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Autore: SusanButterfly    08/01/2015    3 recensioni
Helen era bellissima sempre, ma illuminati dal pallido albore lunare il suo viso e i suoi boccoli biondi che le accarezzavano la schiena in una morbida cascata dorata erano quanto di più bello Aline avesse mai visto.
La carnagione nivea le conferiva l'aspetto di una dea, splendida e irraggiungibile.
E, dopo averla ammirata per un attimo che le parve interminabile, Aline si sentì ancora più triste.
Come poteva una ragazza così bella, dolce e perfetta essere innamorata di lei? Lei, che non consideravano neppure degna di portare il proprio nome.
Genere: Angst, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Aline Penhallow, Helen Blackthorn, Jia Penhallow
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Il vento faceva stormire gli alberi.

Vi era un'ironia spietata nella differenza tra la giornata e lo stato d'animo di Aline.

Il sole del pomeriggio splendeva alto nel cielo, illuminando di un barlume dorato i tetti spioventi delle case di Alicante, accentuando l'antica magnificenza della città.

Le torri di adamas riflettevano i pallidi raggi del sole, illuminandosi di un fulgore dorato che le faceva assomigliare alle aste dorate delle lance di un esercito romano.

Una leggera brezza agitava placidamente le cime degli alberi, e scompigliava i capelli della ragazza, che improvvisamente non riusciva più a godere di tutto ciò che le stava intorno.

Dopo essere passata a prendere la sua fidata giumenta Cashmere dalla scuderia dei Pennhallow, Aline si era lanciata in una furiosa corsa senza meta.

Non importava dove stesse andando, voleva solo allontanarsi il più possibile da quell'inferno.

Voleva allontanarsi da quel luogo che per sedici anni aveva chiamato casa, e che l'aveva ripudiata su due piedi, senza contare quanto potesse contare per lei.

Mentre la Città di Vetro rimpiccioliva sempre più all'orizzonte, Aline spronò Cashmere con irruenza, cosa che non avrebbe mai fatto in circostanze normali. Adorava la sua cavalla, e si arrabbiava non poco quando suo padre la prendeva in prestito per andare a caccia nella foresta di Brocelind e la faceva affaticare troppo.

Ma quelle circostanze non erano affatto normali, e la sua smania di allontanarsi era tale che nella sua mente non c'era spazio che per il suo immenso rammarico.

Dopo un'ora di sfrenata corsa ininterrotta  lungo la pianura di Brocelind, Cashmere si fermò lungo le sponde del lago Lyn, tanto improvvisamente che Aline quasi cadde per la sorpresa.

Ingiustamente, se la prese con la giumenta.

-Per che diavolo di motivo ti sei fermato, stupido animale!- gridò, e tirò un calcio nel fianco alla bestia. Quella nitrì, irritata e sorpresa, perché la padroncina non le aveva mai fatto del male, anzi, l'aveva sempre trattata come una regina, riservandole razioni extra di zuccherini e carote.

Il lamento emesso dalla giumenta ebbe l'esito di far tornare in sé la giovane Shadowhunter, che nascose il viso tra le mani, dopo aver chiesto perdono al fido destriero con una carezza.

Stremata fisicamente dalla cavalcata, e lacerata nell'animo per gli eventi della giornata, Aline cadde in ginocchio nell'erba, e si abbandonò ad un pianto disperato.

Quando era piccola e qualche suo compagno, all'Accademia per giovani Shadowhunters, la prendeva in giro, sua madre la portava sempre lungo le sponde del lago Lyn o al limitare della foresta di Brocelind. Si stendevano sull'erba imperlata di rugiada, e Aline si confidava con la madre. Le parole confortanti di Jia riuscivano sempre a rasserenarla, e sdraiarsi sul morbido manto d'erba che ricopriva il suolo di Idris l'aveva sempre fatta sentire accettata, a casa.

In quei momenti, più di quando era impegnata a difendere il mondo dei mondani insieme agli altri Shadowhunters,  si sentiva davvero parte delle schiere dell'Angelo.

Quel pomeriggio, nonostante fosse distesa sul morbido prato, nulla riusciva ad alleviare il suo dolore. Perfino occupare quel rettangolo di terra di Idris la faceva sentire inadeguata, indegna, come se stesse profanando un tempio il cui accesso le era severamente vietato.

