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Autore: HellWill    09/01/2015    1 recensioni
(Ho visto questa challenge (goo.gl/XBoRTK) e non potevo non farla.)
(Missing Moments Saga Soffitti Sconosciuti)
"«Cercavi qualcuno?» chiese l’uomo, cauto, nascondendo Maya dietro di sé.
Il ragazzo sollevò gli occhi azzurro ghiaccio, che spiccavano contro la pelle mulatta come quella di Maya, e sorrise: anche i suoi denti, bianchissimi, sembrarono aprire una ferita nella pelle scura. L’uomo dalla pelle nera sbatté le palpebre, accigliato, mentre Maya sbirciava da dietro il mantello e spalancava gli occhi rosa per guardare lo straniero.
«Sì, cercavo voi. Volevo complimentarmi, è stato uno spettacolo davvero magnifico» disse con calma il ragazzo, che all’apparenza non poteva avere che pochi più anni di Maya. Il padre, prima rigido, si sciolse un po’.
«Oh. Ti ringraziamo molto. È stata una lunga e faticosa giornata, se puoi concederci..».
Il ragazzo si scostò dal carro e l’uomo entrò, ma Maya rimase imbambolata a fissare lo sconosciuto."
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie '365 DAYS WRITING CHALLENGE'
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8 gennaio 2015
First Romance

Quel giorno, Maya aveva un mucchio di esercizi da fare con i coltelli: piroette, lanci strategici e semi-straordinari, salti di qua e di là come un coniglio, ma sapeva bene che quell’allenamento le sarebbe servito solamente per una cosa: stupire il pubblico.
Continuò per ore, mentre il padre ogni tanto le lanciava un’occhiata preoccupata, organizzando lo spettacolo di quella sera; quando mancavano due ore all’entrata in scena, si frappose fra la figlia e i coltelli da allenamento e quelli gli ricaddero dolorosamente sulla testa, facendogli fare una smorfia.
«Basta allenarti, riposati. Fra due ore dovremo faticare davvero».
Maya tirò fuori un’espressione infastidita: aveva sedici anni e suo padre ancora la trattava come una bambina, una ragazzina senza nerbo o esperienza.
«So quel che faccio. Ho bisogno di perfezionare la piroetta… i coltelli mi cadono sempre!».
L’uomo posò lo sguardo a terra, cercando le armi di cui parlava: cinque coltelli giacevano nella polvere, rilucendo rosa ai raggi del sole che si avvicinava all’orizzonte. Quando il padre di Maya rialzò lo sguardo, gli occhi neri gli brillavano divertiti.
«Certo, sono cinque coltelli. Non puoi gestire cinque armi contemporaneamente e aspettarti che non ti cadano, hai le mani piccole e sei ancora giovane. Per fare questo numero non ti servirà un’altra ora, ma un’altra settimana».
Maya arrossì e abbassò gli occhi rosa, arrabbiata, e il padre le posò un bacio sulla fronte; la ragazza si scostò e corse via, senza nemmeno posare i coltelli non affilati che erano caduti. Con un sospiro, si mise il padre a raccogliere le armi.

Maya si gettò sul suo pagliericcio e, pensando allo spettacolo, si assopì; quando il padre la svegliò, era ora.
Ancora mezza addormentata, Maya riuscì comunque a fare un paio di numeri semplici, dopodiché lasciò fare il resto al padre, che dilettò il pubblico con varie acrobazie e svolazzi di un mantello consunto che facevano sparire oggetti e persone.
Dopo l’ultimo applauso, e dopo l’ultima offerta libera in denaro del pubblico, il villaggio si disperse: le donne si affrettarono a casa con i bambini a cui brillavano gli occhi ed imitavano le mosse dei due artisti di strada, mentre gli uomini restavano a chiacchierare fra di loro nella piazza del villaggio, prima di disperdersi anche loro. Maya e suo padre tornarono al proprio carro, stanchi ma felici di aver guadagnato qualcosa, quando videro un ragazzo attenderli appoggiato alla loro proprietà.
