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Autore: TheDoctor1002    14/01/2015    0 recensioni
Some legends are told/ Some turn to dust or to gold/ But you will remember me/ Remember me for centuries
Una ragazzina folle, la portatrice del caos. Compagna di Jinx, nei loro cuori arde una fiamma destinata a bruciare il mondo, se qualcuno non le fermerà. Caitlyn e Vi hanno intrapreso questa missione, ma è impossibile acciuffare un fantasma. Una colpa orribile grava sul cuore di Madness, un segreto che sta per essere svelato al mondo intero: è arrivato il momento che Valoran apra gli occhi e conosca la verità.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Jarvan IV, Jinx, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La città le si proiettò intorno come un ologramma. Era nella piazza centrale, sopra la sua testa la torre dell’Orologio scoccava rintocchi bassi e cupi che riempivano l’aria notturna di un’atmosfera lugubre. L’alba sarebbe sorta da lì a poche ore, eppure era certa che il luogo in cui si stava dirigendo era senza orario. Camminò sui sampietrini lucidi facendo risuonare i suoi passi attraverso le strade deserte, i lunghi capelli verdi mossi dagli artigli gelidi della notte. Arrivò presto alle porte della dimora di uno degli scienziati più valenti di tutta Runeterra, bussando con forza. Un minuscolo yordle le aprì, invitandola ad entrare. Indossava ancora una maschera protettiva, il suo camice era impregnato dell’odore dello zolfo. 
“Cosa ti porta qui a quest’ora?” Chiese, muovendo appena dei folti mustacchi bianchi. 
“Ho bisogno di un’arma.” Rivelò lei ” e a chi altri potevo rivolgermi, se non all’eccelso Heimerdinger?” 
“Certo devi avere molta fretta” commentò lui, facendosi largo attraverso la stanza disordinata e calciando via i rottami che si trovava tra i piedi, per poi tornare con due tazze colme di caffè “di che tipo di arma parli?” 
“Di un catalizzatore.”
“Hai ancora quello vecchio? Mi domando come tu faccia ad avere sempre bisogno di nuove armi.” 
“Quello vecchio è irrecuperabile.” Affermò Madness “è finito tra le grinfie di quegli sbirri e solo gli dei sanno che fine ha fatto. Inoltre non si avvicina neppure a ciò di cui ho bisogno ora. Devo gestire una quantità di energia oltre ogni immaginazione. Dev’essere l’Arma definitiva, il tuo capolavoro.” 
“D’accordo” rispose lui quasi con sufficienza “vedrò che posso fare. Esattamente, di quanta energia si tratta?”
“Abbastanza da poter disintegrare Demacia.”

La fucina ribolliva per il calore, le macchine sbuffavano nubi di vapore denso e gocce minuscole di sudore rigavano il volto di Madness. Stringeva strette delle pinze i cui ganci erano avvolti attorno ad un bastone di metallo nero e nodoso. Con la forza di un guerriero e la perizia di un’artista, modellava il suo scettro, assestando energici colpi di martello sulle fibbie malleabili e avvolte tra loro a simulare il ramo di un albero. La sua opera fu completa dopo molte e molte ore di lavoro tra ferro, carbone e metalli d’ogni sorta. La vista del suo lavoro completato le portò una leggera euforia e, quando lo consegnò ad Heimerdinger, ne fu quasi gelosa. Lo scienziato valutò il bilanciamento dell’arma e la sua resistenza, valutandone i punti deboli così come i punti forti. “Può andare. Un ottimo lavoro, Madness. Sono troppo indiscreto se chiedo dove hai imparato a maneggiare così il metallo?” 
“Le fucine di Gaea. Al tempo mi era stato insegnato come creare sculture di bronzo, ferro e ottone. Tuttavia ho dovuto abbandonare le arti per dedicarmi a questioni più pratiche, dopo l’Assedio.” Spiegò lei, seguendo lo Yordle giù per una rampa di scale e attraverso intricati corridoi, fino a giungere ad un laboratorio. Qui lo scienziato pose lo scettro in un macchinario simile ad una culla, sormontato da una cupola di vetro lucida. A pochi metri si trovava una consolle composta da led, leve e pulsanti. Premette il pulsante d’avvio e una minuscola scossa attraversò l’oggetto, inondando la stanza semibuia di una sottile luce blu. Girò poi una manopola, un indicatore si spostò, indicando 10% e la luce crebbe di intensità, senza che il catalizzatore subisse alcun effetto. Aumentò ancora, al 15%, e nessun risultato si ebbe. Al 20% Madness si spazientì. 
“Non sono giunta fin qui per essere cauta.” Sibilò, portando la manopola al 50%. Un lampo attraversò la culla da parte a parte, lo scettro si dimostrò ancora una volta fermo ed inalterato. Al 75% vacillò appena, al 100% tremò come se una forza demoniaca avesse sfruttato la sua struttura metallica come suo nuovo corpo. Heimerdinger, inizialmente intimorito dal colpo di testa della ragazza, non potè che guardare con ammirazione quel prodigio. Senza alcun progetto, senza alcuna modifica da apportare, quell’arma era perfetta. Ed era stata fatta da una ragazzina. Una bambina che fino a quel momento si era dilettata ad usare i metalli come pasta da modellare. Lei sentiva la sottile vena di invidia che aveva invaso il cuore dello Yordle e ne era fiera. Pagò il pieno prezzo dell’arma con del denaro che aveva nascosto sul suo corpo durante la rapina e si diresse verso un’altra meta a lei cara.

