A Cecilia, con i migliori auguri (anche se un po' ritardatari :P)
Tutto l'amore che c'è
Il
famigliare odore di birra e pelle sdrucita dei sedili cullava un Sam
di dieci anni, raggomitolato com'era sui sedili posteriori
dell'Impala. La radio era spenta, i vetri erano appannati e Dean e
John parlavano della caccia da poco conclusa, parlavano di una nuova
città in cui trasferirsi, una nuova scuola da frequentare e
nuovi
amici (o una loro pallida eco) da ritrovare.
Ma prima – John
aveva detto – sarebbero stati per un po' dallo zio Bobby.
Gli
occhi di Sam era pesanti, l'oscillazione dell'arbre magique che ormai
non profumava più (aveva mai profumato, piuttosto?) e mezzo
scolorito a causa del tempo passato al sole lo ipnotizzava.
La
ruota anteriore destra dell'Impala prese una buca e i tre passeggeri
sussultarono – arbre magique compreso.
Con
un'imprecazione di
suo padre, Sam chiuse gli occhi.
*
C'era
odore di...
arrosto?
Arrosto
e mirtilli e...
Sam
si voltò, le
sopracciglia aggrottate e le labbra fini appena strette in una linea
retta.
Arrosto,
mirtilli e frutta secca. Odore dolciastro di
mandorle, forse.
Sam
proprio non capiva in che modo fosse
arrivato lì. Suo padre gli aveva detto di cercare quante
più
informazioni possibili su una di quelle dannate divinità
pagane e
ora invece era lì e...
«Ragazzi,
è pronto!»
La
voce era
quella di sua madre.
Scese
lungo la schiena di Sam con una
consapevolezza tanto mielosa da risultare stucchevole. Non vedeva il
viso di Mary, poiché nei suoi ricordi aveva solo l'immagine
piatta
di una fotografia; niente guance arrossate, niente maglione verde con
alcune renne ricamate sopra – come invece la sua mamma
portava in
quel momento. Eppure sapeva che quella donna che sorrideva – Sam
lo sapeva, che sorrideva
– era Mary.
Nell'angolo,
mentre
suo padre entrava nella stanza con un sorriso ampio (che Sam non
aveva mai visto prima, sul volto segnato dal tempo e dal dolore di
John) e con una teglia tra le mani, vi era anche un albero di Natale.
Enorme. Con le luci e le palline e le decorazioni ed un puntale
altissimo. Quasi quasi toccava il soffitto.
Sam
avvertì
distintamente la mascella spalancarsi davanti a quello spettacolo,
mentre portava il nasetto baciato da pallide lentiggini verso l'alto,
per vedere dal basso quell'abete luminoso dal suo metro e
cinquantuno.
Alle
sue spalle, di corsa, venne raggiunto da Dean.
Impose prepotente la sua presenza scompigliandogli i capelli folti e
un po' troppo lunghi, arruffandoglieli affettuosamente.
«Ehy,
Sammy! Muoviti, che quando viene lo zio Bobby scartiamo i
regali!»
Sam
sbatté confusamente le palpebre un paio di volte, la fronte
aggrottata. Stette in silenzio, ma seguì ugualmente Dean al
tavolino
riccamente imbandito.
Si
sedette su una delle sedie (che – ehy
– erano davvero alte!), quella di fronte a John. Al suo
fianco
c'era Dean e davanti a quest'ultimo era seduta Mary.
Tutti
e
quattro indossavano dei maglioni di lana, ricamati con motivi
natalizi: Mary aveva le renne, John dei fiocchi di neve, Dean delle
foglie di vischio e lui... fece scivolare lo sguardo sul suo
abbigliamento e notò delle paffute e rubiconde facce di
Santa Claus
che tappezzavano il suo torso.
E
mentre John ridacchiava e Mary
rimproverava bonariamente Dean perché quest'ultimo si stava
allungando sul tavolino per prendere del cibo quando ancora non tutti
avevano avuto la loro porzione di tacchino – sì,
l'odore di
arrosto che aveva sentito era tacchino -, Sam si ritrovò a
sorridere
tra sé, in direzione di quel ridicolo e
meraviglioso maglione
con Santa Claus ricamato sopra.
Il
cibo aveva un ottimo odore, l'atmosfera era piacevolmente tiepida e
sapeva di casa e quasi, in lontananza, Sam poteva sentire le tipiche
musichette del Natale – White Christmas, se si concentrava.
Ed
aveva la sua famiglia con sé. Papà, mamma e Dee.
L'Impala
era
chissà dove, parcheggiata fuori, magari sommersa dalla neve.
Non
aveva una pistola in tasca e Dean, al suo fianco, gli stava dando di
gomito mentre raccontava che Chad per Natale aveva ricevuto una
bicicletta nuova.
