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Autore: Fay_8    05/01/2015    5 recensioni
«Gerard Arthur Way, vuoi accogliere Lindsey Ann Ballato, come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?» il sacerdote recitò il rito.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bob Bryar, Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way, Ray Toro | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Shut up and kiss me.

 
Mancavano due ore al mio “addio al celibato.” 
Mikey, mio fratello, Ray e Bob, i miei amici, avevano deciso di organizzare una serata per me, solo noi quattro, probabilmente in qualche locale a ubriacarci. 
Mia moglie, cioè la donna che sarebbe diventata mia moglie tra qualche giorno, Linds, aveva espressamente vietato spogliarelliste, “non è che non mi fido di te, non mi fido di quelle ragazze e dell’alcol che probabilmente berrai” così aveva giustificato il suo divieto ed io avevo chiesto ai ragazzi di rispettarla. Infondo non mi importava, per me sarei anche potuto restare a casa a vedere un film, ma i ragazzi avevano insistito per uscire e io non volevo rovinargli la festa, anche se la festa era per me, avevo lasciato che decidessero loro. Sentii il campanello e andai ad aprire la porta mentre sorseggiavo il mio caffè, erano le dieci di sera ma per me era sempre l’ora adatta per un caffè.
«Sei pronto?» mi domandò Mikey,
«Prendo la giacca e andiamo» risposi. 
Dopo aver posato la tazza nel lavastoviglie, andai all’ingresso e indossai la giacca prima di uscire insieme a mio fratello e chiudermi la porta alle spalle.
Entrammo nell’auto, Mikey era silenzioso e stranamente aveva un sorrisino stampato sulla faccia.
«Allora, dove stiamo andando?» chiesi, mio fratello ignorò completamente il suono della mia voce, «credo di avere il diritto di saperlo» insistetti.  
Mikey alzò gli occhi al cielo «è una sorpresa quindi non fare domande, sai che non sono capace di mantenere un segreto, quindi non fare domande ti prego, non voglio svelarti la tua sorpresa, i ragazzi mi hanno detto dove andare soltanto un’ora fa per paura che io te lo dicessi, inconsapevolmente s’intende. Quindi sta zitto, addormentati, gioca con il cellulare, ma non parlarmi perché non voglio rovinarti la sorpresa». 
«Okay… puoi darmi almeno un indizio» tentai di dissuaderlo da quel silenzio che si era imposto di mantenere, «Gerard!» mi rimproverò.
«Okay, okay, sto zitto» mi arresi, «ecco bravo, tanto manca poco, siamo quasi arrivati».
Passai il resto del “viaggio” a giocare ad Angry brids con il cellulare. 

Mikey accostò l’auto su una stradina, portò un braccio verso il retro dell’auto e tastò i sedili posteriori fino a trovare una sciarpa nera.
«Devo bendarti» mi comunicò, «sul serio?» chiesi. 
«Sul serio, è una sorpresa non puoi vedere dove andiamo e siamo quasi arrivati, se non ti bendo potresti vedere l’insegna del locale» mi spiegò il mio ingenuo fratellino,  «ti rendi conto che mi hai appena svelato che stiamo andando in un locale». 
Mikey emise un verso di frustrazione «lo sapevo, dovevo tenere la bocca chiusa- disse tra se e se, prima di rivolgersi a me- beh almeno non sai di che locale si tratta, quindi fa silenzio e lasciati bendare», mi lasciai bendare e poiché non potevo neanche più giocare ad Angry brids gli chiesi di alzare il volume della radio e di cercare una stazione radiofonica che mi piacesse. Ci impiegammo circa la durata di quattro canzoni di quattro minuti per arrivare a destinazione. Mikey scese dalla macchina e fu cosi gentile d’aiutare anche me a farlo, visto che ero momentaneamente privato della mia vista.

«Finalmente siete arrivati, mi si stava congelando il culo qua fuori» questo era Bob, 
«potevate entrare» disse Mikey,
«non volevo entrare prima dell’arrivo del festeggiato» riconobbi la voce di Ray e il suo braccio che mi avvolgeva le spalle
«sei pronto per il tuo addio al celibato?» mi chiese, 
«siamo qui per questo, no?» risposi, «bene, allora entriamo prima che io muoia dal freddo» disse Bob.
«Devo rimanere ancora bendato» chiesi mentre mi trascinavano, probabilmente verso l’entrata di questo locale, pensai, «appena siamo dentro ti liberiamo» mi comunicò Ray.

La prima cosa che percepii appena entrammo nel locale fu il cambio di temperatura, infatti sentii Bob esultare per l’aria calda che c’era in quel posto. La seconda cosa che percepii fu la musica, era musica dance, non esattamente il mio genere. La terza cosa che percepii fu l’odore di alcol e fumo. La mia analisi sensoriale terminò quando Mikey mi tolse la sciarpa, che era stata momentaneamente usata come benda per coprirmi gli occhi. Una volta che fui libero di constatare il territorio in cui mi trovavo con la mia vista, rimasi, effettivamente, sorpreso. 
«Ragazzi, Linds aveva detto niente strip club» li rimproverai, ma loro sorrisero.
«Quello che hai detto non è corretto, Linds ha detto niente spogliarelliste» disse Mikey, «e qui non ci sono spogliarelliste» continuò Ray, «infatti, qui ci sono soltanto spogliarellisti» concluse Bob. 
Risi del loro tentativo di raggirare le parole che aveva detto la mia futura moglie «credo che Linds intendesse entrambi i sessi», 
«andiamo Gerard! In ogni addio al celibato deve esserci uno spogliarello per il futuro sposo» disse Bob «è la regola di ogni addio al celibato» confermò mio fratello, «già» li sostenne Ray. «Okay, infondo perché dovrei infrangere la regola di ogni addio al celibato» i ragazzi mi sorrisero complici.

