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Autore: CarmineXX    16/11/2008    1 recensioni
Quattro ragazzi si trovano nel bel mezzo di un viaggio attraverso l'europa del nord. A un certo punto, nel percorrere un tratto di una fitta foresta in Finlandia, la loro autovettura si ferma. E nel frattempo arriva la notte...
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La macchina sobbalzava leggermente mentre si faceva strada in quella oscura radura.
Era notte profonda, molto profonda. La luna era nascosta nel cielo, e l'unica luce nell' oscurità era quella dei fari dell' automobile.
Dai finestrini si poteva ammirare il nulla, e specchiarsi gli occhi nella paura inconscia dell' essere umano.
La mente comincia ad annebbiarsi in questi momenti, quando l'unica cosa a cui pensi è come uscire da quel percorso oscuro di cui non sai la fine, di cui non sai se mai arriverai alla fine...
Dove ogni passo che compi ti separa dalla fine del tragitto, ti avvicina, o ti allontana sempre più.
Ed intanto lunghi brividi passavano lungo i corpi della gente nell' automobile, mentre questa lentamente si introduceva nella selva avvolta dalle tenebre.

Erano i classici rumori della notte, di solito. Passi striscianti, animali che gridano, rami che si muovono, formando nel cielo un intricato disegno. Questo disegno può sembrare una moltitudine di elementi diversi, dipende dalla lucidità della mente di chi lo guarda, altrimenti, può sembrare nient'altro che un sadico gioco di morte.
La strada continuava, fino a che le luci presenti nell' abitacolo dell' auto erano quella della spia della riserva di carburante, e quella di una piccola lampadina tascabile.
Il cammino si faceva sempre più tortuoso, girandosi intorno era impossibile sapere da dove si era entrati. I cellulari non avrebbero preso la linea nemmeno se si fosse saliti sull' albero più alto del bosco.
Intanto la paura si cominciava a manifestare negli occhi dei passeggeri, finchè non rimaneva impressa per sempre nella mente.

Ed ancora la macchina camminava... e camminava... ogni giro di ruota si faceva sempre più affannoso... probabilmente aveva cominciato a perdere colpi già da tempo.
Oramai le uniche cose che si intravedevano nell'ombra erano solo le bianche pallide facce dei passeggeri e il breve tratto di strada irradiato dal fascio di luce dei due piccoli fari anabbaglianti.
Il rumore era cambiato, da un leggero rombo ormai era solo un semplice lamento, e tra i silenti urli degli occupanti era possibile sentire come i cilindri avevano ormai smesso di battere.
L'indicatore di giri del motore scese lentamente ed inesorabilmente verso sinistra, posizionandosi fermamente sullo 0, mentre il tachimetro segnava ora 70, 50, 20 km orari... Finche la macchina non si parcheggiò saldamente nel mezzo della strada, finendo il pesante e fermo corso delle impronte delle ruote nella fredda terra.