E
chi era Chad, proprio non gli interessava,
poiché Mary, le labbra piccole e graziose piegate in un
sorriso
delizioso, gli stava chiedendo “ti piace il tacchino,
amore?”. E
Sam, anche se ancora neanche aveva toccato il cibo, annuì
energicamente sotto la frangia troppo lunga, mentre la forchetta
affondava nella carne tenera e si portavano un boccone alle labbra.
Era
il più buon tacchino che avesse mai mangiato. E Sam non
parlava molto, ma ascoltava tutto: ascoltava e sospirava,
ringraziando delle frivole chiacchiere che animavano quel pasto
caldo. John parlava di un pezzo che proprio non riusciva a
rintracciare per riparare l'auto di Frank, Mary di come Sue avesse
sperimentato una nuova ricetta per cucinare l'anatra, Dean –
che
sotto il tavolino gli aveva stretto dolcemente una mano, facendo
imporporare teneramente le guance ancora paffute di Sam – del
fatto
che nel pomeriggio sarebbe andato a fare una gara a palle di neve nel
campo dietro casa con alcuni suoi amici.
Il
piccolo Winchester si
faceva cullare da quelle sensazioni, dalle luci, dalle risate. Dai
sorrisi che tutti si rivolgevano, dal chiacchiericcio che sovrastava
il tintinnare delle posate contro i piatti.
E
quando i piatti
erano stati svuotati, dopo una doppia porzione di tacchino di Dean,
era arrivato il momento dei dolci. Ci furono torrone, bastoncini di
zucchero, biscotti alla cannella, gelatine di frutta. E oh –
gli
omini di pan di zenzero! Sam ne fece una scorpacciata,
perché... non
li aveva mai assaggiati prima. Ma gli piacevano – gli
piacevano
dannatamente tanto.
E
quando le labbra furono troppo sporche di
zucchero e le mani appiccicose, Dean gli prese la manica e
cominciò
a tirare per farlo scendere dalla sedia.
«Papà,
mamma, ma...
quando arriva lo zio Bobby?! Io e Sam vogliamo aprire i
regali!»
Si
lamentò il suo fratellone, che, a quanto pareva, non era
stato messo
fuori combattimento neanche da quel pasto delizioso ed infinito.
Mary
cominciò a raccogliere le stoviglie per sparecchiare, ma
prima che potesse fare qualcos'altro, John la fermò e le
posò un
delicatissimo e tanto dolce bacio a fior di labbra. «Era
tutto
buonissimo, cara.» Le sussurrò, mentre lei gli
sorrideva luminosa e
ridacchiava un “ma che ruffiano!” che fece sbuffare
divertito
John.
Quest'ultimo
si avvicinò ai due figli – Dean ormai
spazientito, recalcitrante per poter scartare tutti i pacchetti che
lo aspettavano, e Sam del tutto incantato, imbambolato dal poter
toccare con mano l'autentica bellezza che i
suoi genitori
erano. L'amore che era vibrato, investendolo con la forza di un'onda,
anche solamente da un contatto così tenero e casto. Gli era
sembrato
di poter vedere due cordoni confondersi insieme in una treccia che
non avrebbe mai potuto spezzare nessuno.
Sam
aveva visto i suoi
genitori baciarsi. Sam aveva visto l'amore. E ne era rimasto
marchiato.
Neanche
il suono del campanello e la corsa eccitata e scoordinata di Dean
verso la porta poté riportarlo presente a se stesso. Dovette
scrollarsi di dosso il torpore che l'aveva invaso, prima di poter
passare lo sguardo prima sulla sua mamma, poi sul suo papà.
Solamente dopo averli osservati qualche istante si sentì in
grado di
voltarsi verso il nuovo arrivato, che teneva un grande pacchetto tra
le mani, tutto sgualcito e mal fatto.
Suo
fratello ronzava intorno
allo zio Bobby come una falena con la luce. Il volto di Dean era
contratto in una smorfia indagatrice, mentre scrutava impaziente il
pacco con attenzione, causando l'ilarità dell'uomo, che
ridacchiò:
«Peste, vedi di scansarti o ti calpesto. Vi do il buon Natale
e poi
ti lascio assalire il regalo, okay?»
Dean
arricciò il naso,
facendo increspare le lentiggini presenti sulla pelle chiara.
Mary
si avvicinò ai due e si sporse per baciare sulle guance
Bobby,
abbracciandolo nonostante l'ingombro del pacchetto: «Tanti
auguri,
Bobby, e grazie per essere venuto.» Gli sorrise dolcemente e
poi
prese a sospingere il figlio maggiore da una parte, ammonendolo:
«Dai
il buon Natale anche tu allo zio Bobby e fa' come dice, su.»
