L’INCONTRO
                                                   
Thalia vagava per il paese ormai da giorni.
 Non che si fosse persa, come si fa a perdersi quando non si ha una destinazione? Si manteneva con i soldi che aveva preso quando era scappata da casa, ma ormai cominciavano a finire.  Ogni tanto gli capitava di versare delle lacrime per suo fratello Jason, che era stato rapito da Era. Thalia si era arrabbiata molto con sua madre per questo, e per il fatto che non aveva fatto nulla per impedirlo, aveva definito il fatto “l’ultima goccia” e se n’era andata. Perché sono nata mezzosangue? si chiedeva sempre. Da suo padre, il divino Zeus, non aveva ricevuto nulla, a parte i suoi poteri. Giusto, c’erano anche i poteri. Fulminare le cose era divertente, ma come l’avrebbe potuta aiutare? Forse se suo padre fosse stato lì, glielo avrebbe potuto spiegare. E poi non faceva che incontrare mostri: due giorni prima si era imbattuta in una gorgone, che era riuscita a folgorare, ma le aveva lasciato non poche ferite. Ormai era chiaro, non poteva continuare così. Zeus,  papà, aiutami, ti prego. Ogni tanto pregava suo padre, perché la aiutasse, o le desse una risposta sulla sua nascita. Insomma, sapeva che sua madre era stata una stellina della TV degli anni Ottanta con i capelli cotonati, ma non le sembrava che potesse essere all’altezza di un dio. E poi voleva sapere, come mai, quando lei aveva 7 anni, Zeus era tornato, e 9 mesi dopo era nato Jason. Insomma, già all’epoca, sua madre era entrata nella spirale dell’alcolismo, perciò non era più bella come la prima volta che lui l’aveva vista. In realtà non sembrava lo Zeus che sua madre le aveva descritto: orgoglioso e irragionevole, ma molto premuroso. Allora invece era più ragionevole e paterno, inoltre parlava spesso in latino. Una volta, lei aveva sentito suo padre parlare con sua madre di un campo estivo, dove vivevano altri mezzosangue, ma non aveva capito dove si trovava. Una volta non le sarebbe piaciuto andarci, ora, invece si rendeva conto che era l’unico posto in cui avrebbe potuto vivere senza essere perseguitata dai mostri. Un giorno si trovava da qualche parte nei boschi del Connecticut, quando cominciò a  sentire un rumore di passi, ma era come se chi stesse camminando avesse un piede normale e uno di metallo. Quasi subito dopo sentì un odore che conosceva bene: la puzza di mostri. Subito si girò, preparandosi ad evocare qualche fulmine… e rimase sbigottita. A cento metri da lei c’era una teenager, che sarebbe potuta essere normalissima, se non fosse stato per i capelli di fuoco, la pelle bianco-cadaverica e le gambe diverse: una  di capra, e l’altra umana, ma completamente di bronzo. Sapeva il nome di questa creatura, perché lo aveva letto sul libro di mitologia greca che aveva a casa. –Una empusa- disse. La creatura la fissò e disse – E’ tempo di morire, figlia di Zeus-, poi attacco. Thalia provò a lanciarle un fulmine, ma prima che ne avesse avuto il tempo, un pugnale volò attraverso gli alberi e colpì l’empusa, che esplose. Thalia guardò verso la direzione del pugnale e vide un ragazzo, di poco più grande di lei, con occhi azzurri e capelli biondi. –Cavolo,- disse questo –sei davvero figlia di Zeus?-. Lei rispose –Beh, quando lui mi ascolta...-. Lui rise, e disse –Sei simpatica. Mi chiamo Luke Castellan. Figlio di Ermes.-.  -Thalia Grace.- disse lei -sei stato grande con quel pugnale.-. –Questione di fortuna.- disse lui. Così lei seppe che suo padre l'aveva ascoltata: non le aveva dato nessun'informazione, ma quancosa di più. Un amico.