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Autore: Armedefilia    11/01/2015    1 recensioni
Rosalie è una ragazza ricca, a lei non piace definirsi così. Lei è diversa da tutte le altre per via di alcuni fatti che non ama facilmente rivelare. Con l'avanzare del tempo incontrerà un ragazzo completamente opposto a lei, un amore che nessuno si sarebbe mai immaginato. Riuscirà a portarlo avanti o dovrà lasciarlo per colpa del suo alto ceto sociale?
Genere: Fluff, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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Nuova classe, primo giorno di scuola, presentazioni. 
"Buongiorno, mi chiamo Rosalie Silver", appena sentirono il mio cognome tutta la classe iniziò a bisbigliare "Ma è la Silver? Quella della Silver Company? La ditta ricchissima di Tokyo?", mi interruppi per un breve istante nel sentire i soliti commenti che facevano ogni anno, poi continuai "Ho diciassette anni, frequento ancora la prima superiore per vari motivi personali", "Come? Papino non ti ha pagato i voti?" un commentino fece ridere tutta la classe. "Silenzio!" urlò la professoressa di grammatica "Continua pure cara". 
Mi schiarii la voce e proseguii "Penso di aver detto tutto" diedi un ultimo sguardo ai miei compagni e mi sedetti con disprezzo. 
Le ore passarono lente ma nonostante ciò cercai di stare attenta il più possibile.
Finalmente suonò la campanella dell'intervallo. Due compagne mi si avvicinarono, "Ciao Silver, io sono Rina e...", "Non m'interessa" la interruppi freddamente. 
Le due ragazze indignate se ne andarono. -Già che non mi ha chiamato Rosalie ma Silver si vede benissimo che s'interessa solo economicamente a me, dai suoi occhi era interessata a spettegolare ed a diventare una falsa amica, ormai ci sono abituata- pensai guardando fuori dalla finestra. 
Alla fine della lezione un gruppo di ragazzi mi fermarono fuori da scuola "Quanto cazzo sei bella?", "Hai un culo che è perfetto", "Dai alza quella gonnellina Silver". Io senza calcolarli andai avanti anche se loro insistevano. -Ogni anno la stessa storia, solita routine- pensai sbuffando.
Oggi non volevo tornare a casa in limousine per non attirare l'attenzione, magari potevo farmi degli amici, risi. Nonostante ciò camminavo per le strade di Milano con soddisfazione. 
Facevo una scuola privata dove si portava una divisa, infatti quando passavo per le strade gli sguardi della gente si soffermavano su di essa a seguire dei commenti del tipo "Ma quella è una riccona!" o cose così.
Quel giorno la mia attenzione si soffermò su un ragazzo per strada, non il solito che vendeva braccialetti, bensì un rasta: era su di essa, senza pensieri che suonava un "tamburello", un cappello di lana giamaicano steso per terra con dentro alcuni spiccioli, pensai però che non gliene fregasse dei soldi, qualcosa dentro di me mi diceva che voleva solo suonare. 
Aveva gli occhi chiusi, allora mi soffermai da parte a lui, ero attirata da quella musica, "Ha i rasta lunghissimi" bisbigliai tra me e me, "Si chiamano dreadlocks" io feci un balzo all'indietro, non pensavo che mi avesse sentito. In realtà ero tanto affascinata da quella strana "creatura". Di certo a casa mia non si vedeva gente simile. "Oh, mmm...scusa, bello anche il tuo tamburello", lui apri un occhio e mi guardò; occhi color ghiaccio, mi fece mancare il fiato per un secondo, poi lo richiuse. Nel frattempo continuava a suonare. "Cara non si chiama tamburello bensì bongo. Eppure fai una scuola prestigiosa vedo, dovresti saperle certe cose" rise leggermente. Io sbuffai. 
"Ok" risposi freddamente, mi aveva fatta un po' alterare, come si permetteva? Presi una manciata di soldi e li misi nel cappello, poi me ne andai frettolosamente, -Ma vedi te questo qua!- pensai.
All'angolo sbirciai il rasta, stava guardando i soldi a bocca aperta, nonostante ciò continuava a suonare. -Cosa c'è di così strano?- pensai. Poi ripresi ad avviarmi verso casa.   
"Sono a casa" gridai, "Bentornata signorina Silver. Cosa vuole che le preparo da mangiare?", "Fammi una sorpresa, come vuoi tu. Papà è ancora a New York?", "Si, suo padre ha detto che ritardava di qualche giorno perché..." interruppi subito "Immaginavo", andai in camera e sbattei la porta. Non so nemmeno io il perché di questo gesto.
Il giorno dopo finita scuola dissi ancora di no alla limousine, volevo incontrare il rasta di ieri, aveva cambiato la mia solita routine quotidiana.
Cercai di camminare veloce per vederlo, non so dirvi perché però mi emozionava sapere che c'era. Svoltai l'angolo ma non vidi nessuno, rallentai il passo, -Se n'è già andato...- pensai.
Ormai ero abituata a persone che entravano e uscivamo dalla mia vita come niente. 
Una in più non mi cambia così tanto, allora perché c'ero rimasta così male?
   
 
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