Lo
istruì, mentre gli lasciava una carezza sulla testa.
Sollecitato
dalla madre, Dean sospirò profondamente, ma alla fine si
tirò sulle
punte dei piedi e stampò un bacio sulla guancia villosa
dell'uomo,
borbottando un “buon Natale, zio Bobby” che fece
sorridere il
diretto interessato: «Buon Natale, Dean. Ora fammi andare da
tuo
padre e dal piccolo Sammy.»
Sam
era rimasto in disparte, vicino
a John. I due avevano assistito alla scena silenziosamente e quando
Bobby si avvicinò, papà Winchester gli sorrise
calorosamente,
dandogli un paio di pacche energiche sulla schiena: «Auguri,
vecchio
mio.»
L'uomo
ricambiò nel medesimo modo l'amico, e alla fine si
abbassò sulle ginocchia, all'altezza del più
piccolo.
«Buon
Natale, ometto.» Bobby gli scompigliò i capelli, e
Sam gli sorrise,
prima di parlare: «Grazie, zio Bobby. Anche a te. -
lanciò
tentennante un'occhiata al fratello, che scalpitava per il regalo, e
si schiarì la voce – non è che io e Dee
potremmo...» Indicò il
pacchetto.
Per
Sam, a dirla tutta, il regalo non era importante.
Per niente. Aveva, lì, un bellissimo Natale, fatto di
famiglia,
albero, e omini di pan di zenzero glassati. Aveva i suoi genitori che
si baciavano con amore, aveva Dean che gli scompigliava i capelli e
gli lasciava delle piccole carezze distratte quando nessuno li
guardava. Però a Dee importava del regalo. Dee era curioso.
Perciò
l'avrebbero scartato insieme.
Bobby
annuì e portò lui stesso il
pacchetto sotto l'albero. Nel momento in cui venne messo a terra, si
sentì un tenero guaito.
«ODDIO!»
Esclamò Dean, mentre prendeva
per la mano il minore e lo trascinava verso quel regalo –
probabilmente entrambi aveva quanto meno intuito cosa ci fosse
dentro.
«Fate
piano, mi raccomando.» Li avvertì John e Sam
annuì distrattamente, inginocchiandosi davanti all'albero
enorme con
sotto quello strano pacco.
A
quel punto non era possibile non
vedere i buchi che c'erano sulla parte superiore del pacchetto.
Dean
slacciò con delicatezza il grande fiocco rosso che teneva
insieme il
regalo e poi, con un gesto del mento ed un sorriso emozionato,
incitò
Sam a strappare la carta decorata con tante stelline e graziosi
abeti.
Sammy
infilò le dita piccole in mezzo alle pieghe
dell'incartamento, e piano piano aprì il pacco, rivelando
una
scatola. Dean l'aprì ed un tenero batuffolo bianco e nero
fece
capolino dall'interno di cartone, un fiocco dorato legato al collo a
mo' di collare.
I
fratelli avevano la bocca spalancata,
estasiati, inteneriti e--- oh mio
Dio, avevano un cane! Sam
adorava i cani, ma non gli era mai stato permesso di averne uno. Un
compagno fedele, che ti segue ovunque, che ti vuole bene, che ti sta
vicino. Che ti accoglie festoso in cambio di solamente una carezza.
Affetto in cambio di affetto – e anche quando l'affetto manca
da
parte dell'umano, un cane vorrà sempre bene a chi l'ha
adottato.
«Vi
piace? Si chiama Jake e ha quattro mesi. Aveva bisogno di una casa,
così ho chiesto ai vostri genitori e... eccolo
qui!»
Sam
era
rimasto immobile, gli occhi luminosi e la bocca spalancata. Dean
aveva posato una tenerissima carezza sulla testolina del cucciolo,
che annusava l'aria intorno a sé e mugolava piano. Il suo
fratellone, a dispetto della sua indole, si era acquietato
improvvisamente alla vista del nuovo arrivato in casa Winchester.
Il
silenzio improvviso della casa era a testimonianza della pace che
quell'esserino, solamente guaendo, era riuscito a portare con
sé.
«Sam?»
Nessuno
aveva parlato e neanche Sam si era
voltato.
«Sammy?»
Sam
aggrottò le sopracciglia: quel
sussurro direttamente in testa non sapeva da dove provenisse, ma il
cucciolo... il cucciolo mugugnava dolcemente e Sam allungò
una mano,
intenzionato a carezzarlo e a prendersi cura di lui.
«Sammy,
siamo arrivati.»
Come
Dean aveva sempre fatto con lui.
*
Sam
spalancò gli occhi all'improvviso e sopra di sé
trovò il volto di
Dean. Meno sereno di quello del sogno. Più consapevole e
adulto.
