Serie TV > Sherlock (BBC)
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Autore: _BadWolf_9    07/01/2015    1 recensioni
-fratellone- disse con esitazione Sherlock, poi continuò. -mamma e papà non torneranno...quindi rimarrai tu con me?-
Mycroft restò in silenzo per un attimo guardando un punto indefinito della foresta poi rispose - si, stai tranquillo- lo rassicurò. -ora andiamo a dormire che ormai si è fatto tardi-.
A quel punto il piccolo annuì prontamente con un flebile sorriso sulle labbra che nascondeva una tristezza infinita e si rannicchiò nel sacco a pelo.
(Johnlock e un pizzico di Mystrade soprattutto nei capitoli seguenti)
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bella, grande e confortevole era la camera in cui fu portato Sherlock. Si trovava quasi alla fine dell'ala ovest del castello, di fianco alle cucine, ma non per questo meno lussuosa. Le doppie porte nascondevano la splendida stanza dalla tappezzeria vellutata e rossa che rendeva lo spazio caldo e accogliente, mentre un enorme letto a baldacchino si ergeva imponente alla destra, con ai piedi una cassettiera in legno d'acero. L'unica finestra, ricopriva quasi un'intera parete, mostrando il bellissimo giardino sottostante ed illuminando l'intera camera; dall'altra parte della stanza, si trovava un'elegante pendolo con affianco un largo scrittoio color vaniglia sfumato al marroncino miele.

Il prigioniero se ne stava seduto sul materasso osservando distrattamente l'immenso giardino senza accorgersi di cosa stava accadendo intorno a lui. La sua mente vagava per i bianchi corridoi dalle mille porte laterali del suo palazzo mentale, cercando l'unica porta importante in quel momento. Quella dedicata a John. Dopotutto, lo aveva abbandonato in una radura a lui sconosciuta e senza dargli un briciolo di indizio da seguire per trovarlo o per farlo tornare a casa. E se fosse stato in pericolo? No, di questo non doveva preoccuparsi, c'era Mycroft che l'avrebbe tenuto d'occhio, eppure.... non si sentiva affatto tranquillo. All'improvviso, si riscosse dai propri pensieri vedendo volteggiare, oltre la finestra, alcuni pezzi di terreno, che prontamente caddero a terra. - ma cosa....cosa mi sta succedendo?- sussurrò alzandosi di scatto per guardare il campo fiorito sottostante, oramai pieno di buchi e terriccio sparso ovunque. Iniziò ad analizzare e mettere insieme tutta la sua vita, portandosi involontariamente le mani giunte sotto il mento, come in preghiera, e chiudendo gli occhi cercando la maggior concentrazione possibile.

In pochi secondi fu di nuovo nella sua mente oltremodo funzionale e sveglia.

-Ben tornato fratellino, due volte in meno di 5 minuti.-

-non ti impicciare e vattene dai miei corridoi, lo sai che non mi piace che stai qui- lo sorpassò frettoloso il riccio. - e tu sai che sono frutto della tua mente e che puoi mandarmi via quando vuoi. Mi sembri turbato. Tu non sei mai turbato.-. Constatò l'altro, riavvicinandosi al fratello oramai fermo tra le porte 67 e 68. -infatti non sono turbato, Mycroft. Torna dal tuo amato Gustav – s'indignò alzando la voce, poi aggiunse con calma – mi scoccia, ma se sei qui è perchè ho bisogno di parlarti anche se sei un riflesso creato dal mio cervello con le sembianze di mio fratello e quindi, una qualsiasi riproduzione della mia mente in grado di pensare ed elaborare esattamente le mie stesse cose. In poche parole....se parlo con te, è come parlare a me stesso.-. Il maggiore, come suo solito, s'appoggiò all'ombrello che si portava sempre appresso. -bene,quindi...cosa ti turba mio caro fratellino? -. Nel frattempo, Sherlock, aveva spostato lui e l'irritante presenza, in un giardino con delle sedie e un tavolino bianchi. - mh, me lo ricordavo più colorato questo posto -. intervenne ironizzando Mycroft, sorseggiando del tè spuntato dal nulla. - questo posto lo ricordi meglio di me ed effettivamente non lo ricordo totalmente bianco, ma non mi provoca nessun tipo di sentimentalismo tale da pitturarlo. E poi, non ricorderei i colori originali- – protestò lo spilungone per chiudere il discorso.

