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Autore: chelestine    07/01/2015    4 recensioni
"I'm down in the deep deep freeze,
what was I thinking of...
In the painful breeze,
by the frozen trees,
with a heart disease called love."

John Cooper Clarke
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Matt Helders, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno, buonasera, buonbuon (soprattutto buon anno, carissimi) a tutti. So di essere molto, molto in ritardo con la pubblicazione
di questo capitolo, ma purtroppo ho paura che da qui in avanti i tempi di pubblicazione saranno molto rallentati, causa Università. Vorrei 
chiarire che non ho alcuna intenzione di smettere di scrivere - e se mai la avessi, lo farei presente, senza lasciare il tutto così a metà -.
Il capitolo in sé non è stato facile da scrivere, forse perché il primo con una presenza così scarsa di  Alex ed una paura che la
protagonista femminile non fosse già abbastanza completa da reggere la scena da sola. Spero che il capitolo non vi annoi, perché in fondo
è forse uno di quelli che mi sono divertita di più a scrivere. Infine, ringrazio tutti, tutti tutti. Chi si è fermato a leggere, chi ha trovato il tempo
e la voglia di lasciare una recensione, e chi segue in silenzio. Grazie grazie grazie, perché mi regalate dei sorrisi. 

 

9. 23rd

 
It doesn't pay to help him
he's somewhere else
Tell 'im - you can't tell him
He's a fool to himself
"What's in it for me" - you know the kind
Always saying "Why?"
Two weeks behind
He doesn't try 
 