Eravamo seduti ad uno dei tavoli del locale mentre sul palco gli stripper si esibivano, devo ammettere che era divertente. Iniziammo ad ordinare molti più alcolici di quanti ne avrei potuti immaginare e il tavolo si riempì di bicchierini di vetro, che venivano naturalmente svuotati da noi. Cercai comunque di bere meno, infatti, quando i ragazzi proponevano l’ennesimo brindisi, invece di portarmi alle labbra un bicchiere pieno me ne portavo uno vuoto, tanto loro erano troppo ubriachi per rendersene conto.
L’eccitazione del festeggiamento stava scemando con il passare delle ore, il locare era ancora abbastanza pieno, i tavoli pieni erano quelli che si trovavano sotto il palco, mentre nel resto della sala erano rimasti dei tavoli vuoti, e poi c’era il nostro che si trovava in un angolo. Mikey stava facendo delle treccine a Ray, mentre quest’ultimo protestava borbottando parole incomprensibili. Bob osservava, con un sorrisino ebete sulla faccia, la cameriera andare da un tavolo all’altro per le ordinazioni. Appoggiai le spalle allo schienale della sedia e incrociai le braccia dietro la testa mentre portavo lo sguardo verso il palco. Un ragazzo stava ballando sul palco, aveva uno slip azzurro con una S rossa, come quella di superman, sopra la parte avanti e indossava un mantello rosso, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, fisico scolpito, il solito belloccio palestrato, non era decisamente il mio tipo.  
Il ragazzo che si esibì dopo, invece, non era un “tipo”, era semplicemente unico, almeno secondo me.
Portai le mani sopra le ginocchia tenendo le braccia tese, per sporgermi in avanti. Il ragazzo non era molto alto, questo non lo rendeva meno bello, anzi lo rendeva adorabile. Il suo modo di essere lo faceva risultare fuori posto, non solo per la sua altezza, che era diversa da quella degli altri ragazzi che si erano esibiti, ma anche per il suo fisico, i suoi addominali non erano delineati in modo scultoreo come quelli degli altri spogliarellisti, i suoi addominali erano solo accennati, naturalmente per me il suo fisico era perfetto così com’era. Indossava uno slip nero di pelle, mi chiesi come diavolo avesse fatto a metterseli, non doveva essere facile infilarsi una mutanda di pelle, poi spostai lo sguardo e notai che era abbinata con il mantello che portava, anch’esso di pelle nera. Dopo, la mia attenzione fu catturata dalla maschera di Batman che indossava, potevo notare le sue labbra, non molto grandi ma neanche troppo piccole, accidenti, erano perfette. La maschera mi permetteva anche di vedere i suoi occhi e lì mi ci soffermai per un bel po’, desiderai con tutto me stesso poter avvicinarmi e perdermi in quegli occhi che, anche se li stavo osservando da lontano, sembravano magici. Riportai lo sguardo sul suo corpo e mi soffermai sui tatuaggi che marchiavano la sua pelle, quel corpo era come una tela sui cui erano riportati dei disegni, quel corpo era come un’opera d’arte ed io amavo l’arte, oh se l’amavo.

