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Autore: irwjnslaugh    02/01/2015    2 recensioni
"Irwin, reagisci!"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sveglia suonava da oltre cinque minuti, ma Ashton non ne voleva sapere nulla, né della scuola né di ciò che doveva affrontare come sempre. Si alzò di malavoglia dal letto caldo e scese le scale, ovviamente non trovando nessuno che gli avesse preparato la colazione o augurato il buongiorno. Ashton si sentiva solo; lo capiva dal fatto che il sabato sera, mentre tutti andavano in discoteca o uscivano, lui rimaneva nel letto con le cuffie nelle orecchie e i Nirvana a tutto volume. Era solo e ne era consapevole, ma questa sua solitudine gli piaceva. 
Ashton Fletcher Irwin era un ragazzo di 20 anni, un adolescente che è diventato troppo presto un adulto. All'età di 16 anni sua madre morì, fu affidato agli zii dove li conobbe sua cugina, una ragazza totalmente diversa da lui. Ashton, vedendolo esteriormente, era davvero un bel ragazzo, che però non si curava del suo aspetto. Era alto, ma non tanto, aveva i capelli leggermente ricci sempre disordinati o fermati da una bandana, occhi verdi che però non trapelavano mai nessuna emozione. 
Compiuti i 18 anni, lasciò i suoi zii perché si sentiva di troppo, e andò a vivere da solo, vivendo solo con i soldi che la pensione della madre procurava.
Erano le 07.35, e Ashton svogliatamente finì la sua colazione e si diresse in bagno, dove ci rimase abbondantemente. Alle 7.55 uscì di casa e si diresse verso la scuola, fregandosi se avesse fatto ritardo o meno, tanto nessuno lo aspettava o cercava.
 
Quel giorno a Sidney l'aria era ancora più triste, si sentiva una strana sensazione di vuoto, e nei volti degli studenti prevaleva la noia e la stanchezza. Ashton appena varcò il cancello della scuola, si mise il cappuccio e gli occhiali, ma non poté fare a meno di vedere la scena che si stava verificando. 
Luke Hemmings, il ragazzo più ''figo'' della scuola picchiava lo sfigato di Michael Clifford  , che aveva smesso anche di difendersi abituandosi a ciò che gli aspettava tutte le mattine. "Così impari, stronzo." Uscì dalla bocca di Hemmings e con un gesto veloce intimorì tutti i presenti: "Lo spettacolo è finito coglioni, andatevene tutti dalle palle." Si girò e scalciò per l'ultima volta il poverino steso per terra. Decisi di starmene in disparte e quando passai davanti al rosso tinto mi sentì chiamare. "Amico, mi passi davanti e neanche mi aiuti. Cosa cristo sta succedendo in sto mondo?" Schiusi leggermente la bocca e mi abbassai raggiungendo la sua mano per aiutare ad alzarlo da terra. "Scusami ancora." Provai a parlare ma mi bloccò. "Sisi certo, sigaretta?" Leggermente confuso guardai dall'altra parte, "Amico di cui non so neanche il nome?! Ci sei? Hai una sigaretta, cristo?" Mi girai vedendolo nervoso e scossi la testa. "Non fumo." Aggiunsi. "Oh dovresti provare, ti libera la mente. Altro che le ragazze! Quelle sono tutte troie che la mente te la fanno imbrogliare da cima a fondo! Dai, prova a fumare!" Mi incitò il rosso, ma non ebbe risposte positive. "No, non posso." - "Mamma non vuole?" Mi derise e mi spinse leggermente. Io odio i ragazzi di oggi, odio questa generazione, odio questo personaggio di merda che mi sta rompendo. Decidi di non rispondergli più, mi incamminai verso l'entrata anche se sentivo le battute sul mio conto da parte di quel ragazzo strambo.
 
