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Autore: Eenie Meenie    11/01/2015    3 recensioni
Da: Clear Brooks
A: Justin Drew Bieber
Data: 13 Luglio 2014 17:30
Oggetto: No.
Se va tutto bene? No che non va bene.
Ti vorrei qui vicino a me ogni maledetta giornata, ogni ora, ogni minuto e invece non ci sei. Non te ne faccio di certo una colpa ma è tutto così fottutamente difficile.
Mi trovo a scrivertelo ma è l'unico modo che ho quindi bhe meglio sputare subito il rospo: mi sono innamorata di te. Io ti amo, ti amo ed è così difficile da credere o dire. Ti amo perché sei la prima persona di sesso maschile di cui mi sia mai fidata. Ti amo perché sei in grado di rendermi felice anche quando mi scrivi un semplice 'ciao'. Ti amo perchè da quando sei entrato a far parte del mio mondo la mia vita è cambiata. Ti amo perchè nonostante la distanza ti sento vicino e perché ci sono tanti motivi ma non sto qui a scriverteli.
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Spero tanto passiate (:
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E se fosse stato tutto un sogno? E se mi fossi immaginata tutto? La prima cosa che feci una volta aperti gli occhi è stato controllare il telefono, no, non era stato un sogno. Justin era qui e avevamo passato il mio compleanno insieme. Erano quasi le otto e mi ero svegliata stranamente presto, forse le farfalle nel mio stomaco si erano svegliate di prima mattina e ora non vedevano l'ora di vedere Justin, e anche io. Dopo la serata trascorsa volevo rivederlo, volevo poter passare ogni minuto con lui, godermi ogni singolo momento e non lasciarlo mai andare. Stanotte quando eravamo sulla spiaggia e c'è stato quel momento stranamente imbarazzante ma intenso mi è sembrato quasi che Justin stesse cercando di allontanarsi, come se non mi volesse ma sono ridicola vero? Un'ora prima mi aveva definita bella e attraente e poi mi evita? Perché mai dovrebbe farlo? Già, perché? Nella mia testa si accende una lampadina, magari potrei fargli una sorpresa e presentarmi da lui. Spero che lo apprezzi tanto quanto io sono contenta di farlo. Mi alzo dal letto e vado in bagno a farmi una doccia, fredda per poter placare i miei bollenti spiriti e rilassante per cercare di calmare il trambusto nel mio stomaco. Dopo circa dieci minuti esco dalla doccia e inizio ad asciugarmi, uso la crema al cocco e poi indosso l'intimo, un completino bianco di pizzo La Perla, uno dei pochi completi intimi che ho comprato lì, costano un occhio della testa le cose. Esco dal bagno e mi dirigo verso la cabina armadio, decido di indossare una gonna con un fumetto disegnato sopra, una camicia bianca legata con un nodo sopra l'ombellico e le converse bianche ai piedi, ero sobria e poi oggi credo che farà caldo qui a San Diego, un caldo quasi afoso. Lego i capelli in una coda alta, mi trucco appena appena, poi metto nella borsetta rossa il telefono, le chiavi di casa e poi esco dalla mia stanza.
In cucina ci trovo solo mia madre che si prepara una tazza di caffé
"Buongiorno"-mormora appena mi vede e io la saluto con la mano cercando le chiavi della macchina.
"Dove vai a quest'ora?"-chiede.
"Vado da Justin"-le rispondo andando vicino a lei. 
"Ow e quando torni?"-domanda mentre sorseggia il suo caffé.
"Bho, stasera o anche domani"-rido e lei mi lancia un'occhiata sbalordita, ma andiamo davvero credeva che avrei potuto passare la notte fuori casa? Per giunta con Justin? Capisco che i genitori pensino che i figli siano belli ma loro esagerano con me, rido.
"Fai la brava mi raccomando"-le faccio il segno dell'ok e poi esco dalla porta della cucina per andare in garage. 
Esco con la macchina e mi metto in strada sulla via per l'albergo di Justin. Spero non sia ancora uscito, sono le nove, forse vorrà venirmi a prendere o che so, sarà uscito per una corsa o una passeggiata, insomma speravo tanto di trovarlo in camera.
Oggi sarebbe stato l'ultimo giorno intero che avremmo passato insieme, volevo fargli vedere un po' la mia città, il parco dove ho passato gran parte della mia infanzia e poi volevo portarlo in un posto che per me è un po' speciale, spero che ciò possa aiutarlo a capire come sono anche se credo che lui già lo sappia ma una conferma non guasta mai.