«Mikey!» disse Ray facendomi voltare verso di loro.
Il mio caro fratellino aveva deciso di vomitare addosso all’afro che si era alzato di scatto dalla sedia «che schifo!».
Iniziai a ridere alla scena che mi si presentò davanti. Mikey era scivolato dalla sedia, era seduto sulle ginocchia e si era portato una mano a coprirsi la bocco, ma ormai il danno era fatto. Le gambe di Ray erano tutte sporche e sul viso aveva un’espressione abbastanza incazzata «aah che schifo!» ripete.
«Non è divertente» disse rivolgendosi a me,
«si che lo è» confermò Bob iniziando a ridere con me. Nonostante Ray fosse arrabbiato con Mikey, gli diede una mano per alzarsi da terra «non lo reggi proprio l’alcol eh?» mio fratello mugugnò qualcosa in risposta.
«
È meglio se lo porti a casa» disse Bob a Ray,
«io devo portarlo a casa?» disse contrario «comunque abbiamo bevuto tutti quindi nessuno di noi può guidare» aggiunse.
«Esistono i taxi, non so se lo sai ma sono delle auto che si mettono a tua disposizione per portarti ovunque tu voglia andare» fece sarcastico Bob, 
«può portarmi al Gran Burrone?» chiese serio Mikey, e a questo punto anche Ray si mise a ridere. «Chiedo alla cameriera di chiamarvi un taxi» Bob si alzò dalla sedia e si avvicinò al bancone.
Andai al bagno con Mikey e Ray per aiutarli a darsi una ripulita, per quanto possibile.  
Una volta ritornati nella sala vedemmo Bob flirtare con la cameriera, io guardai il palco e con mio grande dispiacere il ragazzo di prima non c’era più. Bob venne verso di noi, sedendosi di nuovo al tavolo, «Il taxi arriverà tra poco, ma io non vengo con voi, torno a casa con Katy» disse indicando con un cenno della testa la cameriera, facendoci intendere che quella era Katy.
«Oooh Bobby ha fatto colpo» ridacchio, Mikey, 
«non chiamarmi Bobby»
«ma sono ubriaco» si giustificò,
«questa non è una scusa per chiamarmi Bobby»
«okay, come vuoi, BOB» .
Ray rise mentre scioglieva le trecce che gli aveva “gentilmente” fatto Mikey.
«Non stiamo già per andarcene vero?» cantilenò mio fratello,
«si che ce ne stiamo andando, mi hai vomitato sui pantaloni» rispose Ray,
«è stato solo un incidente di percorso, mi dispiace»
«quale percorso?» chiese l’afro confuso,
«sssh- Mikey si portò un dito sulle labbra, in segno di fare silenzio- non importa, è una cosa che si dice quando si combina qualche guaio»
«sei consapevole di aver combinato un guaio allora, adoravo questi pantaloni»,
«te ne comprerò altri uguali, se mi lascerai piastrarti i capelli»
Ray alzò un sopracciglio «assolutamente no».
Io e Bob osservavamo in silenzio, quando Mikey si voltò verso di me.
«Gee non possiamo andarcene, devo ancora chiedere a uno degli spogliarellisti di farti uno spettacolino privato per il tuo addio al celibato»
«non importa e poi non volevo nessuno spettacolino privato» dissi.
«Secondo me uno spettacolino privato da Batman ti sarebbe piaciuto» disse Bob ridendo,
«cosa?» feci il finto tonto, ma avevo capito che si riferiva allo spogliarellista,
«ti ho visto mentre sbavavi per lui» cosa?! Pensai, io non stavo sbavando, l’avevo soltanto osservato con interesse, non credevo che qualcuno l’avesse notato, soltanto perché mi ero soffermato su di lui per più di cinque minuti, diversamente dagli altri ragazzi che avevo osservato per tre minuti, «stavo solo guardando», «e ti piaceva parecchio quello che vedevi» disse Ray.
«Non capisco, Gee, vuoi uno spogliarello fatto da Batman, non vorrei essere io a dirtelo ma è un personaggio immaginario, non posso chiedergli di fare uno spettacolino per te» mi disse Mikey, ed era convinto delle sue parole, sembrava anche dispiaciuto per non potermi dare quello che volevo, non che io volessi uno spettacolino privato da Batman… almeno non da quello dei fumetti.
«Ragazzi è arrivato il taxi» ci comunicò Katy, per poi rivolgere un sorrisetto a Bob e dopo andarsene. «Andiamo!» dissi, trascinandomi mio fratello dietro. Ray mi seguì e anche Bob, probabilmente per salutarci e poi rientrare e aspettare che il turno di lavoro di Katy finisse.
«Ray io posso sedermi sulla tua testa, scommetto che è comoda con tutti quei ricci» rise, Mikey,
«Gerard tu ti siedi al centro, tuo fratello mi spaventa e se deve vomitare almeno stavolta lo fa su di te» disse Ray prima di salutare Bob ed entrare nell’automobile. Stavo per entrare anch’io, ma mio fratello fu più veloce di me a distendersi sulla parte dei sedili posteriori che non era occupata da Ray.
«Puoi farmi spazio?» gli chiesi, aspettando che si spostasse, «ma così sto comodo» mi rispose. 
Bob mi fece segno di allontanarmi e si avvicinò alla portiera «voi andate, chiamo un altro taxi per Gerard» disse chiudendo lo sportello.
«Ma così dovrò aspettare ancora e poi lo sai che non mi piace andare nei taxi da solo» mi lamentai, «infatti non ti lascio andare in taxi» disse e dal sorriso furbo che aveva sul volto avrei già dovuto capire che aveva in mente qualcosa, «eh? che intendi?» chiesi, ingenuamente.
«Guarda lì» indicò qualcosa alle mie spalle così mi voltai, un ragazzo con un jeans, una felpa nera e delle converse rosse, stava caricando un borsone nel bagagliaio della sua auto, fin qui tutto normale, tranne per il fatto che questo ragazzo portava una maschera da Batman. Un sorriso si formò sulle mie labbra senza che me ne rendessi conto. «Io torno dentro, tu va da Batman», mi voltai di nuovo verso di lui, allarmato «cosa? No! Non posso andare lì» dissi indicando con il pollice della mano destra il ragazzo dietro di me. 
«Dai Gerard, sappiamo entrambi che muori dalla voglia di spassartela con quel ragazzo» rise, 
«io non voglio “spassarmela” -imitai il gesto delle virgolette- proprio con nessuno, tra qualche giorno devo sposarmi», 
«appunto, tra qualche giorno sarai bloccato con la stessa persona per il resto dei tuoi giorni, è meglio che tu prenda una bella boccata d’aria fresca prima di immergerti» ammiccò e mi diede una pacca sul braccio prima di posare le mani sulle mie spalle e voltarmi, spingendomi leggermente in avanti, precisamente in avanti verso Batman. «Buona fortuna» mi disse, neanche il tempo di voltarmi per dirgli che non potevo avvicinarmi a quel ragazzo che Bob era già rientrato nel locale, probabilmente per andare da Katy.
“Forza Gerard, devi solo parlarci, anche soltanto per sapere il suo nome, è semplice curiosità, non stai facendo niente di male” questo mi ripetevo nella mia testa mentre lentamente mi avvicinavo al ragazzo. Era di spalle, stava ancora sistemando qualcosa nel bagagliaio, così invece di cercare di richiamare la sua attenzione, restai dietro di lui a fissarlo e notai che il suo fondoschiena era fantastico anche fasciato dai jeans. Quando finalmente finì di fare ciò che stava facendo, per andare al lato dell’auto, si voltò «cazzo! -si posò una mano sul petto- amico non puoi comparire così, fa un po’ di rumore la prossima volta» sorrise e probabilmente avrei dovuto dire qualcosa ma rimasi zitto a guardarlo. «Tutto okay?» non risposi, «hey» mosse una mano davanti al mio visto  e sorrisi, «sei muto? Perché, mi dispiace, ma non conosco il linguaggio dei segni, almeno mi senti?» annuii con la testa, sarebbe stato giusto parlare a questo punto, ma onestamente non sapevo cosa dire. «Ah okay, quindi non puoi parlare ma mi senti, okay, sei qui da solo?» chiese, io annuii ancora, «quindi ti serve aiuto?» annuii, «e perché lo stai chiedendo a me, non hai paura che possa essere un serial killer?» feci cenno di “no” con la testa, poi indicai la sua faccia per poi disegnare un punto interrogativo immaginario con le dita, sperai che capisse che mi riferivo alla maschera di Batman. «Oh la maschera –rise- è per lavoro, non l’ho ancora tolta perché qui fuori fa freddo e la maschera evita che mi si congeli il naso, una volta entrato in macchina l’avrei tolta» spiegò e io sorrisi imitando un “ok” con la mano. «Come posso aiutarti?», indicai la macchina, «vuoi la mia macchina» scossi la testa, «scherzavo, ho capito che vuoi un passaggio, ma dove devo portarti?» alzai le spalle in risposta. «Okay» mi guardò diritto negli occhi, fece vagare lo sguardo da me all’auto, poi sospirò e guardò di nuovo me «va bene» disse. Si avvicinò allo sportello della porta e lo aprì «prego» disse facendomi segno di entrare, la cosa giusta da fare sarebbe stata rientrare nel locale e chiamare un taxi. invece entrai in quell’auto. Il ragazzo entrò poco dopo di me, accese il motore e si mise sulla strada. 
