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Autore: ilaria_dreamer    11/01/2015    0 recensioni
[Norman Reedus/Emily Kinney]
"New York. Le luci, i colori, la gente. Amavo quella città, mi faceva sentire a casa. Devo tanto a New York, persino qualcosa legata alla mia musica: l’ispirazione. Sì, mi bastava anche solo passeggiare per trovare l’ispirazione. Passeggiavo lungo il fiume Hudson, mi piaceva fermarmi a pensare. Ogni volta che mi ritrovavo lì, vivevo una sorta di déjà-vu. Il mio pensiero andava ad una persona che mi faceva sentire spiazzata. Scrivevo, buttavo giù strofe e parole sincere. Ciascuna frase mi ricordava lui. E’ trascorso molto tempo dall’ultima volta che l’ho visto. Quei suoi occhi piccoli e scuri, i suoi capelli marroni e un po’ ribelli… Tutto di lui mi faceva sentire le farfalle nello stomaco."
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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"Un nuovo inizio"
 
Inviai quel messaggio a Norman ma non rispose. Erano le quattro del pomeriggio, non avevo voglia di rimanere in casa. Il cellulare squillò, lo presi con ansia ma sfortunatamente non era Norman. Era Simon.
“Simon!”
“Ciao Emily! Ti aspetto qui in studio, ho bisogno di aggiornarti  su alcune cose.”
“Va bene, ora mi fai preoccupare. Sono lì tra venti minuti.”

Ero preoccupata, Simon non aveva un tono di voce tranquillo. Infilai i miei jeans di corsa, scarpe e maglietta e mi recai allo studio. Simon e gli altri due membri della mia band, Dave e Ross, mi attendevano davanti all’ingresso dello studio.
“Cosa succede, ragazzi?!”
“Parliamone con calma nel bar qui di fronte. Andiamo.”
Disse Dave.
Mi preoccupai sempre più, eravamo nel bar ma nessuno cominciava a prendere la parola. “Allora? Mi spiegate cosa succede?”
“Sam, il tuo adorato manager, ha deciso di licenziarsi questa mattina. Non ha voluto dare molte spiegazioni ma ha impacchettato la sua roba in meno di dieci minuti e se n’è andato. Chissà, forse quell’ambiente gli stava un po’ stretto. Siamo nella merda.” Ross era chiaramente turbato ma io riuscii a capire ben poco della situazione, stavo cominciando a diventare sempre più nervosa.
“Cosa?! Ragazzi, se questo è uno scherzo, non è divertente.” Simon prese subito la parola.
“Avrei voluto telefonarti questa mattina ma non mi andava di farti preoccupare. Scusa. Però ho una notizia che forse può tirarti un po’ su di morale. Dopo l’accaduto, ho subito contattato Mandy, una mia vecchia amica. Lei conosce un bravo agente, mi ha messo subito in contatto con un manager di talento. Vive a Los Angeles, si chiama Matthew.” Simon mi fece tranquillizzare un po’, ma ero molto confusa.

“Io e Sam abbiamo lavorato insieme dai miei esordi. Non capisco perché sia andato via. Sono dispiaciuta ma allo stesso tempo, arrabbiata e sconcertata. Cosa faremo adesso? Questo Matthew accetterà l’offerta di lavoro nel nostro studio?”
“Beh.. In realtà ha già accettato. Arriverà a New York domani mattina,” disse Simon con un sorriso smagliante.
“Oddio! Questa si che è una buona notizia!”. Ero meno preoccupata adesso. Io, Simon, Ross e Dave, ci recammo allo studio e feci leggere loro il testo della nuova canzone che avevo scritto quel giorno, l’avevo intitolata “Expired Lover”, proprio come il nome dell’album. La giornata passò in fretta, trascorsi la serata con la mia band. Ci recammo in un locale in cui non ero mai stata. Era un pub, c’era molta gente. Mi misi a pensare a tutta la faccenda del manager.
Ero davvero triste perché Sam se n’era andato senza darmi alcuna spiegazione, rimasi stupefatta per il suo comportamento poco maturo. Avevo provato a telefonarlo più di una volta ma aveva il telefono staccato. La serata con la band, mi fece dimenticare per un po’ tutte le mie preoccupazioni. Norman, Sam e le mie nuove sensazioni. Non volevo pensare a Norman, non volevo essere triste per lui. D’altronde, sapevo di non essere nei suoi pensieri. Ad un tratto, ricevetti un messaggio. Cavolo, era Norman.
“Sono un coglione, hai tutto il diritto di avercela con me. Voglio farmi perdonare, ti va se vengo a prenderti e ti porto in un posto?”

