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Autore: Margo Malfoy    09/01/2015    3 recensioni
Thomas non riusciva a capire: perché nel Labirinto era voluto diventare Velocista?
Perfino Newt gli aveva detto che nessuno voleva essere un Velocista, nella Radura. E, ora che ci pensava bene, neanche Thomas voleva essere uno di loro.
Solo adesso Thomas riusciva a capire perché era voluto diventare un Velocista. Aveva cercato di accaparrare delle scuse per giustificare quella scelta spropositata, ma ormai era inutile nascondersi la realtà: Thomas era voluto diventare Velocista perché così avrebbe passato del tempo con Minho.
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Thomas
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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I was blind: I didn’t realize that the perfection was in front of my eyes.
 
“Complimenti, ti sei appena suicidato”.
Erano state queste le parole di Minho quando Thomas si gettò tra le mura del Labirinto per non abbandonare lui ed Alby e, per quanto si sforzasse, Thomas non riusciva proprio a capire perchè Minho non l’avesse mai ringraziato per quella notte. In fin dei conti era stato lui ad uccidere il Dolente e a mettere in salvo Alby e, se lo ricordava bene, Minho era perfino corso via quando uno di quei mostri era saltato fuori dai corridoi e aveva iniziato a muoversi nella loro direzione. Minho era l’Intendente dei Velocisti, avrebbe dovuto sapere cosa fare. Invece, quella notte, fu Thomas a salvare il culo ad entrambi.
Thomas non riusciva proprio a capirlo. E non riusciva a capire nemmeno sé stesso. Perché, nel Labirinto, era voluto diventare Velocista? Perfino Newt – quel ragazzo dolce e biondo che sapeva sempre cosa dire e quando, che ormai era solo un ricordo per i Radurai sopravvissuti – gli aveva detto che nessuno voleva essere un Velocista, nella Radura. E, ora che ci pensava bene, neanche Thomas voleva essere uno di loro. Adesso – e chissà come mai proprio ora, che era tutto finito – Thomas riusciva a capire perché era voluto diventare un Velocista e si domandava se quel sentimento che continuava a battergli nel petto sarebbe mai riuscito ad uscire da lì. Aveva cercato di accaparrare delle scuse per giustificare quella scelta spropositata, ma ormai era inutile nascondersi la realtà: Thomas era voluto diventare Velocista perché così avrebbe passato del tempo con Minho.
Si ricordava benissimo dell’occhiata che gli lanciò l’asiatico il primo giorno, quando lo vide uscire dal Labirinto insieme a Ben, un altro Velocista. Quegli occhi tanto banali, castani e a mandorla, gli suscitavano un batticuore inspiegabile, che cercava in tutti i modi di nascondere ai suoi amici.
E scosse la testa quando si rese conto che avrebbe dovuto nascondere i suoi sentimenti ancora, in quanto, neanche lui sapeva come, si era ritrovato ad essere il fidanzato di Brenda. Lui adorava Brenda, quella ragazza minuta e mora, con due occhi azzurri che avrebbero fatto innamorare chiunque, ma non la amava. Amava quegli occhi castani che si stringevano spesso, soprattutto quando Minho rideva – e Thomas adorava la sua risata –. Lui amava Minho.
Ora il suo amico asiatico era appoggiato con la schiena al tronco di un albero al limitare del piccolo accampamento che avevano costruito con tanto impegno durante i giorni seguenti il loro arrivo nella nuova Radura. L’asiatico fissava un punto indistinto del terreno, rigirandosi tra le mani una pietra che doveva aver raccolto poco prima da terra. Sembrava quasi nervoso, e questo non succedeva mai. Infatti Minho era quel tipo di persona con la risposta sempre pronta, che non si chiede se quello che ha da dire sia giusto o sbagliato prima di dirlo, e quel tipo di persona che non ci pensa due volte a tirarti un pugno se dici qualcosa che la provoca. Per cui, da quando lo conosceva, Thomas non aveva mai visto un minimo segno di nervosismo sul volto dell’amico.
Nonostante ciò, quel giorno, Minho era nervoso per davvero, perché nel corso dei mesi che seguirono il loro arrivo all’accampamento, dentro di lui qualcosa cambiò. La sua vita era cambiata di nuovo, in seguito al cambiamento radicale che aveva subìto una volta toltagli la memoria. Minho si ritrovava a pensare fin troppo spesso a chi era sopravvissuto e a chi non ce l’aveva fatta, cosa che non era affatto da lui. Spesso si arrabbiava e passava giornate intere nel bosco, a tirare pugni e spallate contro agli alberi, smettendo solo per il dolore troppo acuto agli arti. Si arrabbiava perché pensava ad Alby, a Chuck, a Teresa – nonostante non si fossero mai piaciuti – e, dopo di loro, veniva la nota più dolente: Newt. Si chiedeva perché toccava proprio alle persone migliori andarsene. E, di rimando, si chiedeva perché anche Thomas non apparisse sulla lunga lista di persone che non ce l’avevano fatta, visto che era uno dei “migliori”. Ma era grato che almeno lui fosse lì e non l’avesse lasciato solo, perché rimanendo anche senza Thomas, non sarebbe riuscito ad andare avanti. E la cosa che lo spaventava di più era che probabilmente Thomas non era solo il suo migliore amico. Con il passare del tempo, Minho aveva capito di essere innamorato di lui, ma mai e poi mai si sarebbe dichiarato. L’orgoglio, nonostante il grosso cambiamento che aveva subìto il carattere del ragazzo, era ancora al primo posto tra le qualità che lo caratterizzavano. Quello e il sarcasmo.
