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Autore: _wilia    14/01/2015    4 recensioni
[EdxLucy] [Incest]
I Pevensie, ormai ventenni, vivono a Londra, in una piccola casa in periferia. C'è crisi, e trovare lavoro sembra estremamente difficile. Mentre Peter ed Edmund lavorano per mantenere la famiglia, il più giovane dei fratelli diviene vittima del gioco d'azzardo nel disperato tentativo di riuscire ad azzerare i debiti, fallendo miseramente.
Quando nella vita si cede al male, a pagare le conseguenze per le proprie azioni sono spesso gli altri, e questo è il caso di Lucy, che diviene, a insaputa di Edmund, merce di scambio.
Dopo l'avvenimento, Lucy riesce a scappare a Narnia, non rispettando la promessa fatta ai fratelli: la terra magica è stata invasa ed è ancora sotto assedio.
Il mondo è andato avanti e loro sono rimasti indietro.
Una folle corsa contro il tempo ha inizio, per cercare di ingannare le antiche profezie e salvare Lucy dall'oscurità.
-
"Fuggì.
Il cavallo nitrì rumorosamente, protestando contro i calci decisi che la ragazza gli sferrava per indurlo a correre più veloce.
Il boato causato da uno sparo giunse alle sue orecchie, e la costrinse a chiudere gli occhi.
La fine era appena iniziata."
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Edmund Pevensie, Lucy Pevensie, Peter Pevensie, Susan Pevensie, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Salve a tutti! Eccomi qui con un'altra delle mie terribili idee. Questa storia si svolge in due posti: Londra e Narnia.
Vorrei chiedervi di dimenticare qualunqua cosa avvenuta dopo "Il viaggio del veliero", perché il mio racconto non ha nulla a che fare con gli avvenimenti dei libri successivi.
In questa storia ci sarà una relazione incestuosa; se l'argomento vi disturba in particolar modo, evitate di leggere :) 
Sono presenti dei luoghi e dei personaggi non esistenti nell'opera originale. Buona lettura e, se vedi qualcosa di buono in me, mi piacerebbe che me lo facessi sapere. Le recensioni salvano vite u.u 


Il cacciatore di lupi bianchi

 

Correva.

Non sapeva più da quante ore fosse in cammino; il tempo ormai aveva perso consistenza. Piazzò il piede nel fianco del cavallo, sentendo la propria bocca inaridirsi sempre di più.

Davanti ai suoi occhi, il paesaggio iniziava a dissolversi, a rendersi più astratto alla sua vista; man mano che avanzava nella vasta prateria, il sole scendeva ed affondava dietro le colline d'oro all'orizzonte, formando giochi d'ombra che non avrebbe mai dimenticato.

condanna a morte

Lucy strinse le briglie tra le mani più forte che potè, come a volerle sentire più vicine, più reali. Lo fece per sentirsi più al sicuro.

Dietro di lei, l'ombra della fortezza si faceva più lontana, meno consistente, meno minacciosa.

alto tradimento

Fuggì.

Il cavallo nitrì rumorosamente, protestando contro i calci decisi che la ragazza gli sferrava per indurlo a correre più veloce.

Il boato causato da uno sparo giunse alle sue orecchie, e la costrinse a chiudere gli occhi.

La fine era appena iniziata.

 

 

I
La prima volta nel buio

 

Tanti sono i piccoli piaceri a cui l'uomo cede ogni giorno. Tutto sta, come per ogni cosa che riguarda la vita umana, nel saper scegliere quelli a cui dedicarsi e quelli da scartare.

È facile parlare quando si ha piena coscienza di quello che si fa, quando la vita ha ormai svolto il proprio corso, quando ha attraversato tutti i sentieri che la sfida divina ci ha proposto.

È facile parlare quando si è vecchi.

Ma Edmund Pevensie era tutt'altro che vecchio, e la sua vita era appena iniziata.

Si sistemò meglio il cappello sulla testa, accertandosi che i suoi capelli fossero perfettamente in ordine sotto di esso.

Sorrise allo specchio, nervosamente, prima di dare una fugace occhiata all'orologio che al momento dell'acquisto era stato da polso ma che ora conservava in tasca. Le quattro e venti. Notò come l'oggetto, una volta tanto prezioso, si fosse rovinato con il passare del tempo, di quanto l'usura avesse consumato il costoso cinturino in vero cuoio che una volta era appartenuto a suo padre.

Le lancette apparivano ora un po' storte, più sottili, e sembrava che faticassero a muoversi, e lui si chiese se non fosse un po' così anche per lui.

Era giovane, molto giovane, ma si sentiva già sfinito, come se la vita gli avesse già offerto tutto e se lo fosse poi ripreso.

