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Autore: angelo_nero    14/01/2015    1 recensioni
Mentre le coppie normali si riempivano di coccole, parole dolci e altre sdolcinatezze simili, loro si dichiaravano amore eterno a suon di insulti, frecciatine e accuse. Anche se poi sapevano chiedersi “scusa” a vicenda nel post-litigio.
Ridacchiò al pensiero di tutte le volte che avevano fatto l'amore dopo essersi insultati, ignorati o addirittura essersi lanciati oggetti. Avevano un modo tutto loro di far capire all'altro il proprio stato d'animo. [..]-Si può sapere cos'hai da ridere?- sbottò scocciato da quel suono cristallino. Si appoggiò allo sportello con un braccio, sorreggendo la testa. Sbuffò premendo per l'ennesima volta il freno: tutto bloccato dappertutto, non si riusciva a passare neanche nelle vie secondarie. Il traffico sembrava impazzito per quattro gocce. [..] -Non mi hai risposto.- disse improvvisamente la sua voce. Bulma si voltò verso l'uomo che era rimasto nella stessa identica posizione di prima. -Niente di che, stavo pensando al fatto che forse siamo l'unica coppia dell'universo che si diverte a litigare.- gli rispose. Lo vide alzare gli occhi al cielo, sapeva cosa stava pensando “stupida sentimentale”.

Questa storia partecipa al contest "quanti punti vuoi?" di DonnieTZ
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Principe dannato.

 

 

L'amore è qualcosa d'inspiegabile, qualcosa che se ti prende non ti molla più. Un concetto astratto che deriva da una serie di sintomi fisici quali accelerazione del battito cardiaco, sudorazione eccessiva, improvvisa incapacità di articolare una frase, aumento della temperatura sul viso, rossore sulle gote.

Si usa attribuire l'amore al cuore, si dice “lascia parlare il cuore”, “ascolta il tuo cuore”, “mi hai rubato il cuore”. Ma il cuore non parla, il cuore non può essere donato né rubato. Il cuore è solo un muscolo involontario che pulsa nella cassa toracica, mandando il sangue in tutto il corpo. Il battito aumentato avviene solo per una serie di eventi chimici ed impulsi inviati dal nostro cervello.

Il sentimento dal colore rosso di passione ti porta a fare azioni che, in altri momenti, avresti giudicato da pazzi, perché è veramente così che funziona. L'amore rende pazzi.

Ma di un pazzia dolce, che ti logora lentamente con un tocco leggero. Una pazzia che sembra premere il tasto “OFF” al cervello, facendo tacere ragione e orgoglio. Ti stritola il cuore e ti ruba l'anima.

E chi non ha né cuore né anima? Neanche lui è salvo, perché per quanto possa averle nascoste sotto strati e strati di menzogne, l'Amore riuscirà sempre e comunque a tirarli fuori per prenderseli, poi, con prepotenza. Con l'intenzione di non restituirteli più.

L'amore è la soluzione, la cura, a tutti gli incubi passati che ti logorano dentro da anni.

L'amore può condurci all'inferno o in paradiso, a suo piacimento.

Quello però in cui si era catapultata lei non era né l'uno né l'altro, era piuttosto un'altalena di emozioni dalla quale aveva rischiato più volte di cadere, facendo un volo piuttosto alto. Su e giù, in continuazione, alti e bassi, amore e odio. Era quella la sua vita insieme a quel capoccione di cui si era innamorata.

Dopo anni di convivenza e matrimonio la cosa si era stabilita un po', ma i loro consueti litigi non mancavano mai. Oh, si, i litigi erano forse la parte migliore di tutto quel trambusto. Ci trovava gusto a provocarlo, lanciandogli frecciatine, colpendolo nell'orgoglio, aspettando la sua reazione. Non erano mai veramente arrabbiati l'uno con l'altra, piuttosto era un modo per “fare conversazione” oppure per dimostrare l'amore che li legava.

Mentre le coppie normali si riempivano di coccole, parole dolci e altre sdolcinatezze simili, loro si dichiaravano amore eterno a suon di insulti, frecciatine e accuse. Anche se poi sapevano chiedersi “scusa” a vicenda nel post-litigio.

Ridacchiò al pensiero di tutte le volte che avevano fatto l'amore dopo essersi insultati, ignorati o addirittura essersi lanciati oggetti. Avevano un modo tutto loro di far capire all'altro il proprio stato d'animo.