Ecco, con quel suo messaggio tornai ad avere le palpitazioni, cominciai a sudare e la mia mente era da tutt’altra parte, di nuovo, ancora una volta, Norman mi fece sentire inerme. Simon e gli altri erano nel bel mezzo di un discorso, parlavano di musica. Decisi di salutarli, di uscire dal locale. “Vai già via? Cosa succede?,” mi chiese Simon. “Nulla, sono stanca, ho bisogno di riposare un po’. Domani ci aspetta una lunga giornata, conosceremo questo Matthew,” dissi con un tono ironico. Salutai Simon, Dave e Ross e mi recai a Central Park. Non ero stanca, avevo mentito, in realtà avevo bisogno di starmene un po’ da sola con i  miei pensieri.
Arrivai a Central Park e mi sedetti su una panchina. Non sapevo se rispondere al messaggio di Norman ma dopo qualche secondo, mi telefonò. “Allora, ti va di perdonare questo grande stronzo?”
Quella sua frase mi fece sorridere, la sua voce scatenò in me una serie di emozioni.
“Va bene… Stronzo.” Norman si mise a ridere, per quella mia frase e mi disse che mi avrebbe raggiunta tra qualche minuto.
Central Park era enorme, non mi avrebbe sicuramente trovata. Così, mi spostai nei pressi di Columbus Avenue. Erano trascorsi trenta minuti, dopodiché, vidi la motocicletta di Norman. Dio mio, era bellissimo. Tolse le chiavi dal quadro ed il casco e mi venne incontro. “Ciao.”
“Ciao.”
La sua giacca di pelle odorava di sigaretta, non riuscivo mai a dimenticare quell’odore. Ci guardammo per un po’, poi lui diede inizio al discorso. “Ti va di sederci in un posto tranquillo? Vieni, ho voglia di parlare un po’ con te.” Mi portò in un posto a me sconosciuto, era molto tranquillo e non c’era nessuno.
“Volevo chiederti scusa per l’altro giorno, quel bacio è stato un errore. Non avremmo dovuto.”
Non riuscivo a crederci, Norman riteneva quel bacio un errore! Non sapevo cosa dire, ma sapevo che non avrei dovuto fidarmi di un tipo come lui. Dopo, non fu molto difficile per me, dire ciò che pensavo.
“Hai ragione, è stato un errore. Tu sei con Julie, sei con qualcuno. Io e te siamo solo amici, non c’è altro.” Quelle mie parole non erano sincere, mi pentii subito per quello che gli avevo appena detto ma ero arrabbiata con me stessa, tutto questo non avrebbe dovuto avere inizio.
“Siamo partiti col piede sbagliato. Io voglio essere tuo amico, vorrei farti sapere chi sono. Sai, io e te abbiamo così tanto in comune. Ci conosciamo da qualche mese ma mi sembra di conoscerti da sempre. Io.. Quando sono con te, sto bene. So di potermi fidare di te e so di poter essere me stesso. Dici che potremmo dare un’altra opportunità alla nostra amicizia?”
Amicizia.. Già, per lui era solo amicizia. In quel momento mi sentii delusa ma allo stesso tempo, sentivo che le sue parole erano sincere. Io non volevo essere sua amica, io sentivo qualcosa di forte per lui, qualcosa che non mi faceva nemmeno dormire la notte, mi faceva restare sveglia a pensare e a pensare. Avevo tanta, troppa paura di soffrire ma non potevo negarlo a me stessa, ero innamorata e non riuscivo proprio a capire come Norman potesse entrare nel mio cuore così facilmente. Non volevo perderlo.
“Diamo un’altra opportunità a quest’amicizia.” Gli feci un sorriso ma sentivo qualcosa allo stomaco, era rabbia mista a paura e amore. Avevo ancora le farfalle allo stomaco, pensai subito che magari fossi una perdente in amore, però volevo combattere, volevo rialzarmi e ricominciare. Avevo tanta voglia di parlare con lui, avevo voglia di parlare della sua vita. Volevo conoscere meglio quest’uomo che era ormai nei miei pensieri da un po’.
“Parlami un po’ di te. So che sono le undici di sera ma lo avevi detto tu, no? Volevi che ti conoscessi meglio. Beh, allora…”
Norman mi guardò ma non parlò subito, mi accennò un sorriso. Ci ritrovammo seduti su un prato, alle undici di sera, al freddo.