Minho posò la pietra che si stava rigirando tra le mani e alzò lo sguardo di fronte a lui, incontrando proprio gli occhi di Thomas. Quando Thomas vide lo sguardo dell’asiatico arrossì e cercò di nascondere all’amico, che continuava a tenere gli occhi su di lui, l’imbarazzo. Thomas si disse che doveva dirgli ciò che provava per lui. Doveva farlo o sarebbe esploso. Così si alzò lentamente da terra e si sistemò i vestiti stropicciati, per poi incamminarsi vero l’asiatico che, ora, era tornato a fissare l’erba sotto i suoi piedi non accorgendosi che il moro si stava avvicinando a lui. A Thomas, nel momento in cui percorreva i pochi metri che lo separavano da Minho, non importava niente. Non si preoccupava di Brenda, sperava avrebbe capito, non si preoccupava del giudizio degli altri Radurai, sperava solo che i suoi sentimenti fossero ricambiati perché, una volta dette quelle due “semplici” parole, tra lui e l’asiatico sarebbe cambiato tutto.
Si ritrovò a pochi passi dall’amico a ripetersi di non balbettare parlando e di non fare giri inutili di parole. Due parole, semplici e dirette. Avrebbe aspettato la reazione dell’asiatico, sperando in un cenno d’assenso e, nel caso contrario, si sarebbe scusato e gli avrebbe detto che voleva disperatamente che la loro amicizia non subisse cambiamenti, anche se era inevitabile, spiegando che era l’unica persona che lo facesse sentire a suo agio, che fosse davvero sua amica.
«Ciao Minho» disse quasi sussurrando, mettendosi di fronte all’amico.
«Ciao pive» Minho sorrise e il cuore di Thomas fece una capovolta vedendo quelle adorabili fossette formarsi sulla pelle olivastra dell’asiatico.
«Pensi?» si ritrovò a chiedere quasi non riuscendo a controllare le parole.
«Già, ultimamente penso troppo. Ma, in fin dei conti, quel dio che tutti dicono essere buono ci ha dato fin troppe cose a cui è impossibile non pensare»
«Parli di Newt» constatò Thomas sentendo pizzicare le lacrime agli angoli degli occhi. «Posso sedermi?»
Minho si scostò leggermente per far spazio al moro, non dando a vedere i brividi che lo percorrevano quando Thomas lo toccava.
«Perché sono sempre i migliori ad andare via?» la domanda di Minho prese alla sprovvista Thomas, che corrugò la fronte e si girò verso l’amico che aveva posato gli occhi su di lui.
«Tu non te ne sei andato» Thomas omise la parte “nonostante tu sia il migliore”, anche se il piano iniziale prevedeva dichiararsi subito.
«Sarebbe stato meglio se fossi morto io al posto di Newt» borbottò Minho abbassando la testa.
Thomas non riuscì a trattenersi: «Non dirlo neanche. Minho, sei una delle persone migliore che abbia mai conosciuto. Newt era malato e, se fosse rimasto con noi, non sarebbe mai più ritornato il Newt che conoscevamo»
Sulle guance di Minho scesero un paio di lacrime, Thomas le vide nitidamente. Così continuò a parlare, con l’intento di tirare su il morale dell’amico: «So che sarebbe tutto diverso se lui fosse ancora qui, anche io sento la sua mancanza. Ma ci sono io qui con te»
Minho alzò la testa e guardò negli occhi l’amico che tentava disperatamente di strappargli un sorriso, nonostante il momento: «Lo so, e per questo ti ringrazio». E si sentì in dovere di infondergli la stessa sicurezza: «Per qualsiasi cosa, io ci sono per te» concluse.
«Minho, io...» ecco, Thomas stava per dirlo. Gli avrebbe detto quelle due “semplici” parole che da tanto teneva represse dentro. Forse, alla fine dei conti, parlare con l’asiatico non era stato neanche un male. Avrebbe potuto aspettare altri mille giorni pur di rivelargli ciò che provava.
«Si?» la voce profonda dell’amico lo richiamò e lui tentennò un attimo.
«Ti amo» si scompose sentendosi dire ciò che per tanto tempo aveva tenuto nascosto. Cercò di scorgere nel viso dell’amico un segno che gli indicasse la sua reazione, ma l’unica cosa che si dipinse sul viso dai bei lineamenti fu un ghigno. Poi Minho si girò e si mise a cavalcioni sulle gambe di Thomas, stampandogli un bacio sulle labbra e poi iniziando ad andare più a fondo. Per un attimo i due si sorrisero, e poi passarono a togliersi i vestiti, continuando a baciarsi ansimando.
 
 
Ehiehiehi!
Okay, questa Thominho mi è venuta così, ma non avevo mai scritto di loro due, così ci ho provato. Thomas e Minho mi piacciono un sacco insieme, ma ho sempre trovato Thomas e Newt la coppia perfetta.
Però loro due sono particolari, insomma, mi piacciono da morire *^*
Spero che a voi sia piaciuta la storia e, come sempre, critiche o apprezzamenti sono ben accetti :)
Beh, ho finito, quindi grazie per aver letto la storia e un bacio :*
A presto pive <3
   
 
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