Il covo era sempre lì. Identico, invariato, una costate com’era sempre stato. Stavolta non aveva le chiavi, fu costretta a bussare. Nessuno le aprì, tuttavia lei rimase ed aspettò. Chiamò il nome di Jinx, bussò ancora, restò in attesa. Niente. Non un sibilo, non il rumore di lei che si rigirava tra le coperte, nulla. 
“È inutile che bussi, temo non aprirà nessuno.” Le suggerì una voce familiare dietro di lei. 
“Cos’è, già alle mie calcagna per arrestarmi, Cait? E tu che ne sai di lei? Non apre mai la porta.” 
“Non pensavamo di rivederti per lungo tempo.” Affermò l’altra quasi con apprensione, cambiando bruscamente discorso “Non pensavamo di rivederti affatto…” 
“Non conosci le Isole Ombra.” Constatò Madness “da lì c’è chi torna, ma non torna mai uguale a se stesso. Ad ogni modo, cosa sai di Jinx? Avete preso anche lei?” 
Caitlyn capì dalle sue parole che quelle ombre che aveva visto allungarsi e affilarsi sul viso di Madness erano molto più che un’impressione. La ladruncola che era partita era niente confronto a ciò che le stesse Isole avevano risputato nella terra dei vivi come un boccone troppo amaro. 
“Si è unita alla League of Legends.” Rispose, accantonando i suoi pensieri “Tutti le dicevano che non saresti mai tornata, che le scelte erano quello o la galera, era quasi obbligata. Nessuno pensava che quell’abisso potesse restituire altro che cadaveri e leggende nefaste.” 
Fu un pugno nello stomaco. Madness si sentì tradita da colei di cui più si fidava. “Mai al soldo della League.” Dicevano. 
Puoi forse biasimarla? Tu avresti fatto lo stesso. Sola, braccata, cosa ti avrebbe spinto a continuare senza di lei? Neppure tu saresti scappata in eterno. 
Lei ignorò la sottile voce di Saelie che si propagava nella sua testa e si girò, pronta ad andarsene. 
E adesso che farai? Te ne andrai ancora in giro a seminare il panico? Quante altre vite hai intenzione di spezzare inutilmente? Quanto vuoi far durare il tuo perverso gioco? Le tue mani sono già grondanti di sangue. 
“Stà zitta” sibilò in risposta, abbastanza piano da non farsi sentire da Caitlyn. 
“Dove vai?” Le gridò la poliziotta “non sai neppure dove sia. Hai intenzione di percorrere tutta Valoran a piedi finchè non la troverai?” 
“Se fosse affar tuo, ti direi che non sto andando da lei.” Ribattè fredda ” Ho ancora un altro conto in sospeso, prima di entrare nella League.” 
Caitlyn sentì il sangue gelarsi nelle vene. Subito il suo pensiero corse al volto di Madness coperto di lividi, mentre si burlava del suo secondo ufficiale, nonostante fosse stata proprio lei a ridurla così. Ripensò agli inseguimenti, a come Vi ribolliva di una rabbia feroce e cieca ogni qualvolta la criminale fosse oggetto di un qualsiasi discorso. Fermare un ladro è un conto, fermare chi è sopravvissuto alle Isole tutt’altro. Forse neppure quei suoi guantoni l’avrebbero salvata. 
“Stà tranquilla.” Irruppe l’altra nei suoi pensieri, quasi fosse riuscita a leggerli “non è della tua Cupcake che voglio vendicarmi. Ciò di cui parlo è un affronto ben più grave di una banale rissa.”