Mentre le lacrime calde le solcavano il viso, i suoi pensieri non poterono fare a meno di correre alle vicissitudini di quel pomeriggio.

 

I Pennhallow erano da sempre una famiglia molto all'antica.

Avendo una sola figlia, Patrick e Jia pretendevano che la ragazza fosse motivo di grande orgoglio per il proprio nome. Sull'aspetto, non vi era proprio nulla da migliorare. Aline era una bella ragazza asiatica: alta e slanciata, le gambe sinuose ed il seno prosperoso. I lineamenti del suo viso erano dolci e cesellati, le labbra sottili e i suoi grandi occhi castani riuscivano ad intenerire tutti.

Di carattere era dolce e mite. Ad Alicante aveva un'ottima reputazione: amava aiutare il prossimo, era sempre gentile con tutti. Era proprio la classica ragazza a cui era impossibile non volere bene.

Ormai Aline era quasi una donna.

Quel pomeriggio Patrick Pennhallow si recò nella stanza della moglie, deciso ad esporle l'idea che lo tormentava da mesi.

Jia rimase sconcertata nel notare l'imbarazzo del marito, mentre egli si fissava le punte delle scarpe rigirandosi nervosamente i pollici.

-Che cosa ti turba, caro?- domandò la donna, dando un colpetto accanto a sè sul letto, per invitare il marito a sedersi.

L'uomo si accomodò a fianco a lei, con aria meditabonda.

-Vedi, cara... Aline è grande ormai. È nell'età in cui tutti i ragazzi normali, insomma... si innamorano. Ogni volta che passo nei pressi dell'Accademia noto dei giovani dell'età di Aline che si scambiano affettuosità. Mi chiedo perché la nostra bambina, nonostante sia amata da tutta la città, non si veda con nessuno. Sono preoccupato per lei.-

Jia sorrise, felice che il marito si preoccupasse tanto per la loro figlia. In effetti però, ora che ci  rifletteva, era alquanto strano che Aline non si vedesse nemmeno con un ragazzo.

I due genitori convennero che la cosa migliore da fare era parlarne direttamente con la figlia, per chiarire le cose.

Così, dopo pranzo, Jia chiese ad Aline di trattenersi dieci minuti per una conversazione madre-figlia. Patrick decise di restare in cucina, perché forse con la madre Aline si sarebbe sentita più sicura e sarebbe stata più incline ad aprirsi. L'uomo, però, moriva di curiosità. Così si appostò dietro alla porta, in ascolto.

In salotto, intanto, Jia stava esponendo la situazione ad Aline. Non voleva -la sentì dire Patrick- impicciarsi in affari che non la riguardavano, ma le premeva sapere semplicemente se andava tutto bene; se la figlia si sentiva a proprio agio in mezzo alla gente.

Aline sospirò, fissando un punto imprecisato della parete alle spalle della madre.

La dolcezza nella voce della donna era allettante, e la spingeva a confidarsi con lei, cosa che moriva dalla voglia di fare. Non riusciva più a tenersi tutto dentro, e nonostante la sua celebre reputazione non poteva contare davvero su nessun'amica.

Jia prese le mani della figlia tra le proprie, esortandola a confessarle il suo problema.

“Capirò. Di qualunque cosa si tratti, capirò e ti amerò comunque” sembravano dire i suoi occhi a mandorla, e Aline cedette.

Le ginocchia presero a tremarle, mentre fissava il proprio sguardo in quello scuro della madre, e le parole che da tanto covava nel petto smaniavano per risalirle in gola e venire finalmente pronunciate.

-Non è un problema ordinario, ma mi fido di te, mamma.- cominciò, tentando di controllare la voce. -Non esco con nessun ragazzo perché è una mia scelta. Ho avuto una sorta di relazione con Jace Herondale, perché volevo capire se provavo qualcosa per lui. Ma non ha funzionato, e più tardi ho capito perché.-

Nello sguardo di Jia vi era  una confusione totale, e Aline quasi riusciva a leggere tutte le domande che la sua mente stava formulando vorticosamente.

Non importava, ormai doveva continuare.

Sentiva la gola pruderle, le frasi che si formavano sulla lingua.

-Mesi fa, durante una battuta di caccia a New York, ho conosciuto Helen Blackthorn. Io e lei abbiamo... fatto amicizia. Ma con il tempo mi sono resa conto...- gli occhi della madre, ora, riflettevano una sola e terribile emozione. -di avere una cotta per lei.-

Le mani di Jia si ritrassero da quelle della figlia con uno scatto.

