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Autore: Paganel    06/01/2015    2 recensioni
Zoe è una ragazza di diciotto anni, in crisi per la sua recente rottura con il suo ragazzo, John, partito per l'Europa e avendola lasciata sola, in balia di lacrime e depressione.
Justin Bieber è il secondo protagonista della nostra storia. Il classico bad boy che pensa solo a conquistare le ragazze e non limitandosi solo a quello. Lui e Zoe si odiano fin dai tempi delle elementari, ma qualcosa cambia.
Justin, per scommessa, vuole portarsi a letto Zoe - e farla innamorare - che accetta, ma dopo quella notte, le cose non saranno più le stesse.
Zoe comincia ad innamorarsi di Justin e lui lo stesso, ma dovrà trovare il modo di dirle la verità senza che lei si arrabbi, sperando che le cose rimangano le stesse.
[STORIA MOMENTANEAMENE SOSPESA]
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Heartbreaker - capitolo 22


Cinque giorni dopo ci fu un funerale per Jeremy, Jazmyn e Jaxon.
Justin era "guarito" fisicamente.
Moralmente era talmente depresso, che perfino io faticavo a strappargli un sorriso di tanto in tanto.
Era venuto a scoprire in qualche modo che l'incidente era premeditato.
E in seguito a questa notizia, si era chiuso come un riccio, escludendo perfino me dalla sua vita.
Avrei davvero voluto aiutarlo, ma come tre giorni prima, non voleva che lo cercassi, e così imparai a tenere la distanza.
Alla cerimonia, in chiesa, c'era tutta Stratford. A partire dagli amici del mio ragazzo agli amici del padre, ai conoscenti, a persone che addirittura non ci avevano mai parlato.
Poi, da Los Angeles, era venuta la compagna di Jeremy, gli amichetti dei due bambini.
Tutto l'edificio era in lacrime.
Perfino io.
Perfino Justin, che, compostamente, fissava le tre bare con occhi vuoti, lacrimanti. Era fermo come una statua, e io da dietro notai solo come sussultava non appena la madre si rivolgeva a lui.
Poi la madre dei bimbi piangeva a dirotto accanto al suo figliastro. Ogni tanto gli prendeva una mano, ma lui la scostava.
Due ombre scure gli circondavano gli occhi, come se non avesse dormito tutta la notte, e io non potei fare a meno di pensare a qualche giorno prima, quando stava talmente male che a momenti non si alzava nemmeno dal letto.
Alcuni dottori dicevano che era una reazione del tutto normale, psicologica.
Altri dicevano che era merito dell'influenza per aver preso così tanta pioggia con solo una magliettina addosso.
Secondo me erano entrambe.
Ma nonostante tutto rimasi accanto a lui, a tenergli la mano. A stare con lui purché non avesse incubi.
Ma poi un paio di giorni prima del funerale, ecco che si era rianimato, e mi aveva chiesto di lasciarlo da solo, per assimilare bene la notizia.
Sapevo si riferisse all'incidente e a come avvenne.
Qualcuno voleva che qualche passeggere morisse.
Speravo con tutti il cuore che quel "qualche" non si trattasse proprio di loro.
E ora ero lì, seduta, impotente davanti a cotanto dolore. A non potermi avvicinare per evitare di ricevere solo brutte risposte.
Ma, dannazione! Ero o no la sua ragazza? Sarei andata da lui alla fine della cerimonia, punto e basta.
Aspettai che anche le bare fossero sotterate in cimitero, versando qualche lacrima per loro. Infine erano solo un uomo di trentasei anni e due bambini di quattro e tre anni. Troppo giovani per incontrare la morte.
Ma quanta crudeltà esiste nella società?
E anche quando tutti erano andati via dopo aver fatto le condoglianze a Pattie, Therese e Justin, quest'ultimo se ne stava da solo, in piedi, di fronte ai corpi inerti dei suoi familiari, che giacevano due metri sotto terra.
Era impeccabile nel suo smoking. Era di suo padre. Gliel'aveva regalato per la cerimonia dei diplomi. Sapevo che l'avrebbe messo quel giorno.
Teneva le mani nelle tasche dei pantaloni, e il capo chino per terra.
Il vento estivo e fresco per via della recente pioggia gli accarezzava i capelli, facendoli andare davanti agli occhi.
Notai che non si era nemmeno curato di farsi la cresta, e mi piaceva di più senza il gel addosso.
Gli dava un'aria più raffinata e allo stesso tempo più selvaggia.
Così, lentamente, mi avvicinai a lui e fermandomi una volta di fianco a lui.
Eravamo spalla contro spalla.
