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Autore: cartoonkeeper8    05/01/2015    5 recensioni
Da quando New York è stata conquistata non sono più lo stesso.
Genere: Angst, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Shredder/Shrell/ Oroku Saki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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*Angolino del castigo* Sciao! Sarò breve, spero che questa cosina vi piaccia... è dedicata a LaraPink777, in risposta al suo piccolo capolavoro. A presto!

Piuttosto che guardare il paesaggio all’esterno preferì concentrarsi sul riflesso dei propri occhi sul vetro della finestra. A quanto pare non le piaceva lo scenario di distruzione post-apocalittico. Invece io non potevo fare altro che vedere in quel paesaggio la promessa di una vendetta, di un riscatto: il mondo intero mi apparteneva. La donna continuò a fissare il vetro. Mi ignorava, convinta che io fossi rimasto con gli occhi chiusi, ma si sbagliava. Un ninja non si distrae mai. Ciò che vide mi riempì di gioia. Vide due pupille dilatate, in preda al panico. Immaginai cosa avesse pensato: doveva restare calma, non mostrarmi la sua paura. Certo, non sarebbe stato facile, con quella bella collana acquamarina che le avevo fatto indossare. Una promessa di morte o, perlomeno, di cambiamento. Potevo sentire il suo cuore battere velocemente, i respiri profondi che si imponeva per calmarsi. Ma non poteva sapere che era tutto inutile. Le avrei incusso timore fino alla fine di quella maledetta ora.

Quella donna prese un bel respiro e tornò a sedersi alla sua sedia, tolse il tappo della penna con la bocca e cominciò a prendere appunti. Aveva capito che odiavo aspettare.

-      - Molto interessante…

La giovane donna si sistemò gli occhiali sul naso, mentre valutava la situazione. Sospirò.

-      - Mi faccia capire meglio. Lei mi sta dicendo che aveva un amico…

-      - Era come un fratello, per me.

La donna sobbalzò lievemente, non riuscendo a evitare del tutto di mostrare le proprie sensazioni. Un sorriso percorse la mia faccia tirata. Amo vedere il terrore sul volto dei miei nemici, come dei miei adepti. Ma la professionalità di quella donna ebbe ancora una volta la meglio. Poco male. C’era ancora tempo.

-      - Bene… Ma in seguito, la donna che amavate entrambi ha scelto il suo amico.

-      - Lui me l’ha rubata!

-      - Si calmi, signor Saki. – il tono della donna era scosso da impercettibili brividi. Faceva bene ad avere paura di me. – Siamo qui solo per parlare. Dunque, dicevamo, lei per vendetta, ha attaccato il suo amico nella sua stessa casa, e ha involontariamente appiccato un incendio che ha causato la morte della donna. Ciò l’ha colpita molto, immagino.

-      - Tang Shen era mia… Lei è morta per colpa di Hamato Yoshi!

La donna poggiò la fronte tra indice e pollice. Non capivo cosa ci fosse di complicato. Anzi, era così palese! Era colpa di quel traditore di Yoshi. Era sempre stata colpa sua.

-      - D’accordo. Ha quindi rapito la figlia del suo amico, per crescerla nell’odio e nei confronti del suo vero padre… Ma non le ha mai mentito, vero?

-      - Le ho detto di essere suo padre per proteggerla. Su sua madre, sulla colpa di Yoshi, non le ho forse detto la verità? Inoltre l’ho allevata come la figlia che non ho mai avuto… io sono suo padre!

Karai. Ricordo ancora i primi allenamenti, tutte le soddisfazioni che mi hai dato. Figlia mia, che ti è successo?

-      - Uhm… - la donna continuava a prendere appunti, ma con la coda dell’occhio mi fissava. Ghignai. Mi teneva d’occhio. Eppure, se avessi deciso di attaccarla di sorpresa, neanche con i migliori riflessi sarebbe riuscita ad evitare le mie lame affilatissime. – Passiamo avanti. Quindici anni dopo, ha scoperto che il suo amico-nemico era ancora vivo, e che si nascondeva qui a New York. Perciò si è trasferito da Tokyo per portare a termine la sua vendetta. La figlia del signor Hamato…

-      - Karai. Mia figlia si chiama Karai.

Lei si schiarì la gola. Aveva capito di aver appena calpestato una mina. Aspettai. Prima o poi avrebbe dovuto alzare il piede.

     - Mi perdoni, sua figlia Karai. Quando sua figlia Karai ha scoperto le sue origini, le si è ribellata.

La cura che impiegava nello scegliere le parole era sconcertante. Decisi che non sarebbe saltata in aria. Non in quel momento.

-      - Dunque, usandola come esca, l’ha chiusa in una gabbia sospesa su una vasca di…ehm… mi perdoni, come ha detto che si chiama?

-      - Mutageno. È la stessa sostanza che ha al collo.