Aveva conosciuto Alana e Sunny – non le aveva mai detto il suo vero nome – grazie a Margareth: la prima era un'amica di vecchia data, anche lei inserita nel mondo della musica e sulla trentina; Sunny era la cugina di Alana, ed aveva 26 anni, esattamente come lei.
« Caleb Followill?! Mi stai dicendo che Caleb Followill non è “affascinante”?? » Andy rise di gusto, osservando il volto di Sunny arrossire a causa della foga, Margareth la fissò negli occhi.
« Non dal vivo, almeno. » commentò la bionda bevendo dal bicchiere in vetro il vino rosso che le quattro si stavano dividendo.
« Senti se è perché è sposato, è trascurabile. Voglio dire, ha quegli occhioni azzurri.. Ed una voce da brividi. » Andy rise di nuovo, scuotendo il capo. Sentiva la testa leggera, forse aveva bevuto troppo. « Che hai da ridere, inglesina? Anche tu non sei una fan? » le chiese con un sorriso.
« Sono una fan. Ma ho sempre preferito il bassista. » commentò lei alzando un sopracciglio. Alana la indicò annuendo vivacemente; era d'accordo, e stava bevendo della coca cola, a differenza delle altre. « Jared Followill è il pacchetto completo: simpatico, bello come il sole, bassista, e dunque ignorato dalla massa, e un po' testa di cazzo.. E' sexy. » concluse mentre i suoi zigomi arrossivano senza il suo consenso. Margareth la guardò divertita alzando un sopracciglio.
« Da quando preferisci i bassisti? » le chiese accavallando le gambe, sulla grande poltrona del suo salotto.
« In questo caso, preferisco il bassista. » specificò Andy affondando il volto nel bicchiere di vino per impedire al suo volto di arrossire maggiormente, o sperando almeno che le altre ragazze non lo notassero. L'aria calda di Giugno si insinuava nelle finestre aperte, ed accarezzava i capelli sciolti delle donne, traghettando le risate da una bocca all'altra.
Don't don't don't don't.. Don't yoou, forget about me!! Andy scosse la testa velocemente, guardandosi intorno.
« E' il mio, sarà Jay, di nuovo. » Si alzò spostandosi in cucina, cercando con furia il cellulare nella piccola borsa a tracolla in cuoio. « Rompipalle, dove ti ha lasciato quella macchina maledetta stavolta.. » mormorò rovistando. « Pronto?? » chiese velocemente, temendo che la chiamata si fosse già interrotta.
« Pronto? » ripeté una voce dopo la sua.
« Pronto. » disse di nuovo Andy, confusa anche dall'alcool.
« Andy? » chiese una voce che non aveva mai sentito, non al telefono, almeno.
« Pronto. Chi parla? »
« Alex. » una parola, un nome. Sbarrò gli occhi poggiando una mano sulla cucina in legno. Rimase in silenzio per qualche secondo, all'altro capo del telefono solo un brusio lontano.
« Alex chi? » era ubriaca, e fingere ignoranza le sembrava una mossa davvero intelligente. Lui rise, perché lo sapeva. Rimase in silenzio e non le rispose. Andy ticchettò le dita sulla cucina, indecisa sul da farsi; non si sentivano oramai da due mesi: dopo aver provato a mandarsi messaggi di tanto in tanto per un mese, entrambi avevano lasciato che la distanza si insinuasse in quel rapporto con una base troppo fragile per reggere il peso di tanto tempo, troppo tempo. « Ciao Alex, come stai? » mormorò con tono colpevole poi. Lui rise ancora, stavolta sembrava meno nervoso.
« Sono stanco, Andy. Stanco ed ubriaco. E solo, mi hanno lasciato da solo. » Andy ridacchiò. Non aveva idea di dove fosse, e forse non voleva neanche saperlo; però la rincuorava sapere che anche lui versava nelle sue stesse condizioni.
« Chi ti ha lasciato da solo?? » chiese divertita.
« I miei amici, Andy. » Sembrava scocciato, ma allo stesso momento confuso. « Dove sei? » chiese all'improvviso, quasi potesse raggiungerla.
« Sono a casa di Margareth, con delle amiche. » rispose guardandosi attorno, con la paura di vederle spuntare da dietro la porta.
« Sto pensando a Last Nite degli Strokes. »
« Sei ad una festa. » convenne lei, con un sorriso: si ricordava. Anche lui sorrise.
« Andy sono curioso, mi pensi? » le chiese senza una particolare intonazione della voce se non quella dell'alcool che aveva ingerito quella notte, sembrava davvero semplicemente curioso, ed il fatto che continuasse a cambiare argomento, la divertiva. Non avrebbe saputo dire se il suo girovagare fosse colpa dell'alcool, od a quell'imbarazzo che sarebbe dovuto esserci ma non si faceva sentire, per la prima volta tra loro. Non si sentivano da mesi, eppure dopo pochi secondi di chiamata, Andy ebbe la sensazione che avrebbero potuto parlarsi tutta la notte.
