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Autore: Starishadow    05/01/2015    0 recensioni
Lucy era disposta a raccontare questa storia a chiunque avesse voglia di ascoltarla, nonostante il dolore che le causava, ma nessuno trovava il tempo, e fu così che la donna scelse di alzarsi, entrare in casa e prendere un foglio bianco ed una penna nera.
Se nessuno voleva più ascoltare, forse qualcuno avrebbe voluto leggere.

Prima classficata al contest "Letteratura: un’emozione per sempre" indetto da Corrienonfermarti sul forum di EFP
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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CAPITOLO 6
 
Ryan raggiunse la scuola con passo baldanzoso e un sorrisino sulle labbra, ma tutto il suo buon umore andò in fumo quando vide la polizia davanti all’ingresso che mostrava qualcosa ad ogni ragazzo che passava di lì. Cercò di fermare qualcuno per saperne di più, ma d’un tratto tutti sembravano avere una gran fretta di trovarsi da qualche altra parte.
Alla fine raggiunse l’ingresso:
«Ma che succede?!»
Un paio di ragazze erano in lacrime e corsero via, tranne una che lo guardò con rabbia:
«Ma come hai potuto?!» sbottò, per poi allontanarsi a sua volta.
“Come ho potuto cosa?” si chiese lui, sempre più confuso. Fu a quel punto che si sentì afferrare alle spalle e, voltando il viso, vide un agente dall’aria torva squadrarlo in silenzio.
«P-posso fare qualcosa per lei?»
«Sì» replicò quello ironicamente «sì, in effetti puoi: seguimi» con quello, lo strattonò fino alla volante, ignorando le sue richieste confuse.
Una volta raggiunta la centrale, si ritrovò in una stanza per gli interrogatori, con sbirri che lo osservavano da vicino, alcuni con espressione neutra, altri con un’aria irritata…
Ma che cosa stava succedendo?
«Perché sono qui?» chiese, guardando dal basso verso l’alto l’uomo che camminava davanti a lui, e sembrava sul punto di colpirlo.
«Perché sei qui? Perché sei qui? Fa pure finta di non sapere nulla!» sbottò il poliziotto, sbattendo le mani sul tavolo che li separava, Ryan tentò di allontanarsi e scivolò nella sedia, tentando di sottrarsi al suo sguardo furioso «Va bene ragazzino, se sei in vena di giocare, giochiamo: conosci la villa dei Captes?»
Il cuore di Ryan perse un colpo: ecco perché era lì! L’avevano visto quella notte!
«Io… sì ok ero lì stasera, è questo che volete sapere?»
Parole sbagliate, evidentemente, perché lo sbirro parve montare su tutte le furie, e un suo collega entrò nella stanza a sua volta e dovette intervenire.
«Non capisco perché sono qui… insomma, mica ho fatto male a nessuno o rubato qualcosa, stavamo solo parlando» mormorò il ragazzo, impaurito, mentre si torturava le mani bloccate dalle manette.
«Solo parlando? Non hai rubato nulla? Il nome Theodore Captes ti dice qualcosa?»
Ryan reagì come se gli avessero dato uno schiaffo.
Cosa c’entrava Theodore adesso?
 
«Lucy, Lucy devo parlarci! Lasciami!»
«Sta’ ferma Julie, hai una gamba rotta… e sei sotto shock»
Le due donne erano in una stanza d’ospedale, e Julie non aveva la benché minima intenzione di restare ferma nel lettino su cui era sdraiata con una gamba ingessata tenuta in alto grazie a dei cuscini.
Per essere saltata giù da quattro metri, se l’era cavata piuttosto bene con la frattura di una gamba, la slogatura di un polso e qualche graffio sul resto del corpo.
Per quanto riguardava i suoi genitori, entrambi erano stati liberati dalla polizia quando era arrivata, a terra, davanti a loro, erano stesi due corpi: il primo era quello di uno dei rapinatori, l’altro…
Julie si pietrificò mentre realizzava quello a cui ancora non aveva avuto modo (o il coraggio?) di pensare fino a quel momento.
«Juju?» la chiamò Lucy, preoccupata, mentre le posava una mano sulla spalla.
Gli occhi della ragazza erano fissi sul vuoto, e lentamente diventavano lucidi.
«Theodore» sussurrò.
Sebbene suo cugino le desse sui nervi metà delle volte, e sebbene avesse un pessimo carattere, e non avesse nascosto certo cosa desiderava da lei, erano pur sempre cresciuti insieme, lui le aveva insegnato a difendersi, aveva giocato con lei quando erano piccoli, si era preso le sue colpe per non farla finire in punizione… aveva creduto di odiarlo negli ultimi tempi, ma non avrebbe mai voluto vederlo morto.
«Mi dispiace, Julie…»
«È… è…» la ragazza continuò a singhiozzare «dov’è Ryan?» chiese d’un tratto «Non penseranno davvero che sia stato lui??»
Lucy sospirò, pentendosi di aver lasciato che Julie venisse a sapere dell’arresto del ragazzo:
«Le telecamere hanno ripreso solo lui»
«M-Ma Lucy, noi… noi sappiamo che non è stato lui! Posso spiegare perché era entrato! Ti prego, Lucy!» la ragazza le afferrò il braccio e lo strinse con tanta forza da farle male, i suoi occhi carichi di disperazione la imploravano «Ti prego, ti prego» pianse «non anche Ryan!»
Furono quelle parole che spinsero la donna ad annuire, si alzò e corse fuori dalla stanza.
Julie si coprì il viso con le mani, senza cercare di nascondere le sue lacrime e i suoi singhiozzi disperati. Prima qualcuno entrava in casa sua e torturava i suoi genitori, poi uccideva suo cugino e adesso la polizia, invece che cercare quel bastardo, andava a prendersela con Ryan…
Ma davvero il destino ce l’aveva con loro due, allora!
Alzando lo sguardo al cielo, Julie lasciò andare due parole in un sospiro, mentre le lacrime continuavano a rotolarle lungo il viso:
«Ti prego»
Continuò a ripeterlo nella sua mente mentre si sdraiava di nuovo, portandosi il braccio libero dalle flebo davanti agli occhi.
Quanto ci metteva Lucy? Dove avevano portato Ryan? La sua spiegazione sarebbe bastata?
Con quelle domande, Julie scivolò lentamente nell’oblio di un sonno opaco e privo di sogni.
 