Arrivo verso le nove e venti davanti al suo albergo, parcheggio l'auto e poi mi avvio dentro. Non era di certo un albergo a cinque stelle ma la sua bella figura la faceva lo stesso, appena entro il signore della reception inizia a sorridere.
"Buongiorno, come posso aiutarla?"-era un uomo con i capelli brizzolati, lo smoking perfettamente curato e poi emanava un buon profumo.
"Ehm si, vorrei sapere il numero della camera del signor Bieber"-mentre parlo quasi mi sudano le mani, sono un po' nervosa all'idea di fargli una sorpresa, non che sia proprio una sorpresa però spero gli faccia piacere vedermi di prima mattina.
"Si, camera 117 nono piano"-deglutisco quando dice 'nono piano', perché non ha preso una camera al primo piano? O al secondo.
Ringrazio il gentile signore e vado a prendere l'ascensore, premo il pulsante 9 e aspetto di salire. Quando arrivo l'ascensore fa un rumore di avvertenza, mi guardo in giro e una volta trovata la camera di Justin inizio a respirare pesantemente. Busso alla porta, aspetto qualche secondo e sento mormorare un 'chi è' da Justin, spero rimango sorpreso nel vedermi.
Quella che rimane sorpresa e certamente non in negativo ero io. Mi apre la porta un Justin a torso nudo con i jeans e cavolo se si intravede quella V perfettamente disegnata. Mi veniva da piangere per la disperazione di avere davanti ai miei occhi questo dio greco scolpito da Michelangelo.
"C-che ci fai qui?"-domanda Justin e io rimango ancora ferma a guardarlo e deglutisco un paio di volte, dannazione.
"Sorpreeeesa"-dico un po' versione clown sentendomi le lettere morire dentro la gola. Accidenti, copriti Bieber.
"Ora sono seria. Volevo farti una sorpresa e così sono venuta per poterti in giro ma se vuoi posso andare via, oppure posso lanciarmi da questo nono piano ma contando il fatto che soffro l'altezza si potrebbe assistere a una scena pietosa e questo si aggiungerebbe alla lista '100 motivo per morire'. In sostanz-"- praticamente non finì di parlare che vengono fermata con un bacio, come in un film. Justin si era tirato avanti e mi aveva dato un bacio, un bacio niente male per essere un bacio del buongiorno.
"In sostanza parli troppo"-concluse la mia frase quando si staccò lentamente da me.
"Si, lo penso anche io"-bofonchio sentendomi andare a fuoco. Mi prende una mano e mi tira all'interno della sua camera. Era una camera arredata in modo classico, era un albergo conosciuto per la sua tradizione, sembrava tanto di trovarsi in quelle camere principesche. Mi guardai un po' intorno e notai il trolley di Justin, i vestiti di ieri piegati sulla poltrona e ora lui si stava mettendo una maglia nera a giromaniche.
"Aspettami, vado ad asciugare i capelli"-disse lui facendomi segno con la mano ma io invece avevo già parlato, forse ha ragione, parlo troppo.
"Te li posso asciugare io"-non gli avevo rivolto una domanda, desideravo davvero tanto asciugargli i capelli. Lo so, è una cosa ridicola ma in situazioni come questa ti piace approfittare di ogni singolo momento e inoltre i capelli di Justin erano belli da toccare.
Justin si mise a ridere e mi sentii una cretina, quale ragazza sana di mente gli va a chiedere una cosa del genere? Solo io.
"Per me va bene"-mi spuntò un sorriso così lo seguì in bagno. Quel bagno era una camera di vapore, non si vedeva niente e lo specchio era appanato così con un asciugamano lo pulì cercando di risolvere almeno un po' le cose.
"Solo tu puoi lavarti con l'acqua calda e creare questo casino"-gli dico mentre mi passa l'asciuga capelli.
"Tu con cosa ti lavi? Acqua fredda?"-aveva fatto quella domanda come se stesse dicendo la cosa più brutta del mondo ma in realtà è così, mi lavo con l'acqua fredda. Non gelida ma neanche calda, una via di mezzo diciamo. Ovviamente solo in estate, in inverno quasi mi lesionavo con l'acqua calda.
"Si"-mormoro attacando la presa e feci sedere Justin dato che sono più bassa di lui. Ora lo avevo difronte allo specchio e io dietro che prendevo in mano le redini della situazione.