« Si, Alex. Ogni tanto si. » la costrinse ad ammettere il vino rosso, lui sospirò.
« Anche io ogni tanto. » una breve pausa « Ogni tanto. » ripeté, più a se stesso che attraverso il telefono. « E cosa pensi? » si morse la lingua, diveniva terribilmente egocentrico da ubriaco, equilibrando forse quella scarsa voglia di parlare di sé che aveva da sobrio, ma l'alcool non avrebbe cancellato anche quella vocina nella sua testa che lo canzonava per averle appena fatto una domanda simile.
« A dove sei, sei stai bene. Quella notte.. Qualche volta mi chiedo se stai usando le parole che hai usato con me con qualcun'altra. » confessò a causa dell'alcool la ragazza. Stavolta fu lei a sospirare.
« Perché hai quest'idea di me? Cos'ho fatto per farti pensare di aver delle frasi già preparate da tirar fuori con le donne? » Le chiese con un piccolo broncio sul volto. Era seduto su un divanetto in pelle nero, all'interno di un locale. Era molto tardi, troppo tardi; avrebbe voluto aver la forza per andare a casa, ma non voleva rimanere da solo. Andy rise, di gusto.
« Non lo so, Alex! Hai fatto sesso con la mia coinquilina? E poi con me? » gli rispose divertita.
« Non le ho chiesto se aveva perso qualcosa. » mormorò colpevole, spostandosi sul divanetto per poggiare la testa su una mano, stanco.
« Perché probabilmente non l'aveva perso. » commentò lei con un sorriso.
« Tu si? » Chiese sorpreso, un leggero sospiro.
« Ho perso tante cose, Alex. » Andy guardò la sua mano, poggiata sul fianco, coperto da un jeans chiaro. « Sembrava troppo melodrammatico. » Risero assieme, prima che tra i due ritornasse il silenzio. « Quindi? Riusi le frasi o no, Turner? » lo stuzzicò, con un sorriso.
« Ma con quante donne credi che dorma? Sembra che abbia perennemente le possibilità di portarmi a letto qualcuno! Frena.. Oddio, non so il tuo cognome?! » Alex sembrava estremamente stupito da quella nuova scoperta. Pensava di conoscerla, non sapeva neanche il suo cognome; nell'ubriachezza, fu una doccia fredda.
« Stonem. » rispose con calma la ragazza.
« Frena, Stonem!» concluse con una voce leggermente più alta. Andy rise. La verità era che non le importava molto se il ragazzo avesse riusato le stesse frasi usate con lei; o almeno, non le importava sino a quando riuscivano a non perdere quella strana connessione che parevano avere, per quanto apparisse un lunghissimo, seppur fragile, filo elastico.
« Ti stai divertendo? Va tutto bene? » lo sentì di nuovo sospirare.
« Andy è così.. difficile. In tour è così difficile.. Non lo so, rimanere con i piedi per terra, capisci? E' tutto così veloce, ed esagerato.. Non è la vita reale, ma è facile confonderla per essa.. » fece una pausa, ed Andy si sentì tremendamente in colpa per avergli fatto una domanda così banale. « E' ovviamente quello che più amo fare, ma questo tour mi sta mettendo alla prova. Mi sento un coglione. » concluse con semplicità, forse era il finale che già si era prefissato.
« O forse sei solo ubriaco. »
« Sono anche ubriaco, ma in primis sono un coglione. » Andy non poté fare a meno di sorridere.
« Hai combinato qualcosa? Vuoi confessarti? » gli chiese con dolcezza, portando indietro i capelli castani con la mano libera, impreziosita da un paio di semplici anelli che aveva comprato un paio di settimane prima ad un mercatino indiano.
« Non so se.. Cioè sarebbe strano. » mormorò, con un accento talmente forte che Andy ebbe delle difficoltà a capirlo. La ragazza serrò la mascella, e decise di non fare l'errore che già una volta aveva commesso: voleva mostrare a se stessa che aveva imparato.
« Se sono problemi con una ragazza, non voglio che me ne parli. So che può sembrare maleducato, ma non sono disposta a farti da amica per quanto riguarda altre donne. Non adesso, almeno. » Lo disse tutto di un fiato, chiudendo gli occhi. Alex rimase in silenzio.
« Capisco. Neanch'io vorrei che mi parlassi di altri uomini, sarebbe imbarazzante. » Andy tirò un sospiro di sollievo, aveva paura che prendesse le sue parole come sintomo di una gelosia ingiustificata, voleva semplicemente essere onesta. Non erano abbastanza intimi da poter parlare di relazioni, specialmente dal momento che l'ultima volta che si erano visti avevano passato la notte assieme.