Stavamo in silenzio, c’era lo stero ma non mi sentivo in diritto di allungare la mano e accenderlo, quindi non lo feci, ma ci pensò lui e rimasi piacevolmente sorpreso quando notai che era impostato sulla frequenza radiofonica di “Virgin radio.”
«Allora –rise- fingerai di essere muto per molto o mi dici il tuo nome?», la mia testa scattò verso di lui, mi sentii uno stupido in quel momento. 
«Mi chiamo Gerard» dissi, «beh, Gerard sappi che ho finto di stare al tuo giochino soltanto perché mi piaci» le sue dita tamburellarono sul volante, come se fosse nervoso, «comunque, io sono Frank». Frank. Memorizzai quel nome all’istante senza sapere che mi avrebbe perseguitato per sempre.  «Non ti sei ancora tolto la maschera, Frank» morivo dalla voglia di pronunciare quel nome e morivo dalla voglia di vedere il suo volto senza quel travestimento. 
«La tolgo se mi dici perché fingevi di essere muto»,
«io non volevo fingere di essere muto, sei tu che l’hai pensato» mi giustificai, 
«non parlavi, potevi anche rispondere di no quando te l’ho chiesto» disse ovvio,
«Così è stato più divertente» dissi.
«Okay, comunque adesso che il mistero è stato svelato, mi dici perché i tuoi amici ti hanno lasciato da solo e non dirmi che eri da solo perché vi ho visti nel locale» mi  aveva visto e io non me ne ero neanche accorto. «Il taxi era troppo piccolo, così io sono rimasto fuori»
«Perché sei venuto da me invece di chiamare un altro taxi?»
«perché i tassisti mi inquietano dopo aver visto l’episodio di Sherlock “Uno studio in rosa” » dissi senza pensare che magari lui non avrebbe capito a cosa mi stavo riferendo, anche se la sua risata che seguì le mie parole mi fece pensare che invece sapeva di cosa stavo parlando. «Ah perché, giustamente, chiedere un passaggio a un tizio che non conosci è molto più sicuro», pensai che aveva ragione, il mio ragionamento non faceva una piega, non sapevo neanche dove mi stesse portando, ma non mi importava molto perché ogni minuto che passava mi convincevo sempre di più di aver fatto la cosa giusta, anche se con l’aiuto di Bob era stata mia l’idea di avvicinarmi sul serio al ragazzo. «Non hai la faccia da serial killer» dissi, «hai ragione ho la faccia da Batman visto che ancora non sai com’è fatto il mio volto» disse e anche questa volta aveva ragione. 
«Ho visto i tuoi occhi mi basta» dissi e solo in un secondo momento mi resi conto di quello che avevo detto, lui rise, probabilmente di me, e io arrossii. 
«Dopo avermi fatto questa specie di complimento meriti un premio» pensai a tremila cose che mi sarebbero piaciute ricevere da lui come premio ma nonostante questo, quando accostò la macchina lungo la strada, che era deserta, una leggera ansia s’impossessò di me, infondo non sapevo niente di quel ragazzo magari era pronto a farmi in tanti piccoli pezzettini e mettermi nel bagagliaio per poi portarmi a casa e mangiarmi in stile Hannibal Lecter. Quando ci fermammo non spense la macchina, si voltò leggermente verso di me «spero che tu non abbia grosse aspettative perché sotto questa maschera ho un volto normalissimo come il resto delle altre persone» avvicinò una mano al retro della sua testa e sfilò la maschera, con l’altra mano si sistemò il ciuffo che era l’unica parte un po’ più lunga dei suoi capelli. Mi guardò diritto negli occhi e abbozzò un mezzo sorriso, alzò un angolo della bocca e dopo sentendosi in imbarazzo perché lo fissavo, pensai, si morse leggermente il labbro. «Allora, ti piaccio?» domandò con una sfrontatezza che non gli si addiceva proprio in quel momento, io annuii sorridendo e abbassai lo sguardo sulla sua bocca che da vicino erano ancora più bella. Portò due dita e il pollice al mio mento per alzarmi il viso, che si era leggermente abbassato per osservare le sue labbra, «non ti hanno insegnato che bisogna guardarle negli occhi le persone, se mi fissi le labbra potrei pensare che hai voglia di baciarmi», 
«mi hanno anche insegnato a non salire sulle auto di persone che non conosco, eppure sono qui, non sempre rispetto gli insegnamenti» dissi, sorprendendomi io stesso della mia risposta, «neanche io rispetto sempre gli insegnamenti, a me hanno detto di non baciare gli sconosciuti eppure sto per baciare te».
Non ebbi il tempo di metabolizzare le sue parole che le sue labbra erano già sulle mie. Portò la sua mano sulla mia guancia e pensai che era dannatamente dolce. Avete presente quando entrate in un negozio di caramelle e siete investiti da un’ondata di allegria a causa di tutti quei colori vivaci e quel profumo di zucchero proveniente dalle caramelle. Bene, baciare Frank era come entrare in un negozio di caramelle per me. Le sue labbra erano morbide e calde, tremendamente calde, già le adoravo. La mia voglia di approfondire quel semplice bacio, che era solo un’unione tra le mie labbra e le sue, era un’ovvia conseguenza di quel primo contatto, ma lui si allontanò prima che io potessi schiudere le labbra.
«Scusa, di solito non sono così sfacciato e solo che tu mi stavi praticamente pregando di farlo dal primo momento in cui mi hai guardato e io non ho resistito… ti prego dimmi che non me lo sono immaginato perché-» non lo lasciai terminare e riportai la mia bocca sulla sua, perché si, dopo neanche quattro secondi ne sentivo già la mancanza. Restò immobile, forse perché non si aspettava il mio gesto, così fui io a portare le mie mani sul suo viso incorniciandogli il volto. Dischiusi le labbra senza aspettare neanche due secondi questa volta e appena lui avvertì il mio respiro sulla sua bocca parve risvegliarsi. Portò le sue mani sui mie fianchi e sussultai per la sorpresa, non mi aspettavo quel gesto, ma non mi lamentai. Dischiuse le labbra anche lui e mi accarezzò il labbro inferiore con la sua lingua, ed esattamente come una caramella, sapeva di zucchero o forse ero io che lo stavo immaginando, ormai ero completamente su un altro pianeta. Quando le nostre lingue si sfiorarono e si intrecciarono in un dolce abbraccio, potei definitivamente dire addio alla mia sanità mentale, probabilmente se non fossi stato seduto, sarei caduto perché le gambe mi iniziarono a tremare per l’eccitazione. 
Arrivò un momento in cui ci allontanammo entrambi, nello stesso momento, come se avessimo paura di non riuscire più a fermarci. Lo guardai e subito dopo abbassai lo sguardo perché, dopo il bacio, sostenere il suo sguardo era troppo per me. Lui si voltò di nuovo verso il volante e seguendo lui, mi misi diritto di nuovo anche io. Ritornò in strada e sperai con tutto me stesso che dicesse qualcosa, perché io di certo non sarei stato il primo a parlare.