«Julie… Julie svegliati»
Richiamata dalla voce familiare, Julie aprì gli occhi e trattenne il fiato, prima di sorridere:
«Ryan» mormorò, cercando di sollevarsi a sedere, lui la aiutò subito, stringendola delicatamente mentre la tirava su.
«Fa male?» chiese a bassa voce, con tono preoccupato, e le guance della ragazza si tinsero di rosso mentre lei scuoteva la testa e, per la prima volta in vita sua, si sentiva pienamente consapevole di come doveva apparire: arruffata, con una camicia da notte dell’ospedale, una gamba ingessata e gli occhi rossi e gonfi dal pianto… un impiastro completo.
Ryan le stava sorridendo, ma c’era qualcosa nei suoi occhi che la mise in allarme… avrebbe capito la preoccupazione e la paura, dopo quello che anche lui doveva aver passato, ma quella che vedeva era… tristezza.
«Cosa c’è che non va?» gli chiese, sfiorandogli una guancia, lui chiuse gli occhi e nascose il viso nel suo palmo, quasi esitasse a risponderle «Ryan?» incalzò.
Lui biascicò qualcosa, con le labbra sempre nascoste dalla mano di Julie, che la tolse e lo guardò confusa:
«Cosa?»
Un sospiro, poi un altro, e alla fine Ryan si decise a parlare, tenendo gli occhi bassi:
«Sono ancora in arresto, Julie»
Lei sussultò violentemente:
«Perché?!» sbottò «Lucy non ha spiegato la situazione??»
Un sorrisino amaro increspò le labbra del ragazzo:
«Oh sì, ed è stata anche molto persuasiva, ma a loro non basta. Pensano che io - dopo aver parlato con te - sia rimasto dentro casa e… e che sia stato io»
«Ma è una stronz…» Julie si trattenne a stento, ma il fuoco che lampeggiava nei suoi occhi e la smorfia che sfigurava il suo viso esprimeva tutta la sua rabbia «non conta nulla quello che diciamo?» chiese, guardandolo implorante, come se lui potesse fare qualcosa.
«Non ho un alibi» sospirò il ragazzo «i miei dormivano quando sono tornato, e gli erano già a casa loro… e poi, c’è il fatto che lui aveva ucciso Mik» tentò di tenere un tono neutro nel dirlo, ma il dolore dietro a quelle parole era evidente.
«E ora che facciamo?» mormorò Julie nascondendosi il viso dietro le mani, Ryan gliele prese e le allontanò delicatamente, rivolgendole un sorrisino esitante:
«Per ora sono qui» disse, facendolo suonare come una proposta, e la ragazza rimase a guardarlo per un momento, prima di azzerare la distanza fra i loro volti, premendo le sue labbra contro quelle del ragazzo e baciandolo, prima disperatamente, come se non ci fosse più tempo, poi più lentamente, come se esistessero solo loro e tutto il mondo fosse scomparso.
«Non lasciarmi» implorò lei, quando Ryan fece per tirarsi indietro, il ragazzo mise entrambe le mani sul viso di lei e tornò a baciarla, asciugando l’unica lacrima che le era sfuggita.
E fu in mezzo a quel bacio, fra quel continuo incontrarsi di labbra e lingua che ebbe un’idea.
   
 
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