luce del salotto spegnersi. Le piaceva molto, Martin, anche se non provava quello che provava lui.
Era tutto così nuovo. Da donna indipendente quale era stata negli ultimi dieci anni, si ritrovava sposata a un uomo innamorato di lei che la guardava con una dolcezza e un amore infiniti. Provò il desiderio forte di ricambiarlo; le foto che aveva visto, quello che lui le aveva raccontato, li dipingevano come una coppia solida e affiatata che giovanissima si era sposata per amore. Si augurò di ritrovare presto quella sintonia.
Quasi nascosta sotto le coperte, aspettò di vederlo entrare, ma dopo qualche minuto si rese conto che lui non sarebbe andato da lei.
Prese coraggio e sgambettò fino in salotto.
"Martin?" chiamò.
"Dimmi, Emily" si affrettò a risponderle lui, accendendo la lampada sul mobile.
Lei si avvicinò e tirò un po' la maglietta a coprirsi le gambe nude, muovendo la mano sinistra talmente tanto che lui non poté non notare il suo dito inanellato.
"Dov'è la tua fede nuziale?" chiese come se niente fosse e lui si sbracciò per prendere i jeans che aveva lasciato sulla poltrona. Frugò in una tasca e tirò fuori la sua vera di platino.
"Eccola, la porto sempre con me" rispose soddisfatto.
"Ti va?" chiese lei prendendola tra le dita indicandogli la mano. Ancora una volta si sedé vicino a lui, con il fianco appoggiato al suo.
Marty annuì silenzioso e lasciò che lei, per la seconda volta nella loro vita, gli infilasse la fede all'anulare. Dopo tutti quegli anni gli stava ancora bene; si guardò la mano con soddisfazione e provò una gioia incredibile.
"Dormi sul divano, Martin?" Emily cambiò argomento facendogli quella domanda all'improvviso, guardandolo.
"Non so cosa fare, Emmy, non so come comportarmi" disse in difficoltà, "non voglio farti nessun tipo di pressione" le spiegò.
"Non vuoi dormire con me?" chiese lei con un candore disarmante.
Le appoggiò una mano sulla guancia e non riuscì a trattenersi; gli occhi gli si riempirono di lacrime e rise di sé.
"Lo desidero più di ogni altra cosa al mondo" disse a bassa voce. Le strinse la mano sulla nuca e senza che potesse dire o fare altro, Emily si piegò su di lui e gli rubò un bacio dolce e profondo.
Con il cuore a mille lasciò che sua moglie lo baciasse; le circondò le spalle con il braccio e poco alla volta, prima timidamente, poi con partecipazione, la ricambiò.
Stava ritrovando il suo caldo, il suo sapore e lei gli stava dicendo che le piaceva, che voleva stare con lui, che voleva essere sua moglie.
"Mi piace baciarti, mi piacciono i tuoi baffi che mi fanno il solletico" disse ridendo.
La chinò di nuovo su di sé, sorridendole sulle labbra; "non ti pizzicano? non ti danno fastidio?" scherzò.
"Per niente, mi piacciono un sacco! " sorrise guardandolo negli occhi.
"Baciamoci di nuovo, voglio esserne sicuro" le ricambiò lo sguardo.
E i baci diventarono tre e poi cinque e poi tanti di più che l'atmosfera siera fatta bollente, piena di abbracci e sospiri.
"Allora?" chiese lei tra un bacio e una carezza.
"Mi piace fare i fidanzati sul divano con la musica in sottofondo" le rispose passandole una mano sul fianco.
Emily lo baciò ancora; poi, passandogli le dita tra i capelli gli parlò all'orecchio.
"E se andassimo a fare gli sposati di là?" indicò la camera da letto.
Marty si drizzò seduto, svelto, come punto da un'ape.
"Eccomi, sono tuo marito, c'è scritto sul certificato... andiamo, andiamo" agitò una mano mentre le girava le gambe giù dal divano.
Emily sialzò in piedi e tirò su anche lui; ridendo contenta, lo abbracciò e Marty rise insieme a lei, le baciò il collo, solleticandolo con la barba e, spingendosi l'uno con l'altra, uscirono dalla stanza.








Vendetta, tremenda vendetta.
Inutile per me commentare gli ultimi eventi; hanno demolito il mio personaggio preferito, l'hanno dato in pasto all'audience e l'hanno ridotto a un poverello!
Martin qui è molto dolce (ma magari saltasse fuori una cosa come questa!), come è dolce Kensi. Emily mi piace un sacco, inconsapevole e tenera.
Coraggio, Mary... hai visto? zitta, zitta sono riuscita a portarti alla fine della 7a stagione...
Monty
P.S. Il colore blu è il preferito di Martin e il 15 ottobre sono nata io! Ah, ah!
Il 21 febbraio ho visto "Il velo dell'inganno", ep. 503 di Law & Order Criminal Intent che parla di una donna che torna nella vita del marito dopo 10 anni. Non mi ricordo di averlo visto (è del 2005) ma probabilmente L&O CI, essendo una delle mie serie preferite, mi ha ispirata. M.
*sneak peak censurato 519.
** Colter è il nome di Jake Gyllenhaal in Source Code; che film!



Disclaimer: Martin A. Marty Deeks, Monty, Kensy Blye, Jeff Versey, il tenente Bates, Ray Martindale, l' NCIS e Henrietta Hetty Lange non li ho inventati io.

 

 

 

 

 


 

 


 

 

  
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