-ho un problema – sputò poi.

-lo so, i tuoi poteri-

-esatto. Si stanno presentando più velocemente di quanto abbiano fatto i primi quattro. Due in un giorno. -

-si me ne sono reso conto e come saprai, il vero me ne sarà già al corrente. C'è anche un motivo ben preciso Sherlock -. disse il maggiore, posando la tazzina adesso vuota, sul tavolino.

-quale? -. lo guardò impassibile questi, con gli occhi che avrebbero congelato chiunque. Più freddi del ghiaccio e più taglienti di mille lame, ma attenti e profondi.

-oh Sherlock. Stai perdendo colpi o sei davvero così cieco. Le emozioni scatenano i tuoi poteri e lo hanno sempre fatto, sin dai primi quattro che hai controllato. Le emozioni ti danno forza. Pensa, Sherlock...pensa -.

Per qualche istante, il riccio, si distaccò completamente dal discorso, cercando l'ovvia risposta in tutto il palazzo; spalancando cassetti e armadi, fino a giunger davanti alla stanza numero 1. La stanza di Barbarossa, il suo unico vero amico per anni. Fino alla morte. Quello gli fece capire tutto.

-ho capito!- esclamò a gran voce. - John. John è la chiave ai miei poteri. Il mio inconscio li ha sbloccati per lui. Che stupido sono stato! - continuò poi arrossendo lievemente. I due si guardarono intensamente, seri e calcolatori. - ne sono obbligato anche se non mi piace, ma...grazie per il tuo aiuto – proferì arricciando il naso e girandosi per uscire dalla camera del giardino. - figurati fratellino. Ah...- aggiunse abbassando la voce, all'orecchio di nessuno a parte Sherlock, triste e sofferente – il giardino della mamma era più bello colorato, soprattutto le violette. Quelle erano le mie preferite.-

-cercherò di ricordarmelo- echeggiò lontana la voce dell'altro sul punto di uscir completamente dal proprio palazzo mentale.

 

 

 

Nel contempo, al centro di Waytia...

 

 

John passeggiava rigido e guardingo per la città, cercando di memorizzare le postazioni delle guardie, dei passaggi scoperti e cercando più informazioni possibili su carri che entravano e uscivano da palazzo. Aveva un mezzo piano per la testa, ma avrebbe dovuto aspettare la notte fonda. S'avvicinò ad una bancarella di tessuti e abiti, per potersi cambiare come gli aveva suggerito il suo stravagante e bellissimo amico. -buon pomeriggio signorina, vorrei acquistare del vestiario -. chiese gentilmente con un sorriso tirato sulle labbra. - buon pomeriggio a lei buon uomo. Allora siete nel posto giusto, mi dica....cosa desidera di preciso? -. rispose la deliziosa ragazza dai capelli biondi con entusiasmo. - cercavo dei pantaloni e una maglia possibilmente di seta e dai colori scuri, e una mantella più pesante da portarmi appresso-.

-ottimo! Queste le dovrebbero calzar a pennello. Per quanto riguarda il prezzo, non le farò pagare niente se mi offre da bere -. fece l'occhiolino maliziosa al povero soldato. -....e da bere sia -. accettò poco convinto e per nulla affascinato dalla ragazza. I suoi pensieri erano tutti, o quasi, diretti a come liberare il suo meraviglioso coinquilino. -allora, io sono Mary, Mary Morstan. Piacere di conoscerti.- sorrise lei, scivolando fuori dalla bancarella e raggiungendo quello che lei spera sia, la sua nuova conquista.