L'energia non si crea dal nulla, ma è necessario produrla, e una volta esaurita, è finita per sempre. Così come il carburante, anche la piccola batteria dell' automobile non sarebbe riuscita a reggere ancora molto per tenere accesi i fari.
Il lento scricchiolare della manopola fece compagnia al rumore del vetro che scendeva, mentre un terribile vento si introduceva nell' auto.
Faceva freddo. Tanto freddo. I ragazzi si strinsero ancora più forte i loro giubbotti.
Erano le 2 di notte quando la macchina si fermò.
I due accendini fecero una leggera luce, quanto basta per vedere nella penombra i visi completamente bianchi dei quattro ragazzi.
Erano quattro, si. Due ragazzi e due ragazze.
Marco Vartels, tedesco, biondo, 23 anni. Giovane studente al college, compagno di stanza di Herr Sturm, tedesco anche lui, 22 anni, bruno, di media altezza.
Carla Jacobi fu la prima a urlare di paura. Era bionda, media altezza, magra. Era una delle ragazze più belle dello stesso college Alpha, frequentato dai quattro occupanti dell'automobile.
Anna Muller era l'altra, entrambe le ragazze erano sedute sui sedili posteriori. Anna aveva un corpo molto simile a quello di Carla, ma aveva i capelli rossi, e gli occhi verdi. Tutte e due avevano 20 anni.
Vacanze di natale. quindici giorni di libertà per una tranquilla escursione in finlandia. Pochi giorni cammino ed erano lì, poco fuori dal confine della germania.
Un paio di settimane prima Marco si era informato di questa curiosa locazione nelle foreste finlandesi. Un posto fresco, tranquillo, dove i quattro avrebbero dovuto trascorrere una normale e rilassante vacanza.
Ma una terribile verità era celata dietro.
La gente del posto lo chiamava il bosco proibito, per altri era solo una zona che però a causa degli alberi talmente fitti non lasciava passare la luce del sole.
Altri ancora dicevano che non si potesse uscire una volta entrati.
Eppure, Marco pensò che era l'unico modo per andare velocemente dall'altro lato della foresta, senza dover fare un complesso giro. Avrebbero risparmiato circa 50 chilometri, e avrebbero anche visto questa famosa foresta.
Le infomazioni complete su quel posto erano piuttosto frammentate, anche perchè a quando dire era completamente disabitato. E i turisti, spaventati dalle varie leggende tramandate, si tenevano ben alla larga da lì.

I ragazzi però, entrarono direttamente nella foresta, senza pensare alle dicerie, senza pensare minimamente alla... morte.
La paura fa fare alle persone cose orribili. Provoca le peggiori allucinazioni al mondo, ogni forma può assurme infiniti significati, è la mente che plasma l'ambiente, non il contrario. La paura mette le persone contro di loro, provoca un odio infinito, provoca la distruzione di qualsiasi attività emotiva per l'unica ricerca della sopravvivenza.

Dopo i primi attimi di terrore, la porta dell' automobile si aprì lentamente. Uscirono prima Marco ed Herr, seguiti, dopo qualche incertezza, dalle due ragazze. Faceva davvero molto freddo, forse troppo freddo. La rozza erba impiantata nella terra sottostante si muoveva leggermente cullata dal vento che soffiava leggermente, provocando un debole e terrificante fruscio. Quel suono poteva in quel momento essere interpretato in mille modi diversi, l'unica cosa possibile da farse per non morire dall'interno era cercare di evitare di far arrivare quel suono al cervello.
I passi si facevano strada nel terreno, lasciando piccole e ben centrate impronte. La macchina era lì senza nessun segno evidente, per ora. Eppure era ferma, e qualsiasi tentativo di muoverla era vano.
Le previsioni, piuttosto ottimistiche, di Herr erano che i fari sarebbero durati almeno altre 5 ore. Presto però venne screditata da Marco che ridusse il tempo a nemmeno due ore e mezzo, dopo aver visto che i fari già si erano cominciati ad abbassare di intensità quando scesero dalla macchina.
Intorno era buio pesto, un buio così fitto che il nero sembrano muri invalicabili, e non spazi trasparenti in cui passare.
Non bisogna aver paura del buio, dicono tutti... Eppur bisogna vedere cosa c'è nel buio. Ma non puoi sapere se nel buio c'è qualcosa che non ci dovrebbe essere se non hai visto la stessa locazione alla luce del sole; e, in quella selva la luce del sole non entrava.
Non poteva essere un incubo, no, erano in macchina, non potevano addormentarsi, altrimenti se si fossero schiatati l'incubo sarebbe finito subito per tutti, capovolgendosi in un sogno orribile: la loro morte.
Era la pura realtà, e l'unica cosa possibile da fare era quella di accettarla, e trovare il modo di uscire da quel posto... anche se non sapevano ancora nemmeno come ci erano entrati.