« Dunque hai problemi con una ragazza. » dedusse comunque la ragazza dal suo silenzio.
« Si, ma non è come pensi. » biascicò lasciandosi andare sul divanetto, con uno sbuffo quando il rigido schienale incontrò la sua schiena, coperta da una camicia bianca, sbottonata più dal dovuto. « Ho problemi con un po' tutto. Con l'alcool, come avrai capito. » Andy sorrise, scuotendo la testa. « Con la scaletta, Andy. Ho problemi con la scaletta, come faccio a scegliere ogni sera tra Crying Lightning e My Propeller? Eppure, tutte le sere scelgo tra i miei figli. Ne lascio uno a casa. Piange. » Risero insieme, il tono melodrammatico di Alex aveva alleggerito l'atmosfera e adesso il ragazzo si guardava attorno ridendo; come poteva dimenticarsi così spesso di quanto era fortunato?
« Sceglierei My Propeller. Tutte le sere. » ammise lei con un sospiro, ed un sorriso accennato.
« Perché ti piace fare porcherie!» commentò ironicamente il ragazzo con un tono alto. Andy sbarrò gli occhi, arrossendo, era incredula.
« Scusami?! »
« Non ti scuso, Stonem. Mi scegli tra i figli, me li rovini. » Andy rise di gusto.
« Ma che hai da ridere inglesina? Ti sentiamo dal salotto! » esordì Sunny aprendo la porta di cucina velocemente, uno sguardo indagatore ed un sorriso sin troppo furbo. L'intervistatrice arrossì di colpo, specialmente quando si trovò a pensare alla risposta “Niente, mi faccio due risate con Alex Turner”. Ma chi le avrebbe creduto? Solo Margareth. Decise di divertirsi.
« Niente, mi faccio due risate con Alex Turner! » disse stringendosi nelle spalle con un sorriso. Sunny socchiuse gli occhi, sorprendendola: si aspettava semplicemente una sonora risata.
« Con chi parli? » chiese pacatamente il ragazzo all'altro capo del telefono. Aveva chiuso gli occhi e si stava rilassando sul divanetto del locale praticamente vuoto.
« Un'amica. » disse velocemente, studiando la reazione dell'amica.
« Salutala » biascicò sbadigliando.
« Ti saluta » disse allora Andy all'altra, con un sorriso furbo.
« Si beh risalutalo e digli che se non si impegna per un concerto decente ad LA a Settembre mi impegnerò personalmente io, ad evirarlo. Adesso andiamo, quella rompipalle di Alana vuole tornare a casa, domattina lavora. » commentò ironicamente Sunny, chiudendo la porta della cucina. Non le aveva chiaramente creduto, anche se il suo tono era incerto, dunque avrebbe probabilmente chiesto conferma a Marg prima di dare tutto per scontato.
« Quindi.. devi andare. » mormorò Alex assonnato.
« Si. Starai bene? Ce la fai a tornare all'albergo o quello che è? » Andy sorrise tra sé e sé, si sentiva sua madre. Anche lui sorrise, stupito dalla sua premura. Quando aveva composto il suo numero si era aspettato almeno un po' di freddezza da parte sua, e forse lì risiedeva il vero motivo per cui non l'aveva chiamata per più di quattro mesi. Era facile scordarsi la persona reale che giaceva dietro l'immagine fittizia di giorni e giorni di silenzio; Andy nella sua mente era diventata questa donna indipendente e sicura di sé che probabilmente si era già scordata di lui, contrariata dall'atteggiamento da bambino che aveva tenuto nei suoi confronti; alle volte si era anche chiesto se fosse rimasta insoddisfatta della nottata di sesso passata insieme, magari non voleva più vederlo per quel motivo. Magari voleva frequentare uomini, e non ragazzi. « Alex stai bene? Non ti sei mica addormentato? » chiese con un tono divertito. Lui ridacchiò, passandosi una mano sul volto stanco.
« E chi si è mai svegliato.. » sussurrò più a se stesso che alla sua interlocutrice. Andy, d'altro canto, poteva sentire le ragazze affaccendarsi in salotto, ed Alana dopo pochi secondi entrò nella stanza per mettersi il proprio cappotto. La guardò con un sorriso dolce.
« Ti dispiace se andiamo tesoro? Domattina devo lavorare presto. » I capelli color pece della donna riflettevano la luce della cucina, ed Andy le sorrise scuotendo energicamente la testa.
« Ci sentiamo allora! » disse velocemente la ragazza a telefono, con un tono allegro.
« Ci sentiamo Andy. Stammi bene. »
« Anche tu. »