Rise nuovamente ripensando a tutte le volte in cui l'aveva zittito in un modo o nell'altro, lasciandolo imbambolato mentre apriva e chiudeva la bocca più volte, cercando di dire qualcosa. Alla fine, sconfitto, borbottava qualcosa sul fatto che aveva potuto farsi i cavoli suoi anni fa invece di sposarla, e se ne andava. Si trattenne dallo scoppiare a ridere ricordando la faccia del compagno quando, dopo che l'aveva minacciata di andarsene, lei gli aveva risposto candidamente che poi non avrebbe più potuto reclamarla come sua, in nessun modo.

L'ennesima risatina attirò l'attenzione dell'uomo seduto al volante -Si può sapere cos'hai da ridere?- sbottò scocciato da quel suono cristallino. Si appoggiò allo sportello con un braccio, sorreggendo la testa. Sbuffò premendo per l'ennesima volta il freno: tutto bloccato dappertutto, non si riusciva a passare neanche nelle vie secondarie. Il traffico sembrava impazzito per quattro gocce.

Aveva definitivamente sperato in una ripresa di coscienza da parte dello stato quando, a un incrocio, un tizio gli aveva tagliato la strada a tutta velocità, costringendolo ad inchiodare.

Bulma osservò il marito sorridendo, lui odiava il traffico. Con la pioggia poi era ancora peggio. Tutti sembravano rincitrullirsi per un temporale.

Appoggiò la testa allo schienale giocherellando con le chiusure della ventiquattrore che teneva in grembo, seguì con lo sguardo i tergicristalli che, veloci, si muovevano a destra e sinistra cercando di rendere migliore la visuale della strada.

Il rosso del semaforo spuntava in lontananza, oltre la coltre di fumo causata dai tubi di scappamento delle auto. Sussultò quando un tuono la colse impreparata, il lampo che lo seguì rischiarò il cielo e fece scattare l'allarme delle auto parcheggiate.

Portò lo sguardo sull'orologio da polso alzando gli occhi al cielo: erano le sei e mezza passate e loro erano ancora in mezzo al traffico.

-Non mi hai risposto.- disse improvvisamente la sua voce. Bulma si voltò verso l'uomo che era rimasto nella stessa identica posizione di prima. -Niente di che, stavo pensando al fatto che forse siamo l'unica coppia dell'universo che si diverte a litigare.- gli rispose. Lo vide alzare gli occhi al cielo, sapeva cosa stava pensando “stupida sentimentale”. Sorrise e tornò a guardare il semaforo. La luce, finalmente, si fece verde e Vegeta ingranò la marcia ripartendo.

-Non mi sembra che la cosa ti sia mai dispiaciuta.- sentenziò all'improvviso.

Allungò le gambe davanti a sé mentre lui cambiava marcia. -Infatti io non ho mai detto questo. È solo che - ridacchiò lasciando la frase a metà mentre scuoteva la testa.

La guardò con la coda dell'occhio riportando la propria attenzione alla strada, ennesima fila, ennesimo ingorgo, ennesima attesa. Frenò scalando le marce. Non gli piaceva l'attesa, non gli piacevano gli ingorghi, i semafori rossi, gli idioti che si fermavano ogni cento metri.

Quando alla fine riuscì a partire un vigile li obbligava a svoltare a sinistra per via di un incidente. Fantastico la strada si allungava, altre ore in macchina. -E' solo che?- chiese improvvisamente lui, aveva lasciato la frase a metà ed era maledettamente curioso di saperne la fine. Scalò la marcia girando a destra, ennesimo vigile che gli diceva che la strada era bloccata. -Niente d'importante. Lascia perdere.- lasciò cadere il discorso.

Credeva che non avrebbe mai capito quella donna, lei e i suoi interrogativi che parevano infiniti. Osservò l'orologio da polso che portava, era passata un'ora da quando erano usciti dall'ingorgo precedente e due da quando erano usciti dall'ufficio. Si appoggiò sul sedile rassegnato, avrebbero passato il pomeriggio immersi nel traffico.

 

Appoggiato al muro di fianco la finestra, osservava fuori il paesaggio invernale con i grandi nuvoloni grigi che coprivano il cielo azzurro. Grosse gocce di pioggia scendevano giù alternate a lampi e tuoni, aveva visto anche qualche bel fulmine qua e là.

Il traffico in tilt, la gente che correva al riparo e chi, come lui, guardava fuori al riparo della propria abitazione o all'interno di qualche negozio.

Aveva visto le peggiori tempeste di sabbia, gli tsunami più grandi e le tempeste magnetiche più distruttive ma la pioggia, come cadeva su Vegeta-sei, l'aveva ritrovata solo su quel pianeta azzurro.