Per Aline, fu il momento più doloroso della sua esistenza. Mentre le mani della madre si allontanavano dalle sue, provò un dolore immenso alla bocca dello stomaco.

Si sentì mancare il terreno sotto i piedi.

-Aline... sei … com'è possibile? Quando hai...?- biascicò Jia, le labbra tremanti. Sembrava incapace di trovare le parole adatte per esprimere ciò che sentiva, ma ad Aline bastò leggere i suoi occhi.

Delusione, sconforto,vergogna.

Vergogna per la sua stessa figlia.

All'improvviso, la porta della cucina venne spalancata con violenza, e suo padre fece irruzione nel salotto.

La tensione ormai era palpabile.

Aline comprese che il padre aveva ascoltato ogni parola della loro conversazione.

Gli occhi di suo padre, a differenza di quelli di Jia, erano colmi solo di rabbia e frustrazione.

-Aline! Non ti permetto di dire queste cose. Sicuramente c'è stato uno sbaglio, non è possibile che tu, figlia di due persone perbene come me e tua madre...- si interruppe, inspirando profondamente. -Vedrai che ti sbagli, sono sicuro che non sei...-

Quelle parole erano la goccia che fece traboccare il vaso.

Aline si alzò di scatto dal raffinato divano, con un impeto tale da far cadere la preziosa brocca di cristallo poggiata sul tavolino, che si ruppe in un milione di pezzi a contatto con il pavimento.

-NO! Per l'Angelo, papà, non c'è NESSUNO SBAGLIO!- gridò, mentre le sue emozioni si riversavano fuori con la violenza di un fiume in piena. -Sono innamorata di una ragazza, avete capito? L'avete immagazzinato per bene in quelle vostre teste piene solo di aspettative nei miei confronti? Ho disonorato il nome della famiglia Pennhallow!-

Gli occhi di Patrick Pennhallow lampeggiavano d'ira, mentre sua madre era troppo occupata a sbraitarle contro perché aveva rotto la preziosa caraffa di cristallo importata dalla Cina.

-Non ti permetto di parlami in questo modo, Aline! E non accetto che tu racconti queste sciocchezze in giro!- strepitò l'uomo, alzando una mano per dare uno schiaffo alla figlia.

-Non ti azzardare a toccarmi!- gridò lei, tirandogli un calcio nello stinco. Patrick Pennhallow si piegò in due, per il dolore e la sorpresa.

Quel momento di distrazione era tutto ciò di cui Aline aveva bisogno. Spalancò la porta e corse fuori, venendo accolta da uno splendido pomeriggio assolato. Un pomeriggio che, in una giornata normale, avrebbe passato all'aperto, allenandosi o magari andando al parco, a scambiare qualche parola con gli amici o, se aveva fortuna, con Helen.

Ma quella non era una giornata normale. Era il giorno in cui tutto ciò di cui si era sempre fidata- i suoi amati genitori- le avevano voltato le spalle non appena si era mostrata senza maschere al loro cospetto. Suo padre, che da piccola le leggeva sempre una storia quando era triste, era riuscito a pensare solo al buon nome dei Pennhallow disonorato da quella figlia indegna di portarlo.

Le lacrime smisero di solcarle le guance, solo perché ormai ad Aline non rimaneva neppure la forza di piangere.

Probabilmente, sopraffatta dalla spossatezza, si era addormentata mentre rimuginava sugli eventi della giornata, e ora aprendo gli occhi scorse un cielo trapuntato di stelle.

Durante il mese di Aprile, ad Alicante le notti erano ancora decisamente fredde.

Aline, però, rimase stupita nell'accorgersi di provare una piacevole sensazione di torpore, e restò ancora più allibita quando alle narici le giunse un profumo che durante quei mesi aveva sognato molteplici volte.

Lo stesso profumo che le capitava di sentire nei suoi giorni preferiti; quelli in cui incontrava casualmente Helen in piazza o per le vie di Alicante, la salutava e poi, mentre se ne andava per la sua strada, le passava sempre il più vicino possibile. Sapeva di menta e caprifoglio.

Si rizzò di slancio a sedere, domandandosi se stesse ancora sognando. Una bella giacca di lana era adagiata sul suo corpo, e comprese perché non sentisse freddo.