- mi chiamo John Watson, piacere mio. Dove vorresti andare bere qualcosa?-

-mi va benissimo la taverna qui dietro John Watson!- continuò esaltata avvinghiandosi al suo braccio destro. La serata trascorse abbastanza piacevolmente, bevendo e parlottando al piccolo baretto con Mary. Era proprio una bella ragazza e anche molto intelligente e scaltra, pensò John. Uscendo che oramai era buio pesto, la ragazza, tentò di portarlo a casa con se, ma senza alcuna possibilità di riuscita. La accompagnò per decenza e si salutarono, poi il biondo, iniziò a mettere in atto il suo piano presentandosi alle porte esterne del castello. Attese per almeno un ora il carro delle consegne che avrebbe trasportato viveri per le guardie e per i cavalli reali, accucciato e mezzo congelato dietro dei cespugli.

-come sta tua moglie?-

-bene, e tuo figlio? Ha ancora la tosse?-

-purtroppo si...ma va un po' meglio-.

Le voci sconosciute si facevano via via più vicine assieme allo scalpitio degli zoccoli. Ecco il carro che stava aspettando. Attese qualche minuto in modo da non rientrare nel campo visivo delle guardie, poi si lanciò tra le carote e le patate. Non ci sarebbero stati controlli per almeno una ventina di minuti, pensò John, nascondendosi meglio e sotterrandosi quel poco che bastava per non esser visto.

 

 

 

La stanza era fortunatamente ancora intatta all'ora in cui passò Sebastian, prelevandolo per portarlo a cena. A cena col nemico. Col suo più grande nemico, la sua nemesi. Riuscì a nascondere ciò che aveva fatto per tutto il pomeriggio grazie alla prontezza, ma Moran sospettava comunque un complotto dati gli strani rumori. Difatti, Holmes, dopo esser uscito dal suo palazzo mentale, iniziò il suo allenamento speciale.

 

 

Qualche ora prima

 

 

-Ehi! - urlò Sherlock, bussando convulsamente alle enormi porte chiuse a chiave. -qui mi annoioooo.....datemi dei libri, almeno 10, del tè e delle candele per leggere che sta diventando buio. Ohu! Ascoltatemi marea di deficenti. Sebastian! Dì ai tuoi stupidi subordinati leccapiedi di farmi avere queste cose. IMMEDIATAMENTE! - continuò imperterrito fino a far esaurire l'intero castello.

Gli fu portato tutto dopo una mezz'oretta da una delle cameriere reali, a parte i libri che arrivarono dopo, la signorina Adler. Bellissima giovane dai poteri misteriosi, ma molto potenti. Nei paesi girava voce fosse una donna scaltra e convincente....sicuramente, pensò Holmes, l'avevano mandata apposta per impressionarlo e farlo parlare. Nessuno aveva mai avuto l'onore di fregare il grande Sherlock Holmes, e di certo, non l'avrebbe avuto lei. - ehi bellezza, ricordati che sono dalla vostra parte e ho capito a cosa ti serve tutta quella roba- gli sussurrò lei all'orecchio, prima di posargli un leggero bacio sulle labbra e di congedarsi del tutto. Lui accennò appena un piccolo movimento col capo senza trattenerla oltre, capendo che non ci sarebbe stato motivo; avrebbe mantenuto il segreto.

Stette qualche minuto con gli orecchi tirati per captare un qualsiasi rumore proveniente da fuori in modo da non farsi scoprire, e iniziò il suo nuovo “passatempo”.