Mentre guardavano nel vuoto, Marco ebbe uno scatto finendo direttamente sul cofano dell' auto. Si rialzo lentamente con gli occhi sbarrati, indicando di fronte a se. "Lo vedete? LO VEDETE?" urlando ma al tempo stesso parlando sottovoce.
Herr era girato verso dietro, a scrutare il nulla assoluto. Le uniche cose visibili erano le ruote posteriori dell' auto e qualcosa che si muoveva per terra.
Le ragazze erano terrificate abbracciate l'una all' altra.
Un rumore di pietre battute rietrava nell' orecchio di Herr. Lentamente si girò, osservando come punto fisso Marco seduto sul cofano con gli occhi aperti, anche se era ovvio che voleva fossero chiusi.
Dal bianco che era già in faccia, era diventato come un foglio bianco. Questa volta sobbalzò Herr, mentre una scia si muoveva nell' oscurità.
Scia luminosa, diretta, visibile.
Animali, si sforzò di pensare Herr. Non fu più tanto convinto quando un prurito gli si mostrò alla schiena. E un respiro sempre più affannoso gli gravava sul collo.
"Tutti dentro!" Urlo più forte che potè Herr. In uno scatto di velocità incredibile, erano di nuovo rannicchiati dentro l'auto, con gli occhi chiusi, e le porte sbarrate.

Cercarono di addormentarsi, forse per aspettare la mattina e la luce del giorno. Ma anche se passarono quasi trenta minuti, non servì a nulla.
Una serie di flash risvegliò dalla trance Marco. A vederlo, con la luce, sembrava che un velo nero gli stringesse la faccia. Eppure non sembrava muoversi o dimenarsi.
Gli altri erano immobili, terrificati, pietrificati.
Marco alzò gli occhi, fu la cosa più orrenda che avesse mai visto in vita sua. No, non urlò. Era completamente immobile, gli occhi aperti.
Solo dopo una decina di secondi gli occhi si chiusero, finalmente, finalmente riuscì a contrastare quei sadici occhi che tentavano di distruggerli la mente. Era buffo, loro erano aperti, ma la mente sembrava non comandarli; era annebbiata, convulsa dalla paura.

Eppure non era che l'inizio del giro di morte, verso una strada cieca, senza fine.

Marco cominciò a piangere dopo che chiuse gli occhi, le lacrime si facevano strada con fatica tra le serrate palpebre. Poco dopo anche Carla cominciò a piagere, coprendosi il viso con le mani.
Purtroppo, le uniche scelte erano di rimanere a soffocare nell' abitacolo, oppure di provare a scappare da quell' incubo.
Non tardò a manifestarsi la seconda scelta, dopo che anche Anna sentii uno strano respiro sul collo, che sembrava togliere aria al suo.
Herr spalancò la porta e si buttò fuori, trascinando subito dopo anche Anna e Carla.
Marco aprii lentamente la porta, e ne uscì cercando di non cadere.

Ancora fresco, ma non c'era tempo per esaminare bene la situazione. Si misero dalla parte da cui erano venuti, e cominciarono a correre il più velocemente possibile tenendosi per mano.
Dopo quasi dieci minuti di cammino, o forse anche venti, della luce non c'era ombra, o meglio c'era solo l'ombra di qualcosa, che camminava nel buio.
Erano due, tre, forse quattro, piccole fiammelle bianche che si muovevano come fluttuando.
Arrivavano da ogni angolo possibile, ed ogni volta che ti giravi ne vedevi sempre più.
I brividi cominciarono a crollare giù per il collo, mentre i quattro cercavano di non farsi sopraffare dall'incubo.
La mente doveva essere lucida, se avessero perso la ragione, gli sarebbe rimasto poco da vivere.