I suoi sospetti accrebbero quando i suoi occhi, nonostante l'etereo splendore del paesaggio notturno, si posarono immediatamente sulla ragazza seduta a pochi metri di distanza, intenta ad ammirare il cielo stellato.

Rimase a bocca aperta, incapace di formulare un solo pensiero logico, tanto meno una frase di senso compiuto.

Helen era sempre bellissima, ma illuminati dal pallido albore lunare il suo viso e i suoi boccoli biondi che le accarezzavano la schiena in una morbida cascata dorata  erano quanto di più bello Aline avesse mai visto. La carnagione nivea le conferiva l'aspetto di una dea, splendida e irraggiungibile.

E, dopo averla ammirata per un attimo che le parve interminabile, Aline si sentì ancora più triste.

Come poteva una ragazza così bella, dolce e perfetta essere innamorata di lei? Lei, che non consideravano neppure degna di portare il proprio nome.

Era in procinto di distogliere lo sguardo, quando Helen si voltò improvvisamente nella sua direzione. I suoi occhi azzurro-verdi incontrarono quelli castani di Aline, e per un attimo nessuna delle due disse nulla. Si guardavano, perse l'una negli occhi dell'altra.

-Ti sei svegliata, finalmente.- mormorò Helen, spezzando quel magico silenzio che si era venuto a creare tra loro.

-Io... non... tu? Cosa ci fai qui? Credevo di...- borbottò la ragazza asiatica,  sentendosi una stupida totale. Perché quella maledetta impotenza mentale e fisica di fronte alla figlia maggiore dei Blackthorn? Aline avrebbe voluto scavarsi una fossa da sola e sprofondarvi per sempre.

La bionda sorrise, un suono dolce e cristallino che solitamente era un raggio di luce anche nelle giornate più buie, per la figlia dei Pennhallow.

-Stavo facendo un giro a cavallo insieme a Mark e Julian. Mentre passavamo accanto alle sponde del lago ho notato una ragazza sdraiata sull'erba, e poi ti ho riconosciuta. Ho passato tutta la mattina a cercarti, perché volevo parlarti di una cosa, ma non ti ho trovata da nessuna parte. Mi sono perfino recata a casa tua, ma i tuoi genitori... non vorrei offendere, ma non sono stati propriamente cortesi con me.-

Aline non disse nulla, era troppo presa dalle sue parole. Sarebbe potuta restare ad ascoltarla per sempre senza annoiarsi mai. E poi aveva detto che l'aveva cercata tutta la mattina, che aveva dedicato un'intera mattinata a lei!

-Ho chiesto ai miei fratelli di tornare a casa senza di me, perché ti dovevo parlare. Quando mi sono avvicinata ho notato che stavi dormendo.- fece una pausa, come per prendere coraggio e chiedere qualcosa che le premeva sapere. -Hai gli occhi così gonfi e arrossati... cosa ti è successo?-

Nella voce della ragazza c'era autentica preoccupazione, come se le importasse davvero di lei.

Ma Aline era troppo arrabbiata e frustrata per accorgersi di nulla, e le diede una risposta alquanto sbrigativa:

-Problemi con i miei genitori.-

Helen, nonostante la durezza della sua risposta, continuò imperterrita.

-Quando sono andata a casa tua per chiedere dove fossi, sono stata praticamente cacciata! Vorrei sapere se... se c'entro qualcosa.-

L'ultima persona con cui Aline avrebbe voluto sfogarsi era proprio la ragazza che le stava davanti, ma la rabbia che continuava a crescerle nel petto dal rifiuto dei suoi genitori era divenuta insostenibile. La giovane Shadowhunter si alzò di scatto, facendo finire la giacca di Helen in una pozza di fango.

-E va bene, vuoi sapere la verità? Oh, c'entri eccome.- fece una pausa, ma la bionda era in trepida attesa delle sue parole, nonostante le avesse appena rovinato una bellissima giacca di lana. -Mia madre voleva sapere se mi sentivo a mio agio con la gente, e se avevo un ragazzo. Credo che la cosa insospettisca molte persone, ma nessuno me l'aveva mai domandato. Alla fine ho ceduto, e le ho raccontato la verità. Vuoi saperla? Ottimo, anche se dopo non mi guarderai nemmeno in faccia, e allora resterò completamente sola al mondo.-

Helen si alzò, avvicinandosi a lei finché tutto il campo visivo di Aline non fu occupato da quel viso angelico. La figlia dei Pennhallow aveva incontrato numerose fate di straordinaria bellezza nel corso della sua carriera, ma a parer suo nessuna riusciva ad eguagliare minimamente quella giovane mezzosangue.