Prese dal vassoio d'argento, prima la candela ed il tè, poi i libri, posizionandoli a semicerchio attorno a se volto alla finestra. Chiuse gli occhi ripercorrendo l'ordine in cui comparvero i suoi poteri, decidendo poi, che sarebbe partito dal fuoco, seguito dall'aria, l'acqua e per ultima, la terra. Portò quindi le mani sotto il mento pensando alla rabbia e al dolore che provò molti anni addietro, alla morte della madre, all'incendio che divampò partito dalle sue ancora paffute e innocenti manine. Pensava che ogni potere era controllato dalla rispettiva emozione, ed effettivamente funzionava così, ma si sa che la rabbia ed il dolore, non portano da nessuna parte. Avrebbe dovuto pensare alla passione e all'energia, alla tenacia ed al coraggio, ne era cosciente. Fu così, che il primo tentativo, scatenò fiamme incontrollate che avrebbero bruciato tutto e lo avrebbero fatto scoprire.

Mi devo concentrare. Strizzò gli occhi pensando e cercando di concentrarsi.

Pensa Sherlock, pensa....cosa ti procura emozioni positive e forti allo stesso tempo? quando ho mai provato vere emozioni? chi le scatena?.

Si riscosse non appena arrivò alla risposta, spalancando gli occhi di colpo e sussurando -è John....-.

John

John

John, mi ha sorpreso sin dall'inizio. È passato pochissimo tempo, eppure mi fido ciecamente di lui. Lui è la mia energia, la mia passione. John è il mio coraggio e la mia spalla.

John

John

John

A poco a poco, le fiamme divennero lunghe fruste infuocate e facili da governare, che rendevano semplici e fluidi i movimenti di Sherlock. Quest'ultimo, sconvolto nell'esser finalmente riuscito a domare i propri poteri, arrestò l'afflusso d'energia spegnendo le fiamme e tornando a sedersi di fronte alla finestra. -John....sei fantastico anche quando non sei fisicamente con me -. disse alzando una parte della bocca in un tenero e sghembo sorriso. Poi aggiunse tra se e se un torniamo al lavoro.

Fu così tempo dell'aria.

Prese i libri e li impilò con cura davanti a se, facendoli diventare una colonna alta quasi quanto lui, poi iniziò a riscaldarsi facendo oscillare, senza mai far cadere, a destra e a sinistra, i libri con piccoli vortici d'aria. Finito il riscaldamento, salì in cima al più alto mobile della stanza e, pensando a John, si lasciò cadere cercando di restar sospeso. Sherlock Holmes era sempre stato un genio nel far praticamente tutto, a parte governare i propri sentimenti, di conseguenza non c'era da stupirsi se gli veniva tutto al primo colpo. Volare, non era mai stata una di quelle cose. Certo! volare con le ali delle trasformazioni, si, ma con il dominio dell'aria, non proprio....

Ce l'aveva fatta, grazie ad un unico pensiero, ci era riuscito senza stamparsi neanche una volta sul pavimento...era incredibile.

 

Dopo una decina di minuti di volteggi per imparare bene le tecniche, decise di provar a lanciare le temute “lame d'aria”, chiamate così dai paesani, in caso gli servisse attaccare con quel potere. Anche questo fu abbastanza facile, senza contare quei due o tre libri a fettine ormai giacenti sull pavimento. La stessa cosa successe nel provare a gestire l'acqua contenuta nel tè e con la terra del giardino oltre le mura (sempre tramite la trasparente finestra), che faceva separare e compattare, salire e scendere, fino a raggiungere la maestria adeguata. Poco prima di esser scortato a cena obbligatoria con il re Moriarty, si appuntò mentalmente le emozioni e le cose positive che avrebbero scatenato i poteri.

Fuoco – passione, tenacia, coraggio, energia = pensare al fisico di John.

Aria – libertà, spensieratezza (per quanto possibile), il vento = pensare al sorriso di John

Acqua – tranquillità, lasciarsi trasportare, il mare = pensare agli occhi di John

Terra – gioia, vita, istinto protettivo e il sole = pensare ai capelli di John.

 

P.S= riassunto....pensare John intensamente.

