Premetto che è la primissima OS che
scrivo sui Pernico e mi scuso se non riesco
a rendere bene le mie idee. E' uscita da un miscuglio di canzoni che ho
ascoltato e riascoltato mentre scrivevo e be',
spero che non sia uscito tutto questo pasticcio. Detto ciò mi scuso per le
ripetizioni (mio fatale problema) e se a volte sono un po' prolissa (altro
grande problema).
Buona lettura e ricordate che qualsiasi
critica è sempre ben accetta c,:
Alloora, dico subito che questo è un "repost", ovvero una
piccola fiction che ho postato molto tempo fa e che ora ho rivisitato,
correggendo trama e forma. Spero vi piaccia, fatemi sapere c,:
Too much to ask
Quella sera, come la sera precedente e quella prima ancora, Nico, sdraiato
sul suo letto e munito di caldo pigiama, si stava scervellando per capire
perché mai Percy avesse lasciato Annabeth, anche se, a dire il vero, probabilmente se lo
stava chiedendo quasi tutta la scuola. Difatti in breve tempo la notizia aveva
creato molto scalpore fra le file di armadietti del college. Insomma, Percy e Annabeth erano
la coppia perfetta da film: erano come la panna e le fragole, come
Andrew Garfield ed Emma Stone, come il
tiramisù con il caffè, anche se da un po' di tempo di caffè ce n'era un po'
troppo nel loro rapporto, ed anche molto amaro.Tutti, ma davvero tutti, erano rimasti
shockati dalla notizia, chi più chi meno, ma a quel piccolo scoop si erano
fatte attente tutte le orecchie dei teenager dell'istituto, e forse non solo
quelle degli studenti. Le uniche persone che all'inizio erano rimaste vagamente
felici del fatto forse erano state un certo ragazzino a volte un po' scorbutico
e Drew, la cui ambizione in un primo momento le aveva fatto provare del puro
sollievo poiché tolta la Percabeth dal
mercato, il titolo di coppia dell'anno sarebbe spettato sicuramente a lei e il
suo amato Jason.
Nico aveva ormai rinunciato a leggere quel
volume de "L'attacco dei Giganti" a causa di pensieri molto
improbabili che lo distraevano, chiamati anche "film
mentali". Certo pensò che se Percy non
gli fosse stato così appiccicato nei giorni seguenti alla rottura con Annabeth, lui non sarebbe mai e poi mai arrivato a pensare,
o meglio, a sperare che il capitano della squadra di
Pallanuoto avesse finalmente spostato gli occhi su chi lo apprezzava veramente
e che avesse chiuso in un cassetto, magari quello più piccolo e dimenticato del
suo armadio, le attenzioni per le gonnelle colorate delle cheerleader. Tutte vane speranze, Nico ne era certo, quindi
aveva acceso il laptop e messo la musica a volume medio-alto,
non preoccupandosi di dare fastidio al suo vicino di stanza Leo Valdez, che, ormai finito l'orario delle ronde notturne,
era sicuramente sgattaiolato nei dormitori femminili per salutare le sue amichette prima
che partissero per il weekend. Con una punta di rammarico Nico si ricordò che
lui e Leo erano fra i pochi a non tornare a casa nei fine settimana; lui non ne
aveva davvero voglia, aveva scelto con sua sorellaHazel quel college proprio per rimanere
lontano dalla tensione famigliare, mentre Valdez, be', lui una famiglia non ce l'aveva. Di
Angelo si sentiva terribilmente egoista per quel fatto: lui avrebbe potuto andare dai propri parenti, ma non voleva
farlo, al contrario il suo amico avrebbe pagato oro per avercela una famiglia,
anche se scombussolata e problematica come la sua. Il ragazzo si maledì per
essere così dannatamente sensibile e di soprassalto tornò a pensare a Percy, a quante volte lo aveva fissato troppo a lungo,
indugiando più di quanto fosse lecito sul suo viso, in modo da capire cosa
stesse provando ad ogni minimo movimento
della bocca. Le uniche volte che non riuscivaa
comprenderlo, a leggere il suo viso, pensò, erano
quando i suoi occhi verdi si soffermavano sul suo pallido visino: prima
sembrava radioso, poi diventava rigido e scostante, come se si trovasse davanti
ad un appestato.