"Voglio assegnare un compito speciale, ragazzi. Siete arrivati all'ultimo anno ormai, e quindi, saprete che si terrà lo spettacolo di fine anno a tema de "I promessi sposi", quindi volevo già iniziare a..."- questo discorso inutile della professoressa fu interrotta da una ragazza che entrò in ritardo. Notando che l'unico posto libero era quello vicino il mio, misi lo zaino sulla sedia facendo capire che non volevo essere disturbata. "Signorina Thompson !" La rimproverò. Un attimo, Thompson era il cognome di mio zio e di conseguenza, di mia cugina. Mi giro ed è come pensavo: mia cugina è ritornata a Sidney dopo tanto tempo. Prima che lei trovò il mio sguardo, mi nascosi il più possibile e continuai a sentire le lamentele della professoressa. "Non si presenta a lezione da secoli e ora pretende di tornare così, magicamente, come se nulla fosse? Ha interrotto il mio discorso e soprattutto."- La prof fu interrotta un altra volta, ma questa volta dalla ragazza stessa. "Oh Alexis sono felice anche io di vederti ritornare qui, a scuola insieme a noi." La prese in giro  la ragazza e tutti risero, tranne me. Ero un morto dentro e fuori. Senti uno spiffero vicino a me, ma fu Alexis che si avvicinò e come se nulla fosse tolse il mio zaino lasciandolo cadere per terra e si sedette sulla sedia. "Buongiorno anche a lei, professoressa." Continuò subito dopo Alexis. Speriamo non si accorga di me. Silenziosamente raccolsi lo zaino e lo misi dietro la mia sedia, aggiustai meglio il cappuccio e mi misi una mano vicino la guancia, cercando di coprirmi. 
Sapevo che Alexis era tutto tranne che una silenziosa, e sapevo che a breve avrebbe iniziato a rompere, ma io volevo il mio silenzio. Sentii due sbuffi da parte della ragazza e parlò: "Ehilà!" Mi richiamò, ma io finsi di ascoltare la strega che parlava e raccontava del progetto. "Ti è morto il gatto per caso? Rispondimi." Chiusi gli occhi e sospirai, mia madre me la facevano ricordare tutti, e faceva male. Mi girai molto lentamente e la guardai negli occhi, visibilmente arrabbiato e stanco. Alexis sobbalzò e si mise una mano sulla fronte. "Oddio Ash, scusami." Sussurrò così piano che manco la sentii. Ash. Era un soprannome così bello, e ricordo che me lo attribuì quando eravamo piccoli. Era cambiata un botto Alexis: i suoi capelli marroni erano diventati rossi, aveva un piercing sull'orecchio e due occhi grandi e neri. Era sempre stata una bellissima ragazza, ma ora era davvero stupenda. Le lanciai un ultima occhiata furtiva e mi ricomposi, togliendo finalmente il cappuccio. 
La beccai più volte fissarmi ma non ci feci caso, pensavo solo alla mia mamma e attendevo con ansia la campana della scuola per poterla andare a trovare.
 
La mensa era sempre stata una cosa che Ashton odiava. C'era il gruppetto degli sfigati vicino ai cestini, il gruppetto dei popolari al centro e il resto degli sconosciuti attorno. Scuola di merda. Presi il vassoio e feci la fila per quel cibo inutile e schifoso che dovevano darci, e mi ritrovai dinanzi a me una delle ''popolari'': sicuramente era una troia. Sospirai per l'ennesima volta nella giornata, e non volendo spostai i capelli della ragazza. Okay ero morto. Lei si girò cautamente e mi sorrise, senza nessun pizzico di odio o vendetta. "Scusami, pensavo fosse un amico e mi ero girata." Mi sorrise ancora e aspettò che io parlassi, ma accennai solo un sorrisetto che però non le bastò. "Senti, so che è molto strano ma insomma... se ti va potremmo essere amici, potresti venire al mio tavolo e farti più amici. Ammetto che ti ho spiato spesso e ho notato la tua solitudine, quindi vorrei aiutarti. Sono Debbie, piacere di conoscerti Ashton." Rimasi completamente basito dalle sue affermazioni, ma meglio solo che mal accompagnato. Non la conoscevo, e sinceramente non ci tenevo. "Tranquilla, mangio da solo. Sto bene così." Lei mi guardò tristemente ma annuì, capendomi. Sia ringraziato il cielo. "Ciao Ashton." - "Ciao." Ricambiai e sinceramente mi pentii subito dopo, dovevo muovere un po' la mia vita e per questo mi diressi dalla persona meno indicata: il finto rosso.
 