Strinsi gli occhi, gustandomi quel breve istante: la donna passò due dita sul collier di mutageno che le stringeva il collo come un cappio. Il nuovo mutageno al suo interno, procuratomi dai Kraang, mi aveva permesso di prendere possesso della città. Mi aveva reso l’uomo più potente della Terra. Ed era anche un utile strumento di persuasione. La collaborazione dei Kraang si rivelava sempre più interessante e vantaggiosa.

Come se nulla fosse, la donna riprese il colloquio.

-      - La ringrazio. Su una vasca di mutageno. Durante una colluttazione, lei ha tagliato la catena che teneva sospesa la gabbia, facendola precipitare nella vasca. Anche questo deve averla sconvolta molto.

-      - Amavo mia figlia. Maledetto Hamato Yoshi! È lui il responsabile delle mie sventure!

Il silenzio che seguì le mie parole mi infastidì. Perciò decisi di rendere il tutto più interessante.

-      - Ma ha avuto ciò che si meritava. Che possa marcire nei meandri più oscuri delle sue amate fogne. Ho ferito a morte il suo allievo prediletto, e ho mostrato ai suoi mostri la sconfitta del loro maestro. La città è mia, e nessuno osa ostacolarmi. Ho vinto! … Eppure, ora non provo più soddisfazione. Voglio tornare ad essere lo Shredder spietato di un tempo.

Mi alzai lentamente dal lettino. L’armatura gridò, digiuna di sangue da troppo tempo. Ma non l’avrei saziata oggi.

-      - È per questo che ho ordinato ai Kraang di non mutarla. I miei uomini mi hanno caldamente consigliato di parlare con del personale qualificato, e so che lei è una dei migliori psicologi nel suo settore. So che ha lavorato per molti anni con un bravissimo dottore.

Lentamente mi avvicinai alla sua scrivania, e presi posto sulla sedia di fronte a lei. Una minuscola goccia di sudore le imperlava la fronte. Mi inebriai del terrore che le stavo inoculando semplicemente con la mia presenza. Sorrisi nel notare che cercava di distogliere lo sguardo dal mio occhio offuscato. Il Kuro Kabuto poteva proteggerla dalla rovina del mio volto, ma non dalla patina di odio e veleno che rivestiva la mia vista.

-      - Si… ho lavorato col dottor O’ Neil.

-      - Dottoressa, sto aspettando una risposta.

Di solito, quando usavo quel tono con Bradford o Xever, ottenevo un inchino patetico, e delle parole balbettate. Quella donna mi stupì. Prese un bel respiro, e poi mi si rivolse a me, la voce sicura.

-      - Le interessa davvero la mia opinione? O vuole solo che le dica ciò che vuole sentirsi dire?

Trattenni una risata. Sarebbe stata una combattente eccezionale. Aveva grinta e coraggio che ai miei uomini mancavano.

-      - Dottoressa, ho seguito un consiglio dei miei uomini solo per un motivo. Sono stanco di sentire quei leccapiedi che mi elogiano. Voglio sentire qualcuno che dica ciò che pensa realmente di me. Perciò parli pure con serenità. Non la sfiorerò con un dito.

La vidi respirare profondamente. Poi si sistemò nuovamente gli occhiali sul naso e lesse i suoi appunti, il tono neutrale atto a nascondere ogni traccia di emozione dalla voce.

-      - Lei non accetta la sconfitta. Per questo prova questo odio bruciante nei confronti di Hamato Yoshi, e sempre per questo motivo nella sua folle e cieca corsa alla vendetta travolge e distrugge tutto ció che intralcia il suo cammino... anche se si tratta di persone a lei care. Ma di nuovo, non accetta la sconfitta, che lei sia responsabile o no, ha scelto come capro espiatorio il suo ex amico, e lo accusa di ogni evento negativo: della scelta di Tang Shen, della sua morte, della mutazione di Karai… Seppure, due volte su tre, la colpa sia sua. E il problema è che lei crede davvero in tutto ciò che dice. Complimenti, signor Saki, è riuscito a mentire benissimo perfino a se stesso.

Una nuova prospettiva. Finalmente. Le sorrisi.

-      - La ringrazio per il suo tempo, dottoressa. Arrivederci.

-      - Quindi… non si è irritato? Non mi farà niente?

-      - Non mi permetterei mai.  – le mostrai il telecomando che controllava la collana– Come puó ben vedere non ho mosso un dito. Addio.

Uscii da quella porta con nuovi pensieri in testa, mentre mi rigiravo tra le mani quel telecomando. Rahzar e Tigerclaw erano lì fuori ad aspettare, come avevo ordinato loro.

-      - Maestro, come è andata?

-      - È un’incompetente. Ma ha coraggio. È stato interessante.

-      - Perciò… non c’è bisogno di…

Quanta pena mi fa ogni volta quel mostro ossuto. Davanti a me guaisce come uno stupido cane randagio.

-      - No. Non ci sarà bisogno di ucciderla. Merita di piú.

Guardai il telecomando. Poi con un sorriso premetti il pulsante. Mi sentivo già molto meglio.

  
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