"Tu sei pazza, ti va in tilt il cervello. Ora capisco perché sei così"-rise guardandomi attraverso lo specchio e risi anche io. Accesi l'asciuga capelli e iniziai il lavoro. Toccavo i capelli di Justin, li frizionavo e massaggiavo la sua testa mentre l'aria calda sgorgava dall'apparecchio.
Era una cosa divina poter toccare i suoi capelli e vedere quell'espressione dolce sul suo viso. Una volta finito ne venne fuori che gli avevo fatto i capelli a pazzo, risi.
"Sembro uscito fuori di testa"-se li toccava e provava ad aggiustare ma con scarsi risultati, io intanto ridevo come una matta vicino la porta.
"Ma tu sei pazzo"-mormorai beccandomi un'occhiata da lui.
"Dai, sembri uno che ha appena finito di fare sesso"-non credevo sul serio di averlo detto ma invece lo avevo fatto. Non sapevo nemmeno come fossero i capelli dopo aver fatto sesso, ne avevo solo sentito parlare e letto in qualche libro ma me li ero immaginati sempre come li teneva adesso lui. Justin mi guardò con uno sguardo come ad invitarmi a provare ma io arrossì e abbassai il capo.
"Credimi, i miei capelli non sono così dopo aver fatto sesso"-eh bhè lui certamente lo sapeva, tante di quelle volte in cui l'ha fatto. Mi sentivo un'idiota solo al parlarne, lui aveva le sue esperienze io invece non potevo vantarmi di niente, non che il sesso fosse una cosa di cui vantarsene ma a volte mi sentivo una bambina vicino alle mie compagne che invece si dilettavano a raccontare i loro amplessi amorosi. Avevo comunque diciotto anni e non avevo mai avuto l'occasione di trovarmi con un ragazzo sotto le lenzuola, le ragazze di adesso a 15 anni la danno come se la vendessero, non mi sorprendo più di niente. Io sono stata sempre felice di essere come sono e non me ne vergogno, lo farò solo quando troverò il ragazzo giusto e sono sicura di amarlo. Forse Justin, era quello giusto.
"Non mi interessa di come sono realmente"-mormorai acida e lui lo notò ma lo stesso non disse niente, si limitò solo ad annuire.

Dopo che Justin si era infilato le scarpe, aveva preso le sue cose eravamo usciti dall'albergo e ora eravamo in macchina.
"Dovresti farla urlare questa macchina"-mormorò Justin mentre guardava fuori dal finestrino.
"Guido come di regola, non andrò fuori i limiti solo per tastare la sua potenza"-continuai a guidare stando calma e tranquilla. 
"Dicevo soltanto, ma che hai?"-disse lui girandosi verso di me, girai la testa solo per un secondo e vidi un espressione corrucciata.
"Nulla, cosa dovrei avere?"-tenevo lo sguardo dritto sulla strada. Non ero così perché avevamo parlato di quel 'fatto' ma stavo così perché diminuiva il tempo, diminuivano le ore e i minuti e sono un tipo di persona che quando guarda la fine delle cose invece di godermele tendo ad allontanarle solo per non schiantarmi contro il muro, ma contro quel muro alla fine mi ci sarei schiantata lo stesso. Che lo volessi o meno. 

Io e Justin avevamo fatto dei giri per San Diego, lo avevo portato al museo più grande della città, poi eravamo andati a prendere un gelato e gli avevo fatto fare qualche altro giro e all'ora di pranzo ci eravamo ingozzati di caramelle gommose e patatine, il pranzo dei bambini. 
"Dove mi porti adesso?"-domandò lui sorseggiando la coca-cola dalla sua lattina.
Adesso lo avrei portato al parco.
"Vieni, è vicinissimo"-lo presi per mano e lo trascinai con me verso il cancello argenteo del parco. Entrammo all'interno del parco, non era uno di quei tipici parchi aperti, era recintato, aveva delle giostre, un sacco di panchine e alberi e poi c'era un chioschetto proprio al centro dove quando ero piccola papà mi comprava lo zucchero filato. Venivo sempre qui da bambina, papà dopo il lavoro veniva a prendermi dall'asilo e mi ci portava sempre. A volte venivo con mamma, altre invece mi accompagnava David, poi quando nessuno ha avuto più il tempo ci sono venuta da sola diventando la mia fortezza, ho dato il mio nome anche ad un albero, la mia mente svitata.