Non riuscì a fermare il fiume delle parole, che si riversò impetuosamente fuori dalla sua bocca, con un'amarezza e una cattiveria che non avrebbe mai rivolto a nessuno, specialmente a Helen.

-La verità è che non appena ti ho incontrata ho capito perché con gli altri non aveva mai funzionato.  Sono innamorata di te, Helen Blackthorn! Sei felice, adesso? Che cos'hai, ti faccio ribrezzo? Ti disgusto?!-

Negli occhi della ragazza vi erano emozioni fortemente contrastanti con quelle che Aline aveva visto riflesse in quelli di sua madre. Vi era un dolore profondo, ma non egoistico. Come se soffrisse per lei, per come si sentiva. Ma oltre a quello, i suoi occhi erano colmi di qualcosa che la giovane Pennhallow non riuscì a identificare. Un sentimento travolgente, appassionato, profondo.

Era la prima volta che lo trovava negli occhi di qualcuno.

Si aspettava qualunque cosa, a quel punto. Che Helen balbettasse frasi simili a quelle dei suoi genitori, che le tirasse uno schiaffo, che fuggisse via all'istante.

Si aspettava tutto, meno quello che Helen fece.

Le gettò le braccia al collo, e premette le labbra sulle sue.

Aline sinceramente non capiva le persone che riuscivano a descrivere un bacio, completo di sensazioni provate e pensieri.

La sua testa era un vuoto totale, e l'unico ordine che il suo cervello riuscì ad impartire al suo corpo fu quello di cingere la vita di Helen con le braccia, per attirarla maggiormente a sé.

Le labbra di Helen erano morbide come un petalo di rosa, calde e gentili, come la brezza estiva che ti accarezza delicatamente il viso.

Nonostante entrambe fossero prive di giacca -Aline non l'aveva proprio portata, e quella dell'altra ragazza giaceva in una pozza di fango- non erano neppure sfiorate dal freddo.

-Aline, se mi vuoi, da oggi non sarai mai più sola.- mormorò Helen, ancora sulle sue labbra. 

La ragazza mora si separò da lei per riuscire a guardarla negli occhi.

-Che cosa vuoi dire? I miei genitori mi odiano... il mio affetto nei tuoi confronti è ritenuto innaturale da tutta Alicante. Non voglio che giudichino anche te! Mi sento così sbagliata...-

La mano di Helen si posò sulla sua guancia, asciugandole una lacrima. Quel gesto sciolse il nodo di rabbia e amarezza che albergava nel petto della ragazza mora da quando le mani della madre avevano lasciato le sue.

-Aline... non ti lascerei mai da sola a combattere le stesse battaglie che ho affrontato anch'io. Andremo dai tuoi genitori, insieme, e sono certa che con il tempo impareranno ad accettarti. Sono certa che ti amano, sei la loro unica figlia!-

-Dici davvero?- chiese Aline, con un filo di voce, mentre Helen si sporgeva verso di lei per baciarle una lacrima.

-Sì, se mi vuoi. Se mi vuoi, staremo insieme.- la voce della ragazza era ferma, carica di determinazione. Avrebbe fatto di tutto pur di aiutarla.

Aline non si era mai sentità così grata verso qualcuno. Sentì il cuore riempirsi di gioia e di speranza, tanto da farle temere che le scoppiasse nel petto.

Incorniciò il viso di Helen con le mani, quel viso che ormai non abbandonava nemmeno i suoi sogni, e le baciò le labbra con foga.

-Sì, sì... sì che ti voglio. Rinuncerei a tutto pur di stare con te, non ho mai desiderato niente tanto intestamente.-

Helen le infilò le mani nei setosi capelli neri, attirandola a sé.

Le leccò prima il labbro superiore, poi quello inferiore, come per chiederle il permesso di approfondire il bacio. Aline schiuse le labbra, lasciando che la lingua dell'altra ragazza scivolasse all'interno della sua bocca, con la dolcezza di una carezza, quella che associava solo a lei.