Io con la mia maglia nera e la mia giacca dello stesso colore, abbinate a dei jeans e delle ballerine nere ai piedi, e lui con il suo smoking.
Il vento soffiava anche sui miei capelli biondi e mossi, che continuamente finivano davanti al viso, infastidendomi.
Così fissai anche io davanti a me, in silenzio, il vento che ci parlava attraverso le foglie dell'albero, e le tombe di Jeremy, Jaxon e Jazmyn che si trovavano sotto la sua ombra.
Il vento era talmente fastidioso che mi misi le mani in tasca e rabbrividii.
-Lui avrebbe sempre voluto vederci insieme- disse Justin, interompendo il silenzio.
Sussultai, non mi aspettavo che parlasse, ma fui molto contenta.
-Davvero?- chiesi stupita, guardandolo.
-Si- accennò un piccolo sorrisetto -Sperava che tra noi accadesse qualcosa. Mi chiedeva sempre se era successo qualcosa tra noi-
-E tu?- gli chiesi, guardandolo nuovamente, ma il suo sguardo era sempre fisso davanti a sè.
-Io lo davo per pazzo, ma in fin dei conti non aveva tutti i torti...- mi lanciò un'occhiata fugace, per poi tornare a fissare davanti a sè: - Credo che quello che indendesse era che forse sono sempre stato un po' innamorato di te-
Silenzio.
Rabbrividii, ma sta volta non era per il freddo, anche se Justin la interpretò proprio per quel motivo. -Non voglio che tu prenda freddo. Tieni- e si tolse la sua giacca restando in camicia.
-No, così avrai freddo tu. Sei appena stato male...-
Mi interruppe, appoggiandomi l'indumento sulle spalle. -Shh.. io non ho freddo. Io sto bene così-
E poi tornò di nuovo accanto a me.
E nonostante tutto si preoccupava della mia salute. Amavo quel ragazzo.
Mentre ripiombavamo nel silenzio, un suono -o meglio- un singhiozzo strappò l'aria.
Mi girai verso il ragazzo accanto a me, e vidi che stava cercando di trattenere le lacrime.
Gli toccai un braccio, ma in meno di un secondo mi ritrovai avvolta tra le sue braccia, il suo viso nascosto tra i miei capelli e il mio schiacciato contro il suo petto.
Cominciò a piangere sulla mia spalla. A piangere tutto il dolore provato da quando era venuto al mondo. Lui, che non aveva mai pianto in tutta la sua vita.
Era un momento di sfogo. Un momento che si sentiva di avere solo con me.
Io ero il suo unico punto di appoggio, e devo dire la verità, mi piaceva esserlo. Mi piaceva contare qualcosa per lui. Mi piaceva poter essere considerata un'ancora alla quale afferrarsi.
Lo strinsi forte e gli baciai il punto del petto all'altezza del cuore, dove batteva a ritmi irregolari.
Ci saremmo odiati per undici anni, ma quell'odio ci portò ad amarci come nessuno sarebbe stato in grado di fare.
PErché il nostro era un amore unico, di quelli che si provano una volta sola. E io ero felice di provare questo sentimento con lui.
-Non so cosa fare, non so come reagire. Se non ci fossi tu... io a quest'ora sarei così perso... Non so nemmeno se sarei vivo- mi strinse ancora di più.
-Shh... ora sono qui. Sono qui per te. Non pensare a come sarebbe stata la tua vita se non ci fosse stato un noi, immaginala così com'è. Morire fa parte della vita, e so quanto tu sia addolorato per questo, ma adesso tuo padre e i tuoi fratelli vivranno sempre qui- gli indicai il cuore -E ti saranno più vicini di quanto non lo siano mai stati-
Mi guardò per un lungo istante, poi disse: -Andiamo a farci un giro-
Senza poter dire altro, lo seguii, intrecciando le nostre dita insieme come non facevamo da tempo.
Uscimmo dal cimitero e, mano nella mano, ci incamminammo verso il famoso parco di Stratford.
Camminammo in silenzio, ascoltando il rumore della natura, e il frusciare del vento, quando ci fermammo, o almeno, Justin si fermò.
-Qui è fantastico- constatò, guardando per terra, dove un manto erboso si estandeva ai nostri piedi.
-Per..?- chiesi, confusa.
-Vieni, stenditi- si stese, e io lo imitai.
Appoggiai la testa nella sua spalla sinistra, cosìcchè lui potè fare lo stesso. Le nostre guance si sfioravano.
-Allora, come stanno gli altri?- mi chiese. Quella domanda mi spiazzò. Non mi sarei mai aspettata che lui, nella situazione in cui si trovava, avesse la forza di pensare agli altri.