"Un parco, si vede che sei proprio una bambina"-scherzò ma io non ci diedi peso, lo sapevo che scherzava mentre altre persone invece lo usavano per offendermi, ma a chi importa se ho 18 anni e invece ne dimostro 6? Non a caso la mia canzone preferita è Forever Young.
"Dai viiieni, ti faccio vedere una cosa"-lo presi per il braccio e camminammo fino ad arrivare vicino a un grosso albero con i rami molto lunghi, aveva una piccola sporgenza in basso e le sue foglie coprivano gran parte del prato, era un rifugio quando il sole scottava e poi vederlo in inverno era bellissimo, aveva tutto un suo fascino. 
"Justin lui è il mio albero, Clear"-lo presento, se gli alberi potessero parlare sono sicura che il mio albero gli direbbe un bel po' di cose.
"Noooo hai dato il tuo nome a un albero"-come non detto iniziò a ridere e io invece lo guardavo male, nessuno può offendere il mio albero.
"Ok scusa scusa ma davvero, è ridicolo"-non è più ridicolo dei ragazzi che danno dei nomi al loro sesso maschile, quello sì che è ridicolo.
"Scommetto che sei uno di quei tipi che danno un nome al loro sesso e poi dicono a me ridicola per aver dato il mio nome a un albero. Ci sono cresciuta qui e se guardi qui- gli indico un punto- ci sono una CR e una DT, le iniziali del mio nome e di quello di mio fratello"- Justin a quel punto si zittisce e mi guarda da cane bastonato, forse l'ho colpito e affondato.
"Mi spiace, non pensavo fosse importante"-e invece lo era. Forse non sono la ragazza più normale sulla terra ma andiamo a chi è che piace la normalità? La normalità è noia, a volte bisogna uscire un po' dagli schemi per scoprire davvero chi si è realmente, forse non l'ho capito dando un nome ad un albero, ma l'esperienze mi hanno fatto capire chi sono e anche se al 0.5%, mi piaccio, almeno non sono come tutte le altre. 
"Fa niente, dai siediti"-gli indico un posto accanto a me, lui si siede e poi prende un piccolo ramo e inizia a giocarci.
"Perché CR?"-una cosa che non gli avevo mai detto era il mio secondo nome, non perché non ne andassi fiera ma perché non me la sentivo di dirglielo e poi uno poi alla fine ci si abitua, me ne ero completamente dimenticata.
"Rose"-mormorai guardando l'erba. 
"Il tuo secondo nome è Rose?"-annui.
"Come mai nell'e-mail non appariva?"-chiese, mm bella domanda.
"Ho messo l'opzione di mettere solo Clear Brooks"-spiegai. Justin per un momento rimase in silenzio.
"Perché non me l'hai mai detto? Ti vergognavi?"
"No, non mi vergognavo ma che ne so, tu non me l'hai mai chiesto e io non ho sentito il bisogno di parlartene e poi col tempo non ci ho dato più peso"-deglutì un paio di volte e portai lo sguardo altrove.
"Te lo chiedo adesso, parlamene"-aveva trovato proprio un bel momento per parlarne, ma lo avrei fatto.
"Penserai che sia il nome di una mia povera nonna defunta ma in verità mia madre dopo aver avuto David è rimasta incinta, dicevano che era una femmina ma poi verso il quinto mese di gravidanza ci fu qualche complicazione che non so ma così fu, la bambina non c'era più. I medici avevano detto ai miei che c'erano 99% di possibilità di non poter avere più nessun altro figlio dopo David, poi qualche anno dopo sono nata io e così come secondo nome mi diedero il nome che avevano scelto per quella bambina che non è mai nata. Ecco"-Non mi ero mai arrabbiata con i miei genitori per avermi dato quel nome, ma a volte mi viene da pensare che forse sarei dovuta morire io e non lei, pazzesco vero? Loro dicono che io sono una specie di 'miracolo', forse lo ero davvero, ma non quel tipo di miracolo che loro speravano. Magari Rose sarebbe stata la loro figlia prediletta, la loro figlia perfetta.
"Smettila di pensarlo"-parlò Justin vicino a me, lo guardai come se fosse un mostro a tre teste e sei occhi.
"Cosa?"-domandai girandomi verso di lui che aveva un sorriso dolce sulle labbra.