«Allora, siccome per stasera sono il tuo tassista personale, dove devo portarti?» esultai internamente, finalmente aveva detto qualcosa anche se non era quello che mi aspettavo.
«Io… non lo so» dissi stupidamente, perché avevo pensato che lui mi stesse già portando da qualche parte, mi sentii un’idiota per averlo pensato.
«Ce l’hai una casa?» chiese, fu quasi un sussurro ma io lo sentii lo stesso, «si» risposi.
«Non vuoi che ti ci porti?» nel tono in cui me lo chiese avvertii un po’ di speranza come se aspettasse che io dicessi di no, così mi feci coraggio e risposi «no», lui sorrise, pensai che adoravo tutti quei sorrisi che stava facendo a causa mia, anche se mi facevano arrossire come una ragazzina alla sua prima cotta, perché si, ormai ero sicuro di avere una grossa cotta per il ragazzo mascherato da Batman.
«Bene» dopo di questo non parlò per il resto del viaggio ed io ero troppo imbarazzato per dire qualcosa, aspettai con pazienza di arrivare ovunque lui mi stesse portando.

Il luogo in cui mi portò non era esattamente il posto che mi aspettavo, non che io mi aspettassi qualcosa, ma il fatto che potesse portarmi al cimitero non aveva neanche sfiorato la mia mente. 
Spense il motore della macchina, dopo averla parcheggiata al lato di una strada secondaria.
«Allora, non scendi?» mi disse mentre lui era già fuori dall’auto, così uscii anch’io. Il primo contatto dell’aria fresca con la mia pelle mi fece rabbrividire, o forse sentii i brividi a causa dell’intera situazione, ero in una strada deserta che portava all’entrata del cimitero con un ragazzo che fondamentalmente non conoscevo. «Sei agitato?» chiese avvicinandosi a me, «no» mentii, lui sorrise ancora.
Mi porse la mano, io la guardai e deglutii prima di poggiarci la mia sopra, una volta unite, lui le abbassò e fece intrecciare le mie dita alle sue, sembrava un contatto così intimo per due persone che si erano appena conosciute, nonostante ci fossimo già baciati, per me un bacio era molto meno intimo, un bacio poteva essere causato anche soltanto dall’attrazione, invece un intreccio di mani era causato dal sentimento, e questo mi spaventava molto di più, l’attrazione era gestibile, i sentimenti no.
«Andiamo» mi trascinò lentamente lungo la strada per arrivare all’entrata, camminando notai che c’erano anche altre macchine parcheggiate. 
«Ti piace il cinema?»
«certo che mi piace il cinema» dissi ovvio, a chi non piaceva il cinema? Era una domanda insensata secondo me, ma di sicuro me l’aveva chiesto per rompere il silenzio o per farmi capire dove stessimo andando. «Stasera hanno organizzato il cinema all’aperto qui, spero che ti piaccia Colazione da Tiffany» mi sarebbe piaciuto qualunque film pur di passare altro tempo con lui, ma non glielo dissi, non l’avrei mai fatto, e comunque io adoravo Colazione da Tiffany. Girai il volto verso di lui, «mi piace» ammisi.
«Colazione da Tiffany?» che domanda era quella, pensai, gli avevo appena detto che mi piaceva, ero confuso e lui lo capì dalla mia espressione, «ti sei girato verso di me e poi hai detto mi piace, quindi non ho capito se ti piaccio io o il film» spiegò, «entrambi» dissi arrossendo.
Una volta entrati nel cimitero, Frank pagò i biglietti e io non obbiettai visto che non avevo con me il portafoglio. 
Vidi delle coppiette comodamente sedute sopra delle coperte, c'erano delle famiglie, poche, e c’erano anche dei gruppi formati unicamente da ragazze. 
«Per te va bene se ci sediamo qui?» chiese Frank indicando un punto accanto alla lapide di “Geronimo Stewart”, acconsentii e lui stese una coperta rosso scuro per farci sedere, anche perché non mi sarei mai seduto sul terreno umido che probabilmente avrebbe sporcato i miei jeans. Una volta seduto mi portai le gambe al petto e le circondai con le braccia mettendoci il mento sopra. Frank diversamente da me, stese le gambe sulla coperta e portò le braccia all’indietro con i palmi delle mani aperti per sorreggersi, mi venne voglia di appoggiarmi alla sua spalla, ma non lo feci.
Il film iniziò e dopo venti minuti in cui avevamo prestato attenzione allo schermo, il mio interesse passò su Frank che iniziò a parlarmi.
Scoprii che Frank viveva per la musica o almeno così mi disse, adorava la musica e anch’io, ma da quella sera più della musica stessa adorai Frank che ne parlava, mentre lo faceva i suoi occhi brillavano e si capiva che ci teneva molto. Oltre a fare lo spogliarellista faceva parte di una band, sconosciuta ma pur sempre una band. Aveva ventidue anni, quattro anni meno di me. 
Frank era adorabile, era in grado di essere sfacciato ed imbarazzarsi subito dopo, lo ammirai quella sera. Osservare Frank mentre parlava era bellissimo, gesticolava, spesso incrociava le dita, si toccava i capelli, il naso. Adorabile era tutto ciò che riuscivo a pensare in quel momento. Parlare con Frank mi piaceva, molto, più di quanto avrei potuto immaginare.
Quando mi chiese di parlare di me, beh… gli dissi la verità, solo omettendo delle parti, come Linds o il mio imminente matrimonio. 
«Sarò il primo a comprare il tuo fumetto quando lo pubblicheranno»
«Per il momento nessuno è interessato a pubblicare quello che esce dalla mia testa» dissi.
«Questione di tempo, sono sicuro che un giorno mi ritroverò a fare la fila per farmi autografare qualcosa da te» mi disse, prendendo un pop corn dalla busta che aveva comprato dal venditore ambulante.
«No, ti noterei e ti farei passare avanti alla fila» lui scosse la testa  «sono troppo basso non mi noteresti» affermò e io abbassai un poco la testa per non fargli notare che stavo ridendo perché aveva ragione, era basso, avrei voluto dirgli che non importava perché ormai io l’avrei notato anche tra una folla di ottomila persone, ma non lo dissi. Non gli dissi che per la prima volta stavo rimpiangendo il fatto di aver scelto di sposare Linds, di avere già un futuro ad aspettarmi e di non avere tempo per conoscere Frank come avrei voluto. Non avevo tempo per innamorarmi di lui, anzi lui non sarebbe proprio dovuto esserci. Ero sicuro di quello che provavo per la mia futura moglie, ma ogni mia sicurezza vacillò e andò a farsi fottere nel momento esatto in cui Frank, vedendo che ero perso nei miei pensieri, si avvicinò e mi sfiorò il viso con una mano lasciandomi una carezza sulla guancia prima di far scorrere quella mano sul mio collo, mentre continuava a far diminuire la distanza tra di noi. Impercettibilmente mi avvicinai anche io e il sorriso complice che ci rivolgemmo mi fece capire che non c’era bisogno di parole in quel momento. 