Si accigliò quando il volto della moglie gli tornò in mente involontariamente, com'era possibile che anche un temporale gliela ricordasse? Era costantemente nella sua testa o appariva solo a intervalli più o meno regolari?

Avvertì dei passi leggeri scendere le scale, ed ecco che l'oggetto dei suoi pensieri si materializzava nella sua stessa stanza.

-È saltata la corrente. Non funziona neanche il generatore d'emergenza. Ci toccherà rimanere al buio, chissà come se la passa Trunks. Anche sui monti Paoz dovrebbe aver fatto un bel temporale.- a piedi scalzi si avvicinò al camino, lo accese girando una manopola e si sedette a terra sul tappeto, appoggiando la schiena al sofà. Tutto sotto lo sguardo attento del Saiyan che si stava chiedendo per quale motivo se ne stava seduta a terra quando avevano un divano da milioni di yen a disposizione. Preferì non indagare, tanto non avrebbe compreso comunque le scelte di quella donna.

Erano soli nella grande casa, dato che il primogenito era dal migliore amico e Bra era con i nonni. Il silenzio che regnava all'interno della stanza era interrotto solo dallo scoppiettio del fuoco e dai tuoni, che facevano sussultare Bulma ogni qualvolta il chiarore rischiarava la stanza avvertendoli dell'arrivo del rombo. -Vegeta?- lo chiamò.

L'uomo voltò un poco la testa, quel tanto che bastava per osservarla: indossava una camicia bianca troppo grande per lei e un paio di jeans, era a piedi scalzi. Le gambe portate al petto con la testa appoggiata sopra voltata nella sua direzione, i capelli azzurri le ricadevano in parte sul viso. Dio se era bella.

-Ti siedi accanto a me?- gli chiese dolcemente continuando a fissarlo. I loro occhi si incrociarono e i buoni propositi del Saiyan di negarle la propria compagnia svanirono come fumo. Sciolse le braccia dalla solita posizione e si andò a sedere vicino alla donna sul tappeto. Neanche il tempo di sistemarsi che lei appoggiò la testa sul suo petto, inspirando forte il suo odore. -Si può sapere perché non usi i tuoi vestiti?- chiese scorbutico avendo notato il taglio maschile della camicia che la donna potava.

Lei si accoccolò maggiormente addosso a lui chiudendo gli occhi -Perchè i miei vestiti erano bagnati e non avevo voglia di cercare una maglietta. I jeans erano sulla sedia, abbandonati.- gli rispose cristallina.

Vegeta alzò lo sguardo dalla donna e si concentrò sulla stanza intorno a sé.

Il salotto era una delle stanze più grandi della casa, preceduta solo dai laboratori, ovviamente, e dall'ingresso. Era connesso con la cucina da un'arco e all'ingresso da due porte di legno massiccio, su cui vi erano disegnati due fiori.

Sulla parete opposta a quella che avevano di fronte c'era il televisore con le console e i videogiochi, alcuni sul mercato altri no, un vaso con una pianta, a suo parere, piuttosto brutta che la madre di lei aveva insistito per far mettere. Sulle pareti bianche circostanti vi erano vari quadri di vari artisti e generi, alcuni decisamente troppo astratti; lo skyline di Tokyo faceva bella mostra di sé sulla parete portante mentre su quella opposta, accanto la porta vi era una foto di loro quattro insieme, una delle poche che si era fatto scattare. Davanti a lui, sul camino, c'era una collezione di navi in bottiglia, dovevano essere del padre, in quanto fosse stato uno dei pochi dettagli che aveva notato quando aveva messo piede in quella stanza per la prima volta.

La sentì muoversi per mettersi a cavalcioni su di lui che, spiazzato rimase immobile arrossendo un poco. La vide ridere oltre che sorridere, quel suono era musica per le proprie orecchie.

Lei si sporse di più arrivando a pochi centimetri dal suo viso -Ti amo.- disse sorridendo prima di baciarlo. Vegeta rimase spiazzato da quel gesto così spontaneo, spalancò leggermente gli occhi prima di chiuderli e poggiare le mani sui fianchi di lei ricambiando quel dolce contatto.

Bulma gli posò le mani sulle spalle poi, con lentezza disarmante, si staccò guardandolo negli occhi sorridente. Quando lo vide arrossire rise leggermente abbracciandolo.

Vegeta, dal canto suo, si era voltato dalla parte opposta, tornando a fissare la pioggia mentre con un braccio la teneva stretta a sé. Quando un lampo gli illuminò le iridi si aspettò di sentirla sussultare al rombo che si udì subito dopo, e così successe.