"So cosa stai pensando. Pensi che magari lei sarebbe stata migliore di te e che dovresti essere tu al suo posto ma forse è stato destino, il fato o chi può dirlo. Ma tu esisti, sei qui e anche se hai dato il tuo nome ad un albero sei perfetta, lo sei per i tuoi genitori, per i tuoi amici e lo sei per me. Magari Rose sarebbe stata un killer o chissà che altro, nessuno può saperlo ma sul serio, smettila di pensare di non meritarti di vivere, di non meritare l'amore di nessuno perché non è così, meriti l'amore di chiunque sia in grado di dartelo, meriti di essere amata in tutte le tue sfumature e in particolar modo meriti di essere felice"-ero a bocca aperta. Non sapevo cosa dire e per altro mi aveva capita senza dirgli assolutamente niente, ormai forse mi conosce bene, fin troppo secondo me. 'Sei perfetta per me', 'meriti l'amore di chiunque sia in grado di dartelo', 'meriti di essere amata', 'meriti di essere felice'...sul serio non riuscivo a trovare le parole per potermi esprimere, era come se si fosse creato all'interno del mio cuore. Io sono perfetta per lui, cosa voleva dire? Si, la frase è esplicita ed è come se mi avesse fatto una dichiarazione d'amore ma avevo bisogno di chiarezza, non potevo vivere con parole campate in aria.
"Justin?"-lo chiamai e lui si girò dalla mia parte.
"Cosa hai risposto? Al vecchio vicino a te sull'aereo"-mi riferivo a quando il signore gli ha chiesto il motivo del suo viaggio qui a San Diego. Justin abbassò la testa e per un momento ho pensato che forse avevo azzardato troppo, che  non dovevo chiedergli spiegazioni di niente. 
"Gli ho risposto che andavo ad incontrare per la prima volta la ragazza di cui mi sono innamorato, gli ho anche raccontato tutta la sorpresa e lui infine mi ha risposto: vai e prenditela."- 'Innamorato di me' continuavo a ripetermi queste parole in testa e non ci potevo credere, quasi scoppiavo a piangere ma lui l'aveva detto, aveva ammesso che lui era innamorato di me, mi amava.
"C-cosa?"-riuscì solo a dire, non riuscivo a parlare, a fare un discorso serio. Avete presente quando siete in aereo e man mano che salite iniziano a tapparsi le orecchie, deglutisci e si stappano e poi si riattappano, e io mi sentivo così. Un momento riuscivo a dire qualcosa, ripensavo alle sue parole e un secondo dopo non riuscivo più a dire niente. Ero praticamente fregata. Ma a volte le parole non servono e i gesti invece si, quindi gli presi il viso con le mani e lo baciai, forse come non avevo mai fatto, volevo fargli capire che anche io ero innamorata di lui, dannatamente innamorata e lo amavo più di qualsiasi altra cosa. Justin rispose al bacio e ora mi aveva fatta sedere sulle sue gambe. 

Trascorremmo un'altra ora nel parco, poi verso le sei avevo portato Justin in ospedale. No, non era successo nulla di grave, lo stavo portando lì per fargli vedere cosa mi piaceva fare nel tempo libero.
"Qui ci faccio volontariato, vengo a trovare i malati e do una mano in caso ci sia bisogno"-gli spiegai mentre salivamo al secondo piano.
"Dai vieni"-Justin si guardava intorno sorpreso, non lo aveva mai saputo, era un'altra delle tante cose che tenevo per me. Entrai in una delle stanze, qui ci dormiva il signor Miller, un signore che ormai non ricordava nemmeno più chi fosse, non ricordava niente a parte le cose recenti. Appena entrai lo salutai con la mano, lui sorrise e fece capolineo appena mi vide.
"Signorina Brooks"-mi accolse, gli andai vicino e mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia. Mi girai indietro per vedere se Justin era ancora con me, era lì che guardava la scena sorpreso.
"Chi è quel ragazzotto con te?"-sussurrò il signor Bruce quando mi ero tirata in piedi.
"Sono Justin"-disse lui venendo vicino a me porgendo la mano al Signor Miller.
"Aaaah lui è il famoso Justin"-ecco, bene a quanto vedo si ricorda di Justin, gliene parlavo sempre.
"Quanto famoso?"-domanda Justin sorridendo. Mi stava scoppiando il cuore di gioia, in due giorni gli avevo detto più cose rispetto che in due anni di continue e-mail.
"Non lo dire a Rose ma parla in continuazione di te"-ahimè avevo sentito e questo fece sorridere Justin. Un'altra cosa era che Bruce mi chiamava Rose, mi disse che non gli piaceva il nome Clear, Rose sembrava più un nome importante e che sicuramente le persone un giorno mi avrebbero ricordata. Lui di sicuro no.