Era ormai completamente buio, la vita tra le tenebre si avvicinava.
Una cosa forse diversa dai soliti alberi neri e grigi, comparve davanti a loro. Era impossibile non notarlo, era bianco luccicante, di pietra, un enorme pozzo in mezzo al bosco.
Curioso, sembrava completamente abbandonato... Eppure era così splendente, come se fosse sempre stato pulito e lucidato.
Gli aloni nel buio erano scomparsi, anche se il ricordo era fortissimo. La paura che una di quelle potesse prenderli ed ucciderli gli rimbalzava sempre nella mente.
Era buio che più buio non si può. La sottile luce dell' accendino riusciva a malapena a far distinguere i volti dei quattro ragazzi.
Eppure, il pozzo risplendeva di luce propria. Era completamente bianco, molto bianco. Era davvero impossibile non soffermarsi a guardarlo.

Per avere paura non bisogna che accada per forza qualcosa di soprannaturale o che una bestia ti appaia davanti, anche un semplice evento può scatenare un panico incredibile.
I ragazzi avevano percorso parecchi metri, e non avevano mai girato o si erano voltati.
Ma la loro macchina, con i fari ancora accesi, era a una ventina di metri dal pozzo.
Si avvicinarono cautamente, era proprio la loro, bianca, senza benzina, con le ruote infossate a terra.

C'era poco tempo da perdere, dovevano trovare un modo per fare luce o sarebbero stati inghiottiti dall' oscurità.
"Dobbiamo portare con noi la batteria dell' auto" disse Anna. "Ma finirebbe comunque dopo poche ore, questi fari consumano troppa corrente..." ribattè Marco.
"Possiamo provare a collegarla alle torce elettriche che ci eravamo portati!" suggerì Herr, che fu subito risposto da Marco: "Infatti! Prendiamole, sicuramente dureranno un bel pò... dobbiamo collegarle tutte e quattro insieme, o si bruceranno..." - "La batteria fornisce un voltaggio troppo elevato" confermò Herr.
Il portabagagli si aprii piano, rivelando ai ragazzi il contenuto. Non c'era molto, erano le classiche provviste per chi fa una vacanza all' aperto: delle corde, quattro torce elettriche, poche provviste, delle bottiglie d'acqua e alcune scatole di fiammiferi e bombole di gas, insieme ad un altro paio di lanterne a gas.
"Collegando tutte e quattro le torce poi dobbiamo muoverci in gruppo..." disse Carla. "Ovvio... vorresti andare da sola?" disse scherzosamente Marco.

Si misero davanti alla macchina, e con la fioca luce della lampada a gas, riuscirono a collegare tutte e quattro le torce, che ora fornivano una potente luce per orientarsi.
"Prendete le due lanterne a gas e non usatele per nessun motivo, saranno unicamente il nostro rimedio di emergenza." ordinò Herr.
Il pozzo era lì, al centro della radura. Oltre, un fitto bosco in cui era impossibile vedere cosa vi era all' interno.
A destra, una sorta di palude, una palude oscura, non sembrava tanto profonda. Sicuramente c'era qualcosa dall' altra sponda della palude.
A sinistra del pozzo, molti metri di aria aperta e buia. Solo diversi metri più avanti, un cumulo di rocce.
Dietro la loro macchina, un altro fitto bosco, attraverso il quale non si vedeva quasi nulla.

"Cosa facciamo? Dove andiamo?" chiese disperatamente Anna. Il gruppo aveva ormai capito che era impossibile fuggire da quel bosco. Almeno era difficile fuggire in un modo così semplice, per ora.
Si avvicinarono lentamente al pozzo, scrutandolo questa volta molto attentamente.
Il pozzo era chiuso, apparentemente non si sentiva nulla all' interno. Ai quattro angoli c'erano delle piccole e strane infossature.
Erano circondate di metallo, sottili, con una ricopertura verde luminosa intorno. Sembravano degli incastri per qualcosa.
Quattro disegni, sopra queste infossature: un cerchio, un pentagramma, un quadrato ed infine una croce.
Il pozzo sembrava invece che avesse come una chiusura praticamente impossibile da aprire, qualsiasi tentativo era completamente vano.
Volevano sedersi lì attorno e piangere, aspettando che la morte arrivasse. Ma non volevano morire, non potevano perdere tempo.

