La fuga
Leonardo Spadoni osservò per l'ultima volta il cambio della guardia. Ora sarebbero arrivati quei due cretini
che non avrebbero riconosciuto un'evasione neppure se avvertiti con anni di anticipo. Ci aveva messo sei
mesi per conoscere nei minimi particolari il giro delle ronde e ora era pronto a lasciarsi tutto alle spalle.
Era la seconda volta che finiva dentro, sempre per reati di rapina. Si poteva definire fortunato, con tutti i
colpi che aveva fatto e per la crudeltà delle sue azioni. Aveva effettuato almeno venti furti in ville da lusso e
ogni volta ci scappava il morto o qualche ferito grave.
L'ultima volta, a causa dell'incidente, gli avevano dato otto anni senza condizionale. Quella bambina,
secondo i suoi calcoli, doveva essere meno agitata. Era di solito questo il motivo per cui premeva il grilletto.
Lo avevano infastidito i suoi strilli incontrollabili. I suoi nervi, che mai erano calmi, erano entrati tensione
e aveva sparato, uccidendo la piccola rompiballe e ferendo gravemente quella zoccola della madre. Era
venuto a sapere che era morta anche lei, in seguito alle ferite. Per colpa di quelle due baldracche era finito
all'ospedale per un mese, piantonato giorno e notte dalla polizia. Il caro paparino e adorato maritino, che
Dio gli sputi in un occhio, che fino a un attimo prima cercava in ogni modo di calmare la bambina, gli era
saltato addosso, facendo rovinare entrambi giù per le scale. Si era risvegliato ammanettato al letto e con
parecchie ossa rotte. Per miracolo sia lui, che l'eroe triste del momento, non erano morti.
-Alla tua faccia di merda, crepa tu per me.- augurò al padre di famiglia, prima che lo narcotizzassero di
nuovo, per farlo stare calmo e per non fargli sentire dolore.
Lui era la calma fatta persona, certo non si aspettava che quello sfigato del suo avvocato non riuscisse
nemmeno a dargli una riduzione di pena. Gli avvocati d'ufficio dovevano andare tutti al rogo, secondo il
suo parere. Avrebbe avuto anche i soldi, ciò che aveva raggranellato fino a quel momento, per prendersi un
vero avvocato. Per sfortuna erano nascosti in un posto che non era facilmente raggiungibile dalla prigione
e non poteva mandarci altri. Non conosceva nessuno di cui fidarsi fino in fondo, e lì si sarebbero potute
trovare prove che lo avrebbero incastrato per almeno altre sei rapine con il morto e non voleva rischiare
l'ergastolo. Tanto che ora stava per sfuggire.
Non pensò mai che fosse strano che i due imbranati fossero sempre di turno quando era più congeniale la
fuga. Credette solo di essere molto fortunato.
Lenny, detto the Devil a causa della sua crudeltà, trovò interessante l'idea di un suo compagno di cella,
artista dell'ago, di farsi tatuare, appunto, un diavolo sghignazzante sul braccio destro. Oltretutto pensava
fosse un bel ragazzo e mentre questo si concentrava sul disegno, Lenny, per non pensare al dolore, passava
il tempo a immaginarsi mentre gli fotteva quella piccola bocca invitante e il culo stretto. Lo avrebbe fatto,
prima di darsi alla fuga, sarebbe stata la sua ricompensa per il lavoro che stava facendo, però preferiva che
avesse finito, non gli sarebbe piaciuto se avesse lasciato il disegno a metà.
Mentre osservava il cambio della guardia, nascosto dietro un carrello di panni sporchi, ci ripensò a Daniele.
All'inizio aveva fatto un sacco di storie il ragazzino, poi era lui che lo veniva a cercare per farsi sbattere il
buco non più così stretto e la sua bocca che ora accoglieva il suo uccello enorme senza problemi. Peccato
che la notte precedente fosse stata l'ultima per parecchio tempo in sua compagnia!
Uno squittio alle sue spalle lo immobilizzò. Un ratto, o un topo, non aveva molta importanza di chi si
trattasse, rischiava di rovinare i suoi piani. Si sentì mancare e il panico lo colse. Per un lungo attimo l'essere
immondo lo fissò, poi, un rumore improvviso, lo distolse dalla sua ammirazione e Lenny tornò a respirare.