Si
portò a sedere di scatto e i suoi occhi incontrarono di
nuovo
l'arbre magique scolorito – l'unico abete nell'ambiente che
occupavano. Non enorme, non decorato, nessun profumo di arrosto o di
zenzero. L'odore era quello del dopobarba scadente di suo padre e di
pelle sdrucita.
«Sammy,
ehy... stavi piangendo?» Gli chiese
dolcemente Dean, attirando su di sé l'attenzione.
Passò un dito
sulla guancia pallida del minore, catturando l'umidità che
una
lacrima doveva avergli lasciata sulla pelle.
Sam
tirò su col
naso e osservò suo fratello, senza dire una parola.
Stava
piangendo. E avrebbe pianto ancora, se avesse potuto.
Scrollò
le
spalle e si diede una rapida occhiata intorno: era notte, ma il
profilo della casa fiocamente illuminato dalle luci giallognole che
si intravvedevano dalle finestre rendeva inconfondibile il luogo in
cui erano: dallo zio Bobby.
Oh,
sì, papà aveva detto che
avrebbero passato qualche giorno lì...
...ma
a proposito di
papà: dov'era?
«Dee...
dov'è papà?» Chiese Sam con voce
impastata dal sonno, dato che l'Impala era spenta e gli unici
passeggeri a bordo erano i ragazzi.
Aveva
sognato un Natale
perfetto. Un Natale con Mary e un cane e il suo Dee finalmente libero
di essere così ragazzino.
«E'
già a casa dello zio
Bobby. Io sono venuto a svegliarti e a portarti dentro, anche
perché,
sai... è mezzanotte. Questo significa che è
ufficialmente il giorno
di Natale.» Gli sussurrò piano, neanche fosse un
segreto. Neanche
quelle parole potessero sfuggire via dall'innocenza tipicamente
fanciullesca che animava tiepidamente gli occhi di Dean, per una
volta.
«Oh...
io non ho un regalo.» Ammise Sam, trattenendo di
nuovo le lacrime. Sentendo un vuoto enorme nel petto che risolse
nell'unico modo che sapeva l'avrebbe calmato: si gettò al
collo del
suo fratellone, cercando conforto in quella stretta. «Buon
Natale,
Dee. E scusami.» Soffiò flebile nell'incavo del
collo di Dean,
lasciandosi cullare il cuore dal suo profumo così
famigliare.
Dean
lo strinse forte a sé, stampandogli un bacio sulla guancia,
prima di
tentare di calmarlo: «Non ti scusare, non è un
problema! L'anno
scorso tu l'avevi per me, ma io non l'avevo per te, ricordi?
Quest'anno è il contrario, ma è bello lo stesso,
non trovi? Siamo
insieme, Sammy, è questo quello che è
importante.»
Sam
non
poté fare niente se non annuire, ringraziando ogni singola
stella
nel cielo per avere un fratello come Dean. Nella sfortuna di tutto
quanto, lui aveva il bene più prezioso.
L'amore
più grande.
Dean
lo scostò piano da sé e poi gli porse un
pacchettino
incartato alla meno peggio con una pagina di un fumetto.
Sam
lo
prese tra le mani, quasi timidamente, e lo scartò, imitando
i gesti
che poco prima aveva compiuto nel suo sogno. Tra le sue mani comparve
un pupazzo di un cagnolino, a chiazze bianche e nere.
Un
groppo
alla gola gli velò gli occhi di lacrime, prontamente
scacciate dalle
carezze febbrili di Dean, che si era accigliato all'istante,
preoccupato: «Sammy, ehy! Non ti piace? Pensavo ti sarebbe
piaciuto,
i cani ti sono sempre piaciuti--»
Sam
lo interruppe scuotendo la
testa e facendosi solleticare dalla frangia troppo lunga: «E'
bellissimo, Dean. Sarà di entrambi però, okay?
Quando non l'avrò
io l'avrai tu.»
Sam
gli porse il cagnolino e le loro mani
finirono per intrecciarsi, i palmi separati da quel piccolo regalo
che aveva riempito il cuore del minore di miele.
Dean
annuì e
sembrava sollevato. Si sporse con un piccolo sorriso e gli
baciò la
punta del naso.
«Buon
Natale, Sammy. Andiamo dentro, ora?»
Gli
chiese Dean, allontanandosi di nuovo dal fratellino.
Sam
fece un
cenno d'assenso col capo e si tirò su la cerniera della
giacca.
Forse,
in fondo, anche quel loro Natale senza tacchino e
biscotti, senza fiocchi e lucine, con tutto l'amore che c'era,
sarebbe stato bello.
Walking_Disaster's
corner:
OS
scritta per la challenge del Secret Santa del gruppo WCCS.
Un po' di ritardo, but— jingle bells, people, e buon 2015- ♥
WD