 

Chiuse i pensieri in una stanza speciale e colorata, poi si alzò con lentezza per raggiungere Sebastian e andare a cenare. Ripercorsero metà del castello, dato che la sala da pranzo non era mai vicino alle cucine, arrivando a destinazione esattamente 2 minuti e 52 dopo la partenza. -oh Sherly caro....ho una bellissima notizia per te – sorrise malvagio il sovrano, saltellando mentre veniva in contro all'ospite sopraggiunto nella sala. -non ho fame, gradirei tornare nelle mie stanze -. disse spiccio lo spilungone un po' agitato dalla frase di Jim. - giuro che ti piacerà. Bhè, io te la dico lo stesso ahahahah. Il tuo giocattolino è a casa di una donna di paese di nome Mary. Vedessi quanto è felice. Sai...hanno bevuto qualcosina e poi lui l'ha accompagnata a casa, è proprio un gentil ragazzo. Magari non verrà neanche a cercarti. Uff che noia però -. ridacchiò il sovrano intravedendo per un secondo nello sguardo dell'altro tristezza e gelosia. -non sono affari miei con chi si vede di notte John e neanche tuoi. E poi, se non verrà è meglio, no? -. constatò il riccio prima d'aggiunger – tutto qui? Posso tornare nei miei alloggi? -. un'altra crudele risata provenne dal re. -speravo mi facessi un po' di compagnia, ma se insisti....buona notte Sherly caro, e sogno d'oro. -.

Holmes uscì dalla sala come era entrato, con Moran alle calcagna, dirigendosi nuovamente nella sua stanza senza fiatare, rimuginando su quello che gli era stato detto da Moriarty. Sherlock sapeva che John aveva tutto il diritto di fare della sua vita quello che voleva, dopotutto, non erano legati da altro che semplice amicizia, ma la cosa lo distrusse. Si sdraiò non appena entrò nell'ormai fredda e apparentemente bianca camera  rimanendo sveglio per tutta la notte.

 

 

 

 

Il carro era dunque giunto al controllo appena dentro le mura che circondavano l'immenso castello, dove John, fortunatamente, non venne notato. Le guardie guidarono poi, fino al piazzale davanti alle stalle e scesero per andarsi a riposare. Nel frattempo, il biondo, ne approfittò per far sbucare la testolina e osservare la via più sicura da prendere per poter entrare finalmente e salvare il suo sociopatico preferito.

Scese senza far rumore con la luna come complice, coperta da grigie nuvole, per dirigersi dietro a cumuli di fieno, cercando di trovar le scale che avrebbero portato alle cucine. Da lontano, un piccolo gufo, osservava la scena. Un passagio aperto fu addocchiato dal soldato che, prontamente, calcolato il percorso, ci si fiondò senza tante cerimonie. - oh cazzo...q-queste non sono le cucine...- un attimo indeciso sul da farsi, e scioccato dal fatto di trovarsi tra guardie dormienti, non vide subito che, oltre la marea di corpi orizzontali, c'era una porticina che portava certamente all'interno del vero e proprio palazzo. Si riscosse appena prima del risveglio di una delle guardie, sgattaiolando velocemente fino alla porticina. La richiuse delicatamente seguendola con lo sguardo, ma appena tornò a guardare la strada davanti a se.....- ciao, John. Di sicuro non mi conosci, ma io so tutto di te.- lo sorprese la figura parlante, alta ed elegante. -l'unica altra persona che ha detto così, ha finito per ricredersi -. sputò aspro Watson, con le scintille negli occhi e la schiena dritta in segno di sfida. - mi presento allora. Jim Moriarty, il tuo re, il re di tutto e tutti -. lo sguardo allibito e rabbioso che apparve sul volto di John, era indescrivibile. Fece per tirargli un pugno sul naso, ma si trattenne vedendo le guardie già pronte a freddarlo, ma chiarì -tu non sei il mio re! -.
Una malvagia risata sfuggì a Jim prima di impartire l'ultimo ordine della giornata -portatelo nelle mie stanze -.ghignò malizioso.






note
premetto che odio Mary e quindi farà una brutta fine muahahahah.
il bianco indica la freddezza, cioè triste o zero sentimenti.
grazie a tutti della lettura :)

   
 
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