E questo Nico proprio non lo poteva
sopportare.
In quel momento qualcuno bussò alla porta,
o meglio cercò di sfondarla, vista la delicatezza con cui il tipo stava
picchiando la superficie. Tuttavia il moro era deciso a non aprire a nessuno, a
costo di far beccare dai professori il suo sventurato scocciatore che stava
nettamente violando il coprifuoco.
"Nico, sono Percy... Posso entrare?"
Parli del diavolo...
E gli chiedeva se poteva entrare? Nico si
poteva immaginare già la sua espressione anche prima di andare ad aprire: le
sopracciglia leggermente arcuate e il capo chino ad esprimere
la sua incertezza, sapeva che Nico odiava le visite non programmate. Il ragazzo
minore si era impegnato moltissimo a non fare il suo sorriso
migliore quando aveva aperto la porta della sua camera, accogliendo l'amico.
"Idiota, ti avrà sentito mezzo mondo,
entra prima che arrivi il preside e ti sospenda"
"Grazie, nanetto"
Nico sbuffò scocciato, anche se si sentiva
vagamente idiota, perché dopotutto gli piaceva da morire
il fatto che Percy desse soprannomi
solo a lui. Di Angelo si era andato a sedere tranquillamente sul letto,
curandosi persino di stoppare la musica, ricordandosi che dannazione
Nico, io gli Slipknot proprio non li
sopporto!, come
Jackson gli ripeteva di continuo quando lui si azzardava appena a mettere una
loro canzone.
Percy era rimasto in piedi al centro della stanza come uno stoccafisso,
imbarazzato, contrariamente a come avrebbe fatto nella camera di un'altra
persona, e il ragazzo più piccolo non poté fare a meno di notare con leggerezza
che somigliava ai gentiluomini del '700 che stavano per chiedere la mano di
bellissime donzelle, protagonisti dei suoi romanzi inglesi che nascondeva sotto
il letto perché erano da ragazzine, a detta di suo padre. Forse
aveva pure ragione, ma questo Nico non l'avrebbe mai ammesso. Rimasero in quel
modo per quasi 20minuti, le uniche parole che erano riusciti a
scambiarsi prima che Nico sbottasse erano piccole domande sul rendimento
scolastico chePercy liquidava con dei
monosillabi.
"Sinceramente, è da quando hai... Da una settimana che ti appiccichi come una cozza e poi
improvvisamente non mi parli, si può sapere cosa c'è? Davvero, è estremamente irritante"
"Da quando ho lasciato Annabeth, volevi dire?"
"Oh su, sono dettagli, che
importa!"
"Be' invece importa, almeno per me. Non ti chiedi perché l'abbia
lasciata? Se lo stanno chiedendo tutti, infondo"
Percy fece un mezzo sorriso alzando lo sguardo verso di lui. Tremendamente
sleale, pensò Nico.
"Non mi interessa
perché diavolo dopo due fottuti anni che state insieme tu ti sia scocciato di
lei, lasciandola! Ti chiedo almeno di fingere che ti importi
di me, perché be' sì, mi stai illudendo! Lasci Annabeth e poi mi stai attaccato per giorni e mi fai
pensare certe cose... Non mi sembra troppo da chiedere..."
Appena Nico rese conto di quel che aveva detto girò il viso verso la finestra, approfittando
della scarsa illuminazione della stanza, per coprire quella vergogna che lo
ricopriva completamente come un velo. Percy aprì
e chiuse la bocca più volte, quella stessa bocca che
durante le lezioni non stava mai chiusa e che stranamente in quel momento aveva
intelligentemente deciso di non proferire parola.
