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Autore: StefiArtic    04/01/2015    3 recensioni
Finalmente arriva il giorno che Stefany ha sempre atteso: quello in cui avrebbe iniziato a frequentare la "Pokémon's World Academy", una prestigiosa scuola in cui viene trasmessa e affinata l'arte di allevare, far combattere e addestrare quelle creature affascinanti quali sono i Pokémon.
É l'inizio di una grande avventura per la giovane Stefany. Nuovi incontri e amicizie la attendono e antiche leggende aspettano solo di essere svelate. Stefany si ritroverà coinvolta nelle più svariate situazioni, assieme ad un inquietante mistero.
Dal capitolo 1
"Notò una serie di sacchi dell'immondizia neri immersi in una pozza d'acqua, il lamento sembrava provenire tra quel pattume. Guardò meglio, [...] fino a quando non vide uno di quei sacchi neri vibrare vistosamente."
Dal capitolo 3
Stefany era emozionantissima, quasi paralizzata.
[...]
Uscì nel cortile con passo lento, come se quell'istante fosse irreale. Perché adesso aveva un Pokemon, e non poteva ancora crederci. Si sentiva come se avesse ricevuto il regalo più bello del mondo.
Genere: Avventura, Generale, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime, Videogioco
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Finalmente quel giorno era arrivato! 
Stefany si lanciò giù dal letto con un'energia incredibile, nonostante si fosse appena svegliata, per andare in bagno a prepararsi per il suo primissimo giorno di scuola alla prestigiosa scuola per nuovi allenatori di Pokémon "Pokémon's World Academy". 
Non stava più nella pelle, era da tutta l'estate che attendeva quel giorno e aveva già dovuto aspettare di compiere l'età minima di 15 anni per iscriversi. Da lì a poco, le avrebbero consegnato il suo primo Pokémon tutto suo, che avrebbe imparato ad allenare ed allevare, inoltre, avrebbe conosciuto persone nuove, appassionate, come lei, di Pokémon.
Stefany aveva sempre amato quelle misteriose creature, le piaceva da impazzire l'idea di catturarli e allenarli ma, soprattuto, voleva sapere tutto su di loro, infatti aveva la stanza piena di libri raffiguranti le più svariate specie di Pokemon. La nuova scuola sembrava il posto perfetto per lei e anche se non sapeva ancora tutto, era già a conoscenza del fatto che l'istituto offriva un Pokemon cosiddetto "starter", scelto in modo casuale tra quelli disponibili, ad ogni nuovo studente, il quale lo avrebbe accompagnato per tutti e cinque gli anni di corso. Era una scuola prestigiosa, che insegnava sia l'arte delle lotte Pokemon che le migliori tecniche di allevamento e cura, oltre a svariate materie teoriche.
E mentre Stefany si truccava per bene, cercava di immaginarsi nei modi più fantasiosi come sarebbe andata quella giornata tanto attesa. Più che altro, era impaziente di ricevere il suo primo Pokémon. Ne aveva visti tanti in giro per il suo paese, Olivinopoli, nelle aree circostanti, compresa la vicina città di Opalia, in cui aveva sede l'accademia, e nei libri. Persino la sua famiglia possedeva uno Skitty, ma Stefany non aveva mai avuto un pokemon tutto suo, e sentiva che quello sarebbe stato il più bel giorno della sua vita.
Finito il make-up, elaborato ma dai toni neutri, che metteva in risalto gli occhi color nocciola incorniciati da un paio di occhiali dalla forma squadrata e alla moda, Stefany andò a vestirsi con un paio di jeans e un cardigan blu scuro, a pettinarsi i capelli lisci e lunghi fino a metà schiena, di un colore castano chiaro, e a controllare un'ultima volta la sua borsa, dopodiché scese le scale, fece una colazione affrettata e diede un ultimo saluto ai suoi genitori, a sua sorella e a Skitty e, infine, uscì con passo affrettato. 
Diluviava e c'era un freddo pungente per essere solo Settembre, così Stefany fu costretta a sfoderare il suo ombrello. "Proprio oggi doveva esserci l'ira di Kyogre?!" Pensò frustrata. 