«Cercavi qualcuno?» chiese l’uomo, cauto, nascondendo Maya dietro di sé.
Il ragazzo sollevò gli occhi azzurro ghiaccio, che spiccavano contro la pelle mulatta come quella di Maya, e sorrise: anche i suoi denti, bianchissimi, sembrarono aprire una ferita nella pelle scura. L’uomo dalla pelle nera sbatté le palpebre, accigliato, mentre Maya sbirciava da dietro il mantello e spalancava gli occhi rosa per guardare lo straniero.
«Sì, cercavo voi. Volevo complimentarmi, è stato uno spettacolo davvero magnifico» disse con calma il ragazzo, che all’apparenza non poteva avere che pochi più anni di Maya. Il padre, prima rigido, si sciolse un po’.
«Oh. Ti ringraziamo molto. È stata una lunga e faticosa giornata, se puoi concederci..».
Il ragazzo si scostò dal carro e l’uomo entrò, ma Maya rimase imbambolata a fissare lo sconosciuto.
«Maya, entri?».
«Ehm.. un momento. Magari faccio una passeggiata» disse lei, balbettando, e l’uomo le lanciò un’occhiata stranita.
«Come vuoi» disse, in un tono che faceva intuire disapprovazione. Si ritirò nel carro e Maya lo sentì stendersi, dopodiché la ragazza voltò le spalle al ragazzo e corse via; lui, stupito, sorrise e la rincorse.
«Perché corri?» le chiese, affiancandola con il suo sorriso che sfrecciava nell’oscurità delle praterie e sembrava un lampo che viaggiava in orizzontale.
«Perché ho freddo» ribatté lei, fermandosi di botto, e il ragazzo scoppiò a ridere, fermandosi con un paio di ampie falcate.
«Perché hai freddo?» ripeté lui, ridacchiando. «Me l’avresti potuto dire.. ti avrei riscaldato in qualche modo» ammiccò, e Maya arrossì così violentemente che ringraziò il cielo che fosse buio. «Sai, ti ho notata subito durante lo spettacolo» mormorò lui, e la ragazza alzò gli occhi al cielo.
«Sì, perché ero l’unica ragazza» ribatté, ironica, e lui sorrise un po’ di più. «Tu sorridi un sacco» mormorò, nervosa, e lui ammiccò.
«Sì, direi di sì. La vita è troppo breve per esser tristi».
Maya si fermò a guardarlo, titubante, dopodiché si sedette nell’erba e alzò lo sguardo al cielo: milioni e milioni di stelle brillavano sulle loro teste, e l’assenza della luna non faceva che rivelare altre stelle, più deboli, che altrimenti sarebbero state oscurate dalla luce del satellite.
«Sono davvero bellissime» sussurrò, ad un certo punto, dopo che il ragazzo si fu seduto accanto a lei. Le prese la mano e gliela baciò; lei arrossì e continuò imperterrita a guardare le stelle, ma lui si sollevò e la baciò sulle labbra. Maya lo guardò negli occhi azzurri e si sentì eccitata, impaurita, e fremente; desiderava quei denti bianchi ovunque, e il pensiero la imbarazzava terribilmente, ma quegli occhi di ghiaccio continuavano a fissarla, l’iride enorme nonostante fossero al buio, quando lui parlò di nuovo.
«Se vuoi, me ne vado» mormorò, baciandole il collo, e lei sbatté le palpebre sul cielo stellato, mentre inspirava l’odore di fiori che emanavano i suoi capelli neri come il carbone.
«Perché dovresti?».
«Lo sai già» sussurrò lui, divertito, e spinse contro la sua coscia una certa presenza; lei arrossì violentemente e scosse il capo.
«No.. non andartene» mormorò, desiderandolo con tutta se stessa, ed esitante lo abbracciò.