"Davvero pensi che non mi importi?"
Siccome Nico rimase in silenzio, Percy si sedette accanto a lui un minimo titubante e
gli spostò il viso delicatamente per poterlo guardare negli occhi. Le sue dita
lo sfioravano appena.
"Sei così cocciuto e infantile, a
volte, Neeks. A me importa moltissimo di te, forse pure più del dovuto, non c'è bisogno
di fingere. Davvero, non è mia intenzione illuderti, ma dannazione, dammi un
po' di tempo per capire! Io tengo moltissimo a te e proprio per questo devo
comprendere se il mio tener molto supera i confini
dell'amicizia; altrimenti credo che saremo in due ad impazzire"
Nico strabuzzò gli occhi e si benedì per
aver lasciato le luci spente, sicuro che tutto il suo sangue fosse affluito
senza preavviso al volto. Era così felice, intimorito e vergognoso al tempo
stesso che per non cedere all'istinto di urlare borbottò delle scuse verso il
ragazzo più grande. Certo, non era stata una dichiarazione con fiori, champagne
e cigni in un bellissimo stagno dietro di loro, ma a Nico bastava e avanzava,
anche se, in fondo, aveva ancora timore che si fosse immaginato tutto per colpa
dei film mentali.
Percy gli sorrise teneramente, arrivando fino
ad accarezzargli i capelli, allungando la mano senza la minima esitazione,
questa volta.
"Posso rimanere qui 'sta notte?"
"TU SEI PAZZO, COSA DICI SCIOCCO
INSOLENTE! SE TI BECCANO FUORI DALLA CAMERA TI ESPELLONO
SENZA LA MINIMA ESITAZIONE. IO NON MI CAPACITO
DAVVERO CHE TU... CHE TU... Ah, Dio, va bene, puoi rimanere"
Jackson ridacchiò, mentre Nico si
schiaffeggiò mentalmente per quella poca forza di volontà, ma quando aveva
visto il viso di Percy illuminarsi non
aveva proprio saputo resistere. Se qualcuno l'avesse filmato rifacendogli
vedere il video si sarebbe preso in giro da solo. Si sentiva davvero ridicolo
quando, per colpa di quel ragazzo, tutti i suoi ideali si ritiravano chissà
dove, facendogli compiere qualsiasi cosa.
Il maggiore si infilò
repentino sotto le coperte adagiandosi sul fianco e dando le spalle all'altro
ragazzo, fingendo un fare scocciato, anche se non riusciva a negare di aver
perso un battito dopo aver sentito il materasso abbassarsi leggermente per poi
percepire una nuova fonte di calore accanto a lui, non credendo possibile che
quel corpo fosse proprio di Percy Jackson.
Dopo minuti interminabili di esitazione ed imbarazzo Percy si avvicinò di più a Nico, portandogli un
braccio sopra i fianchi e stringendolo da dietro. In un primo momento era
impaurito sentendo il corpo dell'amico irrigidirsi sotto il suo
braccio, ma poi, quando piano piano stava tornando tranquillo, la
paura era stata spazzata via da una fantastica consapevolezza: Nico Di Angelo
gli permetteva di abbracciarlo.
Nico aveva trattenuto il respiro, in un
primo momento, ma poi non aveva potuto fare a meno di sorridere.
"Ti odio, Jackson"
Percy avrebbe voluto ribattere che forse era proprio perché lo odiava che
gli stava stringendo la mano, tremando impercettibilmente, ma realizzò che nel 99% dei casi l'avrebbe ritirata
stizzito, per poi lanciargli qualcosa di molto pensante sulla testa, perciò decise
saggiamente di tacere. La mano di Nico stretta nella propria, pensò, era una di
quelle cose che ti migliorano la giornata, e non se la
sentiva affatto di privarsene.