La cosa che lo preoccupava maggiormente era l'insignificante peso del suo portafoglio; ogni giorno si svuotava sempre più, e le entrate in famiglia erano davvero scarse.

Lui, Susan, Peter e Lucy vivevano insieme a Londra, in una piccola casa in periferia in cui non c'era ombra di sfrontato comfort, né il decoro che solitamente si trova nelle abitazioni di gente benestante; il posto in cui vivevano era tutt'altro.

Era un tugurio composto da quattro stanze, solitamente molto sporche e in disordine, in quanto nessuno di loro aveva tempo da dedicare alle pulizie.

Nessuno tranne Lucy, che aveva egoisticamente deciso di studiare all'università, ormai diciannovenne; era riuscita ad ottenere un prestito abbastanza contenuto dalla banca degli studenti e ora trascorreva gran parte del suo tempo fuori casa.

Edmund si chiese, dall'alto della sua posizione di secondo capo famiglia, se fosse giusto. Se se lo potessero permettere.

Pensare a queste cose quando si è troppo giovani, avere la mente piena di preoccupazioni, può alterare il concetto di essere umano, che si differenzia dagli animali in quanto capace di scegliere chi essere nella vita.

E così lui spesso restava a guardare la più giovane delle sue sorelle passare ore su grossi volumi universitari che lei diceva sempre di aver preso dalla biblioteca cittadina, ma i suoi fratelli sapevano bene che li aveva pagati.

Sapeva bene quanto quei libri erano costati a tutti loro.

La povertà può giocare brutti scherzi nella mente di un giovane uomo o donna che sia, e può portarlo a provare sentimenti negativi nei confronti delle persone da cui, in realtà, non potrebbe mai separarsi.

Un uomo alto, calvo e dall'aspetto burbero entrò nello studio di Edmund, che lavorava presso un'agenzia che si occupava dei rifornimenti di viveri e munizioni ai soldati inglesi in missione all'estero.

Il pavimento di legno cigolò rumorosamente al suo passaggio, e ad Edmund, che sedeva ora sulla sua sedia da ufficio, mancò l'aria per un secondo. Sapeva bene chi era la persona che gli stava davanti e lo guardava torvo; ne aveva forse troppa consapevolezza.

L'uomo tossì ed aggrottò le sopracciglia in un'espressione che il ragazzo riconobbe come di profondo disgusto.

“Bene, bene, bene... Edmund Pevensie! Ti hanno addirittura offerto un posto di lavoro?” lo sbeffeggiò l'uomo, mentre le labbra sottili si arricciavano in un sorriso maligno.

Edmund sentì l'impellente bisogno di sbottonare il colletto della propria camicia per evitare di soffocare. “Cosa vuoi, Marlon? Cosa vuoi ancora da me?” gli chiese, tentando di controllare il tremore della sua voce.

L'altro lo fissò. “Voglio i miei soldi. Mi devi un sacco di soldi”, rispose, estraendo un sigaro cubano dalla tasca del proprio abito e portandoselo alle labbra.

Edmund trattenne il respiro per un istante, per poi dirgli, pochi istanti dopo, che non poteva fumare lì. L'altro rise malvagio. “Un divieto?”, gli chiese, “sai cosa me ne faccio dei tuoi divieti, Pevensie?”, continuò ad infastidirlo.

Il ragazzo si alzò in piedi, fronteggiandolo. “Ora basta. Non ce li ho i tuoi soldi”, sputò fuori acidamente, mantenendo l'ostile contatto visivo.

Tutti i soldi che doveva restituire a Marlon erano stati usati per comprare i viveri e per pagare le bollette dell'ultimo mese.

“Ah sì? E come credi di pagarmi?” L'uomo si infilò le mani grasse nelle tasche dell'abito, assumendo una posizione di sfida.

L'altro non distolse lo sguardo. “Dammi qualche giorno”, gli propose, sperando in una risposta positiva, nonostante sapesse già che non sarebbe mai arrivata.

“Nessun giorno. È passato troppo tempo e mi serve del denaro”, sibilò Marlon a quel punto, sbattendo i palmi aperti sulla scrivania di legno scuro.

Si avvicinò ad Edmund, che non lo perdeva di vista, e gli prese il mento tra il pollice e l'indice, respirandogli sul viso.

“Forse non sai che una volta che sei dentro un giro non ne esci più”, gli sibilò all'orecchio, sprezzante. “Forse tuo padre non ha avuto il tempo di insegnartelo...” insinuò con cattiveria.

“Non ti azzardare a parlare di mio padre. Ti sto chiedendo qualche giorno, ho dovuto usare quei soldi per mantenere la famiglia!”

“Non me ne può fregar di meno, Pevensie, e sappi che io ti tengo d'occhio. So bene che fine fanno molti di quei soldi... ma sarebbe un peccato deludere i tuoi fratelli, non è forse così?”