La luce fredda ed eterea della luna illuminava appena la stanza da letto, dando un’aurea lattea ai mobili raffinati. Jarvan entrò silenzioso come un’ombra, ricordando ormai a memoria la posizione della grande specchiera, individuando l’ampio armadio a parete alla sua destra, per poi intercettare con lo sguardo il grande letto a baldacchino e il voluminoso baule ai suoi piedi. Eppure, tra quelle sottili linee di luce, si nascondeva qualcosa. Non era certo di come, ma riusciva nettamente a percepire una presenza estranea, nella sua stanza. Restò nel vano della porta, fermo immobile, aspettando un qualsiasi altro segno sospetto. Non fu deluso: poco dopo, dalla superficie del letto arrivò un rumore di coperte stropicciate e un leggero sospiro. 
“Qual’è il problema, Jarvan?” Chiese una voce femminile e familiare, dal tono mellifluo “Non ti piaccio più? Tempo fa dichiarasti guerra alla Capitale pur di trovarti in una situazione simile.” 
Il principe continuò a non rispondere. Fece un passo avanti, ora riusciva a distinguere la linea morbida dei fianchi di lei, distesa sul suo letto quasi sfatto, gli occhi fissi su di lui. La figura sollevò appena la mano da cui scaturì una saetta verde brillante che richiuse la porta con un tonfo alle sue spalle. 
“O forse non riesci a riconoscermi senza le tue catene?” 
“Saelie.” Rispose freddo, dopo aver riconosciuto l’intrusa. La voce di lei era tagliente come un rasoio, quella di lui faticava a fingersi tale “Di’ per quale motivo sei qui e vattene. Demacia non è posto per te, mostro.” 
“Che termini pesanti!” fece notare lei “E da quale pulpito, soprattutto. Non si addicono certo a voi, mio sire.” Lui restò ancora a fissarla, le schegge azzurre che erano i suoi occhi indagarono a fondo quella figura slanciata, apparsa come un fuoco fatuo, portatrice di morte fin dal primo istante in cui aveva posato il suo sguardo su di lei. “Non cambi mai, vero?” Chiese Madness, distogliendolo dai suoi pensieri “Anche l’ultima volta mi guardavi così. È il genere di sguardo che amo: tu credi davvero che sia io il mostro. Mi ammazzeresti, se non avessi ancora la vana speranza di potermi imbrigliare di nuovo. E, probabilmente, lo faresti perfino in questo preciso istante, se avessi qualcuno a cui affidare il lavoro sporco, non è così?” 
“Un re non si abbassa a simili angherie.” Replicò lui secco “A Gaea è successo tutto perchè era giusto accadesse. È stato solo il colpo di grazia per quella città. Ormai da parecchi anni stava trascinandosi lungo la linea del tempo, agonizzante e avvelenata dalla corruzione dei vostri costumi.” 
“Sono queste le bugie che ti racconti ogni volta che ti guardi allo specchio, Jarvan? Il nobile re che pone fine alle sofferenze di un popolo. Scegli chi può vivere e chi deve morire quasi fossi un dio, eppure porti dentro di te i peggiori dei peccati.” 
“Guardie!” Latrò lui, appena vide che Madness iniziava ad avvicinarsi 
“La tua immensa superbia, la tua bramosia. L’invidia nei confronti del prospero popolo di Gaea, l’ira verso di me, che ancora cammino su questa terra. La gola e la lussuria per le quali mi hai tenuta segregata nelle tue prigioni. Dimentico forse qualcosa?” 
“Guardie!” 
“L’inerzia, giusto. Non agisci mai da te.” 
Nessuno arrivò in soccorso di Jarvan. Nessun rumore di armature risuonò per i corridoi. Il manico del coltello, stavolta, era dalla parte di lei e nessuno può immaginare quanto il principe avesse temuto quel momento. “Tu non sei migliore di me!” Gridò in risposta “Hai ucciso i miei uomini! Li hai uccisi tutti! Avevano una vita, ognuno di loro l’aveva! Chi lo spiegherà, ai loro figli, perchè non si trova altro se non qualche brandello di carne e pochi frammenti d’armatura?” 
“Era un rischio preventivato” rispose lei, fredda come il Vero Ghiaccio del Freljord “io ho ucciso soldati in servizio, tu hai ucciso civili inermi. Semmai finirò all’Inferno, stai pur certo che trascinerò anche te.” 
Un sorriso tagliente si dipinse sul volto di lei, le tinte della notte ad allungare le ombre degli zigomi, prima che se ne andasse. Jarvan era un misto di rabbia, sdegno e paura. Pietrificato, con il suo viso che a stento nascondeva le emozioni che, come dei tornado, avevano preso il sopravvento su di lui. 
“Sarà bello incontrarsi sui fields of justice.” Sibilò Madness, sorridendo ferina “Good Luck, Have Fun, my lord.

   
 
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