Bulma sussultò all'improvviso rumore stringendosi di più al compagno che ridacchiò. -Cos'hai da ridere?- scattò staccandosi da lui per poterlo guarda in faccia. Un sorrisetto di scherno aleggiava sul suo volto di Dio greco. -Bibiri*, Bulma.- la prese in giro. Scoppiò a ridere quando la vide incrociare le braccia e imbronciarsi come una bambina. -Smettila di prendermi in giro, baka!- gli urlò tornando a sedersi sul tappeto. Nonostante si sentisse offesa dalla sua risata di scherno, non potè far a meno di constatare quanto quel suono fosse stupendo e di quanto fosse bello il suo volto mentre rideva di gusto. -Solo tu puoi avere paura dei tuoni. Sono semplicemente la scia del rumore del fulmine che..- -Che, a seconda della natura di esso e della distanza dall'osservatore, può manifestarsi come un colpo secco e forte oppure come un rombo basso e prolungato. Il fulmine causa un forte aumento di pressione e temperatura che a sua volta provoca la rapida espansione del canale ionizzato prodotto dal fulmine stesso: l'espansione dell'aria produce infine un'onda d'urto che si manifesta col rumore del tuono. Lo so, grazie. Poi ha parlato quello che è terrorizzato dalle cose che strisciano.- Colpito e affondato. Sapeva tutti i suoi segreti, anche quelli più imbarazzanti e non perdeva tempo per rinfacciarglielo.

Smise di ridere, colpito nell'orgoglio e le si avvicinò. Potevano avvertire l'uno l'odore dell'altra, perdendosi rispettivamente negli occhi. -Stai attenta a ciò che dici ho ucciso per molto meno, terrestre- le sussurrò maligno, era una minaccia vuota ma era stato colpito nel suo punto debole, doveva pur fare qualcosa. -Ti ricordo, principe, che se avessi veramente voluto uccidermi l'avresti fatto anni or sono.- Due a zero per lei. Non l'avrebbe spuntata se avrebbe continuato così.

Ghignò -Sei perspicace, terrestre, ma non così tanto per capire che ti tengo in vita perché mi servi.- la vide ghignare allo stesso modo e una luce le si accese negli occhi. -Ah, si? E anche il tuo sacrificio eseguito un'anno e mezzo fa rientra nel tuo “scopo finale”, principe?- Tre a zero. Stava facendo la figura dell'idiota continuando a combattere con lei. Ammutolito tornò composto incrociando le braccia -Ciò che faccio e perché non ti riguarda.- sentenziò chiudendo gli occhi. -Oh si invece, sono tua moglie ricordi? La tua compagna per la vita.- gli disse arrampicandosi di nuovo su di lui e mostrandogli il segno del morso che lui rimarcava ogni notte. Borbottò qualcosa di incomprensibile prima che lei lo baciò nuovamente per ammansirlo.

Rimasero in silenzio per un po' con il solo scoppiettare del fuoco e il rumore della pioggia a fare da sottofondo. Negli anni che aveva passato accanto a lui si era resa conto che si possono dire tante cose, ma ci sono silenzi che son in grado di farti capire ciò che nessuna voce può spiegare.

- Non hai completato la frase.- disse all'improvviso destandola dai suoi pensieri. Lo guardò perplessa non capendo. -In macchina.- specificò lui. In un lampo le tornò in mente la conversazione che aveva lasciato a metà durante il lungo tragitto per tornare a casa. Si alzò dirigendosi in cucina, lasciando l'uomo perplesso a guardarla mentre si muoveva leggiadra per la casa. Tornò con in mano un libro abbastanza alto, sembrava per bambini. Si accomodò tra le gambe del compagno appoggiandosi a lui con il libro tra le mani.