Il ragazzo la strinse a sé e con velocità la spogliò, continuando a baciarla, a toccarla, e lei ogni tanto rabbrividiva, si inarcava, gemeva, desiderandolo con tutta se stessa; quando lui la giudicò pronta, stretta a lui ed impaurita, eccitata e fremente, spinse ed entrò, con dolcezza.. e lei chiuse gli occhi perché fu doloroso, ma di un dolore piacevole. Si sentì svanire nelle mere sensazioni che quei movimenti le procuravano, la dolcezza con cui lui la toccava e la stringeva, la tenerezza delle sue labbra sui capezzoli…
Il mattino dopo, scoprì di essersi addormentata senza nemmeno accorgersene, per la stanchezza, e il ragazzo era ancora lì, che dormiva accanto a lei. Con gli occhi e le labbra chiuse, sembrava un ragazzo qualunque: era carino, ma non avrebbe attirato la sua attenzione… pur tuttavia, Maya restò a guardarlo per qualche minuto con infinito amore, desiderando con tutta se stessa che restasse con lei per sempre. Quando il ragazzo aprì gli occhi, l’incanto riprese come se non fosse mai terminato: un sorriso canzonatorio si stiracchiò subito sul suo viso e gli occhi chiarissimi risplendettero nel sole di primo mattino, donandogli un’aura quasi da principe.
«Resterai?» mormorò la ragazza, speranzosa, e lui le sorrise.
«Penso di sì» sussurrò, e lei si sentì il cuore scoppiare di gioia. Si rivestirono insieme, l’uno che allacciava la cinta all’altra, baciandole il collo, l’una che gli allacciava gli stivali, carezzandogli le gambe definite; e ritornarono insieme al carro di lei, mano nella mano, lanciandosi occhiate piene d’amore e meraviglia mentre parlavano delle proprie vite.
«Qual è il tuo nome?» chiese Maya dopo un po’, e sul suo viso balenò un sorriso spavaldo.
«Nal. E il tuo è Maya, vero?» chiese, e lei sorrise.
«Sì. È un bel nome, “Nal”».
Nal sorrise dolcemente e Maya si sentì al settimo cielo. Arrivando al carro, Maya lasciò la mano del ragazzo e si precipitò dentro, gli occhi rosa che ardevano di eccitazione.
«Papà?» lo chiamò, svegliandolo di soprassalto.
«Maya… sei tornata ora?».
«No, ho dormito un paio d’ore qui… ci eravamo persi stanotte, ma mentre cercavamo la via abbiamo parlato un sacco, io e Nal» mentì lei, spudoratamente, e il padre la guardò di sottecchi passandosi una mano sul viso.
«Tu e quel ragazzo, mh?».
«Sì, mi ha fatto molti complimenti sui coltelli e sul fatto che non si veda molto in giro.. mi ha chiesto se può venire con noi. Può, papà?» lo implorò, e l’uomo guardò la figlia: sembrava più luminosa, come se una luce le si fosse accesa dentro.. e non era una luce che lui avrebbe mai saputo come ristabilire, se le avesse detto di no. Fece un segno di assenso e vide quella luce esplodere nei suoi occhi, ricolmi di gioia, quando gli saltò al collo.
«Grazie, papà, grazie! Non te ne pentirai, vedrai!» esclamò, e corse fuori dal ragazzo. L’uomo restò solo e la sentì riferire l’accaduto, sentì lo schiocco dei baci e i respiri eccitati, e sorrise fra sé. “Persi”, si erano: come se lui non sapesse leggere fra le righe. L’unica cosa che si era persa, lì, era la loro ragione: non c’era spazio per altri pensieri che non fossero il loro amore.. ma Asras conosceva bene quelle sensazioni, quelle emozioni; le aveva provate anche lui con la madre di Maya, ed erano le gioie del primo amore… non sarebbero più ritornate, per cui lasciò la figlia in santa pace a parlare con Nal, mentre preparava il carro a viaggiare verso un’altra destinazione ignota.
   
 
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