-Beh, sono tutti preoccupati. Ryan e Chaz soprattutto. Dicono che vorrebbero esserti accanto, ma non ti hanno più sentito..-
-Ho litigato con Ryan settimane fa- ammise. Entrambi stavamo guardando il cielo, mentre qualche raggio di sole si faceva spazio tra le nuvole e filtrava tra le foglie degli alberi.
-Per avermi nascosto di te e John... sai, lui sapeva, e avrebbe dovuto dirmelo in quanto migliore amico-
-Ma lui sta soffrendo molto per questa distanza che si è creata fra di voi- replicai. Era vero.
-Quando si deciderà a chiedermi scusa, allora se ne riparlerà-
Sempre il solito. Sempre il solito cocciuto.
-Justin... vuoi davvero portare rancore per sempre?- sospirai ormai affranta dalla sua cocciutaggine.
-Mi ha fatto un torto, non vedo perché non dovrei. A casa mia se fai un torto ad una persona gli chiedi scusa, sbaglio?- il suo tono di voce era acido, ma tralasciai. Infondo, non potevo certo incazzarmi...
-Se tutti e due siete orgogliosi... vabbè, lasciamo perdere. Mi sei mancato in questi giorni-
cambiai discorso, sapendo che il precedente era un argomento che sicuramente non voleva toccare.
Lo sentii sospirare: -Anche tu, un sacco. Ma sai, avevo bisogno di stare solo per... assimilare il tutto. Era troppo per... un ragazzo come me. Perdonami se ti ho tagliata fuori, ma io reagisco così- tentò di scusarsi, anche se non c'era niente da scusare.
Quando stavo per parlare, attaccò di nuovo discorso: -Quando sei piccolo, pensi sempre che i tuoi genitori e i tuoi parenti siano immortali. Ne sei convinto. Ti dici sempre "la mamma e il papà non possono morire", non accetteresti mai una cosa del genere, e non te ne rendi conto finché non ti capita veramente. Ecco io la pensavo così fino a cinque giorni fa. Ora, no.-
Rimasi pietrificata dal suo discorso e alzai la testa dalla sua spalla per poi voltarmi e appoggiarmi sui gomiti per guardarlo meglio. Lui, sorpreso da questo mio gesto, mi imitò.
-Fa tutto parte della tua vita, Justin. Anche noi prima o poi moriremo. E' l'unica certezza...- veni interrotta bruscamente da Justin che improvvisamente si mise seduto e incrociò le gambe.
-Si, okay, quello che vuoi, ma come puoi togliere la vita a delle persone che non c'entravano niente? Chi vorrebbe uccidere i miei genitori e i miei fratelli? Chi vorrebbe far soffrire un ragazzo così tanto? Pensi che non lo sappia che si tratta di qualcuno che ce l'ha a morte con me? Io lo so, Zoe, me lo sento. Qualcuno voleva vedermi soffrire, e così ha pensato bene di spazzare via le persone a cui tengo di più...- si passò le mani tra i capelli. Stava per cedere di nuovo al pianto. Mi sedetti anche io, avvicinandomi ancora di più a lui.
-Ma cosa stai dicendo?- gli accarezzai il volto -Chi potrebbe mai farti del male, Justin? Tutti ti amano, e se stai in culo a qualcuno, sicuramente non da ammazzare tuo padre e i tuoi fratelli! Nessuno ce l'aveva con loro, te lo posso assicurare. E c'erano altre dieci persone che ci hanno rimesso la vita in quell'aereo..-
-Non lo so, Zoe. Ho questa sensazione che mi rode lo stomaco da giorni ormai. Ho pensato e ripensato a chi potesse aver avuto rancore nei miei confronti o in quelli di mio padre, eppure...- i suoi occhi cominciarono già a diventare lucidi. Non potevo più vederlo piangere. Era una cosa che cominciavo a non sopportare più.
Con i pollici gli asciugai la lacrima che stava già scendendo allegramente nella sua guancia.
-Nessuno, non c'è nessuno qui che ti odia. Tu sei una persona speciale, e lo era pure tuo padre e Jazmyn e Jaxon. Basta pensare questo, me lo prometti?- Lo guardai negli occhi, spenti già da un po' di tempo.
Annuì un po' incerto stringendo verso il suo viso la mano che ancora era appoggiata alla sua guancia. Si appoggiò ad essa e chiuse gli occhi, permettendomi la visione del suo meraviglioso viso.
-Non voglio più soffrire, Zoe. Promettimi che mi aiuterai a stare meglio. Promettimi che avrò una possibilità di essere felice- questa sua vulnerabilità mi disarmò. SI era completamente spogliato della sua corazza. Il muro era abbattuto, poiché al suo interno c'erano talmente tante emozioni, che alla fine anche esso si sgretolò.