L'uomo fissò prima lei poi il libro, di nuovo lei e ancora una volta il libro. -Un libro per bambini?- le chiese perplesso. Cosa c'entrava adesso quel libro con il suo discorso? La vide annuire ed accarezzare la copertina lentamente -Non è solo un libro per bambini, è il mio libro preferito. Me lo facevo leggere tutte le sere da mia madre e fu il primo libro che lessi non appena imparai a leggere.- continuava a non capire ma stette in silenzio aspettando che lei gli dicesse qualcosa in più. -E' la storia di un principe, un principe dannato. Privato del proprio trono e del proprio popolo, sterminato da un'essere immondo, fugge dal suo regno vagabondando per anni, di paese in paese alla ricerca di vendetta. A circa metà storia incontra una ragazza di cui si innamora, ma lei viene brutalmente uccisa dagli uomini dello stesso essere che gli ha tolto patria e trono. Furibondo di rabbia fa un patto con un demone del quale, in cambio della forza necessaria a distruggere il suo peggior incubo, dovrà prendere il posto all'interno di una prigione dell'inferno. Il principe distrugge il nemico per poi sprofondare nelle viscere della terra, dove rimarrà imprigionato per l'eternità.- riassunse la trama in poche parole, trasmettendo all'interno tutta la sua passione per quella storia tormentata e senza lieto fine. -Ho amato questo libro fin dai primi anni della mia vita, nonostante non capissi il motivo per il quale la ragazza dovesse morire e il principe rimanere imprigionato per l'eternità. Adesso invece comprendo che non tutti hanno un “lieto fine”, non tutti vivono o hanno vissuto nella pace e nel rispetto dei diritti naturali dell'uomo.- abbassò lo sguardo sul libro osservando la figura del principe, metà umano, metà demone. Quel principe le ricordava enormemente il suo di principe, dannato per l'eternità e strappato dalle sue radici. - Da piccola, da adolescente e persino da adulta ho sempre creduto di volere il classico principe azzurro, buono, gentile, coraggioso e leale. Credevo di volere il mio “E vissero per sempre felici e contenti”. Quanto mi sbagliavo.- si voltò guardando il marito negli occhi, gli sorrise e tornò ad appoggiarsi a lui abbandonando la testa sulla sua spalla. -Quando ti ho incontrato, quando ti ho conosciuto, quando mi sono innamorata di te, ho capito finalmente che ciò che volevo non era il lieto fine, non era il principe sul cavallo bianco, non era il salvatore. No. Io volevo il principe del mio libro, il principe dannato.- forse non glielo aveva mai veramente detto o fatto capire, ma il suo unico desiderio era stato sempre e solo lui. Con tutti i difetti e i pregi che lo rendevano unico. -Quando ti guardavo volevo disperatamente portarti via da quelle tenebre che ti opprimevano ma, ogni volta che cercavo di farlo, tu fuggivi via spaventato.- disse aggrottando le sopracciglia, forse l'ultimo non era l'aggettivo più adatto a l'uomo di cui stava parlando. Lo sentì ridacchiare mentre la stringeva a sé ed appoggiava il viso sulla sua spalla. -Non potevi salvarmi, perché ero io a non voler essere salvato. Spaventato, dici? No. Terrorizzato. Mortificato. Pietrificato. Disorientato. Da te. Nessuno si era avvicinato così tanto a me, mai.-

Bulma si voltò scorgendo gli occhi del Saiyan più opachi del solito, segno che stava vivendo ricordi dolorosi. Si inginocchiò di fronte a lui prendendogli il viso tra le mani. -Niente ricordi dolorosi, niente lacrime e niente rancore, chiaro? Ciò che hai fatto hai fatto, fine della storia. Adesso sei un uomo nuovo, il mio, quindi smettila di arrovellarti il cervello sul passato e pensa a vivere il presente.- lo rimproverò seria con una punta di sarcasmo nella voce.

Vegeta non disse altro, fece un mezzo sorriso continuando a specchiarsi in quei due laghi che erano le iridi della sua lei. La baciò con impeto, con passione e quando avvertì che lei lo ricambiava si sdraiarono sul tappeto, pronti a consumare il loro amore ancora una volta. Le baciò tutto il corpo, non lasciando neanche un centimetro di pelle.

Dopotutto la gente non ha quello che merita, ma quello che gli capita. E lui aveva la piena consapevolezza di non meritare quell'angelo dagli occhi azzurri che lo aveva trascinato via dalla tenebre. Ma qualcuno, o qualcosa, glielo aveva lasciato tra le mani e lui intendeva godersela, in ogni modo e in ogni istante della loro vita insieme.

 

*significa: persona che si spaventa facilmente, paurosa. È una parola giapponese.


Angolo autrice:

Ringrazio DonnieTZ per avermi dato l'ispirazione con il suo contest :3 
E' semplicemente un momento qualsiasi della loro vita, amo questa coppia e mi dispiace che Toriyama-sensei non abbia approfondito un po' di più.
Credo che Bulma abbia sempre voluto "il bello e dannato" invece del classico principe azzurro, insomma prima di Vegeta si è innamorata del mollusco di Yamcha proprio perchè era "cattivo" (per quanto possa esserlo un ragazzo che ha paura delle donne. Ennesimo motivo per considerarlo stupido.) o "pericoloso". 
Per quanto possa essere considerato "malvagio" Yamcha non reggerà mai il confronto con il principe dannato, che sia il protagonista del libro o il principe dei Saiyan *-* Ok basta deliri xD

angelo_nero.

 

  
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