« Jay, c'è Monica al portone. » Ancora. Pensò tra sé e sé. Era quasi una settimana che ogni giorno l'ex-ragazza di James si presentava al loro indirizzo e lo implorava di tornare con lei. Lui non le apriva la porta, dunque si urlavano – uno dalla finestra e l'altra dal marciapiede – per quasi mezz'ora prima che lei decidesse di passare almeno un'ora della sua giornata seduta davanti al loro portone, in segno di protesta, almeno così lo interpretava Andy.
« Quella stronza.. » borbottò James passandole accanto in corridoio. Andy annuì distrattamente, più o meno era quella la reazione di base che il suo coinquilino aveva ogni giorno. Quando la ragazza si era trasferita in Italia, era venuto fuori attraverso i social network che non aveva lasciato il paese per una vacanza di studio, bensì si era innamorata di un italiano e convivevano, a Siracusa. James aveva avuto il cuore spezzato per mesi. Poi, la stronza, il 13 Luglio era tornata: pentita, nostalgica, depressa, a baciargli i piedi. Il ragazzo stava tentando di resistergli con ogni mezzo – primo tra tutti, la distanza fisica – nonostante lo trovasse sempre più difficoltoso giorno dopo giorno. « Vattene dal mio portone!! BARBONA MALEDETTA!! » Andy alzò le sopracciglia cercando di non ridere, allontanandosi dal corridoio che sapeva si sarebbe presto trasformato in una curva da stadio. Passando di fianco alla porta di camera di James, socchiusa, la catturarono delle note sin troppo familiari. “Da quando ascolta gli Arctic Monkeys? Ecco dov'è finto il mio cd di Suck it and See.” Non poté fare a meno di scrivergli perché non voleva fare a meno di scrivergli.