-Te lo prometto, amore mio. Ti prometto che insieme raggiungeremo la felicità- dopo la mia frase, aprì gli occhi e mi guardò per attimi che sembravano interminabili, poi annullò la distanza che ci separava e mi baciò, ci baciammo, in un bacio speciale, desideroso e carico di tutte le emozioni che si erano accumulate nell'ultima settimana, che desideravano solo di straripare e di trovare una scappatoia attraverso il contatto dei nostri corpi.
Le mani si strinsero sopra i miei fianchi, facendomi stendere accanto a lui. Mi accoccolai sul suo petto, mentre continuavamo a baciarci.
Non mi importava se qualcuno avrebbe considerato i nostri "atti osceni". In fin dei conti era solo una delle poche manifestazioni che manifestavano, appunto, il nostro amore.
E io avrei voluto fermare il tempo, restare con lui tutta la vita, perché era come un'immagine a colori in una foto in bianco e nero. Noi eravamo i colori, mentre tutto il resto era senza sentimento.
Noi eravamo vita.
Eravamo forza.
Eravamo amore.


Mary's pov

-Cosa stanno facendo?- chiesi a Paul, seduta sulla sedia della scrivania del mio insulso studio nel mio insulso e sporco e piccolo appartamento.
-Sono distesi... e si scambiano effusioni- disse, alquanto disgustato.
Avevo mandato il mio più fidato amico nonché complice e colui che posizionò la bomba nell'aereo per spiare mia figlia.
Evidentemente la mia cara Hope si stava "divertendo" con il suo fidanzatino, ma questo divertimento sarebbe durato ancora poco se non avesse risposto al biglietto. E dire che nascondeva molto bene le cose.
-Beh, non farti vedere Paul. Rimani sempre e comunque nascosto- replicai.
-Credo che non ci sia alcun problema. Quei due sono molto impegnati a quanto vedo...- potei sentire attraverso l'auricolare che stava sorridendo.
-Paul, non mi interessa! Basta!- risposi stizzita.
-Mary, non credo che la ragazza sia a conoscenza del biglietto. Non pensi che avrebbe impedito tutto questo?-
Sbuffai. Era un'ipotesi molto attendibile.
-Bene, assicuriamoci che lo riceva, allora- risposi, giocando con la penna. -Torna qui, che prepariamo il secondo biglietto-.


Zoe's pov


Era da tutta la giornata che io e Justin parlavamo, ci baciavamo. Era bello come quando le nostre labbra si incrociavano, tutto il resto spariva, o almeno, dava l'impressione di sparire.
Ora stavamo camminando mano per la mano nelle vie di Stratford.
Era tutto così normale. Eravamo due ragazzi mano per la mano, che si amavano, ed entrambi avevamo avuto un passato tormentato.
In qualche modo ci ritrovammo, come due puntini insignificanti nell'universo che incontrandosi si illuminano d'immenso.
Ecco, noi eravamo quei puntini.
Eravamo insignificanti, eppure insieme brillavamo come il sole.
Quando passammo davanti all'Avon Theatre, dove bimbi, adulti e ragazzi si esibivano cantando o suonando, per prendere un po' di soldi.
Guardai verso Justin.  I suoi occhi rimasero rapiti, nel vedere tutte quelle persone sbizzarrirsi nei loro talenti. Era così perso, che ad un certo punto non potei impedire che inciampasse quasi, facendomi ridacchiare. Mi lanciò un'occhiataccia, che ignorai. Avevamo bisogno di ridere. Lui soprattutto.
A un certo punto, mentre eravamo davanti agli scalini, decise di fermarsi ed ammirare i talenti che, dovevo ammettere, erano molto bravi.
-Se mi esibissi io, spaccherei i culi- mi sussurrò all'orecchio.
I miei occhi si spalancarono, mentre un'idea mi balenava in mente.
Lo guardai e gli feci un sorriso a trentadue denti, quando volevo che mi venisse fatto qualche favore, e cominciai a sbattere le palpebre in maniera convulsa.
-Hai qualcosa negli occhi, tesoro?- mi chiese, ignorando la richiesta pur avendo capito cosa avrei voluto che facesse,
-Ti preeego! Come hai detto tu, spaccheresti i culi!- congiunsi le mani davanti a me.
Scosse la testa e schioccò la lingua in segno di negazione.
Sbuffai, e misi il muso. Aveva un grande dono, perché non lo voleva sfruttare? Era così cocciuto quel ragazzo. Mi morsi l'interno della guancia mantenendo il muso e sciogliendo la mia mano dalla sua, quindi incrociai le braccia al petto.