La ragazza mora l'avvolse con le braccia, come per proteggerla da quel mondo ingiusto con solo il proprio corpo, da quel mondo che giudicava e riteneva sbagliato il loro amore.

Le loro lingue si intrecciavano in un gioco sensuale, mentre le due ragazze si stringevano l'una all'altra con una foga e una passione pochi secondi prima sconosciute, ma conservando l'inconfondibile dolcezza di due persone che si amano.

Aline baciava la giovane Blackthorn come se dovesse perderla da un momento all'altro, mordendole le labbra, stringendole i fianchi.

Si staccarono per il semplice motivo che la mancanza di ossigeno impedì loro di continuare.

Aline desiderava solo restare con Helen per sempre, sulle sponde del lago Lyn, a baciarla sotto la luce della Luna.

Purtroppo la ragazza la riportò alla realtà.

-Ora andremo dai tuoi genitori, e spiegheremo loro la situazione.-

La giovane Pennhallow si ritrovò ad annuire quasi inconsapevolmente. Sapeva che quella era la cosa giusta da fare.

Corse da Cashmere e montò in sella, poi chiamò Helen per invitarla a salire a sua volta sul dorso dell'animale.

La ragazza, prima di montare a sua volta in sella, si chinò su una pozza di fango e recuperò un cappotto completamente inzaccherato.

Aline si ricordò solo in quel momento che era stata lei a lanciarlo lì.

-Oh, per l'Angelo! Scusami, scusami tanto! Sono una stupida...- disse, battendosi la fronte con la mano.

Helen piegò il cappotto malridotto e lo infilò nello zaino, poi le rivolse un sorriso che per poco non la fece cadere da cavallo.

-Non fa niente, andiamo.-

Erano quasi a metà strada, la scura cupola celeste era trapuntata di stelle. L'unico rumore che giungeva alle orecchie di Aline era lo scalpiccio degli zoccoli di Cashmere sul terreno dissestato, insieme ad un altro molto più lieve ed estatico: il respiro di Helen nell'orecchio.

La giovane Blackthorn aveva insistito per “guidare” lei, sostenendo che durante il tragitto Aline avrebbe dovuto pensare al discorso per i suoi genitori.

La giovane Shadowhunter, però, non riusciva a pensare ad altro che alla ragazza dietro di sé, che le cingeva dolcemente la vita con le braccia impugnando le briglie di Cashmere.

Quella fu probabilmente la giornata peggiore e migliore della sua intera vita.

Ora che il suo cuore era nuovamente colmo di gioia, risultava normale concentrare la propria attenzione sullo splendido paesaggio circostante: la verdeggiante pianura di Brocelind che riluceva sotto le stelle, i dolci pendii che circondavano l'intera regione di idris, e il lago Lyn che rimpiccioliva all'orizzonte. Da quel momento, ogni volta che ne avesse sentito parlare, Aline non sarebbe più riuscita ad associarlo all'apparizione di Raziel con gli strumenti mortali, perché la sua mente sarebbe corsa inevitabilmente alle labbra di Helen.

-Hai freddo?- mormorò la mezza fata, così vicina al suo orecchio che Aline fu percorsa da un brivido.

-Da ora in poi... stiamo insieme?- chiese la mora.

-Penso di sì-

Aline si voltò e le sorrise, prima di baciarla dolcemente.

-Allora non avrò mai più freddo.-

 

 

Note dell'autrice:

Ciauuuuu bambini!

Questa è la mia prima storia sul fandom di Shadowhunters, e parto col dire che sono ossessionata dalla serie. Smetto di parlare di me.

Dunque, ho notato che nel fandom c'è penuria di femslash. Mi sentivo in dovere di rimediare con una storiella!

Parto col dire che la AlinexHelen è una delle mie OTP, ma la Clare non ne parla molto.

Grazie se siete arrivati a leggere fino a qui; spero di scrivere altre storie su questo fandom! Mi dispiace che la AlinexHelen non venga approfondita in TMI. Spero che in TDA la coppia verrá presa in considerazione. Per questo motivo non credo di essere caduta nell'OOC, visto che appunto i due personaggi sono solo accennati.

Ho immaginato questo carattere per Aline, perché mi sembrava appropriato.

Grazie di aver letto fino a qui, se vi va lasciate una recensione

   
 
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