Il fetido alito dell'uomo colpì le narici del ragazzo con violenza, causando in lui un moto di disgusto. Gli rivolse un'occhiata di rimprovero, senza però aggiungere niente.

Su certe cose era meglio non scherzare.

“Ti do tre giorni. Dopo non voglio sentire ragioni”.

***

La tavola era più spoglia del solito. Di solito per cena la domenica Susan preparava un po' di carne cotta nel forno, accompagnata da un po' di verdure raccolte nel piccolo e spoglio orto che i ragazzi stavano provando a far crescere. Quella sera la carne era stata sostituita da una zuppa vegetale e crostini di pane.

Peter stringeva tra le mani un quotidiano, facendo scorrere lo sguardo da una notizia all'altra con una velocità tale da spingere Susan a capire che qualcosa non andava.

“Ehi”, lo chiamò, mentre si asciugava le mani con uno straccio verde. Gli si sedette di fronte, dopo aver controllato che la loro cena cuocesse per bene. Di certo non potevano permettersi di sprecare del cibo.

Lui la guardò e le dedicò un breve sorriso, tornando poi a leggere con disinteresse.

“C'è qualcosa che non va?”, gli chiese lei, con un'espressione preoccupata dipinta in volto.

A quel punto, lui mise da parte tutto quello che stava facendo e la fissò.

“Non c'è niente che vada bene, Susan. Te lo dico con il cuore in mano, in questa casa le cose non funzionano. Non so perché ci troviamo in questa situazione, ma quello che so con certezza è che non ho intenzione di stare a guardare mentre la mia famiglia si indebita sempre di più”, iniziò a spiegare, incrociando le mani.

Susan lo aveva visto raramente così pensieroso. “Io credo che per prima cosa dovremmo trovarci tutti un lavoro”, disse, “prima di poter lamentarci che le cose non vanno bene”.

Peter scosse la testa, cogliendo l'allusione, e prese a giocherellare con un tovagliolo. “Lucy deve studiare; non capisco perché tu ed Edmund dobbiate sempre stare a ribadire che lei non ha un lavoro e non sostiene economicamente la nostra famiglia”, le rispose lui, senza guardarla. Odiava trattare quell'argomento, lo rendeva nervoso e sembrava quasi che i fratelli cercassero di darle la colpa del loro fallimento.

“Non capisco perché tu debba sempre difenderla a spada tratta”, gli rispose lei, a tono. “Guarda che Lucy non è più una bambina e se vuole studiare deve farlo con le sue forze”, spiegò, cercando di ottenere un contatto visivo con l'altro.

“Io voglio molto bene a Lucy, ma deve capire che noi non possiamo...”

“Devo capire che voi non ve lo potete permettere”, continuò Lucy, al posto suo, dirigendosi velocemente ai fornelli per controllare la cottura della loro cena.

“Io quei soldi non li ho chiesti a nessuno di voi, ma li ho ottenuti grazie al mio rendimento scolastico degli anni passati”, spiegò lei ai due fratelli. Peter sembrava molto interessato alle ultime notizie che riguardavano il progetto di espansione della metropolitana londinese.

Susan sbuffò, poco prima di alzarsi in piedi e togliere la pentola dal fuoco.

“Vai a chiamare Edmund”.

 

Lucy si precipitò alla porta della stanza del fratello, aprendola senza bussare.

Lui le dava le spalle ed era occupato a chiudere dei cassetti. “Non hai mai perso il vizio di violare la privacy altrui, Lucy”, la rimproverò scherzosamente, voltandosi verso di lei e sorridendole.

Lei ignorò il suo sorriso, mentre la voce di Susan le ronzava ancora in testa.

“Vieni a mangiare”, disse solamente, prima di uscire e richiudere la porta dietro di sé.

La povertà causa molti problemi, ed uno di questi è sicuramente l'assenza di dialogo, di comunicazione.

Chi ne soffriva di più era proprio Edmund, che sentiva una forte mancanza anche della sola idea di una famiglia normale.

Edmund era stato lasciato solo troppe volte e si era perso.

 

***

Stava fermo davanti all'ingresso del pub, con gli occhi vuoti ed una triste consapevolezza annidata in fondo alla sua anima. Nelle tasche della giacca aveva accuratamente riposto del denaro, molto, forse più di quanto ne aveva.

Sicuramente quella che stava per utilizzare era una cifra che non avrebbe rivisto tanto presto.

Si chiese, portando gli occhi al cielo per l'ultima volta prima di entrare nel locale, se ci fosse un modo per uscire dal circolo distruttivo in cui era entrato con le proprie gambe.

Abbassandoli, Edmund si disse che probabilmente, per lui, non c'erano speranze. 

  
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