La pioggia era torrenziale e Stafany era costretta a procedere a rilento a causa dei giri che le toccava fare attorno alle pozzanghere per non bagnarsi le scarpe, ma nonostante ciò il suo umore non era cambiato. Era ancora felice e determinata a raggiungere l'accademia. 
Uscì dalla propria cittadina e, dopo aver attraversato il tragitto boschivo, giunse a Opalia, la quale sembrava più immensa del solito con quella nebbiolina causata dalla giornata uggiosa, inoltre, dal momento che erano appena le otto meno dieci del mattino, le strade erano ancora abbastanza deserte. Stefany conosceva già il percorso ed era passata innumerevoli volte davanti all'istituto, ammirando gli studenti che entravano e uscivano accompagnati da pokemon orgogliosi e dall'aria forte. Le sembrava un sogno, per lei, poter diventare anche una di loro. 
Ormai non mancava molto, era quasi arrivata. Stefany guardo l'orologio e si accorse che mancavano ancora cinque minuti, fu in quel momento che si rese conto della sua agitazione e decise di fermarsi un attimo per prendere fiato. 
Fu allora che qualcosa attirò l'attenzione di Stefany, verso un vincolo alla sua sinistra. All'inizio pensò ad uno scherzo della sua mente in fermento, ma poi lo sentì di nuovo, quel rumore. Tese nuovamente le orecchie e ne ebbe la conferma.
Era un lamento. 
Decise di farsi coraggio e si addentrò nella piccola via per scoprire cosa fosse. La curiosità era forte quanto la paura che fosse qualcosa di pericoloso, ma non si sarebbe mai perdonata per non aver aiutato qualcuno. 
Notò una serie di sacchi dell'immondizia neri immersi in una pozza d'acqua, il lamento sembrava provenire tra quel pattume. Guardò meglio, sempre più sbigottita dall'idea che stava avanzando dentro di sé, fino a quando non vide uno di quei sacchi neri vibrare vistosamente.
Scioccata, Stefany allungò la mano con esitazione, e solo allora si accorse che quello non era un sacchetto dell'immondizia.
Era un Pokémon.

*

Stefany ebbe un sussulto quando vide una testolina spuntare da quello che aveva scambiato per un sacco della spazzatura. Sembrava un quadrupede, completamente scuro e con un collo allungato. Non aveva mai visto prima un Pokemon simile, o forse era troppo sporco per essere identificato. Notò con orrore che una corda gli teneva legate le corte zampe.
Quel Pokémon stava visibilmente soffrendo.
Stefany lo toccò, ma il Pokémon non cambiò atteggiamento, forse aveva capito che lo voleva aiutare. La ragazza si accorse inorridita che il suo corpo era completamente gelato. 
Cosa avrebbe dovuto fare? Di certo non poteva andarsene facendo finta di nulla, ma al tempo stesso non poteva arrivare in ritardo, non sapeva nemmeno come aiutarlo. L'unica soluzione era portarlo con sé fino alla scuola: probabilmente lì avrebbero saputo fare qualcosa.
Tentò di sollevarlo, era abbastanza pesante per lei e il suo fisico magro, ma riuscì ugualmente a fare qualche decina di metro, prima di essere costretta a sedersi su una panchina al coperto. Quella creatura aveva smesso di muoversi e di gemere, perciò, dopo qualche secondo di pausa, riprese la sua marcia disperata. 
-Ehi!- Qualcuno gridò alle sue spalle. 
Stefany non si fermò nemmeno un attimo, ma si voltò per scoprire chi aveva parlato: era stato un ragazzo della sua età, dai capelli chiari e lisci. Sotto la tiepida luce di quella mattinata uggiosa, si potevano scorgere a malapena due occhi di un colore chiaro, ma era impossibile definire quale fosse la loro colorazione precisa. Aveva un'andatura particolare, frettolosa ma sicura.
-Sei in ritardo pure tu? Aspetta!- Esclamò cercando di raggiungere Stefany. 
Ma non appena vide il Pokémon, il ragazzo cambiò atteggiamento.
-Oh... Che diamine è successo? Il tuo Pokémon sta male?- Chiese preoccupato. 
-N-No...- Stefany gli spiegò cos'era accaduto, e lui assunse un'espressione cupa.
-Come si può fare una cose del genere ad un Pokémon? Dammi, lo porto io.- si offrì di aiutarla. Stefany gliene fu infinitamente grata.
In effetti, chi era stato capace di abbandonare e gettar via un povero Pokémon indifeso tra i rifiuti? Stefany provò sdegno per quella persona, chiunque fosse.
Finalmente, i due ragazzi raggiunsero la scuola. Stefany guardò l'orologio, erano in ritardo di qualche minuto e all'ingresso non c'era più nessuno. 
Si gettarono dentro, chiedendo aiuto a gran voce, sperando che fosse giunta la fine di quell'incubo. 


  
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