"Quindi vuoi fumare adesso?" Mi domandò con sguardo scettico. Annuii e il ragazzo parve svegliarsi: "Okay, non credo che tu abbia mal provato quindi inizia piano piano ad aspirare, e dopo rilasci il fumo. Piano, e con cautela Ashton." Seguii le indicazioni di Michael, scoprendo finalmente il suo nome, e feci il primo tiro e la sensazione che prevalse fu la nausea. "Oddio." Borbottai e Michael mi guardò scettico e indeciso, "Prova di nuovo, massimo massimo ti porto in ospedale." Sghignazzò e mi guardò attento, e soddisfatto del secondo risultato mi prese la sigaretta e continuò lui. "Bene, ora basta. Conosciamoci meglio, se ti va. Anzi, ti deve andare e basta Ashton." Annuii debolmente e mi preparai alle sue domande anche invadenti. "Perché sei un emarginato del cazzo e te ne sbatti di tutti e tutto? Cristo, mi piaci, ma sei un po' troppo scazzato. Rilassati!" Pensai alle sue domande e mi feci forza: "Ho vent'anni e ho perso mia madre a sedici, vivo da solo e vivo solo con la pensione di mia madre. Cosa dovrei fare, uh?" Michael improvvisamente si fece serio e abbassò gli occhi. "Scusa." Sussurrò e d'istinto risii. "Scusa un cazzo, nessuno di voi capisce come mi sento e cosa faccio per affrontare ogni giorno questa merda di vita. Non capisci e mai nessuno capirà che delle stupide scuse non bastano, mai e poi mai basteranno! La sai una cosa? Ti pare normale uccidere una donna e dopo chiederle scusa? Bene, ecco perché non ho un padre ed ecco perché ti sto urlando contro! Voglio morire, scomparire. Non ho una ragione per svegliarmi la mattina e dire: "Cazzo quanto sono felice!" Ecco perché  sono un emarginato del cazzo, Clifford." Sfogai tutta la mia ira con le parole su di lui e me ne andai da scuola, dirigendomi da mia madre. 
 
Mentre mi incamminavo verso il cimitero mi affiancò una ragazza, che già sapevo chi fosse. "Cugino!" Mi urlò nell'orecchio e me lo ruppe quasi. "Alexis." Accennai solo un piccolo saluto e lei mi bloccò. "Bel ragazzo Clifford eh?" Mi girai un attimo e la guardai male, "È un rompicoglioni Alexis, una delle due cose che vi accomuna." La ragazza rise e mi guardò, "La seconda qual è?" - "I capelli." Alexis rise ma notò che la sua presenza non era tanto gradita, così mi fermò: "Ash so che è una vita difficile la tua, ma ho sentito ciò che hai detto a Michael... hai completamente ragione, lo sai, ma ti prego non desiderare la morte. Voglio aiutarti, ti scongiuro fa che io sia una delle tue ragione per svegliarti al mattino contento, fallo per me, per i tuoi zii, fallo per tua madre che dal cielo ti guarda e ti vorrebbe felice. Cazzo Irwin, reagisci!" La guardai intensamente e continuò a parlarmi. "Fai tutto ciò che ti passa per la testa, fai qualunque cosa, ma per favore, goditi la vita." Sorrisi alla sua affermazione e feci la prima cosa che mi capitò nella mente, e che non facevo da ben quattro anni. Mi avvicinai ad Alexis e la baciai. 
Fanculo, eccome se mi sentivo meglio. 
  
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