"Ok promesso"-lo rispose Justin. Uscì dalla camera per prendere un bicchiere d'acqua, quando ritornai in stanza Justin si era seduto sulla sedia e Bruce guardava il soffitto, era un'ottima distrazione.
"Signorina Brooks"-lo salutai con un sorriso, ora stava riavendo quel momento in cui ricapitava la cosa dall'inizio, non si ricordava neanche più di Justin e quando lui mi salutò in quel modo Justin si voltò verso di me.
"Chi è il ragazzo?"-gli dissi che era Justin e lui ripetè la stessa frase di prima. Salutammo Bruce e poi ce ne uscimmo dall'ospedale.
"E' davvero dura per lui"-disse Justin riferendosi al signor Miller.
"E' dura per i familiari, non ricorda dei suoi figli e nipoti. Io non so come mi sentirei se succedesse una cosa del genere a qualcuno della mia famiglia, sarebbe tremendo"-gli risposi aggiustandomi la tracolla sulla spalla.
"Ow piccola"-mi abbracciò e mi sentì rassicurata.
Si erano fatte più o meno le otto. Avevamo fatto così poco ed il tempo già stava volando.
Stavo per piangere, ecco, lo sapevo che sarebbe arrivato questo maledetto momento. Non potevo piangere, non potevo mostrargli così le mie debolezze ma invece le lacrime iniziarono a uscire dai miei occhi e Justin non se lo fece sfuggire.
"Sediamoci"- Ci sedemmo sulla panchina fuori l'ospedale, Justin mi fece sedere sulle sue gambe e mi alzò il viso, asciugandomi le lacrime con il pollice.
"Piangi per Bruce?"-domandò ma sapeva benissimo che non piangevo per il signor Miller, sorrisi tra le lacrime e portai un braccio dietro il suo collo.
"Non piangere dai su, non parto mica per la guerra"-lo guardai e poi poggiai la testa sulla sua spalla.
"Peggio. Chissà quando ci incontreremo di nuovo e poi se l'accademia non mi accettasse sarei fregata"
"Non devi dirlo, verrai presa e verrai a stare a Los Angeles con me"-la sua speranza mi confortava ma ero più portata al pessimismo e in questo momento il mio pessimismo era arrivato al 98%.
"Sei troppo ottimista Bieber"-gli dissi sorridendo e così gli diedi un bacio sul collo.
"L'ottimismo mi ha portato ad essere qui con te, il pessimismo cosa ti ha portato?"-aveva ragione, come sempre d'altronde.
"Sai cosa dico sempre? Chi non è pessimista non proverà mai il gusto di essersi sbagliato e questo 'gusto' mi piace molto, ha un sapore molto simile alla felicità"-sorrido e mi passo un dito sotto l'occhio togliendo i residui delle lacrime.
Justin mi stava guardando come se fosse la prima volta, mi sentivo quasi imbarazzata, come se avessi fatto qualcosa o avessi qualcosa in faccia. 
"Juss"-lo strattonai con il braccio che avevo intorno al suo collo ma lui continuava a restare in silenzio. Avevo forse detto qualcosa di male? O peggio, fatto?
"Clers"-iniziò a parlare ed io lo stetti ad ascoltare per bene, sembrava serio-"sarei troppo frettoloso o di sicuro mi prenderai per un pazzo maniaco ma ti va di passare la notte con me? Domani mattina me ne vado e vorrei svegliarmi con te vicino"-deglutisco rumorosamente e lo guardo soprafatta da questo ragazzo bellissimo che mi chiede una cosa del genere. 
Non sapevo cosa rispondergli.

To be continued...


 
Hi!
Devo dire che questo è uno dei capitoli che mi
piace di più, si scopre qualcosa in più di Clear e infine la richiesta di Justin. Cosa dirà lei?
Vi devo avvisare di una cosa, ad alcune forse dispiacerà a
altre forse no, non so ma il prossimo capitolo è il FINALE
Non so se ci sarà un seguito, ci sto lavorando ma non so cosa
ne verrà fuori, a voi farebbe piacere se decidessi di farlo?
Bhe fatemi sapere e sopratutto fatemi sapere se vi piace il capitolo.
Scusate sempre per gli errori.
Vi mando un bacio, a prestissimo con il finale.
C
.

Vestito di Clear: http://www.polyvore.com/senza_titolo_75/set?id=125766237
  
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