Non riusciva a capire come poteva accadere che un uomo cazzuto come lui, si facesse spaventare da quegli
animaletti, ma poiché solo il pensiero lo terrorizzava preferiva evitarlo.
Per fortuna l'animale si era allontanato appena in tempo perché potesse riprendere il controllo di sé e delle
proprie azioni. Felice che il piccolo contrattempo non gli avesse fatto perdere il treno per la lavanderia,
poiché le due guardie, Scemo e più Scemo, si erano messi a chiacchierare con il fattorino, dandogli il tempo
di scivolare dentro al carrello dei panni sporchi. Per fortuna che la sporcizia non lo infastidiva, altrimenti
sarebbe morto di certo.
Dopo qualche minuto di battute si sentì trasportare dentro al furgone e si sentì sempre più sollevato.
Non vide le due guardie accettare un bel gruzzolo di Euro dall'uomo della lavanderia, ridendo alla sua faccia.
Lenny era sempre stato un furbo: se non fosse per il fatto che amava troppo calcare la mano, sarebbe stato
un genio del crimine. Ma non gli importava molto, si divertiva troppo della sua vita sbandata, fra droghe,
alcol, ragazzi da sbattersi senza pensieri e famigliole cagasotto da terrorizzare ogni tot. Era anche molto
fortunato. Non erano riusciti a collegarlo ad altri furti e rapine, nonostante ci avessero provato. La fortuna
sembrava quasi perseguitarlo, ma questo lo rendeva sempre più tranquillo e spericolato. Forse era anche
per questo che l'ultima volta lo avevano beccato. Giurò a se stesso che la prossima volta sarebbe stato più
attento.
Peccato per lui che forse non ci sarebbe stata una prossima volta.
Il furgone si fermò dopo un viaggio piuttosto lungo e accidentato.
-Eppure mi sembrava che la lavanderia fosse più vicino.- pensò Lenny, cominciando a preoccuparsi -Va
finire che questo stronzo approfitta del furgone per dei suoi traffici e io ci sono finito dentro. Merda!-
Si passò una mano sul cranio parzialmente rasato e con una cresta piuttosto lunga al centro. Stava sudando
per l'apprensione, per la prima volta da quando era finito lì dentro.
-Potrei essere nei guai se mi beccano qui dentro, ma non dovrebbe essere difficile convincerli che non
andrò dagli sbirri, visto che sono appena scappato di galera.-
Non sapeva se gli conveniva starsene nascosto nella speranza che nessuno lo vedesse o manifestare la sua
presenza e offrirsi come corriere o qualcosa del genere, in cambio della sua vita salvata.
Non sapeva che qualunque decisione avesse preso, il suo destino non sarebbe cambiato.
Sentì che la portiera di una macchina si apriva a si chiudeva e due uomini confabulare all'esterno. Non riuscì
a comprendere tutto il discorso, ma sentì che si parlava di un pacchetto che doveva essere consegnato. Uff,
aveva ragione, era nel bel mezzo di un traffico di qualcosa. Sperò che non trattasse di qualcuno come lui,
con il grilletto facile. Impugnò la posata che aveva strofinato fino a ottenere una lama affilata a sufficienza e
attese che la porta del furgone si aprisse. Si mise in posizione di difesa quando vide uno spiraglio di luce, ma
invece di un volto entrò una mano che cominciò a spruzzare alla cieca. Prima di rendersi conto di ciò che
stava succedendo, cominciò a sentire le palpebre che si abbassavano. Come avevano fatto a sapere della
sua presenza, non lo sapeva, ma perdendo i sensi vide che si apriva totalmente in furgone e il fattorino
della lavanderia accompagnato da un uomo con un passamontagna e un impermeabile. O una donna,
poteva essere chiunque.
“Dorme come un bambino.” disse una voce sarcastica e roca da dietro il passamontagna. “Complimenti, ti
sei meritato la tua ricompensa. La troverai nella solita cassettina, poi sarà meglio che ti dimentichi di me... e
di lui.”
“Cosa hai intenzione di fargli?”
“Sei sicuro di volerlo sapere?”
Il fattorino scosse la testa, lo aiutò a caricarlo nell'auto e se ne andò. L'uomo con l'impermeabile si diresse
verso una casa all'apparenza abbandonata e lì dentro abbandonò Lenny, ancora incosciente.
“Preparati l'Inferno si sta aprendo solo per te.” sussurrò, prima di uscire.