 
Ti senti come un “sundance kid behind a synthesiser” * anche oggi? La vita è dura, Turner.
 
Lasciami in pace, Stonem. Neanche ti spiego cosa vuol dire... Troppa poesia, troppa arte.
;)

Scusa, Baudelaire.






Il negozio di fianco agli studi della KROQ incarnava tutto ciò che aveva sempre desiderato in una caffetteria, e non perdeva occasione di ricordarlo a se stessa, fermandovisi ogni volta che poteva. Non era il tipo di bar al quale precipitarsi per prendere dei caffè da asporto, ma uno di quei piccoli spazi che esistevano solamente nei film; interamente in legno, pieno di oggetti vintage (alcuni di essi erano in vendita), non più di una mezza dozzina di sedute ed un odore che faceva desiderare ad Andy di fermarsi a leggere un libro e dimenticare di essere in una delle città più caotiche al mondo per lunghe, infinite ore. Trovava incredibile che ci fossero sempre delle sedie vuote, che così poche persone avessero il tempo o la voglia di fermare l'orologio per un pomeriggio e concedersi una rilassante seduta di egoismo. Era proprio ciò che aveva in mente quando vi si fermò dopo il pranzo offertole dal proprio capo, che iniziava ad apprezzare il suo lavoro, specialmente da quando le faceva scrivere le interviste, piuttosto che condurle in prima persona. Il vestito color crema che aveva indossato la mattina si sposava perfettamente con l'ambiente, e si rese conto di averlo indossato con la speranza di capitarvi nel pomeriggio. Le spalline semplici e fini erano coperte dall'immancabile giacchetto di pelle color cuoio, e i motivi ricamati della gonna larga le sfioravano le gambe nude appena sopra il ginocchio.
« Salve. Prendo un cappuccino e.. per caso avete i muffin alla carota dell'altra volta? » chiese con un sorriso, riconoscendo la commessa con la quale si era fermata a parlare circa due settimane prima.
« No, li finiamo presto al mattino perché in cucina non ne fanno molti. Li abbiamo al limone però. » le rispose gentilmente. Andy annuì rallegrata, forse addirittura li preferiva.
« Allora prendo uno di quelli. Non è un problema se mi siedo, vero? » disse la ragazza voltandosi verso i tavolini in legno vuoti.
« Assolutamente, prego. La servo al tavolo. » Andy le sorrise, riconoscente. C'era qualcosa che la colpiva profondamente dei pomeriggi come quello: tutto sembrava incastrarsi perfettamente; o forse era il suo stato d'animo grazie al quale riusciva ad apprezzare maggiormente le piccole cose: la lavorazione del legno, il raggio di sole, il sorriso della commessa che di fatto non era dovuta ad essere così cortese con lei, il rumore della macchinetta del caffè. Si sentiva quasi in colpa per essere così schifosamente serena ed in pace con se stessa. Tirò fuori dalla borsa il taccuino che si portava perennemente dietro ed iniziò a controllare le interviste della successiva settimana, desiderosa di finire velocemente il lavoro per potersi perdere nel romanzo di Fitzgerald, Gli Ultimi Fuochi, che Margareth le aveva regalato per il compleanno, una settimana prima. Era sempre stata affascinata dagli anni '20 americani, e dopo aver letto Belli e Dannati ed Il grande Gatsby si era convinta che se avesse letto solo un altro romanzo di Fitzgerald avrebbe finito per non respirare sino a quando non avesse letto tutto, dell'autore americano. E Margareth aveva deciso di farle il regalo di un libro che in realtà ne rappresentava altri dieci.
Non ci volle molto prima che la cameriera le portasse la sua ordinazione; si salutarono con due sorrisi – uno di cortesia, e l'altro di ringraziamento – lasciandosi in religioso silenzio. In realtà, in sottofondo, c'era sempre della musica ricercata, che Andy raramente conosceva, ma che gli sarebbe piaciuto conoscere, ed un paio di volte si era fermata a chiedere informazioni ai camerieri. Ma quella volta, incredibilmente, alzò la testa. La conosceva. Non riuscì a non sorridere. I The Shins. Quindi? Dov'è la verità? Tutto si incastra, o sono io a volerlo incastrare? Si rimise a lavorare gettando uno sguardo al muffin, sembrava delizioso, come sempre. Avrebbero intervistato Julian Casablancas, e non riuscì a non pensare ad Alex. Non si sentivano da più di due settimane, ed anche l'ultima volta si era trattato di un paio di messaggi, ma la ragazza si era oramai abituata; ed ogni messaggio, si convinceva fosse l'ultimo. Sospirò. Incastra, incastra, incastra. Non ti far incasinare il pomeriggio.
Riuscì a finire il lavoro in meno di una ventina di minuti; bevve il cappuccino freddo, e prese un morso dal muffin, senza usare la piccola forchetta poggiata sul piattino bianco in ceramica. Tirò fuori il libro. Non l'aveva ancora aperto, l'aveva solo osservato ed adorato dall'esterno: l'edizione regalatole da Margareth era, secondo Andy, una delle migliori che avessero fatto di qualsiasi libro; ne era semplicemente innamorata. Si perse nell'introduzione, riguardante la vita di F.S. Fitzgerald ed in pochi minuti si ritrovò immersa tra le pagine del romanzo. Gli Iron & Wine la sorpresero, cullandola tra le parole.
« Ti ho già vista qui. » Una voce bassa e roca, maschile, virile. L'accento, sfacciatamente scozzese. Andy alzò lo sguardo confusa, chiedendosi se il ragazzo si riferisse a lei.
« Scusa? » Inclinò appena la testa, le mani ferme sul libro poggiato al tavolo solo dalla sua costola, e la schiena poggiata sul morbido intrinseco creato dal legno intrecciato sullo schienale della sedia. Il ragazzo le sorrise, imbarazzato. Abbassò lo sguardo sul tavolo.
« Non è la prima volta che ti vedo qui. » ripeté con un sorriso sbilenco, ed una fossetta gli si formò sulla guancia destra. Andy sorrise a sua volta, aggrottando le sopracciglia.
« Non è la prima volta che ci vengo. » gli rispose guardandolo negli occhi con calma.
« Quindi è la prima volta che tu vedi me. » di nuovo quel sorriso. Non sembrava dispiaciuto, poggiando la mano sullo schienale dell'altra sedia, di fronte a lei. Andy si morse l'interno delle labbra, osservandolo per qualche secondo: non era molto alto, forse un paio di centimetri più di lei, ma non con gli stivaletti. La prima cosa che notò, furono gli occhi – impossibile non notarli – pensò. Erano enormi, e di un color cioccolato che raramente aveva visto; le ricordarono quelli di Alex, ma quelli di Alex erano più scuri, più profondi, pieni di problemi, e di tutte le soluzioni. Gli occhi del ragazzo erano contornati da piccole lentiggini, che con il naso a patata rendevano il volto fanciullesco, eppure le labbra piene e pronunciate, e quelle sopracciglia così folte e dritte lo rendevano stranamente interessante; quantomeno memorabile. Andy gli sorrise e gli zigomi si gonfiarono in piccole palline rosate.
« Tendo a distrarmi. » gli rispose per poi guardarsi attorno, sperando di non infastidire nessuno con la loro conversazione. Lui seguì il suo sguardo incuriosito, accertandosi che nessuno li guardasse torvi.
« Sono Benjamin, Ben. » le disse con il solito sorriso sbilenco allungando il braccio.
« Andy, piacere di conoscerti. » rispose stringendogli la mano.
« Piacere mio. Vado.. a sedere. » disse inclinando la testa il ragazzo, ed indicando un tavolo poco distante. Andy rimase sorpresa, piacevolmente. Era raro che dopo essersi presentato, ed aver manifestato una qualche sorta d'interesse un ragazzo semplicemente, se ne andasse; se non altro Benjamin era stato educato. Annuì appena, mentre lui si voltava salutandola con un cenno goffo della mano. Il giacchetto di jeans, che come ultimo strato dopo una camicia a quadri rossa e nera ed una maglietta bianca lo copriva, gli dava un'aria ancora più giovane. Andy si morse il labbro divertita, dai suoi movimenti era chiaro che si sentisse osservato, ma a lei non dispiaceva guardarlo sedersi, dandole le spalle. Fu colta alla sprovvista dalla vibrazione del telefono mentre lo fissava, e quel suono sordo parve far più rumore della loro conversazione; Benjamin si voltò a guardarla divertito, scuotendo la testa. Andy arrossì cercando con foga il telefono, poggiando il libro sul tavolo. Figure di merda, incastra incastra incastra cogliona!!
Premette con violenza il tasto centrale del suo samsung, facendo cessare la vibrazione avviata dai messaggi in arrivo. Evitò di alzare lo sguardo, per paura di trovare ancora gli occhioni di Benjamin a prenderla in giro, con quel barlume di luce nell'iride. Era Miles, le aveva scritto 5 sms.