Dicono che un bacio può farti sentire qualunque cosa. Un bacio può farti sentire vivo, può distruggerti, può piacerti o disgustarti, può spaventarti o farti sentire al sicuro, a casa. Bene. Se me l’avessero chiesto, avrei detto che i baci di Frank erano beatitudine, passione, calore, dolcezza, magia.
Nessun film proiettato sullo schermo, nessun gruppo di ragazze che chiacchieravano o coppiette distese sulle coperte accanto alla nostra, tutto era scomparso mentre le nostre lingue si coccolavano o viziavano, mentre giocavano dispettose o con dolcezza. Tutto ciò che mi importava in quel momento era Frank e realizzai che lo volevo. Volevo Frank completamente, non importava se soltanto per una volta. Lo desideravo ardentemente.
Le mie mani finirono sui fianchi di Frank e le sue tra i mie capelli, più passava il tempo e più i nostri corpi si avvicinarono. Iniziai a stendermi con le spalle sulla coperta portandomi Frank sopra. Le sue mani si posarono sul mio petto mentre mi lasciava un bacio sull’angolo della bocca. Non resistendo abbassai le mie mani fino a trovare il bordo della sua felpa, appena le mie dita vennero a contatto con la sua pelle, lui sussultò e mi morse il labbro, facendomi percepire le sue labbra che sorridevano. Riportai le mia bocca dischiusa sulla sua e le nostre lingue furono più che felici di riunirsi.
Frank sposto le mani e le mise al lato della mia testa per darsi sostegno e allontanare i nostri visi, senza però muovere il resto del suo copro. Mi guardò e arrossì, pensai di voler baciare quelle guance, ma in realtà tutto in lui mi faceva venir voglia di baciarlo.
«Gerard, ti… ti va-» non lo feci finire «si» qualunque cosa fosse, si. 
Lui sorrise, io lo baciai.
Si alzò e poi aiuto anche me a farlo. 
Lungo la strada per ritornare alla macchina, rischiai di cadere più volte non riuscendo a mantenere l’equilibrio, visto che camminai praticamente abbracciato a lui,. Un volta arrivati all’auto, Frank mi spinse contro la fiancata, davanti allo sportello dei sedili posteriori. Infilò le mani sotto la mia maglia e dopo avermi baciato le labbra, lasciò una scia di teneri e dolci baci per tutto il mio collo, si soffermo su un punto e il mio autocontrollo (se mai l’avevo avuto) si spense.
Tastando la portiera trovai la maniglia e l’aprii per poi cadere all’indietro sui sedili. Frank emise un “eh” sentendosi mancare la mia pelle sotto le sue mani, mi guardò e sorrise prima di chinarsi su di me e chiudersi la portiera alle spalle. Sfiorò i miei fianchi, mi tolsi il giubbino e dopo lui mi sfilò la maglietta. Osservò il mio petto poi lo accarezzò. Iniziò a baciarmi la clavicola, in seguito il centro del petto poi sempre più in basso, fu in quel momento che iniziai ad ansimare.
«Frank» alzò la testa per guardarmi e si avvicinò per baciarmi, ne approfittai per togliergli la felpa e la canottiera. Alzai il busto mantenendo una certa distanza da lui, per ammirare i suoi tatuaggi, perché vederli da vicino era tutta un’altra cosa. Poggiò le mani sui miei fianchi senza spingermi verso di lui, probabilmente perché aveva capito che mi stavo prendendo il mio tempo per osservarlo.
Tracciai con le dita i disegni che aveva sul braccio sinistro, poi il destro, dopo sfiorai quelli che aveva sul petto, poi sul basso ventre dove c’erano due colombe, una portava un aureola e l’altra delle corna da diavolo, sorrisi. Lo spinsi verso il finestrino, fu obbligato a poggiarci la schiena. Stese le gambe e io mi ci sedetti sopra tenendo le mie gambe ai lati delle sue cosce. Mi avvicinò a lui per baciarmi, niente dolcezza stavolta, lo schiocco delle nostre lingue rimbombo per l’auto, era un bacio osceno, pura passione, lo adorai. Feci quello che lui aveva fatto con me, gli baciai il collo, leccai con la punta della lingua il contorno del tatuaggio dello scorpione che aveva in quel punto e lui ansimò direttamente nel mio orecchio, rabbrividii. Gli baciai il petto senza soffermarmici molto, volevo arrivare più giù. Lambii quelle colombe, gli morsi il fianco e lui sussulto. Afferrò la mia testa intrecciando la sua mano destra con i miei capelli per alzare il mio volto e far scontrare le nostre labbra, dopo lasciò la presa sulla mia testa e mi circondò i fianchi con le braccia, le mie mani erano ancora ferme ai lati di quelle colombe mentre con i pollici le accarezzavo. Mi toccò il fondo schiena e dopo mi sollevo leggermente per portarmi più vicino a lui, questo fece venire a contatto le nostre eccitazioni per la prima volta. Ansimai senza ritegno e mi vergognai di essere così tremendamente eccitato ma ci pensò Frank a farmi dimenticare la vergogna, gemendo e sorridendomi. Mi avventai sulle sue labbra, le morsi, le leccai, succhiai. Avvicinai la mani all’abbottonatura dei suoi pantaloni. Allontanò le mie labbra dalle sue, portando le sue mani ai lati del mio collo. 
Le nostre fronti erano unite.
«Gerard»
«Frank»
«forse non dovremmo» disse, e pensai che io non dovevo sul serio, visto che avevo una ragazza, futura moglie.
«Vuoi fermarti» dissi,
«no, tu vuoi fermarti?»
«no».
Mi guardò e decisi che in quel momento non mi importava di nient’altro che non fosse Frank. 
Mi baciò, io baciai lui. Non ci furono più parole, solo gesti bisognosi, le mie mani che sfilavano i suoi jeans e poi i miei, le mie gambe che si avvolgevano intorno ai suoi fianchi, i nostri gemiti, i mei morsi, i suoi baci, le mie carezze. Decisi semplicemente di non pensare a niente, e fu la scelta migliore, perché quello che provai in quel momento fu unico. Quel momento fu perfetto, nonostante avrei dovuto pensare che fosse terribilmente sbagliato.