Aggiunta di scena: cominciai a sbattere il piede per terra.
Non gli avrei parlato finché non avesse cantato in quegli scalini.
Mi guardò interrogativo, ma lo ignorai.
-Vabbè, incazzati. Tanto io non canto- ah si? La metteva così? E io non gli avrei parlato più per tutta la vita.
Feci spallucce, indifferente, o almeno cercando. Era difficile mettere in atto una messa in scena senza ridere.
Justin sospirò, voltandosi interamente verso di me: -Oh, andiamo! Hai davvero intenzione di non parlarmi affinché io canti?!- e anche lui incrociò le braccia al petto.
Sorrisi, nel vedere tutti gli sguardi su di noi. Avevano sentito quello che aveva detto, e aveva fatto tutto da solo. Ero compiaciuta e fiera di lui, quasi che mi vennero le lacrime.
-Mamma! Il ragazzo canta!- urlò un bimbo, e una serie di schiamazzi, suppliche eccetera si alzarono, incitando Justin a cantare.
Il mio fidanzato mi guardò, come per chiedere aiuto ma io alzai le mani in segno di resa: il pubblico voleva questo, e lo avrebbe ottenuto in un modo o nell'altro.
-Io canto, ma tu stammi vicino.- e mi prese la mano.
-Certo, anche se ti dicessi di no non avrei altra scelta- ridacchiai, prima che lui parlasse alla piccola folla di gente.
-Okay, ascoltate. Canterò per voi The scientist dei Coldplay.- e un'altra serie di schiamazzi si levarono. -Hey, tu- si rivolse ad un ragazzino di circa 14 anni che teneva la sua chitarra in mano -la conosci?- questo annuì e si avvicinò a Justin, iniziando a strimpellare qualche corda, fino a dare l'accordo iniziale.
Le note della chitarra si levarono al cielo in maniera melodiosa imitando quelle del pianoforte, presente nella canzone.
Poi Justin cominciò a cantare: -Come up to meet you, tell you I'm sorry, you don't know how lovely you are...- la sua voce, melodiosa e perfetta, mi fece venire la pelle d'oca e tutta la folla si ammutolì. Anche loro, come me la prima volta, rimasero esterrefatti dalla sua bravura.
Lo guardai attentamente. Era come rapito dalla musica. Come poteva ignorare una passione del genere? La musica era parte di lui, e lo sarebbe stata sempre.
Justin era nato per fare carriera, e avrebbe ottenuto il successo, in un modo o nell'altro.
Con o senza il mio aiuto.
-Nobody said it was easy...- ci metteva la vita cantando, e sentivo che, attraverso la sua musica, Jeremy e i bambini rivivevano attraverso di lui.
Terminò la canzone, e il silenzio della folla si tramutò in un alzata di applausi.
Mi guardai intorno, e le finestre delle case che prima avevano sempre le tapparelle abbassate, ora stavano guardando anche loro chi potesse possedere così tanta bravura.
Il mio ragazzo si guardò intorno, stupito e gli occhi gli brillavano.
Era quello che amava, e forse con questa dimostrazione l'avrebbe capito.
Mi guardò, e quando i nostri sguardi si incontrarono, sorrise. Il primo a distanza di cinque giorni.
Mi prese il viso tra le mani, e passò i pollici sulle guance. Fu allora che mi accorsi di stare piangendo.
La sua voce e la sua passione mi avevano commossa, e il fatto che tutto questo fosse successo il giorno del funerale dei suoi familiari.
Era una delle persone più forti che avessi mai conosciuto.
Mi abbracciò, e instintivamente sorrisi.
Mi abbracciò stretta, come se non avesse altra persona che me.
Mi abbracciò come se fossi l'ultimo bicchiere d'acqua in un mondo senza.
Come se il mondo patisse la fame e io fossi l'unica briciola di pane rimasta.
Come se mi amasse oltre ad ogni limite immaginabile.
Io ricambiai la stretta allo stesso identico modo.





Spazio autrice.

Hi guysss!
lo so, lo so. Non ho scusanti per aver pubblicato così in ritardo, e siete incazzate.
Cercherò di pubblicare più spesso, soprattutto da oggi che mi hanno riparato il computer e quindi avrò più modo di pubblicare.
Vi faccio gli auguri di buone feste in ritardo e... niente. Spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Oggi il banner non l'ho messo perché sto pubblicando da un computer che per giunta non è il mio e quindi l'immagine non ce l'ho. Scusate, davvero.
Paganel xx
  
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