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Autore: GipsySoul    03/01/2015    2 recensioni
Quando ascolti Lucio Battisti cantare Anna è impossibile rimanere indifferenti.
Ci sono persone che entrano nella tua vita e la sconvolgono. Ci sono persone che diventano una magnifica e pericolosa ossessione tanto che basta il loro nome per farti delirare.
Una monotona vita di coppia messa a dura prova da "Anna"
Genere: Angst, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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NDA
Questa song fic è nata parecchio tempo fa ma solo adesso ho deciso di pubblicarla.
Credo che la "trama" non sia da spiegare, solo vi dico che non l'ho scritta così tanto perchè mi è venuta l'ispirazione ma perchè, in qualche modo è legata a un'esperienza personale.
Grazie a chi leggerà e recensirà.
un abbraccio
GipsySoul



VOGLIO ANNA



Hai ragione anche tu
Cosa voglio di più?
Un lavoro io l’ho
Una casa io l’ho

L’uomo vagava per la stanza del motel, trascinando nervosamente i piedi.
La camera era ammobiliata semplicemente e la tappezzeria, di scadente qualità, era di uno sbiadito rosa antico che donava all’ambiente un che di monotono a scontato. Quei fiori finti, poi, sul cassettone nell’angolo… così insulsi ed inutili non facevano altro che aggiungere squallore a quella stanza.
Ma nel letto, accoccolata tra le lenzuola, la ragazza dai capelli bruni non era né scontata né insulsa e attirava continuamente gli occhi dell’uomo nonostante questi tentasse di rivolgere lo sguardo altrove: fissava le sue spalle bianche e le immagini della notte tornavano alla mente insieme alle note di una vecchia canzone ascoltata poco prima.

La mattina c’è chi
Mi prepara il caffè
E la sera c’è chi
Non sa dirmi no

Si prese la testa tra le mani come se finalmente avesse compreso a fondo ciò che aveva fatto, fino a dove si era spinto e sentì il bisogno di una doccia per sciacquare via quella consapevolezza.
Dirigendosi verso il bagno rivolse un’ennesima occhiata a quel giovane corpo che era stato suo chiedendosi come si fosse venuta a creare quella situazione e perché lei l’avesse accettata: dietro quel viso ingenuo aveva scoperto una ragazza ribelle, sensuale e inspiegabilmente attratta da lui, una ragazza che gli piaceva e che lo affascinava con la sua semplice bellezza e la sua intelligenza.
Si rilassò sotto il getto caldo della doccia sforzandosi di pensare ad altro. Ma come Battisti nella sua canzone ripeteva ossessivamente il nome di Anna, dimenticando la sua quotidianità, così nella testa dell’uomo tornava la voce di lei, la sua risata, i suoi occhi…il volto della moglie prendeva i lineamenti di quello della ragazza e quel corpo esile mutava nelle forme generose di lei… il tradimento non gli sembrava cosi imperdonabile se era con lei che si tradiva…
Avvertì l’eccitazione impadronirsi ancora dei suoi fianchi e, appoggiandosi alla parete della doccia, tentò di calmarsi inspirando profondamente.

Cosa voglio di più?
Hai ragione tu
Cosa voglio di più?
Cosa voglio?
Anna
Voglio Anna