“Io.. Non sono uno che parla molto ma farò del mio meglio. Sai.. Io non vivo una vita serena. Sono uno stronzo che è in continua lotta con se stesso. Voglio fare la cosa giusta ma faccio tutto il contrario di quello che voglio fare. A volte amo stare da solo, mi chiudo in casa e dipingo con della musica rock in sottofondo. E’ così che trascorro alcune delle mie giornate.  Poi c’è Julie.. Lei.. Lei mi tiene compagnia quando mi sento solo. Ma la mia vita è comunque una merda. Mia madre vive in Canada, mio padre non lo sento ormai da anni. Ecco, ora sei soddisfatta? Adesso sai qualcosa di me.”
Norman non disse molto ma quelle poche cose che mi aveva confidato, mi sembravano fondamentali. Riprese a guardarmi, io non dissi nulla. Volevo sapere altro della sua vita ma lui rimase praticamente in silenzio.
“Io credo che tu sia… Una persona un po’ strana ma..”
“Oh, certo. Sono strano. Si è fatto tardi, fa freddo. Ti riaccompagno a casa.”
Cosa avevo sbagliato? Forse non avrei dovuto dirgli che era strano. Mi sentii subito in colpa.
“Scusa, non volevo offenderti.”
“Figurati, non mi offendo per queste cazzate. Hai ragione tu, sono strano.”

“Ma… Norman.. Mi hai interrotta mentre parlavo.. Anch’io mi ritengo una persona strana. Vorrei fare tante cose contemporaneamente, ho una vita strana e.. Colleziono pupazzi, come una bambina. Già, come una bambina. Ora scoppierai a ridere, non è vero?” Portò entrambe le mani verso il viso e si coprì la faccia.
“Lo sapevo! Stai ridendo!” Norman rideva in un modo così buffo, si era coperto il viso e vedevo muovere solo il suo corpo, mentre rideva. “Collezioni pupazzi eh? Beh, lo faccio anch’io! Ho una stanza piena di cianfrusaglie, piena di poster, pupazzi e roba varia. Oh, lì ci dorme anche il mio gatto.”
“Hai un gatto? Non lo sapevo! Io adoro gli animali!”
“Sì, ho quarantacinque anni, ho un gatto, ho una vita incasinata e dei pupazzi. Benvenuta nel mio mondo, biondina.” Ridemmo per non so quanto tempo, non avrei mai pensato che una giornata così strana, un discorso così strano con Norman, potessero trasformarsi in qualcosa di divertente. Non ricordavo l’ultima volta in cui risi così, probabilmente da molto tempo. Il tempo era volato, si era fatto tardi. Salimmo in moto e mi riaccompagnò a casa. Ci salutammo con un sorriso, adoravo Norman quando mi sorrideva.
“Ci vediamo presto, biondina.” Mi salutò così, poi se ne andò.
            

 
 
   
 
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