****

 
Erano le tre del  mattino, probabilmente, ma non è che mi importasse molto dell’ora quando Frank era vicino a me. Eravamo ancora in auto, distesi sui sedili posteriori, la mia schiena aderiva al petto di Frank e un suo braccio mi cingeva il busto. Posai la mia mano sulla sua e lui intrecciò le nostre dita, il suo respiro mi solleticava il retro del collo e quando mi baciò in quel punto, mi lasciai sfuggire un sospiro.
«Dovremmo rivestirci» disse mentre continuava a lasciarmi dei delicati baci sul collo, mugugnai in risposta.
«Non credo di aver capito» disse ridendo. Mi voltai nel suo abbraccio per guardarlo negli occhi «non dobbiamo vestirci subito»,
«stiamo così da un’ora e per quanto tu sia caldo, fuori ci sono tre gradi e la mia auto non  è abbastanza lussuosa da non lasciare trapelare l’aria gelida, quindi sto morendo di freddo»,  «okay» acconsentii tristemente a rivestirci. 
Frank rise e io mi incantai a guardarlo, senza che me ne rendessi conto, lui si spostò e mi sovrasto, sedendosi sopra di me. Appoggiò le mani sui miei fianchi e iniziò a solleticarmi. « Frank- cercai di dire tra le risate- no, ti prego» iniziai a ridere incontrollatamente. 
All’improvviso si fermò e io tentai di ritornare a respirare normalmente, mantenendo un sorriso sulle labbra. 
Mi stava guardando, sembrava incantato e mi chiesi se anche io avevo quella faccia quando lo guardavo.
Mi accarezzò una guancia, «Dio, sei bellissimo». Inutile dire che arrossii, «Frank».
Avvicinò il suo volto al mio e le sue labbra stavano per toccare le mie, «dovremmo vestirci» dissi.  Non provò più a cercare di baciarmi e neanche io cercai le sue labbra o il suo sguardo. 
Si spostò da sopra di me e cominciò a vestirsi. Dopo esserci vestiti Frank scese dall’auto per spostarsi dai sedili anteriori. 
«Frank aspetta» dissi prima che salisse di nuovo in auto,
«che c’è?» disse in modo freddo, «mi dispiace per prima, non volevo-» mi interruppe 
«non volevi baciarmi mi sembra evidente, e mi sembra anche strano visto quello che abbiamo fatto» alzò le spalle e si passò una mano tra i capelli. Mi avvicinai a lui e posai una mano sul suo polso. 
«Scusa, è che… è tutto così complicato e tu non dovresti piacermi così tanto, non avrei dovuto, invece l’ho fatto perché non sono riuscito a frenarmi, sono una persona orribile» iniziai a farfugliare parole che forse per Frank erano insensate, probabilmente non ci stava capendo niente e infondo neanche io.
«Gerard» mi prese il volto tra le mani «rilassati», sospirai, prima di stringere le mie braccia attorno al suo busto. Ricambiò l’abbraccio e gliene fui immensamente grato.
Dopo esserci allontanati, salimmo in auto e gli indicai la strada per arrivare a casa mia.
Durante il tragitto, Frank non parlò di quello che era successo, iniziò a parlare di un concerto che ci sarebbe stato tra pochi giorni, al quale gli sarebbe piaciuto andare, avevo come l’impressiono che mi stesse invitando ad andare con lui, ma non lo disse espressamente. Una volta arrivati Frank smise di parlare e mi guardò in attesa che io dicessi qualcosa.
«Grazie» dissi semplicemente, portando la mano sulla maniglia dello sportello. Mi stavo comportando malissimo e lo sapevo, ma non avevo idea di cosa fare e se proprio dovevo spezzare il cuore di Frank, preferivo farlo senza dirgli che stavo per sposarmi e che quello che c’era stato tra noi due era sempre stato destinato a durare una sera.
Prima che potessi uscire dall’auto, Frank mi afferrò il polso. «Non lo so cosa sia successo, ma il ragazzo che ho conosciuto ieri sera è completamente diverso da quello che ho davanti adesso e non mi interessa sapere il motivo, soltanto, se l’altro te dovesse ricomparire, digli che mi piacerebbe passare altro tempo con lui» tolse la mano dal mio polso. «Frank» come potevo spiegargli, che per quanto mi sarebbe piaciuto passare altro tempo con lui, dovevo sposare la mia ragazza tra poche ore.
«Dammi il tuo telefono» disse «Forza» mi incitò a farlo. Non volevo che il mio tempo con Frank durasse così poco, quindi se per restare a guardalo ancora dovevo dargli il mio telefono, l’avrei fatto.
Dopo avergli dato il mio cellulare, digitò il suo numero e lo salvò in rubrica, poi me lo restituì. 
«Adesso devi soltanto scegliere se vuoi chiamarmi»,
«Frank».
«Ciao Gerard» mi salutò e per quanto avrei voluto restare in auto e dirgli di mettere in moto e andarcene da qualunque parte, scesi dalla macchina e chiusi lo sportello,  «ciao Frankie» dissi prima di voltarmi e incamminarmi verso casa. 
Sentii l’automobile allontanarsi mentre infilavo la chiave nella serratura. 
Dopo essere entrato in casa, salii le scale e mi stesi sul letto. Passai due ore o tre ore così prima di decidermi a farmi un doccia.
Verso le sette e un quarto mi chiamò Mikey per chiedermi come stavo e se ero pronto per il grande giorno, mi disse che stava arrivando con Ray e che dopo saremmo andati in chiesa. 
Poi mi arrivò il messaggio di Bob,
"Spero che tu ti sia divertito con Batman, perché stai per sposarti, condoglianze. 
Comunque se vuoi fuggire dal matrimonio conta su di me."
Pensai di accettare l’offerta di fuggire dal mio matrimonio, ma non potevo farlo. Una sera passata con Frank non poteva oscurare la mia relazione con Linds, io l’amavo e avevo scelto di sposarla, non potevo tirarmi indietro adesso, non dopo tutti i progetti che io e la mia futura moglie avevamo fatto. Qualsiasi cosa provavo per Frank l'avrei ignorata e dimenticata.

****



Io e Mikey eravamo fuori la chiesa, gli invitati erano già dentro, la sposa sarebbe arrivata tra poco. Era il momento, stavo per sposarmi. 
«Vuoi entrare?» mi chiese mio fratello,
«Qualcuno dovrebbe controllare che per il ricevimento sia tutto pronto» 
«Non credo che sia il momento di pensare al ricevimento» mi disse. 
Restai in silenzio a guardare un albero poco distante da noi mentre mi torturavo le mani.
«Gerard, stai bene? Sai è normale che tu sia nervoso, ma sono sicuro che appena vedrai Linds ti sentirai meglio» tentò di rassicurarmi.
«Ho bisogno di allontanarmi da qui» dissi fingendo di ignorare quello che mi aveva detto.
«Okay, allora andiamo a controllare che sia tutto pronto per il ricevimento» 
Mentre andavamo nel luogo del ricevimento, Mikey tento di farmi delle domande per capire cosa mi stesse passando per la testa, ma evitai di rispondere. Non avrei detto a mio fratello che avevo tradito la mia ragazza il giorno prima delle nostre nozze, e non solo, stavo anche pensando di non sposarmi perché era bastata una sera con Frank per confondere i miei sentimenti.