Quando sentì la porta del bagno aprirsi, fremette ma non si voltò. Nemmeno quando lei entrò nella doccia e gli carezzò la schiena. Non ne aveva il coraggio.
“Per un attimo ho avuto paura che mi avessi piantato qua da sola.” Mormorò appoggiandosi a lui.
Non ricevette risposta ma sapeva che non gli dispiaceva la sua presenza lì e continuò a baciarlo e accarezzarlo sul dorso.
“Non dici nulla?” domandò avvicinandosi al suo viso ma l’uomo, i pugni chiusi, le nocche bianche, continuava a rimanere in quell’imbarazzante silenzio del quale lei si spaventò.
“Hei… parlami! Dimmi qualcosa, Dio santo… qualsiasi cosa! Cacciami via, piuttosto, ma parla, ti prego!” si agitò la ragazza alzando la voce e lo scosse obbligandolo a voltarsi verso di lei e a guardarla. Riconobbe una sorta di inquieta esasperazione in quegli occhi scuri.
Lui studiò la sua espressione sconvolta e le sistemò una ciocca di capelli bagnati dietro all’orecchio, chiedendosi come avrebbe fatto a resistere ancora a quelle labbra.
“Purtroppo l’ultima cosa che voglio è mandarti via… ” disse finalmente e subito lei gli si aggrappò al collo e lo baciò, sorridendo appena quando avvertì la sua erezione crescere e le sue mani farsi più insistenti.
Armeggiò con il rubinetto per chiuderlo e svelta uscì dalla doccia sorridendo maliziosamente all’uomo che, grondante d’acqua, la seguì nella camera: la vide gettarsi sul letto a peso morto ridacchiando senza pudore ma in un modo così adorabile che non poté resisterle e la prese ancora, ebbro di lei e dei suoi sospiri, del suo bel corpo fresco e dei suoi gemiti soffocati… incapace di trovare un buon motivo per dirle no si ritrovò tuttavia a piangere sommessamente mentre lei lo pregava ancora di non fermarsi e si lasciò cadere piano tra le sue braccia.
Forse il rimorso affiorò all’improvviso o forse ebbe paura di tutte quelle emozioni discordanti che si accavallavano le une alle altre, impossibili da ignorare, così dannatamente vere.

Non hai mai visto un uomo piangere?
Apri bene gli occhi sai
Perché tu ora lo vedrai.
Se tu non hai mai visto un uomo piangere
Guardami... guardami…

“Mi dispiace… ” singhiozzò.
Lei rimase stordita e disorientata, non seppe in un primo momento come comportarsi. Poi si decise: lo abbracciò stretto, ora non più come amante ma con una delicatezza da madre che stonava con la sua giovane età e la situazione in cui si trovavano.
“Va tutto bene… ” sussurrò, con il timore di come avrebbe potuto reagire.
“Ti amo.” Si sentì rispondere con un fil di voce e credette di morire perché mai se lo sarebbe aspettata: avrebbe voluto fuggire via e non ritrovarsi mai più davanti a lui per evitare il confronto con quella sua terribile confessione che suonava così ipocrita.
“No, non è vero.” Pensò. Sarebbe stato troppo bello se fosse stato vero. Troppo bello e troppo pericoloso.
L’uomo la baciò e lei non si oppose perché, in fondo, le piaceva: le piaceva sentirlo ancora dentro di sé; le piaceva la barba ispida che le pizzicava le guance; le piacevano i suoi baci senza vergogna e le piaceva la sua determinazione e consapevolezza di uomo adulto.
“Forse è meglio se… se ora ce ne andiamo.” Le mormorò sulle labbra e lei, controvoglia, fece sì con la testa. Le loro carni si separarono e la ragazza sgattaiolò nuovamente in bagno.
L’uomo rimase nella stanza solo con i suoi tormenti e non poté fare altro che rivestirsi e aspettarla lì, infastidito da quei minuti interminabili, dall’eccitazione costretta a stento e da quel pianto che gli era sfuggito.