Si divisero in due gruppi. Anna e Marco andarono verso la piana a sinistra del pozzo, Carla ed Herr provarono a guadare la palude a destra.
La rude erba della piana si muoveva al tempo del vento, mentre il liquido paludoso era calmo, piatto, pesante.
I quattro fecero qualche passo in direzioni opposte, quando realizzarono che solo uno dei due gruppi poteva portare la torcia. Dovevano trovare un modo, dopotutto.
Le quattro torce erano purtroppo indivisibili, se se ne staccava una, le altre si sarebbero bruciate. Fortunatamente, nella terra trovarono alcuni pezzi di legno, possibili da usare come torce. Grazie alle torce a gas, riuscirono ad accenderli, e essi avrebbero dovuto riuscire ad illuminare per almeno una mezz'ora, se non di più.
Le quattro torcie andarono ad Anna e Marco, mentre i bastoni incendiati a Carla ed Herr, che, dovendo guadare la palude, non potevano portare cose eccessivamente pesanti.
Mossero prima un piede, poi l'altro, e lentamente, camminavano in quella oscura palude al centro del bosco. Ed ancora, lentamente. La palude dopotutto non sembrava così grande, ma anzi, era come una grande pozzanghera.
I piedi scrisciavano sotto circa venti, o forse trenta, centimetri di melma.
Lentamente arrivarono verso la metà del percorso, camminando lentamente cercando di evitare possibili affossamenti.
A un certo punto Carla cominciò a dimensarsi, calciando con forza un qualcosa nell'acqua di palude... come se qualcuno la stesse attaccando.
Un qualcosa di viscido, lungo, simile a un serpente, le stava avvolgendo la caviglia... Carla poteva sentire il lento sfiorare della testa... che nuotava nell' acqua... Non poteva essere un normale animale, non poteva sopravvivere in quelle condizioni. D'improvviso ebbe uno strano giramento di testa, e cominciò a perdere l'equilibrio.
Herr si girò di scatto verso di lei, fortunatamente non guardò ancora alle sue caviglie.
Carla cadde all'indietro, finendo direttamente addosso a Herr, il quale emise un forte urlo appena capì cosa stava succedendo.
Dai piedi di Carla usciva un liquido rosso estremamente scuro... liquido di palude mischiato a... sangue.
La bestia, la piccola bestia l'aveva morsa.

Anna e Marco procedevano verso una caverna, una grande caverna. Più che altro appariva come un possibile complesso di gallerie, intricate e nascoste. Non si accorsero di cosa stava accadendo a Carla ed Herr.
Mancavano ormai pochi metri, la pianura era liscia e comoda da camminare, non sembravano esserci strane entità...
Marco ebbe un sussulto, per un attimo la sua faccia sembrò perdere qualsiasi colore esistente nel mondo.
Anna era di fronte a lui, poteva vedere cosa c'era dietro. Subito capì che c'era qualcosa che non andava, c'era qualcosa che non ci doveva essere, le cose non erano come dovevano apparire.
Strillò a Marco pregandogli di non girarsi...
Un urlo riecheggiò quella notte... Il primo vero urlo...

Herr cadde sfinito sulla sponda opposta alla palude, mentre Carla era stesa di fianco a lui, che l'aveva trascinata ancora svenuta alla fine della palude.
Stettero forse una decina di minuti stesi, quando finalmente Carla provò ad alzarsi.
Non era morta.
Ancora usciva un pò di sangue dalla ferita sulla caviglia; Herr prese un pezzo della sua giacca per bloccarla.
Infine, lentamente, si alzò, e aiutò anche Carla a mettersi in piedi.
La magione dinanzi a loro appariva grande, maestosa, come se fosse stata sempre abitata... Eppure, un velo spettrale sembrava ricadere su di essa.

  
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