 
Dove sei? Sono a LA.

Non riesco a rintracciare Marg. Siete insieme?

Ci becchiamo una di queste sere? Ti devo far conoscere i Mumford, te l'avevo promesso.

Comunque Dan Auerbach non ti odia

Ci sto parlando adesso

Andy cercò di trattenere le risate, ma era difficile, immaginandosi Miles con le sue lunghe dita premere quei minuscoli tasti così compulsivamente, inviando più messaggi al posto di uno soltanto. Era la prima volta che le scriveva, quelle due volte che si erano sentiti lui l'aveva chiamata, per poi inondarla di domande in pochi secondi, come, in fondo, aveva fatto con i messaggi. Inoltre il pensiero che il chitarrista dei Black Keys non la odiasse la rasserenò; ogni tanto pensava ancora alla pessima intervista che aveva condotto con loro. Che figura di merda. Impostò il telefono sulla modalità silenziosa e lo rimise nella borsa a tracolla color cuoio, decisa a chiamarlo mentre sarebbe tornata a casa, in vivavoce in macchina. Almeno qualcuno le avrebbe fatto compagnia. Combatté l'istinto di guardare Benjamin, e riaprì il libro.
Le ci vollero diversi minuti per riuscirsi a concentrare nuovamente ed arrivare a non finire una pagina senza aver compreso una sola parola; ma riuscì a riniziare a leggere in qualche modo. Non era mai riuscita ad interrompersi a metà pagina; doveva arrivare alla fine del capitolo, ed alla fine del III, decise che era l'ora di porre fine alla sessione d'egoismo. Con un sospiro chiuse il libro, ponendolo nella borsa, e scoprì con amarezza che aveva finito tutto il muffin senza accorgersene, mentre leggeva. Adesso incastra il muffin sui fianchi, Stonem. Si alzò contrariata passando la borsa sulla testa per posizionarla sulla spalla ed avvicinandosi al bancone. Aspettando che la cameriera tornasse dalla cucina, notò la nuca di Benjamin, a pochi passi da lei. Sorrise, e si schiarì la gola. Il ragazzo si voltò, con uno sguardo talmente furbo che Andy non ebbe dubbi nel pensare che lui già sapesse.
« Ti ho già visto qui. » disse lei inclinando la testa e socchiudendo gli occhi, fingendo di studiarlo. Benjamin sorrise, stavolta in maniera generosa, e le fossette si formarono su entrambe le guance.
« Te ne vai? » le chiese poggiando un avambraccio sullo schienale della sedia e voltandosi di tre quarti. Lei annuì con un cenno della testa. « Ti va di vedermi qualche altra volta qui? » le chiese sorridendo, spavaldo. Anche Andy sorrise.
« Nel senso osservarti la schiena? » domandò alzando le sopracciglia.
« Sempre meglio di essere disturbati dalla suoneria di qualche cafone! » le rispose ironicamente.
« Molto simpatico. » commentò con un sorriso falso, per poi voltarsi verso la cameriera, appena tornata. « Ah! Ho preso.. un cappuccino ed un muffin. » le disse tirando fuori dal portafoglio i dollari. Dopo aver pagato, ripose malamente lo scontrino nella tasca del giubbotto, un'abitudine che aveva praticamente da sempre. Benjamin si era alzato per mettersi in coda dietro di lei. Le sorrise, per salutarla.
« Giovedì prossimo? » chiese con nonchalance Andy, fingendo di essere pienamente cosciente e per niente imbarazzata dalle proprie parole, rovistando tra la borsa un oggetto inesistente. Ben, sorpreso, alzò le sopracciglia, guardandola.
« Eh? » si lasciò scappare confuso, sperando che ripetesse. « Cioè, voglio dire ok. Ok, Giovedì prossimo. Ciao Andy. » lei annuì, imbarazzata. Continuando a non guardarlo.