Ho dormito lì
Tra i capelli sui

Io insieme a lei
Ero un uomo

La ragazza osservava annoiata il paesaggio correre fuori dal finestrino dell’auto mentre lui guidava, concentrando la sua attenzione più su di lei che sulla strada. I suoi capelli, ancora mezzi bagnati, si increspavano in piccole spirali e l’uomo sentiva il desiderio di toccarli e di affondare il viso nel loro profumo. Mentre tentava, con scarsi risultati, di non pensare alla meravigliosa tentazione cui aveva ceduto, gli sembrava di averla ancora raggomitolata di fianco, le gambe intrecciate alle sue, quelle piccole mani sul proprio corpo, così infantilmente possessive, i riccioli sparsi sul cuscino a solleticargli il collo e le labbra socchiuse che parevano chiedere un bacio.
Si accorse della sua distrazione. “Guarda la strada, per favore.” Gli disse, a bassa voce.
Lui voltò il viso e sussultò quando sentì squillare il cellulare. Si fermò sul ciglio della strada e spense il motore.
“È tua moglie?” domandò la ragazza lasciando trasparire un poco di agitazione nella voce.
“Sì… che faccio, rispondo?”
“Devi rispondere! Non hai niente da nascondere…” disse lei, allusiva.
L’uomo si rese conto che era la cosa migliore da fare, fece un bel respiro e rispose al telefono.
“Ciao, amore.” Esordì, forse tanto entusiasta da sembrare falso.
La ragazza lo osservò per tutta la telefonata con le sopracciglia alzate e quasi provò pena per lui, constatando le sue pessime doti recitative: era così agitato che quando parlava non faceva pause e aveva un tono di voce troppo alto.
Sbuffò silenziosamente e allungò una mano fino a toccargli la coscia, sperando in una sua reazione: quello si voltò, sconvolto, incapace di capire perché lo provocasse così, ma continuò a parlare con la moglie della sera prima che avrebbe dovuto trascorrere ad un impegno di lavoro fuori città.
“Ti saluto, tesoro. Ti richiamo più tardi.” disse poco dopo interrompendo la telefonata.
“Non ce la faccio… ” aggiunse poi, rivolto alla ragazza, e subito si avvicinò a lei, desideroso di baciarla, felice di non trovare opposizione da parte sua.

Quanti e quanti sì
Ha gridato lei!
Quanti non lo sai!
Ero un uomo…

La nebbia si era fatta più fitta quando tornò al posto del guidatore; sul display del cruscotto apparve l’ora e l’uomo si maledisse, costatando di aver perso troppo tempo.
“Sbrigati.” Ribadì.
La ragazza si stava rivestendo con una lentezza snervante ma non riuscì a dirle altro e si limitò a osservarla nello specchietto retrovisore: aveva il viso accaldato e alcuni segni rossi sul collo. Il sesso con lei gli aveva fatto scoprire una parte di sé estremamente passionale che, per abitudine o poco coraggio, aveva mantenuto nascosta: vederla ondeggiare sul proprio ventre era perdere la ragione, mordere la sua pelle era soddisfare un istinto mai appagato e ascoltare la sua voce gridare suppliche spezzate dall’orgasmo era sentirsi finalmente uomo, era cancellare ogni altro pensiero.
Quando salì sul sedile anteriore si strinse nelle spalle, come infreddolita.
“Tutto bene?” le domandò.
“Sì.” A quella risposta fu lui a rabbrividire: non avrebbe mai trovato una parola adatta per descrivere il suo tono di voce perché sembrava solo seta… lacerata da chiodi appuntiti.

Cosa sono ora io?
Cosa sono, mio Dio?
Resta poco di me
io che parlo con te
io che parlo con te
di...

Perché è già notte? Non era mattina, un momento fa, quando lei se ne è andata regalandogli quel sorriso malinconico?
Perché se ne sta lì, chiuso in auto, invece di salire a casa? Perché non riesce togliersi dalla testa quegli occhi, quel gesto silenzioso? Perché quell’ultimo bacio a fior di labbra aveva un sapore così amaro? Perché il cellulare abbandonato sui sedili posteriori continua a ronzare e non lo lascia in pace? Perché?
Piangerebbe volentieri, ora che nessuno può ridere o provare pietà per la sua debolezza, ma il mal di testa è troppo forte e la situazione già abbastanza deprimente. Salirebbe volentieri a casa se solo non avesse il terrore di scontrarsi con lo sguardo di sua moglie, preoccupato, spaventato e così tristemente vuoto seppur bellissimo. Che uomo sarebbe se, guardandola, vomitasse una bugia e una scusa? Se baciandola si sforzasse di convincerla (o convincersi) che l’ama ancora e che tutto è come prima? Che uomo sarebbe se davanti alla sua fede fingesse di non avere colpa?
Ha ancora il suo odore addosso.
Ha nuovamente l’anello al dito.

Anna.
Anna.
Anna!


 










come già accennato le parti in corsivo sono le parole di quella splendida canzone
di Lucio Battisti, Anna. Non so voi ma ogni volta che l'ascolto non so mai bene cosa provare.
La sua interpretazione è indescrivibile, mi lascia sconvolta tutte le volte.

  
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