 Il ricevimento si sarebbe tenuto in un luogo all’aperto, era un posto spazioso in cui erano sparsi venti tavoli rotondi con delle tovaglie bianche.  I camerieri stavano sistemando le ultime cose e mentre Mikey era andato a parlare con il responsabile, io rimasi all’entrata ad osservare il posto. 
Avevo lo sguardo perso nel vuoto quando un ragazzo mi si posizionò davanti, non era alto, anzi era piuttosto basso, basso come Frank. Focalizzai meglio il mio sguardo su di lui. «Frank» sorrisi appena i miei occhi incontrarono i suoi.
«Hey, sembri proprio il ragazzo che ho conosciuto ieri sera, ti chiami Gerard per caso?» sorrise.
Il suo sorriso mi tranquillizzo, ma durò poco, appena capii la situazione in cui mi trovavo l’agitazione ritornò più forte di prima. Frank era uno dei camerieri del ricevimento del mio matrimonio. 
Il fatto che lui si mostrasse così gentile, come se mi avesse già perdonato per essermi comportato male con lui qualche ora prima, mi faceva sentire ancora più in colpa di quanto non mi sentissi già.
«Non mi avevi detto che fai anche il cameriere» chiesi, sperando che dicesse che in realtà lui non era davvero lì e che non avrebbe scoperto che stavo per sposarmi.
«Infatti non lo sono, sto facendo un favore ad un amico. Tu perché sei qui, conosci gli sposi o ti sei imbucato? Comunque, in smoking stai benissimo, ti salteri addosso se non fossimo in pubblico» si morse il labbro inferiore, e so che era sbagliato ma ebbi l’impulso di spingerlo contro il muro e baciarlo. 
La voce di Mikey mi frenò dal compiere qualunque gesto «Gee! Sei qui!» disse avvicinandosi, «ti stavo cercando, dobbiamo corre in chiesa, Linds è già arrivata e di solito e lo sposo che aspetta la sposa»
«Tu sei lo sposo?» chiese Frank, mi immobilizzai, poi capii che l’aveva chiesto a Mikey e andai nel panico immaginando le cose che avrebbe potuto dirgli mio fratello. «No -disse ovvio- è lui lo sposo» concluse indicandomi. In quel momento desiderai sprofondare nel sottosuolo. 
La bottiglia che si trovava nella mano destra di Frank, cadde a terra frantumandosi in mille pezzi, il vino si rovesciò per il pavimento. 
«È vero?» al suono della sua voce alzai lo sguardo dal pavimento a lui, «certo che è vero» disse Mikey e desiderai poter restare da solo con Frank, ma non dissi niente. «Gerard» mi implorò come se potessi dirgli che non era vero, che non stavo sul serio per sposarmi.
«Voi due vi conoscete?» chiese mio fratello.
«Gerard» sussurrò Frank prendendo le mie mani tra le sue, i suoi occhi erano lucidi, mi sentii male. 
«Frank, mi dispiace, io-» uno schiaffo mi colpì una guancia, non lasciandomi finire di parlare. Vidi Frank voltarsi e corre lontano da me. 
Non gli corsi dietro, semplicemente restai immobile a guardarlo allontanarsi da me,  prima che Mikey mi portasse dalla parte opposta, dove c’era l’auto che ci avrebbe portati in chiesa.

****

 «Gerard, non dovresti farlo se non sei completamente sicuro. Lo so che non vuoi far soffrire Linds, ma devi pensare a te in questo momento, vuoi davvero sposarla?» mi chiese Mikey. Non dissi niente a mio fratello, salii le scale che si trovavano all’entrata della chiesa ed entrai. Dovevo sposarmi.

****


«Gerard Arthur Way, vuoi accogliere Lindsey Ann Ballato, come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?» il sacerdote recitò il rito.

****

 
La prima cosa che vidi una volta uscito dalla chiesa fu Frank. Era seduto sulla scalinata, il gradino più in basso, il primo per salire. 
Scesi le scale e una volta arrivato vicino a lui, gli posai una mano sulla spalla per richiamare la sua attenzione. 
Frank si voltò e vedendomi si alzò di scatto.
«Gerard, cosa ci fai qui?» chiese mentre si torturava le dita delle mani.
«Tu perché sei qui?» posai le mani ai lati delle sue braccia ma lui si allontanò.
«Volevo vedere tua moglie» spiegò, 
«non è mia moglie» specificai,
«lo sarà» disse tristemente abbassando il capo, 
«no» dissi, non potendo evitare di sorridere.
Alzò di nuovo la testa e giurai di vedere un luccichio nei suoi occhi «Gerard»,
«no, aspetta, fammi parlare. Sono stato uno stronzo, sono uno stronzo»,
«Gerard» ripete avvicinandosi di poco a me. «Lo so, sono una persona orribile, ho tradito la persona che credevo di amare e l’ho lasciata sull’altare, ma non solo, ho tradito anche te e mi odio per questo. Vorrei averti conosciuto prima, così non ci sarebbero stati problemi»,
«Gerard» disse facendo un altro passo verso di me. «So che mi odi, ma se me lo permetti vorrei farti cambiare idea, e lo so che potrebbe essere difficile, ma ho abbandonato il mio matrimonio per te, questo dovrà pur contare qualcosa? Con questo non sto cercando di risolvere tutto così, puoi picchiarmi se vuoi, puoi anche urlarmi contro, farò qualsiasi cosa per farmi perdonare» lo implorai, 
«Gerard» disse ridendo e vedendolo sorridere mi si riempì il cuore di gioia. 
«Qualunque cosa Frank, sul serio, chiedi e-»
«sta zitto»
«okay, se vuoi che stia zitto, posso farlo, starò in silenzio per sempre, magari per sempre no, ma-»
«Gerard, sta zitto -si avvicinò- e baciami» mi circondò la vita con le sue braccia, 
«ah, okay» dissi accarezzandogli le guance con entrambe le mani.
Poggiò la sua fronte sulla mia «Baciami adesso» sussurrò e lo feci, lo baciai e fu come ritornare in superficie dopo essersi immersi, fu come ritornare a respirare normalmente, come ritornare a vivere. 
Fu vita ,fu amore, fu magia, furono fuochi d’artificio, felicità.
Dicono che un bacio può farti sentire qualunque cosa. Un bacio può farti sentire vivo, può distruggerti, può piacerti o disgustarti, può spaventarti o farti sentire al sicuro, a casa. Bene. Se me l’avessero chiesto, avrei detto che i baci di Frank erano beatitudine, passione, calore, dolcezza, magia, casa.

«Dovremmo andarcene da qui, sono una persona orribile, ma non voglio che la mia ex futura moglie mi veda con il mio…» non terminai la frase e Frank mi guardò, in attesa, « con il mio futuro ragazzo?» continuai titubante. Lui sorrise e prese la mia mano tra la sua per poi intrecciare le nostre dita.  «Il tuo futuro ragazzo eh? Non lo so devo pensarci, e poi  devi ancora farti perdonare, ma non preoccuparti ho già un’idea su come potresti riottenere la mia fiducia» disse ridendo prima di trascinarmi verso la sua auto.

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Angolino di Fay: Aloha 
Eccoci qui, se c'è qualcuno che ha letto... e che è arrivato fino alla fine, GRAZIE per aver usato il vostro tempo per leggere questa "cosetta" che ho scritto.
Spero che vi sia piaciuta e mi dispiace per gli errori che sicuramente avrete trovato leggendola... (non ho mai detto, e mai lo dirò, di essere brava a scrivere. Adesso starete pensando "allora perchè scrivi se sei consapevole del tuo non-talento?" beh... diciamo che ho queste idee (viva le idee..) che si fanno spazio nella mia testa e mi piace scriverle, quindi lo faccio anche se so che il risultato non sarà soddisfacente...).  Comunque, visto che siete delle belle persone e che avete voglia di lasciarmi un commentino per farmi sapere cosa pensate di questa ff, vi aspetto (eh). No, okay... se non volete recensire non fatelo, resterò nel dubbio che il numero delle visite sia un miraggio.
Okay, basta, adieu~ 

P.S. Scusatemi anche per il codice Html.

  
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