« No.. » le sfuggì dalle labbra mentre tentava di coprirsi il volto, scendendo dalla macchina. « Ti prego nonono.. » sbatté lo sportello e cercò di avviarsi il più in fretta possibile verso il portone.
« Andy! » Cazzo! Le chiavi le chiavi le chiavi. «Andy!! »
« Monica!! » rispose finalmente con un tono fintamente amichevole la ragazza.
« Ti ho chiamata due volte » le fece notare la brunetta californiana.
« Non ti ho sentito stavo.. ripetendo. » disse annuendo Andy, cercando di non guardarla. Aveva sempre pensato che avesse uno sguardo da folle, ma adesso sapeva che era una pazza fatta e finita.
« Ah. Posso entrare? » Andy si fece indietro, fissando il pavimento.
« Non lo so Monica è meglio di no.. Credo sia meglio di no. » rispose piano, guardandole di tanto in tanto la pancia, per paura di capitare per sbaglio su quegli occhi verdi da furia omicida. Se avesse vissuto la situazione dall'esterno sarebbe scoppiata a ridere; purtroppo sapeva che Monica non l'avrebbe lasciata in pace sino a quando non l'avrebbe fatta salire nel loro appartamento, e lei non poteva fare una cosa simile a Jay.
« Andy, per favore! Devo parlargli, posso spiegargli qualsiasi cosa. » La ragazza scosse energicamente la testa.
« Monica è più di un mese che vieni qui quasi tutti i giorni.. » tentò di farla ragionare Andy
« Andy! » la chiamò una voce familiare. Alzò lo sguardo sorpresa. James la stava aspettando alla porta, ignorando completamente la sua ex ragazza. Gli sorrise, grata, camminando velocemente verso di lui. Nonostante l'ora tarda, il ragazzo era ancora in pigiama, ed una volta passata la coinquilina, si chiuse la porta alle spalle con fierezza. Andy annuì con ammirazione.
« E bravo James. » si complimentò imboccando la rampa di scale.
« Si ma muoviti prima che quella prenda a sprangate la porta. » Sospirò catartico « Ma che gli farò mai alle donne! » Andy rise con lui, sembrava davvero convinto a non concederle un'ulteriore possibilità, sicuramente non dopo aver dimostrato a tutto il vicinato quella vena di follia che avrebbe potuto esplodere da un momento all'altro. « Tutto bene oggi? »
« Sisi, te come stai? » gli chiese voltandosi per un secondo sulle scale prima di continuare.
« Hester ha cantato tutto il giorno per quel cazzo di provino e volevo morire. Poi Monica si è presentata alla sessione di urla settimanale, e allora sono morto. Voglio solo mangiare fino a scoppiare. E morire di nuovo. » Andy scosse la testa divertita dal tono melodrammatico che James dava sempre a qualsiasi cosa. « Ah, c'è Miles Kane in casa nostra. » Andy si fermò sulle scale, voltandosi confusa verso il coinquilino.
« Come? » chiese con un sorriso. E' tutto troppo surreale. James sorrise, passandole accanto ed arrivando al loro pianerottolo.
« E' arrivato una ventina di minuti fa. E' stato anche lui vittima di Monica, ma è sano e salvo. Almeno che Hester non se lo sia mangiato in questo lasso di tempo. » Andy rise di gusto, scuotendo la testa. Il suo coinquilino si fermò sulla porta, alzando le sopracciglia divertito.
« Ha una camicia a stampa leopardata. Non ci volevo credere, ma è vero. » sussurrò.

* citazione da Black Treacle

 
Finisco augurandovi nuovamente che questo possa essere il migliore degli anni e che abbiate passato delle feste
memorabili. Il prossimo capitolo spero di riuscire a pubblicarlo entro la fine di Gennaio, avendolo già in mente, ma
non prometto niente. Un abbraccione a tutti/e! 

No Way Down - The Shins: https://www.youtube.com/watch?v=aQpsI2QrAO8

Each Coming Night - Iron & Wine: https://www.youtube.com/watch?v=cNXisvrK1_o
 
   
 
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